Seven Oaks Blvd

Prevedibilmente, Mark palesa la sua ignoranza in materia - ma la prevedibilità di tale scenario non rende la ragazza più tranquilla.

Potrebbe esacerbare la situazione. Potrebbe dire una bugia in più, giusto per mettergli un po' di pepe al culo, ma, ancora una volta si trattiene.

Fanculo, ne ha già le palle piene di questa storia.

Poi, un aggancio. Una briciola, seppur minuscola e dal sapore di sterco.

Anzi, due, volendo contare anche questo "Smitty l'Orbo": un uomo "bello come il sole", che se la fa in un locale dalla reputazione... non dubbia, ma quasi evanescente, come se fosse un banco di nebbia che emerge dal Mississippi alle tre del mattino.

Smitty non fa complimenti agli uomini.

"Un altro Fratello?"

Ripensa al modo in cui Trev si è fatto soggiogare da Banks, al modo in cui lei soggioga gli altri, e decide che quella è la conclusione che ne trarrà per ora.

«Sai dove bazzica 'sto Smitty di preciso?»

Chiede con gentilezza.
Central City è un quartiere abbastanza grande.

Nel sentire la domanda di Mark, Liv scrolla le spalle:

«Nah, è che non ho mai sentito di 'sto tizio e volevo tenermi aggiornata.»

Sa che il tempo è denaro e che chiedere il numero dell'orbo le converrebbe, ma giustificare un interesse mai avuto nei confronti delle droghe risulterebbe troppo problematico, così come qualsiasi altra spiegazione le venga in mente.

«Bon, che dire... fammi andare a vedere che cazzo è 'sta cagnara.»

Dice, per poi rivolgere al biondo un cenno di saluto e - se non trattenuta - dirigersi verso il luogo del raduno, sit-in o qualsivoglia kumbaya signor, kumbaya in cui si sia trasformata la protesta.

Se, da un lato, Liv è spiazzata dal vedere quella sorta di fiera del quattro luglio compressa in un vicoletto, dall'altro non può che provare una strana sensazione nel percepire una volta di più qualcosa che era già giunto a lei pochi minuti prima con l'inizio di House of the rising sun.

Questa gente è felice.
Tipo, maledettamente felice.

È una sensazione che provoca sconforto, persino una punta di disagio - o forse invidia - nel suo essere genuina. In un certo senso, è uno stralcio di vita che potrebbe essere stata comodamente già vissuta: dopotutto, quante volte era capitato a lei e ai suoi amici di cantare mangiando pane a fette e fagioli in scatola?

Senza volerlo, la Dawkins scivola nelle viscere della strettoia, ritrovandosi faccia a faccia con l'enorme graffito, la dama di NOLA responsabile del gran casino.
Evitare di guardarlo è impossibile, non prima di aver passato una decina di secondi a contemplarlo: dal vivo, è ancora più bello.

«Ehi.»

Dice, voltandosi verso l'uomo che l'apostrofa; poi, concentrandosi sul motivo per cui è lì, decide di dare le spalle all'intero pezzo, in modo da non averlo più davanti agli occhi.

«Non proprio di qui, ma di qui, se capisci l'antifona.»

Di NOLA, insomma.

«Ho saputo che qualcuno ha fatto un pezzo bellissimo, e dovevo venire a controllare. Che dire... wow. Mica sai chi l'ha fatto?»

Chiede, dando inizio alla sua personalissima fiera delle domande stupide.

«Nah, tranquillo, sto a posto.»

Risponde, con una calma derivata parzialmente dalla sincerità: di sicuro Liv non ha sete adesso.

«Onestamente, questa bomba non mi fa manco venire voglia di bere. Forme così sono da apprezzare a mente lucida, capisci?»

Si sforza di guardare ancora il murales. Deve sforzarsi: meglio fare la figura di una di quelle e passare per pazza agli occhi del sano di mente su quindici che essere interpellata - o, come sta succedendo adesso, approcciata - da un vecchio che nemmeno si rende conto di quanto stia accadendo.

«Però due chiacchere con te e tuo padre le faccio volentieri. Magari salta fuori che il gusto per l'arte è di famiglia...»

Dice, sorridendo. Perché ha bisogno di parlare liberamente con uno preso bene - anche se ancora non ha idea di cosa dire per fare sì che l'inconscio sputi qualche indizio utile - e ha bisogno di farlo alla svelta, prima di pensare che a lavare un asino magico di cui non sa niente si sprecano acqua e sapone.

Liv si mette a lavoro, cogliendo occhiatacce, sguardi di sbieco e interpretando il mood generale.
Si sentono straniti? Beh, anche lei...abbastanza da capire che, per quanto possa provarci, non riuscirà ad emulare in maniera convincente le sensazioni da lei percepite.

«Di qui, ma non di qui. Mi chiamo Kayla.»

Risponde con maggior convinzione, sempre nel suo pesante accento che la identifica come NOLAna DOC.

«Beh, ero venuta qui per confermare delle voci che parlavano di un graffito bellissimo...e ora che sono qui e che so che le voci non rendono giustizia a questa bomba, che dire...è stupefacente!»

Non riuscirà, ma deve comunque provarci.

«Non capisco un granché di arte, ma tra i colori della città e l'idea generale che ci sia qualcuno a difendere NOLA dalle tenebre che l'accerchiano...puro genio!»

Va un po' a ruota libera, simulando un tono da voce leggermente esagitato. Vorrebbe simulare anche le fugaci occhiate al pezzo, ma la paura primordiale che quel coso possa avvelenarle la mente glielo impedisce.

«O, almeno, io la vedo così. Voi che ne pensate?»

Lo chiede sia a Anthony che a suo padre.

"Kayla" parla, parla e parla ancora, seguendo quel filo di Arianna talmente sottile da spingere il non morto a esitare, a dubitare della sua esistenza.

Eppure, quel filo c'è: il legame tra ciò che va oltre la mente razionale e l'autore di quel pezzo esiste, e la conversazione fa sì che parti di esso vengano alla luce.

Le informazioni che ottiene sembrano utili, e le permettono, se non di triangolare l'esatta zona dove bazzica MoonBeam, di restringere il campo almeno un po'. Altro elemento ugualmente importante è l'età della ragazza, abbastanza vicina da accendere in lei la speranza che possano aver bazzicato negli stessi luoghi.

Trenta, quaranta minuti dopo, Liv decide che è arrivato il momento di accomiatarsi: uscendo dal vicolo, getta un'occhiata sommaria sopra di lei, alla ricerca di possibili telecamere nelle vicinanze; dopodiché, una volta messa nuovamente mano alla bici, tira fuori lo smartphone, cerca l'indirizzo del Carpe Diem e, nel mentre, fa mentre locale per cercare di ricordarsi di eventuali centri sociali, luoghi autogestiti, skate park e luoghi sui generis nelle zone di Carrolton e Central City.