Faro in disuso

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  1. .Giona.
     
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    Si, faremo visita a loro questa notte diete quella conferma alla Koldun'ia, poi tacque. La sua attenzione era rapita da altro. Fissava la porta del faro, volgendo le spalle alla Demone e alla campagna circostante. L'ululato del vento riempiva l'aria e le orecchie del cainita.

    Allargò il braccio destro e tese le dita pallide fino all'estremo, poi con un movimento ampio le indirizzò fino alla tracolla dalla quale estrasse un coltello e un rocchetto. I due oggetti furono accolti nei palmi delle mani giunte. Con solennità si chinò fino a poggiare in terra con le ginocchia Zjurg kramon. Usher omas ... una voce aliena e profonda emerse dalla gola del Ritualista. Un gorgogliare che da bisbiglio si tramutare in suono chiaro capace di ripetere quella litania più e più volte senza sosta. Si chinò in terra col torace e strisciò le mani innazi a se afferrando polvere e fango, stringendoli e rilasciandoli e mentre lui si muoveva in quel modo tentacolare e ossessivo, lingue di tenebra scivolavano giù dalla sua ombra e si dipanavano sul piano dei mortali ondeggiando intorno all'Abissalista. Una corolla di un fiore con al centro il cainita. Un fiore fatto di pece tremeda e terribile, incarnazione della paura stessa Zjurg kramon. Usher omas ... la voce si faceva più intensa e fendeva l'aria intorno al faro. Insieme ad essa anche le mani del cainita si sollevarono verso il cielo. Impugnava la lama con la destra e con un colpo secco squarcio la propria carne facendo stillare il proprio sangue. Quella gemma rossa, attratta dalla gravità, tentò di precipatare al suolo, ma come iene fameliche le estroflessioni d'ombra si gettarono su di essa avvolgendo il Nichilista, la sua mano e condensandosi dinnanzi a lui Akos ukter ejnvè ... ora tutto il nero tenebra si avvolgeva su se stesso, come un impasto che si fagocita senza sosta e si comprime. Il tutto emerso dall'Abisso si era ridotto ad una sorta di pozza che giaceva appena innanzi alle ginocchia del Nichilista. Una pozza dal movimento magmatico e placido, saziato dal sangue ricevuto in dopo.

    Ci volle tempo prima che il canto blasfemo si acquietasse e tornasse il silenzio a farla da padrone. Il Custode, con pazienza e precisione, armeggiava con il rocchetto avvolgendo in torno ad esso un filo nero notte che emergeva dalla pozza come una rete che emerge dal mare. Un lavoro certosino. Metro dopo metro, decina di metri dopo decina di metri. Quel filo sembrava non terminare mai.

    Sarai tu a fare strada disse dopo altro tempo impiegato a colmare quella matassa. Non aggiunse altro, provato da rito a cui aveva dato vita. Quando il rocchetto fu terminato e la pozza d'Abisso esaurita, l'Abissalista si diresse vicino alla porta. Con maniacale cura legò un estremo del rocchetto allo stipite di legno, ne svolse un paio di metri allontanandosi con qualche passo indietro, poi legò al proprio polso l'altro capo del filo che emergeva dal rocchetto. Si voltò a guardare la Koldun'ia Possiamo andare con un gesto rapido lanciò il rocchetto verso un altro di notte più tetro e l'oggetto ... sparì tornando, probabilmente, all'Abisso. Di quel filo tenebra restavano solo i due capi: uno attaccato alla porta e nascosto negli anfratti del legno, l'altro penzolante dal polso del Custode fino a sparire fra le pieghe del suo abito.

    Con passo tranquillo, si mise al seguito della figlia dei Carpazi Ricorda: queste vacche sono una risorsa. Non commettere niente di estremo. Per i prossimi giorni riposeremo qui ... non compromettere il nostro rifugio dopo quell'ultimo ammonimento si affidò alla Demone senza aggiungere altro.

    Rituale Abissalista livello 3 (Fili Abissali). - 1 PS. Effetto collaterale attivo: Brezza Gelida
     
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  2. -Cybele-
     
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    Quando captò i passi dell’Altro frenarsi, allora si fermò, voltandosi. E già le ombre vibravano in quella radura. Non lo disturbò, mostrando lo stesso rispetto che Lazarus aveva per la propria Spiritualità. Allungò una mano quando una scia nera corse da Colui che la richiamava – non riuscendo però a toccarla davvero. Percepì gli Elementi reagire in presenza dell’Abisso – le correnti del fiume, la temperatura dell’aria, il respiro del suolo. Da sempre c’era come qualcosa che strideva tra le loro reciproche padronanze – nel momento in cui si toccavano aveva la sensazione che nessun posto sarebbe stato abbastanza vasto da accoglierle entrambe per un lungo periodo – Quanto?

    Non ti fidi del mio senso dell’orientamento? , chiese divertita dal compito affidatole nell’attimo in cui l’Altro aveva concluso il rituale, interpretandone ironicamente il risultato come un filo d’Arianna oltre che come misura di sicurezza per il Rifugio. Osservò il filo d’ombra perdersi – confondersi – tra i vestiti altrui mentre il Custode si riavvicinava. Di nuovo percepì quella Brezza come diversa dalla propria – qualcosa di immiscibile- com’era avvenuto con l’Arcivescovo.

    L’espressione tranquilla e consapevole si fece più seria alla raccomandazione ricevuta. Non preoccuparti. So che è tuo desiderio restare qui per un po’ di tempo. , rispose subito, la voce era solida. Si incamminò lungo la strada che avevano percorso in macchina. Non è solo una questione di territorio. Noi non co-esistiamo né conviviamo – noi siamo in simbiosi. I tuoi guai sono miei guai e viceversa. Nessuno di noi ne causerà di ulteriori, per questo. Nessuno dei due può avere beneficio dal rompere l’equilibrio. , non era una dichiarazione di amicizia o sostegno. Non c’era affetto o frustrazione. Era la propria spiegazione del Vinculum che li legava. Era la loro Vitae mischiata. Era evidente come la Demone avesse a lungo meditato sulla cosa – rimuginato – riflettuto – cercato. Da quando abbiamo perso il resto del Branco quel vincolo si è evoluto. Ma ancora non capisco se sia progresso o meno.

    L’andatura divenne più cauta man mano che prendevano distanza dal Rifugio. La Koldun’ia era attenta ad ogni movimento tra le fronde e cercava di immergere il proprio Spirito nell’Acqua e nella Terra per mantenere un sentiero saldo e sicuro in quel lembo di suolo tra gli acquitrini. Quando giunsero all’incrocio – immerso come il resto della zona nell’oscurità, la Metamorfista girò a destra. In fondo alla via s’intravide la sagoma di una chiatta. Sarà stata lunga sei-sette metri e ospitava una casupola molto modesta.
     
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  3. .Giona.
     
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    La sagoma del Custode si muoveva nella notte al seguito della Demone. Gli stivali marchiavano il terreno di orme scavate nella fanghiglia. Per quanto fosse abituato ad una non vita nomade priva di agi più o meno consoni all'immortalità, il Nichilista non era proprio un tipo da scampagnate fra i muschi e licheni. Al contrario della sua compagna, il legame con la natura e tutta quell'estasi figlia del contatto con la concretezza degli elementi lo lasciavano del tutto indifferente. In quei tipi di luoghi la Tzimisce era una guida certamente più adeguata e competente, pertanto le stava appena dietro come uno scalatore dell'Himalaya e il suo sherpa.

    Simbiosi. Era davvero così? Le Vaulderie che avevano praticato negli anni avevano lentamente sfocato i motivi primigeni del loro viaggio. Sullo sfondo c'erano gli scopi della Spada, la crociata eterna contro i nemici della setta e contro gli antidiluviani che guidano quei fantocci della Camarilla. Questo era chiaro e intuibile dietro ogni scelta che i due si trovavano a compiere. Ma cosa c'era in primo piano? C'era forse un legante maggiore fra i due che non la "causa comune" del Sabbat? Proprio quel primo piano era stato sfocato dal Vinculum, il Custode non riusciva più a vederlo nitidamente. Per quanto si sforzasse di comprenderlo, analizzarlo, ottenerne una visione nitida, tutto si trasformava sempre e solo in una cosa: i propri scopi personali. Ecco quindi che se egli era uno strumento di Dio .. seppur come mezzo per far provare al mondo la quintessenza della paura e del terrore che porta al pentimento ... anche la Demone doveva essere un tassello del disegno divino. In qualche modo, in qualche maniera, quella Tzimisce era lì per un volere superiore. In qualche modo, in qualche maniera, avrebbe contribuito alla causa di ... Lazarus. Tutto questo, che fosse vero o alterato dal Sangue ingurgitato lustro dopo lustro, era l'unica visione plausibile e ormai comprensibile per il Nichilista.

    Cybele ... esordì con il tono adottato dal Ductus verso il suo branco ... a premio per lo sforzo che hai profuso nella ricerca di questo luogo e del nostro rifugio, voglio tributarti con l'onore di guidare questa caccia, secondo i costumi della tua casata o del tuo credo, se preferisci la presunta e presuntuosa superiorità del Custode si manifestava in quegli atti di magnanimità che amava elargire al suo branco. O quanto meno a ciò che ne restava.
     
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  4. -Cybele-
     
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    Ti ringrazio. , rispose con rispetto, assecondando l’atteggiamento altrui di buon grado, abbassando già la voce per non aggiungere rumore al loro approssimarsi alla chiatta. La Demone aveva trovato nell’atteggiamento di Lazarus come Ductus una cornice particolarmente spessa e arzigogolata in cui inserire la propria sacra – in una maniera decisamente diversa rispetto a quella contemplata dal Custode – Magia ed elevarla, svilupparla durante tutto il tempo – il viaggio – le battaglie – le fughe – le cerimonie della non-vita nel Branco. E anche ora, in questa simbiosi. Era stata come una serra – o così l’aveva modellata per sé e la propria personale crescita.

    Immersa in quella Brezza fredda che gelava il loro avanzare, non percorse la strada, restando invece tra questa e la riva della palude. Si muoveva silenziosa, riducendo la distanza dalla barca, facendosi un'idea più chiara della sua struttura. Sfruttava la propria profonda connessione con l’Acqua e quella con la Terra per camminare su un percorso sicuro nonostante la nebbiolina di umidità che aleggiava, e quella con l’Aria per capire se questa portasse voci con sé che segnalassero la presenza dei – probabilmente pochi, date le dimensioni della chiatta – pescatori che lì erano ormeggiati. Vedeva più con lo spirito che coi propri occhi. Questa era una delle sfide che correntemente si proponeva.

    Obiettivo era capire se gli abitanti del natante fossero svegli - presenti - e se ci fossero fonti luminose accese.
     
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    Ok, ammetto di essere parecchio impegnato in cazzi e scazzi vari in rl quindi vi lascio liberi di giocarvi la caccia in autonomia.

    Almeno nn vi tengo fermi e mi alleggerisco un pò il lavoro.

    Se proprio vi servirà un mio intervento fatemi sapere.

    Ma per ora potete andare avanti da soli ed eventualmente fare tiri di dadi se lo ritenete opportuno. Oppure potete andare avanti a interpretazione libera.
     
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  6. .Giona.
     
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    Metro dopo metro la notte rivelava in modo sempre più distinto il profilo dell'abitazione galleggiante. Era un ammasso di assi di legno e chiodi a cavallo fra una casa fatiscente e uno stabile pronto ad essere inghiottito dal fiume. Il pelo dell'acqua lambiva la piattaforma che circondava la casa e permetteva al tutto di galleggiare. La base della chiatta, infatti, emergeva appena, dando segno della propria esistenza e rivelandosi in continiutà con la riva alla quale era fissata con delle corde limacciose. Sul quel versante dell'imbarcazione si apriva una porta in alluminio ed una finestra, anch'essa in alluminio.

    Dall'altra parte, rivolto al letto del fiume, vi era una sorta di attracco per eventuali ulteriori barche o chiatte in navigazione ed uno stretto porticato sul quale si aprivano una porta e tre finestre. Una sola, tenue luce, ondeggiava su di un pilastro in legno e segnalava per l'appunto quell'ormeggio ed il profilo della casa che più si addentrava nel letto del fiume. Non vi erano altre luci o suoni o segni di vita che fuoriuscivano dalla dimora dei pescatori. La chiatta, nel complesso, risultava alquanto spettrale ed inanimata.



    Non metterò in dubbio le informazioni che hai raccolto ... disse il Custode con un tono che implicava un "però" molto grosso e facilmente intuibile. Lo scetticismo del Nichilista, seppur non palesato, era alquanto palpabile. Ogni passo produceva un lieve *cick ciack* nella palude. Il Lasombra afferrò la propria borsa a tracolla e la tirò un pò più verso di se per evitare, ad ogni modo, che potesse inzupparsi in quell'acquitrinio.
     
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  7. -Cybele-
     
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    L'odore fumante e denso dell'acqua stagnante era spesso come nebbia ma la Koldun'ia ne era assuefatta - il sentore degli Elementi mischiati. ...Ma non sopravvaluterai ora delle creature come le Vacche. , concluse la sua frase dopo un istante, quando – dalla propria posizione avanzata – notò qualcosa. Allungò dietro una mano aperta, a rallentare anche l’Altro e si fermò, restando nel buio dei salici e delle mangrovie. Una parte della Demone spiccava in queste occasioni, una parte indigena - che risaliva le vene recuperando frammenti di viaggi, cacce e imboscate. Non era un animale né si muoveva come tale. La Bestia della Figlia dei Carpazi aveva le fattezze della Figlia dei Carpazi stessa - si muoveva con ella - all'unisono - al suo ritmo.

    La Metamorfista percepiva a meno d'un passo da sé l'Acqua che lambiva la Terra - e il legno della barca. Percepiva la vibrazione del suolo che fino a poco prima si era ramificata sotto il movimento dei propri piedi e quelli di Lazarus vicino a sé, spegnersi ed insieme un'altra sovrapporsi - ancora lontana, appena percepibile. C'era una luce, più in là - si muoveva - ciondolava - verso la bagnarola. C'era qualcuno, e proveniva da destra rispetto al Custode, ad una decina di metri.

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    Quella luce divenne man mano più definita: era una torcia elettrica, molto banale quanto prevedibile. Illuminava uno stretto sentiero che man mano si snodava verso la chiatta. Mentre una voce sommessa bofonchiava lì fuori, la barca - se tale poteva essere - rimaneva immota, appena smossa dal fiume calmo.
     
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    Il bofonchio si fece più insistente e più vicino. Ancora, e ancora.

    Quella che, all'inizio, pareva avesse tutta l'aria di essere la luce proiettata da una torcia elettrica si rivelò poi, invece, quale la luce di una lanterna ad olio o forse a pretrolio.

    Una luce tenue, calda e tremolante quasi quanto l'andatura claudicante di colui che reggeva la lanterna.

    Dapprima i due riconobbero la voce. Era una voce maschile, anziana. A tratti quasi un biascichio.
    E la figura che avanzava incerta per il sentiero fangoso e limaccioso era ancora più incerta. Eppure sicura.
    La luce proiettata dalla lanterna a stento avrebbe potuto illuminare la via per un uomo giovane e nel pieno delle forze. Figurarsi ad uno all'apparenza così anziano.

    Probabilmente quel vecchio conosceva il sentiero come le sue tasche e della luce nemmeno aveva bisogno.
    Forse era più per segnalare la propria presenza che non per illuminare la strada, che portava con se la vecchia lanterna.


    "Và fuori, Roycephus", diceva;

    "Và incontro ai nostri ospiti", diceva;

    "Guidali a casa", diceva...

    Facile per lei, che se ne stà al caldo e all'asciutto..

    Povere queste mie vecchie ossa, domani tutti i miei acciacchi si faranno sentire... oh, si. Altrochè...


    L'uomo, anziano e claudicante, sembrava non essersi accorto della presenza dei due cainiti a pochi metri da lui.
    Forse era mezzo sordo, oltre che mezzo cieco.

    Ma di quali ospiti stava parlando? E chi lo aveva mandato a cercarli?


    Eppure, ancor più strano di un povero vecchio che vaga solo, di notte, per la palude era il suo aspetto... qualcosa di incredibile agli occhi dei cainiti...




    Ehhh... La Mamma non sarà certo contenta di non poter avere ospiti per cena... e la piccola non avrà nessuno con cui giocare...

    Ma io che posso farci?

    ... sono solo un povero...


    Chi è là?

    C'è nessuno???


     
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  9. .Giona.
     
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    Di per se, la presenza di "una luce di troppo" non sembrò disturbare il Custode più di tanto. Che si trattasse di uno dei pescatori o di un vagabondo, la cosa cambiava poco per il vampiro. Si sarebbe tradotto in maggior cibo o maggior divertimento per il Nichilista. Restò quindi immobile, fermo nel proprio intento di voler concedere alla Tzimisce l'onore di dettare il ritmo della caccia.

    Quando però vide l'abominio umanoide che percorreva quel sentiero, tutto cambiò e i suoi intendimenti andarono in frantumi. Si voltò di scatto verso la figlia dei Carpazi fulminandola con uno sguardo carico di rimprovero. Quell'estraneo sul loro presunto territorio, sul racconto della compagna di branco, sui loro piani, era un errore sul compitino a casa che il Lasombra non si risparmiò di sottolineare con la matita rossa dei suoi occhi. Sollevò il braccio in un gesto di "alt" che voleva arrestare ogni movimento del gruppo. Poi portò il dito indice alla bocca "silenzio", poi due dita verso i propri occhi "spiamolo", poi ancora le due dita mosse in aria in modo sgambettante "seguiamolo".

    "Và incontro ai nostri ospiti" che sappia della nostra presenza? La domanda più importate, per il Custode, era quella. Era necessario appurare se quel ... coso ... avrebbe percorso il sentiero fino al faro o meno. Sarebbe stato a dir poco tragico perdere il loro rifugio la prima notte "La Mamma non sarà certo contenta di non poter avere ospiti per cena... e la piccola non avrà nessuno con cui giocare..." quel gruppo di indigeni doveva essere composto quanto meno da tre ... cosi ... la notte doveva concludersi con delle risposte.

    Richiamò a se la notte e l'oscurità e la fece scivolare sui tronchi, sui rami, fino ai loro corpi, per ammantarsi con essa come fosse un mantello gelido.

    Tecnicamente il bonus a Furtività è scritto in modo esplicito solo in Gioco d'Ombra "I Fratelli che si nascondono nell'ombra aggiungono un ulteriore dado al loro ammontare per l'Abilità di Furtività [...] Questo potere può agire solo su un bersaglio o una persona alla volta, sebbene possa concedere, a un gruppo che rimanga bene immobile, un minimo di riparo." Non so se l'effetto è presente anche in Sudario, io ho inteso il Sudario come una massa d'Abisso visibile. Per tanto, a meno che non abbia mal inteso Sudario, uso Gioco d'Ombra (-1 PS // siamo a - 4 PS in sessione) e provo a dare un pò di riparo al gruppo.
     
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    si hai inteso bene. Il sudario serve ad altro ed hai fatto bene ad usare gioco d'ombra.

    Aspetto cybele prima di rispondere
     
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  11. -Cybele-
     
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    Percepì chiaramente lo sguardo di Lazarus su di sé - lo conosceva. In dettaglio. E ne potè indovinare i pensieri. Il fatto che il Nichilista le stesse alle spalle non rendeva il monito nei propri confronti vano, tutt'altro. Era già immobile nell'attimo in cui voltò il viso per fronteggiare il Ritualista e recepire i suoi segnali. Non annuì ma l'incontro con gli occhi altrui dava più conferme di qualsiasi parola.

    Eppure, da parte propria non pensava ad un errore. In fondo Jurij non ha specificato che fossero Vacche, questi pescatori. La Demone aggrottò le sopracciglia. Sempre che Questo appartenga a quella chiatta. Quella visione non l'agitò nella stessa maniera in cui aveva inquietato Lazarus. Quella figura - qualsiasi fosse la sua natura - le ricordò immediatamente le forme e le "increspature" della Natura tipiche delle sculture del proprio Sire e delle creature che normalmente ospitava nel proprio serraglio. Trovò una sorta di familiarità in quel viandante dall'aspetto bizzarro. Roycephus. Anche il nome lo era. Seguiva con lo sguardo acceso quell'insieme di scaglie muoversi, mentre il proprio Spirito si riempiva di quella nuova presenza nell'Aria e sulla Terra. Mentre nell'animo le correnti si smossero come maree d'Acqua, innalzando quella propensione all'insolito e al "deforme" tipica del proprio Sangue.

    Ha una madre. Come lui? L'aveva generato così? E la piccola... Una figlia? Quale poteva essere il suo aspetto? Agli occhi della Figlia dei Carpazi quel viandante si mischiava all'ambiente meglio di un qualsiasi pescatore - ne possedeva parte dei colori e delle forme. Non avrebbe saputo collocarlo da nessuna parte se non in quella palude.

    Restò ferma affianco a Lazarus. Ne sentiva la mente elaborare tanto quanto la propria. Poi un brivido la percorse da piedi a capo quando le Ombre cominciarono di nuovo a muoversi. Gettò gli occhi sul volto del Custode. E più intensamente si concentrò sugli Elementi attorno a sé.
     
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    L'aberrazione che era l'anziano Roycephus si guardò attorno, illuminando come meglio poteva con la sua vecchia lanterna il limitare della vegetazione che, intricata, si dipanava davanti a sè.

    Rimase immobile per qualche istante, vagando con lo sguardo a destra ed a sinistra in cerca di qualcosa.

    Dopo un pò, non trovando nulla che suscitasse il suo interesse...

    Mmh... sarà stata la mia immaginazione..

    Sono troppo vecchio, per queste cose...


    Roycephus s'incamminò, nuovamente diretto alla chiatta sul fiume.

    Ah, si. Troppo vecchio, per queste cose...

    Il vecchio continuò, con la sua peculiare andatura claudicante, reggendo la vecchia lanterna, che traballava ad ogni suo passo.


    Mentre si avvicinava alla chiatta una luce si accese, all'interno.

    Edited by Joker- - 23/1/2016, 17:43
     
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  13. .Giona.
     
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    "Và incontro ai nostri ospiti" ripeteva mentalmente il Custode mentre ponderava sulle possibili identità di quegli "ospiti" attesi. In effetti quel ... coso ... stava dirigendo i propri passi verso la chiatta. La domanda, a quel punto diventava: stava andando verso gli "ospiti" o tornava a casa? Dal lamento continuo del ... coso ... la sua spedizione doveva essere stata fallimentare. S'è accesa la luce. Lo attendevano in quella dimora. Quel ... coso ... stava tornando a casa, dunque. Nella chiatta di "pescatori". Il biasimo del Custode verso la figlia dei Carpazi era bel lungi dal venir meno.

    Cosa c'era lungo quel sentiero?
    Il Nichilista provò a ripercorrere mentalmente a ritroso il sentiero battuto dall'essere sconosciuto. Se quel ... coso ... fosse stato mandato per loro, fino al faro, il suo polso avrebbe trillato, per così dire. Le dita della mano sfiorarono il sottile filo d'Abisso che pendeva dalla cute del vampiro per saggiarne la tensione. Aveva bisogno di un qualche conforto. Di certezze atte a scremare ipotesi.

    "La mamma", come la chiamava quell'essere rivoltante, doveva sapere della presenza di qualcuno nei paraggi, ma non così bene da poter garantire l'incontro fra il suo ... coso ... e gli ospiti stessi. Un essere con capacità oracolari? Un medium? Una signora della magia caraibica? Se gli "ospiti" in questione si riferiva a lui e alla Koldun'ia, forse avevano ancora un pò di segretezza dalla loro parte. Il punto diventava: come sfruttarla? Non potevano glissare davanti all'incontro con "La mamma". Se lei sapeva di loro, loro dovevano sapere di lei!

    Puntò il dito indice verso la chiatta e guardando la Koldun'ia mimò il numero "3" per correggere il suo conto sugli abitanti dell'imbarcazione. Attese che il ... coso ... avanzasse ancora prima di muovere il capo verso la Tzimisce e sussurrarle Se vogliamo insediarci in quel faro dobbiamo sapere chi o cosa abita là dentro. Hai modo di rimediare alla tua errata mappatura senza farci scoprire?
     
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  14. -Cybele-
     
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    Troppo vecchio. Quel dettaglio catturò la sua attenzione più del resto. Quanto vecchio? La Madre era ancora in vita, quanto è anziana lei, dunque? Si domandò con ancora più interesse.

    Poteva quasi sentire il rumore dei pensieri di Lazarus che percorrevano la sua mente, li vedeva nella sua espressione. Non li disturbò. E quando l'Altro la interpellò, la Demone aveva già i piedi nudi immersi nell'acquitrino fino alle caviglie - e le scarpe lasciate sul terriccio. Si rimise in piedi tra i rami dei salici, risalendo sul limite della riva, laddove la Terra iniziava ad immergersi. Mosse il capo in un segno di assenso alla domanda altrui. E' un errore di interpretazione. , precisò soltanto. In fondo la chiatta c'è, e nulla può dire che non siano pescatori di granchi. Concluse così nella propria testa.

    L'Acqua fangosa permeava i vestiti della Koldun'ia. La stoffa era una barriera inutile per lo Spirito - che avvertiva con chiarezza il tocco dell'Elemento. Voda. , la invocò. La voce scivolò lungo il proprio corpo come una goccia, scendendo lungo le gambe, oltrepassando poi la superficie viscosa. Quella parola - quel richiamo - quel nome - s'immerse e si diramò tra le pigre correnti della palude - cercando - radunando - toccando - prendendo i frammenti dello Spirito elementale che incontrava, percorrendola sinuosa come Veles sottoforma di drago. Sorreggimi - sii un Sentiero per i miei passi. , ordinò - il timbro della Figlia dei Carpazi aveva una consistenza incostante, come se non fosse l'Aria ad accoglierlo ma direttamente l'Acqua. Gli occhi erano aperti ma davanti a sé, ella aveva le profondità tortuose degli specchi d'acqua. Sollevò un piede dalla riva e si mosse per effettuare un passo - sull'Acqua.

    Via dell'Acqua 3 - Nebbia sul Mare
     
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    2016-01-27 11:12:47 Cybele rolls 8 dice to Via dell'acqua 3 5,1,3,10,7, 8,10,6 [4 successes]

    Scusate l'attesa ma ultimamente, come già dissi, sono molto impegnato.



    La koldun'ia percepì l'elemento evocato rispondere al suo richiamo.

    La superficie dell'acquitrino s'increspava al contatto fisico della tzimisce.
    Non un'increspature, seppur minima si generava, allargandosi dal punto di contatto.

    La Demone s'innalzò sull'acqua come stesse camminando su di un corpo solido, i piedi immersi sembravano sfiorarne la superficie senza lasciare alcuna traccia. Pareva quasi scivolare, tanto era aggraziato il suo incedere.

    L'abominio della natura era ormai quasi giunto alla soglia quando i due compagni poterono udire prima, e vedere poi, la porta dell'imbarcazione ancorata a terra aprirsi.

    Una figura di donna, sebbene ancora non meglio definibile, sembrava essere comparsa sulla soglia ad accogliere il vecchio.

    Appoggiata ad uno degli stipiti, aspettava.
     
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