Seven Oaks Blvd

Rimasta sola con i suoi pensieri, la mente di Liv si muove come un pendolo, oscillando tra i ricordi delle conversazioni avute con i due Trevor e il pensiero che, in questo momento, l'omonimo a cui tiene di più si starà beccando un cocktail di tranquillanti e roba chimica talmente pulito e forte da fare impallidire qualsiasi tossico di quartiere.

"Oh, cristo, e se diventasse dipendente da quella roba?"

È l'esitazione di un momento, a cui la ragazza non può però dare adito: dopotutto, se ha deciso di lasciare Linguanera alle cure della Lancia è anche per concentrarsi sulle sue ricerche. E allora...

...E allora resta da ascoltare quanto Mark ha da dire sugli eventi di quell'inquietante notte, e vedere di fare quadrare ciò che, a una prima occhiata al luogo in cui si trova, difficilmente lo fa.

«Ehi!»

Lo apostrofa quando, ancora sulla bici, è a una decina di metri da lui.

Nel colmare la distanza -arrivando così a circa tre metri da lui - il vampiro rallenta. Sta prendendo tempo, e per due motivi fondamentali: il primo, aguzzare le orecchie e guardarsi attorno, alla ricerca dei segni di quella protesta menzionata dai los Trev ; il secondo, lasciare che sia Mark a cominciare a interagire, permettendole così di saggiare il suo stato d'animo e capire bene come parlargli dell' "arresto" di Linguanera.

Proteggere la Masquerade è l'affare più delicato della non vita, e questo Liv lo sa bene. Ogni alibi e ogni giustificazione fornita a tal fine deve uscire dalla sua bocca meglio di quanto la parte clou di Rap God non lo faccia dalle labbra di Eminem: deve essere pura, semplice e incontestabile arte.

Una cosa difficilissima a farsi, letteralmente impossibile quando è l'impossibile stesso a mettersi in mezzo... e quando una lievissima, ma atavica sensazione di sconforto la porta a gettare un'occhiata alla sigaretta e a distoglierne subito dopo lo sguardo.

«Ti dispiace?»

Chiede a Mark di buttarla via attraverso un leggero disgusto, indicandola con un rapido cenno del capo.

Non le erano mai piaciute nemmeno da prima: Rhonda diceva sempre che uno dei peggiori nemici dei borseggiatori era la puzza di fumo.

«Non so perché Linguanera abbia deciso di punto in bianco di darsi alla lotta sociale... fatto sta che, quando l'ho incontrato, già aveva capito che quello ormai era l'ultimo dei suoi problemi.»

Lo ringhia, lasciando trapelare frustrazione per la situazione, aggiungendo al tempo stesso una punta dello stesso stupore genuino che ha provato quando Mistah Banks le ha raccontato i fatti.

Le parole, però, sono rapide e serrate: come lei stessa ha detto, lo strano comportamento di Trev è l'ultimo dei problemi... sia suoi, che di quelli di Mark.

«Mettiamo in chiaro una cosa, però: qui nessuno è amico dei piedipiatti, ma siamo tutti costretti ad averci a che fare: questo valeva per Rhonda, vale per me e vale per Trev. È letteralmente il motivo per cui le cose vanno giù liscie quando ve ne state nel Quartiere Francese.»

Un richiamo al background di senzatetto e trovatelli di strada, condizione comune alla stragrande maggioranza della banda; un fattore che, in aggiunta all'entità relativamente trascurabile dei crimini da loro compiuti, dovrebbe legittimare non solo il legame tra Trev e il sedicente detective che lo avrebbe preso in custodia e fatto domande su domande, ma anche giustificare l'atteggiamento amichevole del primo nei confronti del secondo.

«Si vede, però, che c'è una bella differenza tra evitare di farsi sbattere dentro per un borseggio o un furto e organizzare una protesta in grande stile e senza autorizzazione. Quello, o lo sbirro aveva voglia di farci sentire la sua presenza e ha colto la palla al balzo...»

Offre due spiegazioni, e dal tono di voce Liv fa capire che, per lei - e, se anche le argomentazioni lo permettono, anche per Mark - una vale l'altra, e ciò che conta viene dopo.

«... Fatto sta che quello stronzo ha messo Trev dentro - in fermo, sia chiaro.»

Poi, una breve pausa: un'interruzione, durante la quale finge di accorgersi del brusio di sottofondo.

«'Sto baccano è quello che penso, i tizi che si sono aggiunti a Linguanera? Ma quanti sono?»

È una domanda seria, dalla cui risposta Liv si aspetta, spera in un cambiamento: il signor Banks aveva parlato di una decina di individui, ma, strano ma vero, sapere che ora si è aggiunto qualcun altro renderebbe un'eventuale aggiunta a quanto detto finora un pelo più facile.

Liv risponde all'imprecazione di Mark con sguardo comprensivo tipico di coloro che non sono estranei a riverenze e porcate varie nei confronti dell'autorità.

Il suo turno d'imprecare - e di sputare, se solo avesse avuto la saliva per farlo - arriva poco dopo, quando il ragazzo le dice di come gli astanti stiano imbastendo una vera e propria festicciola.

«Cazzo...»

Di primo acchito, la sua voce interiore le suggerisce di provare a coinvolgere anche Mark nelle indagini che seguiranno, di approfittare della sua "immunità" agli effetti di quel pezzo...ma è un suggerimento che Liv decide di non ascoltare: come un fantasma, la voce della Lancia le ricorda di come tutta questa storia sia campata per aria - nel teoretico, per citare le sue parole - e dei rischi che potrebbe correre il suo amico nel ficcanasare... per non parlare delle potenziali breccie nella Masquerade e tutto il resto.

«Vediamo di partire dall'inizio. Mi dici cos'è successo e che ci facevate qui? Linguanera, per ovvi motivi, non è stato chiarissimo...»

Dove, per "ovvi motivi", Liv intende la presenza dello sbirro. Un modo di farsi raccontare la versione dei fatti di Mark, senza sollevare sospetti.

La spiegazione di Mark coincide per sommi capi con quanto le è stato detto da Trev e da Banks. Sembra esserci tutto: gli ucraini disposti a pagare le scocche a peso d'oro, la fuga di questo Jack e la roba del murales.

Nulla di anormale, insomma, no?

Beh, più o meno.

Mark parla di un paio di belle auto, ma in luogo in cui si trovano in quel momento - un alternarsi di normoville, USA e uno stralcio di rivoluzione industriale 101 - non sembra né il primo, né il secondo, né il terzo posto dove andare a cercarle.

«Com'è che vi è venuto in mente di venire a cercare delle auto qui?»

«Mi sa che ha voluto coprire chi di dovere. "Socio" o no, ci sono cose che non canti davanti agli sbirri.»

Un commento rapido e naturale, che potrebbe fare sgranare gli occhi e Mark e fargli pensare: "Ah, allora è questo che intendeva Liv quando ha detto che Linguanera non è stato chiarissimo!"

«Beh, immagino che, a questo punto, bisogna avvisare questo Jack - se non per fargli una lavata di capo, quantomeno per tenerlo informato.»

Commenta, per poi aggiungere con una vena di stizza:

«Ma soprattutto per fargli una lavata di capa. Sta da voi?»

Un colloquialismo per chiedere se vive nel covo della gang, insieme alla maggior parte dei membri, oppure per conto suo. Liv, in effetti, vorrebbe parlarci, quantomeno per capire se lui sa chi sia stato a proporre di infilarsi in quel buco di culo. Probabilmente è la paranoia a parlare, ma una voce in sordina le sussurra il nome del nuovo...

...Almeno finché non sente le familiari armonia della Casa del sole nascente. Una canzone folk, emblema della cultura della Big Easy, cantata nelle vicinanze di una donna che si ammanta dei colori del borgo: una scelta troppo appropriata per sembrare casuale.

Questo sembra confermare un fatto a lei già noto - che, prima o poi, dovrà farsi un giro in quella bolgia per fare qualche ricerca.

Prima o poi.

...o più prima che poi, visto l'andazzo della conversazione.

«Nah, che guardia... Non c'è niente da guardare...»

Mormora, riferendosi al graffito con disprezzo. Stupido scarabocchio. È bello, sì, ma è anche un dito sufficientemente grande nel culo da spingerla a detestarlo.

«Giusto una cosa: mica conosci qualcuno che bazzica nel giro dei murales?»

È una domanda strana e azzardata, lo sa bene. Potrebbe fare un giro di chiamate e controllare da sé, o fare ricerche sulle stesse strade che l'hanno nutrita e sostenuta per gran parte della sua vita; ma se c'è anche solo la possibilità che Mark conosca qualcuno che potrebbe conoscere MoonBeam, allora tanto vale provare ad aggrapparsi a qualsiasi appiglio.