Stanze del Principe

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    Era una notte buia e tempestosa. I fulmini squarciavano il cielo come le zanne di un lupo sulla morbida pelle del ventre di un agnello, e quei quattro Fratelli si trovavano davanti alla porta rossa della sala delle udienze del Principe.
    Non sapevano perché erano lì. Erano stati convocati? Dovevano fare una petizione (e in quel caso, riguardo a cosa)? Erano nei guai (che cosa avevano fatto)? Tutte domande pertinenti, ma senza risposta, come tutte quelle riguardanti il modo con cui si erano ritrovati davanti a quella porta, in quello stanzino stretto, dalle pareti bianche e i divanetti candidi (erano arrivati in taxi? In moto? In autobus? Si erano teletrasportati?).
    Eppure l'incertezza non li spaventava, anzi, non sentivano alcun genere di stranezza e particolarità della situazione. Tutto quello che sentivano era la curiosità, il bisogno, di varcare quella soglia, ancora chiusa.

    Postate un post introduttivo. Siete full di ps, wp e salute.
     
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    La parte migliore di essere me? I baffi, mi pare ovvio!

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    John sedeva su di un candido divanetto, intento in un' attesa tediosa e scandita dall' oscillare monotono dei suoi folti baffi ad ogni smorfia della sua bocca.
    Già che si trovava solo, aveva ben pensato di riordinare i propri appunti sulle ultime scoperte fatte in seguito alla sua visita ad Antiqueries, l' indimenticabile negozio di antiquariato gestito da Vincent Dupree.
    Mmmh... Questi circoli ed i simboli sono più complessi di quanto mi aspettassi; i livelli di iniziazione inferiori li ho superati e dominati in breve tempo ma temo che questa sola sezione potrebbe portarmi via un bel pò di tempo.
    E questo non riesco a leggerlo... Dovrei controllare il mio cifrario e il testo originale per cambiare approccio... Peccato che il secondo sia rimasto a casa.

    Nel soppesare la propria situazione, il Cainita si mosse a disagio sul cuscino come a volersi mettere più comodamente a sedere, in realtà infastidito dall' idea che il suo lavoro fosse momentaneamente ad un vicolo cieco.
    Beh... Cosa pretendo? Non potevo certo portarmi appresso "quella cosa" in un luogo come questo.
    Un momento...

    Ora Legrasse aveva sollevato lo sguardo dal proprio lavoro e per la prima volta si gettò una lunga occhiata intorno, stordendosi per il bianco lucore delle pareti che incombevano sulla sua figura. Il silenzio di quel luogo era totale o così pareva, il biancore tutto intorno divenne una sorta di cappa ovattata nella quale i pensieri del vampiro si trovarono a fluttuare senza controllo, limitati solo dalle solide pareti.
    Perché non sono nel mio studio? Ci sarà un motivo, credo, ma non riesco a ricordare né quello né il modo in cui sono arrivato qui...
    Ma questa non è la sala d' attesa del Principe? Avrò avuto un appuntamento? Magari oltre quella porta....

    Inesorabilmente attratto, lo sguardo del nostro si posò e fissò sulla porta scarlatta in fondo alla stanza in bianco e, prima ancora di rendersene conto, John aveva rimesso la penna ed il taccuino nella giacca e si stava dirigendo verso quell' unico elemento di colore, la porta.
    Giunto davanti ad essa, il Ventrue pensò di rassettarsi un poco ed iniziò a stirare le pieghe della giacca nel punto che si era trovato fra la sua schiena e lo schienale del divanetto.
    Solo ora notò il modo nel quale era vestito: un completo giacca- pantalone di tweed arancione a motivo verde lo rendeva simile ad una gigantesca zucca, mentre la camicia di un blu intenso e profondo stonava tanto con l' arancione da far quasi passare inosservato il cravattino rosa a righe bianche oblique.
    Non mi ricorderò come son giunto qui ma gioisco per aver ricordato di curare il mio aspetto. Non voglio mica dare un' idea sbagliata di me, John Raymond Legrasse.
    Mentre si chinava leggermente a stirare anche le pieghe dei pantaloni, però, John dovette gemere per la delusione.
    Indossava dei banalissimi scarponcini marroni. Che banalità.
    Scrollate le spalle per superare il momento, Legrasse decise di tentare di aprire la porta anche se normalmente si sarebbe aspettato di dover attendere una chiamata. Non sapeva perché ma aveva la sensazione di dover assolutamente arrivare dall' altra parte.
     
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  3. Maestril
     
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    C’era ancora l'impronta scavata della rete del materasso sotto cui abitualmente riposava, lì in bella vista sulla fronte, incisa su una pelle tanto sottile e poco elastica da far sembrare quel calco un marchio indelebile. L’Informatico camminava un po' dinoccolato sulle lunghe gambe, teneva saldamente il computer portatile sottobraccio e procedeva verso quella porta rossa, attraversando l’anticamera con il berretto dei Pelicans a coprire i capelli ben poco rigogliosi. Soltanto quando quel colore divenne più vivo e forte nei suoi occhi, si scosse, come fosse stato talmente concentrato su una cosa da accorgersi persino in ritardo di averla trovata – raggiunta. Le rughe sul volto divennero più profonde: quell’ambiente non gli era affatto familiare. Non si poteva dire un habitué del luogo. Si era mosso così tanto - dal proprio Rifugio - per... Istinto? Quel pensiero tutt’altro che piacevole rimbalzò solo un paio di volte nella mente, prima di morire, risucchiato dall’interesse per la porta scarlatta. Le palpebre flosce si rilassarono, così come tutto il resto dei muscoli allungati. Non avrebbe potuto spiare la NASA e i suoi loschi traffici nemmeno questa notte ma stranamente la cosa era passata in secondo piano. Quell’intricato nugolo di sospettose figure e merci può aspettare.

    Giunse dietro Lagrasse mentre questi si dirigeva alla porta.

    E si sporse, controllando cosa intendesse fare proprio quell’altro che gli ostruiva il passaggio. Lo spirlungo Fratello dall’aspetto più rugoso di una tartaruga e gli occhietti grigi da pantegana controllava silenzioso. Ne osservò il profilo baffuto un istante ma poi si concentrò sulla maniglia. In un batter d'occhio John di ritrovò l'Informatico 'sulla spalla' come un corvaccio.

    Edited by Maestril - 27/10/2016, 16:26
     
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    Passi...

    Ritmici, veloci, sicuri.

    Il loro rumore sembrava scandire il tempo in modo regolare.

    Il suono dei tacchi sul quel pavimento liscio rimbombava nel corridoio generando un eco che si sovrapponeva a sè stesso provocando, mano a mano che si ripeteva, una fastidiosa cacofonia.

    Era persino difficile distinguere se fosse una sola persona a percorrere quel corridoio o se fossero più.

    Mano a mano che l'origine del suono si avvicinava, e l'eco lungo il corridoio andava svanendo, era possibile discernere che il rumore fosse provenisse da scarpe maschili.

    Non era un suono pungente, affilato, come quello di tacchi a spillo ma più piatto e, al contempo, corposo.

    Scarpe modello oxford nere, eleganti, classiche, liscie e lucide percorrevano con sicurezza quel corridoio.

    Sopra di esse un completo grigio antracite a tinta unita, calzini neri come la cintura, camicia azzurro chiaro con colletto bianco a risvolto stondato sotto un gilet sei bottoni grigio scuro a quadretti piccoli bianchi.

    La cravatta, di un bianco argentato con un ricercato e sottilissimo ricamo superficiale, faceva pendant con il colletto in pelliccia chiara di un cappotto chesterfield nero tenuto aperto che scendeva fin sotto alle ginocchia.

    Di un grigio più chiaro il cappello a bombetta che si abbinava ad un paio di guanti in pelle di agnello della stessa tonalità.

    Tanto elegante quanto, in un certo senso, anacronistico per l'epoca moderna.

    L'uomo che, così vestito, avanzava sicuro ed elegante lungo il corridoio che portava alla stanza dalle pareti bianche e su cui svettava una porta rossa era alto, attorno al metro e ottantacinque.

    Dimostrava una quarantina d'anni, sbarbato, e l'unico dettaglio che stonava in tutta quell'eleganza era una vistosa cicatrice sul lato sinistro del volto che andava dall'orecchio al margine del labbro e dal margine del labbro alla mascella.

    Giunto nella stanza lanciò una rapida occhiata ai presenti che, sentendolo arrivare, si erano voltati incuriositi e, portando due dita al cappello in cenno di saluto -

    Buona sera! - esordì, passando in mezzo ai due e superandoli incurante per arrivare ad afferrare la maniglia lasciata incustosita dal sangue blu prima di bloccarsi.

    Si voltò -

    Anche voi ... ?

    - Una domanda lasciata in sospeso e nemmeno completamente pronunciata ma che, date le bizzarre circostanze, i due avrebbero potuto intendere -
     
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    Il disturbatore di Master

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    L'elegante trio composto da tre cainiti ai limiti superiori della scala QI venne sopraffatto da una musica lontana. Una canzone flebile che proveniva dall'anticamera dell'anticamera, dai corridoio antistanti e già da essi percorsi. La musica si faceva rapidamente più vicina e distinguibile ...

    Nooooo no es amoooor ... lo que tu sienteeees ... se llama obsessioooon
    una ilusioooon ... en tu pensamientooo ... que te hace hacer cosas ...
    asi' funciona el corazoooooooon



    Un ritornello incalzante e senza strova. Un continuo, snervante ed imperterrito cantare sempre gli stessi versi. Ma ad un certo punto il suono finì! Hola! tuonò una voce entusiasta ormai non tanto lontana Josè, amigo mio! Como estas? la porta della stanza si aprì di lì a poco ed un uomo un pò pingue e abbronzato fece il suo ingresso nella stanza bianchissima come un pugno nell'occhio di Carla Fracci.

    Quell'individuo era agghindato con una camicia a fiori in stile Magnum PI e su di essa un bomberino di pelle nera da "Made in China" o poco lontano da lì. Parlava a telefono dei fatti propri con evidente disinvoltura Si, amigo, sarò al Merida fra poco ... teneva lo smartphone fra spalla e guancia sinistra mentre con le mani armeggiava per chiudere un ombrello blu elettrico. In poco tempo, una pozza d'acqua grondò giù dall'ombrello e dall'individuo Ma sì, Madre de Dios, carico tutto io! Te l'ho detto Josè, lo trovo io il furgone e sì, ci entrerà tutto ... mentre discuteva, combatteva con l'ombrello e gironzolava nella stanza, pose lo sguardo sui presenti e una nube di dubbio lo attraversò. Ma non stava andando al Merida? Che ci faceva ... lì?

    Liberatosi finalmente dell'ombrello riprese una "postura telefonica" più consona ... esta bien ... 20 a me per il disturbo, il resto cazzi tuoi, mi vida. Cavolo c'era Pascalito! Sollevò la mano cercando di farla piombare sulla spalla del consaguineo come una sorta di ghigliottina di conviviale pesantezza. Poi guardò gli altri. Chi erano? Clienti? Amici di Pascalito? Tese l'indice verso i due chiedendo il classico "un minuto e sono subito da lei" Ok, salutami i ragazzi Josè! Hasta la vista! e chiuse il telefono.

    Mi scusi, senor ... disse tocchicciando la spalla di Cross ... dovrei passare. Permette? Eh sì, lui doveva attraversare quella porta.
     
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  6. Dottor Jergal
     
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    Il festoso ed allegro energumeno, non fu però l'ultimo a far il suo ingresso ed a rinfoltir il numero di camarillici raggruppati all'interno di quell'ampia sala, celebre per essere luogo d'incontro con il principe Malkavian della città di New Orleans. Un uomo dai capelli rossicci, barba incolta, occhi azzurri e un volto orrendamente deforme, meno sgradevole all'occhio solo rispetto al viso di un Nosferatu, con passo lento, li raggiunse. La particolarità erano sicuramente i suoi abiti, affatto eleganti, ma sgualciti ce he, all'altezza delle maniche arrotolate fino ad altezza gomito, presentavano delle macchie color rosso-marrone, forse sangue raggrumato; pantaloni bluastri, jeans, scarpe sportive di marca. Il motivo di quegli "addobbi" naturalmente poteva essere intuibile solo per quei pochi che nella comunità vampirica di conoscerlo, ad altri quella visione avrebbe probabilmente solo creato fastidio o l'idea di aver a che fare con un fratello particolarmente violento. La sua espressione però non trasudava follia, ma piuttosto tranquillità emotiva e leggera curiosità: il guardarsi attorno ed il sopracciglio mancino alzato, erano segni evidenti di qualcuno che si stava domando qualcosa a cui non riusciva a trovare risposta. Per via di cose, in quella sua analisi dell'ambiente che lo circondava, ambiente che l'ultima volta che aveva visto era appena stato presentato dal suo Sire come futuro candidato valido da abbracciare per il clan Brujah (finita poi com'è finita, ma questa è un'altra storia), non poté sfuggirgli la presenza dei suoi colleghi, cosa che fece prima rallentare il suo passo, per poi arrestarlo del tutto. Pur non essendo solo un mediocre osservatore, più abituato ad usare il cervello che lo sguardo, distinse in maniera chiara la sagoma, la postura e il modo di muoversi di un Ventrue di sua conoscenza. Un leggero sorriso amaro non poté che sfuggirgli.
    Sono qua ed ho qualcosa da fare...come quest'altri qua evidentemente. Ma che cazzo c'ho stasera? Perché sono qua? Che sia a causa di Ascendente? No, credo avrebbe agito direttamente. Forse un Oblio della Mente?...No. Forse sono solo io che ho il fottuto cervello fuorifase stasera, eppure queste non sono cose che dovrebbero capitare alla mente di un cainita.
    Mh
    Rumoreggiò a bassissima voce tra sé e sé, assorto in quel suo ragionamento da "scienziato occultista". Giunse in tempo per sentire le ultime parole del grosso vampiro messicano. Ormai praticamente a fianco del gruppo esordì con ironia.

    John. Blocchi la fila. Muoviti che la pausa pranzo dura poco.
     
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    Il disturbatore di Master

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    John chi, amigo? l'Ispanico si voltò fissando il Brujah con aria molto dubbiosa Chi sei tu? Una sorta di macellaio? O un imbianchino? domandò additando le macchie di vermiglione. Diete una "sniffata" all'aria Forse la prima, in effetti. Sembra sangue ...

    Correggetemi se è succo di pomodoro o se è una "percezione" esagerata


    Da quanto ricordava della sua prima e forse unica visita a casa del Principe il luogo doveva essere quello. Non ci dovevano essere molti dubbi. Inoltre c'era anche Pascalito. Per cui il Narcos si sentì sicuro di esprimersi Non dirmi che tu sei uno di quelli che vanno per strada al motto di "Masquerade un cazzo!"?! Se ti ferma un piedipiatti non fare il mio nome, amigo, e non sperare venga ad ungere la macchina per spiegare in quali budella hai ficcato quelle braccia, ragazzo! la presenza del Dottore sembrò distrarlo dalla sua urgenza di varcare la porta rossa Madre de Dios ... scosse il capo ... un giorno o l'altro finiremo tutti sul giornale concluse sconsolato.
     
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    La parte migliore di essere me? I baffi, mi pare ovvio!

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    Tutto ciò che John riuscì ad osservare per pochi secondi fu il volto rugoso ed il peculiare odore emanato dal Fratello che gli era apparso alle spalle mentre si controllava le scarpe.
    Un' espressione perplessa ma solcata dal sorriso d' ordinanza furono il meglio che riuscì a metter insieme, dato che il rapido ed apparentemente interminabile flusso di nuovi arrivati gli rubò le parole ancor prima di poterle scegliere.
    Provò dapprima a rispondere al cortese saluto dell' elegante Fratello giacca e cravatta.
    Buonas...
    Ma dovette interrompersi al sopraggiungere del chiassoso ometto ispanico e del suo fradicio ombrello.
    Buenas N...
    Non senza un certo fastidio s' interruppe nuovamente all' ingresso di un volto conosciuto e la sorpresa di trovarsi nuovamente insiema a quel petulante "Grillo Parlante" tutto muscoli lo spinse a ritrarsi istintivamente di qualche passo nella speranza che l' altro non l' avesse notato o di potersi ancora nascondere dietro lo stalker con un motivo a rombi disegnato sulla guancia.

    Vana speranza, dato che Jeremy non tardò ad individuare John e a rivolgergli la parola.
    Devo essere ancora nell' Umbra. In realtà non ne sono mai uscito e questo è il mio personalissimo inferno, vero?
    E che cazzo! Prima mi si presenta a casa e ora pure quando vengo sequestrato da un feticista del bianco?

    Nulla di tutto ciò trasparì dal volto del Ventrue che anzi si fece avanti di un passo per porgere i suoi omaggi al conoscente e, magari, approfittarne per capirci qualcosa.
    Ragioniamo: mi pare ovvio che almeno l' ispanico ed il primo arrivato si conoscano e siano entrambi Fratelli, data l' allusione del primo alla Masquerade. Non avrebbe parlato a quel modo se non fosse stato certo di essere in presenza di altri nostri simili.
    O magari sto pensando troppo e lui è solo un povero pazzo... E ora ne conosco due.

    Aveva deciso di attendere qualche secondo per parlare, non volendo esser nuovamente interrotto dall' arrivo di qualche altro invitato, se così si poteva dire.
    Ora che ci penso, non mi pare che fuori piovesse, stanotte.... E allora com' è possibile che questo tizio si portasse dietro un ombrello bagnato? Suonerebbe già abbastanza strano se non considerassi il fatto che giurerei tutti noi abbiamo avuto un momento di smarrimento, una volta messo piede in questo luogo.
    Dato che nessun altro si era affacciato all' ingresso, Legrasse decise di prendere la parola quando l' uomo con l' ombrello ebbe finito e decise di riprendere i saluti con ordine, perciò si mise in un punto dal quale tutti loro avessero la possibilità di vederlo bene ed eseguì un rapido e formale inchino esibendo un cordiale ed assolutamente falso sorriso sotto i folti baffi increspati.
    Auguro una Lunga Notte a tutti voi, Fratelli. Perdonatemi se non ho risposto immediatamente al saluto cortese di coloro che me lo hanno rivolto ma ammetto di essere rimasto basito dalla varietà di individui affluiti in questo luogo che io, fino a pochi secondi fa, ero assolutamente certo fosse il mio studio.
    Rivolse un cenno in particolare ai primi due venuti e riassunse con movimenti lenti la postura eretta, prima di proseguire.
    Temo di non aver avuto il piacere di conoscere la maggior parte dei convenuti, perciò rimedierò in parte presentandomi a voi tutti.
    Io sono John Raymond Legrasse, antropologo e storico di professione, e sono lieto di fare la vostra conoscenza, signori qui riuniti.

    Nel parlare esordì in un ampio movimento del braccio che abbracciò tutti i presenti e si chiuse indicando la misteriosa porta rossa.
    Ora, nonostante la mia vasta cultura, ammetto di non comprendere ciò che sta avvenendo qui, perciò oserei chiedere la vostra assistenza nel ricostruire brevemente il come ed il perché queste presentazioni si siano rivelate necessarie. Poi credo che dovrò varcare quella soglia, anzi ne sono certo, quindi vi chiederò di scusarmi per avervi privati della mia presenza.

    Se possibile, farei un tiro di Politica per cercare di identificare qualcuno degli estranei, dato che magari potrebbero avere posizioni di rilievo nella comunità di N.O.
     
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    A parte Jeremy Coleman, non consoci nessuno.

    Continuate pure
     
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    Intanto partiamo con antipasto di Auspex 2, lettura dell'aura, sui presenti per cercare di capire con chi abbiamo a che fare.
    Non che ci siano dubbi amletici a riguardo ma a scanso di equivoci... lo si fa una volta e poi siamo a posto.

    Poi passerei ad un Primo piatto a base di Demenza 3, occhi del caos, per farmi un'idea della situazione generale.

    Il tutto per concludere con un contorno di Tocco degli spiriti sulla maniglia incriminata... no, scherzo, quella la aprirò e basta XD

    Do per scontato che, dato che siamo in turni “colloquiali” e non da combattimento, la cosa si possa risolvere in un’unica soluzione ma se così non fosse possibile no problem.
    Non spendo WP su alcun tiro.



    Cross a differenza di Kaspar Legrasse, e forse anche di qualcun altro dei presenti, sapeva benissimo perchè era lì. Era perfettamente consapevole di esservi arrivato consciamente e di sua spontanea volontà. La sua presenza era necessaria, richiesta. A differenza loro, non un dubbio, non un singolo istante d'incertezza ne pervadeva lo spirito.

    Quegli individui erano tutti lì per un motivo, certo, ma non sapevano nemmeno loro quale.

    O almeno, non ancora.

    Avrebbe dovuto dirglielo? Avrebbe dovuto informarli? Avrebbe dovuto svelare loro il motivo di quella “convocazione”?

    Ma se non fossero stati chiamiati per il suo stesso motivo?

    No, forse era meglio aspettare. Controllare, verificare.
    Gli servivano maggiori informazioni e, del resto, fretta non ne aveva.

    E poi, non era nemmeno detto che fossero degni di sapere.

    Meglio limitarsi al need to know.
    Perciò la domanda era: avevano davvero bisogno di sapere?

    Forse si, forse no. Ma perchè prendersi l'incombenza personale di spiegarglielo?
    Certo, sarebbe sicuramente stato in grado di farlo alla perfezione ma non ne sapeva ancora abbastanza su di loro per poter dirimere la questione che quei quattro, o anche solo qualcuno di essi, avessero la necessità di sapere.


    Se, a differenza sua, non sapevano allora era chiara una cosa, non dovevano saperlo. Evidentemente non era ancora il momento.

    Ma se il momento fosse proprio quello? E se fosse stato proprio lui a doverglielo spiegare?

    Magari era stato designato proprio lui. Ovviamente, chi altri avrebbe potuto farlo? Chi meglio di lui? Nessuno, era chiaro.

    Ma designato da chi?
    Lui sapeva chi, ovvio. Che domande.

    Ma come osavano designarlo? Per giunta senza prima interpellarne il parere?
    Che affronto! Che mancanza di rispetto!
    Oltraggioso a dir poco!


    Ebbene, non avrebbe detto loro nulla... o forse avrebbe dovuto? Magari raccontando più del necessario. Il tutto solo per rendere pan per focaccia a chi di dovere...

    E se questa fosse stata una manovra orchestrata appositamente per ingannarlo e costringerlo a rivelare più del necessario in modo da mettersi in ridicolo?

    Inaudito! Chi poteva anche solo pensare di prendersi gioco di lui in tal modo?!?
    Come potevano credere che non lo avrebbe scoperto! Lo stavano sottovalutando, era chiaro!

    Se questi erano i presupposti con cui ritenevano potessero farne oggetto di scherno, avevano sbagliato di grosso. Nathan Cross non sarebbe caduto in fallo tanto facilmente a meno di casi in cui la cosa si fosse resa necessaria. E l’unico motivo per cui avrebbe potuto concedersi di commettere un errore volutamente era se questi facesse parte di un suo più ampio piano, magistralmente orchestrato, troppo complesso per la mente comune da comprendere ma sicuramente necessario al raggiungimento dei propri scopi.



    Ma quali scopi?



    Stava divagando. Meglio tornare concentrati sull’obbiettivo…

    Ma poi… perché era lì?

    Ora non riusciva proprio a ricordarselo…

    Tu ne sai niente? - Pensò, fra sè e sè, dialogando con la voce che abitava la sua testa.

    Si riprese subito, neanche un attimo dopo, o almeno questo era il tempo che era passato nella sua testa. In realtà, con tutto quello scrutare, aveva passato più di qualche istante ad osservare con aria interrogativa i presenti -

    Nathan Cross, filologo, teologo ed ex sacerdote. – Si decise, infine.
    Non aveva senso farsi tutti quegli scrupoli (o meglio non era ancora il momento).

    Ma era davvero tutte quelle cose? O aveva usato tanti paroloni solo per darsi un tono?

    Avrebbe ripreso il dibattito con sè stesso poi, una volta varcata quella soglia, se si fosse ripresentato il caso. Del resto per avere una conversazione intelligente era probabile che non avrebbe avuto interlocutori migliori di se stesso –

    Ed ora signori, vogliate scusarmi, ma sono atteso... – concluse, voltandosi e girando la maniglia nell’apprestarsi a varcare quella soglia -

    Se riceve risposta dalla voce nella propria testa per ora il colore utilizzato è stato il “purple”. Sentiti libero di adottare quello che meglio credi se non dovesse ispirarti, io ti informo x completezza di informazione


    Edited by Joker- - 29/10/2016, 19:20
     
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  11. Maestril
     
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    Si mosse quando arrivò l'irruente figura di Nathan, assicurando meglio il computer sotto braccio. Cominciava a riempirsi troppo e di troppi damerini, quella stanza. Tirò giù il capo, ingobbendosi un po' - chiudendosi nel proprio spazio vitale, angusto ma solido. Sì, anch'io dovrei. , rispose alla domanda altrui, in maniera istintiva – tanto era impellente quella necessità dettata dalla curiosità. La voce dell'Informatico sulle prime era quanto di più aggrovigliato e nodoso ci potesse essere in termini di suoni - quasi fosse stata appallottolata e schiacciata in fondo alla gola per anni - inutilizzata. Stranamente, lasciò ben intendere la propria volontà nonostante in altre circostanze l'avrebbe trovato poco prudente.

    Stava di nuovo riacquistando un atteggiamento più 'sociale' quando quelle prime note latinoamericane gli fecero tirare la schiena. I lineamenti del viso si arruffarono attorno alla bocca che si piegava in una smorfia. Come fosse una pasta malleabile, la spalla dello spirlungo Fratello si incavò laddove Alvaro fece calare la sua mano a mo' di saluto. Ciao... Amigo. , lo salutò con quell'appellativo, sebbene avesse una forma ben più piatta nell'accento dell'Informatico, fin troppo legato a quella zona sud e provinciale degli Stati Uniti. Accennò un sorriso però, a quella persona familiare. L'entrata di Jeremy gli venne sottolineata direttamente dal Consanguineo. E lui rimase ben spettatore delle considerazioni del Narcos, acuendo la vista sull'abbigliamento dell'ultimo arrivato. Perlomeno non era il più conciato male, almeno a vestiti.

    Pascal Moore. , aggiunse il proprio nome senza soffermarcisi particolarmente ma ben incamerando quelli altrui e i corredi che si portavano appresso. La voce prendeva ad ogni parola un timbro più normale, i toni si distendevano - sgranchivano. Comincio a credere che nessuno lascerà nessuno. , commentò poco ironico all’indirizzo di John e Nathan, ben evidenziando la stessa maniera con cui tentavano il commiato. Questa abbondanza di specializzationi significa che probabilmente l'argomento per cui siamo qui è... Un misto. O incerto.

    Siamo cinque... Ed una porta sola. Tornò a fissare la porta rossa qualche attimo, facendo dei bei passetti laterali verso di essa, quatto come un ragno. Quella surreale calca a ridosso dell’uscio scarlatto stava già generando del caos. Era meglio mantenere l’ordine. Chi li aveva indirizzati - convocati - doveva aver scelto un ordine, una preferenza. Sarebbe bene mantenerla… Chi sa dettata da cosa. Certo, le variabili che concorrevano all’arrivo a palazzo erano molteplici, ma non conoscendole sarebbe stato inutile prenderle tanto in considerazione. Quello di arrivo era l’ordine più semplice. E lui era il secondo.
     
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  12. Dottor Jergal
     
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    Un uomo corpulento si voltò verso di lui, rivolgendogli una serie di domande ed affermazioni che, seppur connesse da un filo logico, suonavano come una marea di stronzate dette molto probabilmente per rompere il ghiaccio. Jeremy lo squadrò da capo a piedi, senza rispondere subito, lasciandolo sconsolarsi per qualche secondo; grattandosi la barba incolta un paio di volte e scuotendo il capo, si perse in un sottile sorriso divertito. Dopo che con un ampio sguardo vide il volto di tutti gli altri, concluse di non conoscere colui che gli aveva rivolto parola, così come nessun'altra delle persone presenti all'interno di quella stanza, escluso il professor John Raymond Legrasse.
    Non sono ne un macellaio ne un imbianchino. Sono un Dottore e questo sangue, beh...io e le mia fottuta lavatrice non andiamo mai molto daccordo.
    Gli occhi si spostarono sul Ventrue baffuto, che con quel simil sproloquio aveva espresso ad alta voce alcuni dei dubbi che già lui aveva, ciò fu molto utile, perchè causò nella testa del Brujah il raggrupparsi di un gran numero di pensieri circa quello che stava accadendo.
    Quindi non sono l'unico. L'uso di dominazione o ascendente collettivi è qualcosa che ora, a seguito della rivelazione che il vuoto di memoria è comune, mi trovo ad escludere, individui capaci di usare livelli di queste discipline tanto potenti da influenzare tante menti credo si possano quasi contare sulla punta delle dita. Alzò gli occhi al cielo nel sentire che il collega come al solito si dilungava fin troppo nel pompare il suo ego dinanzi agli occhi: compensazione?.
    Deduco John, che perderci in elucubrazioni sia totalmente inutile. Come tu stesso hai asserito le possibilità sono molte e, sebbene sia un controsenso, l'avere una vasta conoscenza non fa che renderci ancor più ignoranti, in quanto non fa che ampliare il range di possibilità. Se siamo attesi ed il perché ed il percome ci sono ignoti, significa che siamo già in svantaggio su qualunque forza ci abbia spinti, ed ancora ci spinga, a condividere questi spazi.
    Quella porta lo attirava e doveva oltrepassarla. Mise una mano all'interno della borsa per verificare cos'avesse con sé.
    Del mio equipaggiamento cosa ho? Uno dei due pugnali? Il cellulare? Chiavi? Ho la borsa a tracolla?

    Piegò le labbra ed arricciò il naso ed il volto assunse una posa orrenda poco dopo la presentazione di Nathan. Quella mimica facciale scomparve però di lì a breve.
    Giacché tutti gli altri si erano presentati, fece lo stesso anch'egli.
    Jeremy Coleman. Lunganotte a tutti, Fra...telli?
    Chiese retorico arcuando il sopracciglio, forse una domanda sciocca, ma d'altronde l'accesso a quell'edificio poteva essere permesso anche a qualche Ghoul, e dato quell'insieme di coincidenze, non avrebbe trovato così strana la presenza di un mortale asservito. Si astenne dal provare ad essere il primo ad aprire la porta, lasciò che gli altri lo precedessero.

    Edited by Dottor Jergal - 1/11/2016, 00:22
     
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    Il disturbatore di Master

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    Tu e la lavatrice non andate d'accordo?! No! Non di nuovo! Un altro fottuto Malkavian no!

    Il Narcos rabbrividì. Sentì sulle sue spalle il peso della mala suerte. La maledizione dei Lunatici era ancora lì, ostinatamente!

    Evitò di aggiungere altro e face un passo indietro, sia metaforicamente che fisicamente.

    Ascoltò le presentazioni degli altri. Cavolo, era un gruppo di cervelloni! Dottori, antropologi, Pascal ... Che lavoro faceva Pascalito? ... Si chiese cosa c'azzeccasse lui lì. Non apriva un libro da ... Da quanto non apriva un libro?! Da prima di morire. Forse era ancora in galera in effetti.

    Alvaro Sanchez, ingegnere della WhiteDust corporation Ah ha! Vediamo cosa dite ora? Smentitemi secchioni!
     
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    @Cross:
    2016-11-03 15:57:40 Cross rolls 7 dice to Perc+occ (Diff 8) 6,3,4,7,1, 8,6 [failure]

    2016-11-03 16:18:26 Cross rolls 6 dice to Perc.+empatia (Diff 8) 7,10,5,1,9, 5 [1 success]


    2016-11-04 13:38:39 Legrasse rolls 7 dice to Pers.+Sott. (Diff 7) 4,1,3,10,10, 7,6 [2 successes] + 1 specializzazione
    2016-11-04 13:37:52 Cross rolls 6 dice to PErc+ sott (Diff 7) 6,2,1,5,1, 3 (BOTCH x 2)
    2016-11-04 13:37:04 Jeremy rolls 2 dice to Perc.+sotterfugio (Diff 7) 4,3 [failure]
    2016-11-04 13:35:31 Alvaro rolls 5 dice to Persuasione+ esp art (Diff 5) 10,4,4,4,9 [2 successes]

    Lascio i tiri qui. Scusate, ma sono troppo stanco per scrivere qualcosa di decente


    Edited by Deus Irae - 4/11/2016, 20:39
     
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    La parte migliore di essere me? I baffi, mi pare ovvio!

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    John annuì con calma ai ragionamenti di Jeremy, registrando sia essi sia i nomi e le referenze dei presenti; che fossero vere o meno, allo storico bastava anche solo questo scambio per poter gettare dei ponti sufficienti a scardinare quasi ogni sorta di menzogna gli avessero detto.
    Escludendo questo Cross, che mi pare fin troppo a proprio agio in questo frangente, direi che solo l' ingegner Sanchez pare il tipo percettivo di persona in grado di crearmi reali problemi, se lasciati soli. Mi preoccuperebbe anche il dottore, se non fossi già a conoscenza del suo profilo psicologico e con esso delle chiavi per dirottare le sue ondate moraliste. La sua maledizione è una mente troppo acuta per i principi che lo guidano...
    Rivolse un cortese sorriso a tutti e soprattutto ad Alvaro e a Pascal, ai quali dedicò una lunga occhiata curiosa.
    Questi due mi paiono antitetici quasi quanto me e Mr Jeremy. Si conoscono abbastanza da poter cooperare? Sarà meglio prestare attenzione.
    L' atteggiamento di Nathan attirò nuovamente l' attenzione per il tono calmo con cui egli cercò di congedarsi da loro.
    Proprio un individuo sospetto... O la sa molto più lunga di noi o si tratta di un altro Lon Chaney. Nel secondo caso, credo che Mr Jeremy potrà darmi una mano ad archiviare la pratica.
    Sorvolando su questo aspetto, la situazione in cui ci troviamo e la porta che tutti paiamo convinti di dover a tutti costi varcare mi ricordano un paio di esperimenti di antropologia sociale che ho studiato anni fa. In questi esperimenti, più che l' atto in se di compiere l' unica azione possibile, è l' elemento decisionale a pesare, nella fattispecie l' ordine, la reazione al progredire degli eventi e la gestione delle emozioni sono tre valori misurabili e tenuti in considerazione per l' esito finale.
    Allo stesso modo di chi uscisse per primo o per ultimo, anche tutti gli altri sarebbero valutati e schedati in base alle reazioni emotive ed agli schemi di aggregazione nei quali rientrano. Ma vale la pena ricordare che tutti gli esperimenti simili sono in sostanza dei giochi mentali basati sull' inconsapevolezza dei partecipanti, cosa che in un certo senso confermerebbe la mia idea su ciò che ci capita.
    In ogni caso, il mio istinto mi sta quasi "urlando" di attraversare quella porta rossa e l' idea che il ... tsk... teologo... mi preceda ha l' effetto di deprimermi, perciò...

    Legrasse raggiunse in fretta Nathan e gli si parò davanti, badando bene a porsi fra lui e l' uscio scarlatto, impedendogli di girare immediatamente la maniglia, un sorriso falsamente cordiale ben impresso sul volto.
    Dunque io e lei siamo quasi colleghi, Mr Cross. L' antropologia, del resto, è il fratello maggiore della... della... della sua branca.
    Ma lasci che io interroghi il perspicace studioso che è in lei: ha per caso notato quanto questa situazione ricordi un esperimento?
    E, cosa più importante, si è domandato perché tutti noi proviamo l' impellente bisogno di varcare quella soglia?
    Potrebbe trattarsi di una suggestione ottenuta combinando l' arredamento della stanza con lo stato semi-confusionale che caratterizza il nostro arrivo qui ma io sono dell' idea che ci sia dell' altro. Lei è d' accordo con me, Mr Cross?

    Sporse la testa oltre la spalla del teologo sfregiato per osservare il resto della compagnia.
    E voi, signori? Che ne pensate?

    Se possibile, cercherei di anticipare Nathan nel varcare la soglia o magari addirittura di aprirla e varcarla mentre lui è distratto dal rispondermi.
     
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