Blue Nile

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  1. White Nemesis
     
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    Esterno:


    Il Blue Nile è da sempre considerato come una delle sedi primarie della musica Jazz, presenti nel panorama di New Orleans.
    Situato nel cuore della storica Frenchmen Street, è stata una casa per un numero inquantificabile di musicisti funk, blues, soul, “brass shows" ed altri generi affini, fregiandosi della collaborazione di artisti famosi sia su scala nazionale che internazionale.
    E’ attualmente uno dei più longevi club dedicati a questo settore musicale e, seppur inizialmente fosse nato come palcoscenico per le band dal vivo, con il nome di “Dream Palace", il Blue Nile offre un menù davvero eclettico di brani musicali per la maggioranza delle serate settimanali, sia nella sala che spazia verso l’ingresso in fronte alla strada principale, sia nella più discreta saletta al piano superiore.

    Può essere facilmente scorto da qualsiasi punto della via grazie alla sua insegna luminosa blu, che non si limita a contornare il logo principale del locale (una mezza luna all'interno di un sole cavo), ma circonda di neon azzurri e fluorescenti, tutto il perimetro del porticato inferiore, oltre alla grande balconata sovrastante. La lunga serie di finestre quadrate posta nella parte alta del muro di facciata, è perennemente coperta da spessi tendaggi interni, naturalmente di colore tendente all'azzurro, così da amplificare l'effetto visivo insieme alle luci.
    Le vetrine esterne ai lati dell'ingresso, permettono di visualizzare in breve il programma della serata e dei nuovi brani registrati, per lo più quelli prodotti dalle etichette discografiche direttamente collegate al franchising stesso del club.
    L'ingresso principale aperto al pubblico è quello centrale più grande ed incassato nei muri, i due limitrofi invece sono rispettivamente a sinistra una porta antipanico d'emergenza, mentre a destra si trova l'ingresso per i dipendenti del locale.

    L'edificio è caratteristico della zona come architettura ed è normalmente ben frequentato. Ci si può imbattere negli esponenti dei più svariati ceti sociali, tuttavia, i disturbi non sono all'ordine del giorno e la sicurezza viene costantemente monitorata con telecamere a circuito chiuso, presenti sia all'esterno che all'interno dell'edificio, naturalmente in punti strategici. All'apparenza non sembra esserci un vero e proprio sistema di "Security" armato, nessun buttafuori all'esterno o file di clienti fuori l'ingresso, anzi, solo per le serate particolarmente esclusive - per l'esibizione di qualche musicista famoso - si può riscontrare la presenza di qualche misura in più in tal senso.

    Interno:


    Così come all'esterno, anche l'interno si presenta completamente dominato dal colore blu, alternando a zone riempite da poster Jazz e dischi in vinile, delle intere porzioni di intricate pitture dai richiami esotici, vernici fluo sulle tinte del rosso, giallo e verde chiaro, che si susseguono in spirali tribali e decorano per intero i muri del locale.
    Dopo un breve ingressino chiuso con una doppia porta in legno, ci si trova subito di fronte all'ampia sala azzurra gremita dai piccoli tavolini tondi e sedie in legno, il bar si trova contro il muro sulla sinistra, dotato di un bancone stretto e piuttosto lungo, per lasciare maggiormente libero lo spazio nel salone. Anche qui alcune luci blu fungono da unica luminaria, emergendo fra gli scaffali ricolmi di bottiglie, cionondimeno sia i tavoli, che in generale il mobilio, sono sempre sormontati da candele profumate inserite in altrettante minute giare di vetro lavorato.
    Un grande palco rialzato illuminato da bianchi faretti bassi, si estende dall'angolo a sinistra lungo tre quarti della parete posteriore, con una posizione tale da poter essere inquadrato da quasi ogni angolo della stanza. Una porticina a muro è celata fra le pitture ed è coperta da un telo leggero ed iridescente.
    Le scalette per il piano superiore si trovano in fondo sulla destra a fianco della zona bar, mentre la porta limitrofa alle stesse - che da sul retro - conduce ad un corridoio che conduce direttamente alle toilette.

    Balconata e saletta superiore sono per la maggior parte del tempo chiuse al pubblico, se non per eventi speciali, venendo normalmente dedicate solo ai clienti particolarmente affezionati. L'arredamento del primo piano rispecchia quasi in toto quello del piano inferiore, seppur vi sia una maggior presenza di divanetti e minor costanza delle tinte fluorescenti, così che l'atmosfera resa sia decisamente più "intima" rispetto a quella del locale principale.

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  2. White Nemesis
     
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    Per tutto il breve tragitto dal proprio rifugio fino al Jazz Club, uno dei tanti presenti nella sua via, la figlia della Luna viene continuamente tartassata dalle più svariate tipologie di suoni, trovandovi ogni genere di musica all'interno, anche laddove nessuno riuscirebbe a trovarla. Il fischio secco e costante della brezza, lo sdrucirsi della sciarpa ogni qualvolta ne tira la stoffa, condito dal limaccioso scalpiccio delle suole quando affondano nelle pozzanghere, residui della pioggia notturna, il tutto misto al gocciolare stesso dell'acqua piovana dalle basse grondaie, ritmico ed incalzante: Tutto è musica nelle sue orecchie.
    Ma sopratutto nella sua mente.

    Non ha fatto più che una trentina di metri a piedi, quando già intravede la grande insegna del Blue Nile, giungendo in prossimità di quest'ultima proprio quando essa viene scossa dalla gelida Tramontana, producendo un sinistro cigolio sui cardini di ferro al proprio oscillare. Anche questa è musica, stonata certo, ma a modo suo si tratta comunque di una melodia di contorno, quella che si perde nel vociare degli astanti assiepati di fronte alla porta d'ingresso.
    Le calde voci degli afroamericani di una band Soul, a nemmeno un paio di metri da lei, s'alzano in un breve coretto improvvisato di fronte all'ingressino per i dipendenti, mentre combattono il freddo scaldandosi le mani guantate e picchiettando i piedi a terra, in un dolce dondolio da gamba a gamba che tenta di far meglio fluire il sangue e sciogliere le membra. Sono presumibilmente gli artisti della serata, a giudicare quanto meno dalla strumentazione che si portano tutti a presso, chi sulla schiena dentro grosse custodie, oppure in braccio.
    Uno di loro, quasi sui due metri e con spalle larghe come un armadio a due ante, sta scaricando dal loro furgoncino l'attrezzatura per le amplificazioni, poca roba in effetti, gli pesa decisamente di più spostare tutta la batteria, ma non sembra particolarmente risentire la fatica.

    Dunque, al momento la serata musicale non è ancora iniziata e Johanna può decidere liberamente se entrare già nel locale, prendere posto e pagare la sua fittizia consumazione - quella che al 90% rimarrà ferma sul tavolo tutta la sera - attendendo l'inizio, oppure se fare un giro e, perché no, magari intavolare una mezza conversazione, sempre che ne abbia desiderio, con i presenti in loco.
     
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  3. Gail Lifrey
     
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    Le orecchie di Johanna sono ormai piene di suono, una melodia romantica e al tempo stesso malinconica scaturisce dalla sua mente per legare ogni rumore, anche quelli più aspri, in un unico tema. In quel contesto si inseriscono poi le voci morbide e profonde della band: il connubio tra la linea melodica della figlia della Luna e quella del coretto improvvisato è particolarmente felice, al punto da spingerla ad avvicinarsi al gruppo e canticchiare "la sua parte" a bassa voce, nella speranza che venga accolta ed integrata nel canto.
    Per potersi così presentare, alza leggermente la testa, liberando naso e bocca dal nascondiglio della sciarpa e intona una sorta di controcanto particolarmente acuto, un trillo che per il suo volume potrebbe essere scambiato per un'eco.
    La cainita inizia inoltre a dondolarsi come i musicisti, un riflesso dettato dal desiderio di assecondare il ritmo piuttosto che dalla necessità di scaldarsi.
     
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  4. White Nemesis
     
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    Lo stridio della gelida folata scivola ancora una volta contro la cigolante insegna, ma viene ben presto messo a tacere dalle voci appassionate, profonde e gutturali, dei cinque uomini radunati di fronte alla porticina di servizio. Dalla loro gola escono note espressive, baritonali e a dir poco cavernose a tratti, ma sempre dotate d’una perfetta intonazione e di un retrogusto quasi melanconico, tipico della musica soul.
    Cantando senza strumenti, quattro di loro – compreso l’uomo che scarica dal camion – ritmano a labbra serrate o a bocca spalancata, battendo le mani o schioccando le dita, una serie di tempi e contro tempi ritmati per fare la sfondo musicale al cantante del gruppo, o quello che si presume essere tale, visto che è dotato d’un estensione vocale davvero degna di nota.
    Creolo, sulla trentina, con grandi occhi scuri ed una piacente bocca carnosa, tiene per la maggior parte del tempo le palpebre serrate, facendo fluire il canto fuori dai polmoni insieme al fiato, che va subito a creare una bianca condensa opalescente di fronte al suo naso.

    < So I'm just gonna sit on the dock of the bay
    Watching the tide roll away
    Oooh, I'm sittin' on the dock of the bay
    Wastin' time

    Look like nothing's gonna change
    Everything still remains the same
    I can't do what ten people tell me to do
    So I guess I'll remain the same, yes >


    Se all’inizio stavano solo tentando di perdere tempo aspettando che gli addetti aprissero loro la soglia, ora sembrano tutti e cinque essersi lasciati completamente andare alla loro re-interpretazione casual di “Sitting On The Dock Of The Bay”, per altro attirando non poco interesse lungo la strada.
    Johanna non fa alcuna fatica a scivolare, silenziosa come un felino di piccola taglia, in mezzo al gruppetto, che lì per lì nemmeno si accorge dell’aggiunta di un leggero coretto flautato e femminile.
    Ci vuole qualche istante ma, alla fine, uno dei musicisti – con un sassofono a tracolla dentro la custodia – dondolando volge quasi per caso lo sguardo verso la Malkavian, ritrovandosi il suo faccino simpatico e bianco nel mezzo di un’onda vocale soul assolutamente nera. Il sassofonista sbatte perplesso le palpebre per qualche istante, ma alla fine fa spallucce e la coinvolge facendosi un po’ più in là, permettendole così di inserirsi a sua volta dentro il cerchio venutosi a creare, in modo da poter cantare a sua volta.
    Un paio di ragazze, rigorosamente armate di smartphone, sta riprendendo la scena con le telecamere dei cellulari, mentre un’altra mezza dozzina di curiosi si è fermata mano a mano ad osservare il gruppo folkloristico, ovviamente, la metà sono turisti in visita, che non si fanno sfuggire un’occasione tanto ghiotta. Nel frattempo, anche gli altri membri della band si sono accorti della ragazza, ma nessuno sembra avere intenzione di allontanarla, anzi, una serie di sorrisi chiarissimi a contrasto con gli incarnati scuri, vanno ad accoglierla come fosse un’amica di lunga data.

    < Sittin' here resting my bones
    And this loneliness won't leave me alone
    It's two thousand miles I roamed
    Just to make this dock my home

    Now, I'm just gonna sit at the dock of the bay
    Watching the tide roll away
    Oooo-wee, sittin' on the dock of the bay
    Wastin' time… >


    Quando la melodia arriva al proprio termine naturale, concludendosi con il fischiettio che segue le ultime battute, un breve applauso e qualche gridolino d’apprezzamento si sollevano dalla strada, dopodiché la gente ricomincia a circolare, ma non prima che l’omone – quello che scaricava la batteria – accorra verso di loro armato di volantini, raccolti dal veicolo.

    < Venite a sentirci stasera! Siamo qui fino a Giovedì gente. >


    La sua stazza non lo rende un buon pubblicitario, a dirla tutta supera di un paio di spanne anche le teste più alte, il che lo rende decisamente temibile e mastodontico, ma sfonderando un atteggiamento estremamente propositivo riesce comunque a rifilare qualche biglietto ai passanti.
    Di contro, il front man dalla voce suadente si è appena voltato in direzione di Johanna, mentre la porta dell’ingressino viene finalmente aperta con un “oooh” di ovazione da parte degli altri uomini. I ragazzoni sfrecciano subito al caldo, raggiunti poi anche dal pantagruelico batterista, ed allo stesso tempo il cantante rimane fuori, indugiando ancora qualche istante con lo sguardo sulla vampira, quasi ne fosse in qualche modo attratto.
    Vorrebbe spezzare il ghiaccio, ma deve far raschiare un po’ le parole in gola, prima di riuscire a tirarle fuori.

    < Sei al Blue Nile per la serata Jazz revival? >


    Lo chiede in maniera molto circostanziale, stemperando con un tono anche più armonioso ora che si limita a parlare. E’ evidente che sia lui la perla del gruppo, quanto più perché c’è del vero talento canoro nel suo petto, ed un’amante delle sinfonie come la figlia della Luna, riuscirebbe a percepire l’essenza dell’artista del suo calibro anche a diversi metri di distanza.
     
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  5. Gail Lifrey
     
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    "Quanto tempo..." E' la prima volta che Johanna fa musica con qualcun altro nella sua non-vita, ma al momento non sembra ricordarsi di essere mai morta, le note sembrano esser sempre state lì a disposizione, la musica pervade lo spazio circostante e questo è tutto ciò che conta. I passanti che si sono fermati ad assistere non interferiscono, anzi, è quasi un piacere poter condividere un'esperienza così serena e liberatoria, al punto che due o tre volte lo sguardo della giovane figlia della Luna incrocia sorridendo le fotocamere.
    Ma poi la canzone finisce, e il cantante che si rivolge a lei infrange il sogno.
    Se ne avesse ancora la possibilità arrossirebbe, ma nella sua mente rimbombano due parole in un crescendo lento e perentorio: "cadavere ambulante", magari sensibile e talentuoso, ma morto. È un pensiero doloroso e difficile da accettare, ma è la verità, non importa se solo lei ne è consapevole; deve considerare il suo interlocutore come una potenziale "vena artistica", niente di più, perché non potrebbe offrirgli altro.
    Il turbinio dei suoi pensieri si riflette una frazione di secondo dopo nella sua voce, che con tono gentile ma distaccato risponde "Sì, buon concerto"
    , mentre già cammina verso l'entrata con lo sguardo basso e il naso nuovamente nascosto dalla sciarpa.
     
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  6. White Nemesis
     
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    L’uomo incassa con dignità assoluta quello che, per una persona non dotata di talenti quale l’auspicio, è un universalmente riconosciuto “no” preventivo. Sorride comunque, forse un po’ a disagio e decisamente più in imbarazzo di prima, forse per il timore d’essere stato inopportuno, ma accetta di buon grado il fatto che lei abbia voluto chiudere subito il discorso, tanto che risponde pacato e gentile quanto prima.

    < Oh ehm, grazie, buona serata anche a te. >


    Anche se non perde il tono affabile di poco prima, quasi in contemporanea alle sue parole s’ode lo scricchiolio delle dita della mano destra, premute dietro la nuca per massaggiarsi il collo in un chiaro segno di timidezza mal celata. Esita nonostante tutto, rimanendo in punta di piedi nel vederla andar via, da fuori sembra essere – per un momento – tentato di fermarla e chiederle qualcos’altro, ma alla fine decide di non invadere la privacy della cainita, continuando ad ignorare il perché della sua altrimenti comprensibile reazione.
    Mentre Johanna s’avvia verso la porta d’ingresso, oltrepassando le vetrine piene di pubblicità, ha sia modo di scoprire il nome della band, tali “The Lagoon Brothers”, che di svicolare rapidamente dalla conversazione ormai conclusasi, tanto che essendo da sola di fronte alla soglia ha già modo di appoggiare le dita sulla maniglia per spingerla in avanti.

    < Alex! Alex ma che fai ancora fuori?
    Entra o ti si gelerà quel tuo culo nero, man! >


    Dall’interno dell’ingresso per gli artisti giunge squillante il richiamo di uno del gruppo, un timbro abbastanza acuto da richiamare all’ordine Alex e farlo voltare in direzione della porticina aperta. L’uomo sobbalza, colto alla sprovvista, e riesce a replicare un balbettio all’ultimo istante.

    < Ah ehrr arrivo! >


    Scrollandosi di dosso la sensazione di disagio, viene subito seguito dall’omone che stava scaricando, l’unico ancora nel raggio visivo della Malkavian. Quest’ultimo rifila una sonora pacca al cantante, accompagnando alla manata spezza schiena un’allegra risata, che tuttavia risuona quasi inquietante dentro quell’enorme cassa toracica.

    < Muoviamoci o ti si raffredderanno le corde vocali… >


    Incalza con maggior verve l’omaccione, sempre con una gentilezza disarmante a confronto delle sue immense proporzioni fisiche. Un ultimo cenno d’assenso da parte del moro e poi, entrambi spariscono oltre la soglia, che viene richiusa alle loro spalle, in contemporanea con l’ingresso di Johanna nella saletta antistante il salone principale, dove una seconda porticina l’attenderà.
    Avesse la pelle ricettiva alle temperature, potrebbe già avvertire lo sbalzo di temperatura, ma può comunque accorgersene se, simulando il respiro, dovesse far caso al non produrre più condensa.
    Le mura entro le quali si trova sono tappezzate di poster e fotografie della clientela con i vari artisti, più o meno famosi, che si sono susseguiti sul palco del Blue Nile, la sala principale però rimane ancora celata dalla seconda superficie lignea, già socchiusa da chi è entrato precedentemente all’interno del locale, tanto da far intravedere un sottile lembo di luce blu fin dentro la camera antistante.
     
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  7. Gail Lifrey
     
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    "ALEX" Il tumulto percepito finora dalla cainita non è nulla in confronto alla tempesta appena abbattutasi su di lei, perché quando si possiede un dono come il suo non lo si può ignorare, né tantomeno credere alle coincidenze.
    Johanna ora ha la certezza di dover incontrare nuovamente quell'uomo ed è decisamente scossa, anche se cerca di controllarsi per non lasciar trasparire i suoi pensieri: la sua mente ha infatti assunto le sembianze di una sala in cui lei è al centro, circondata da musicisti che si nascondono nella penombra.
    "Sono riuscita a ferire l'unica persona di cui ho bisogno, che potrebbe dare un senso a ciò che ho sentito." I flauti traversi iniziano a suonare un motivetto allegro, sembrano quasi deriderla per il suo errore. "Ma devo tornare da lui, scusarmi e cercare di capire..." Il tema non le è nuovo, suona infantile e tremendamente famoso. "...ma cosa mi aspetta?" E finalmente entrano gli archi, in particolare i contrabbassi, che con il loro tema ostinato e marcato si inseriscono nel gioco dei flauti come uno squalo in agguato sotto la superficie dell'acqua, anzi proprio come quello di Spielberg.
    La figlia della Luna è inquieta e intimorita, vorrebbe tirarsi indietro e dimenticarsi di questa notte, ma ha l'impressione che ciò non salverebbe Alex o chiunque sia tanto affannato da svegliare un Malkavian. Si appresta ad entrare nella sala principale, con l'intento di trovare un tavolo laterale da cui possa avere una buona visuale del palco e della sala; spera inoltre che la performance di Alex sia buona, e che possa calmare le acque, almeno per un po'.
     
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  8. White Nemesis
     
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    La sala vuota, ancora priva di sottofondo musicale, amplifica enormemente l’effetto delle note che la giovane cainita ascolta nella propria mente, solitaria, ora immersa in un mare di blu tanto vasto e profondo da farle perdere la percezione visiva di ciò che ha intorno. Ancora provata da quel che reputa un grossolano sgambetto da parte del destino beffardo, ma anche della sua peculiare condizione emotiva e fisica, inizia a fatica ad ambientarsi nella nuova condizione visiva, dovendosi adattare in fretta all’intensità delle luci fluo che permeano completamente lo spazio, saturando tutto con colori tanto vividi da sembrare in movimento.

    Questa sua distrazione, trovandosi solitaria sull’uscio e tentennante ad avanzare, le costa una mezza spallata da parte di una corpulenta donna di colore. La botta è leggera, all’altezza del gomito, e sopraggiunge poco prima che, comprimendo la bocca fino a farla impallidire leggermente, l’afroamericana sonoramente sgonfiando le guance piene, per poi farsi da parte e sballottolare la minuta Malkavian ad una ventina di centimetri di distanza dalla posizione iniziale.

    Dopo questa prima brusca ondata iniziale, il mondo materiale torna a palesarsi completamente di fronte a lei, che può così spostarsi lateralmente quanto basta a vedere tutto del salone principale, specialmente il palco, ma a stare altrettanto lontana dalla collettività. Le è comodo a questo proposito il tavolino tondo che fa angolo ed è anche parecchio distante dal rumoroso bancone, inoltre c’è una sola sedia vicino ad esso, una condizione ottimale per poter rimanere più tempo possibile per conto proprio.
    Mentre lei prende posto, una decina di persone l’hanno seguita all’interno, occupando subito i posti migliori e tutti i tavolini vicini al palco, così che le prime due file appaiano in fretta gremite di persone, giunte evidentemente in loco proprio per il concerto.
    L’atmosfera si riempie del chiacchiericcio stonato di un paio di giunoniche trentenni, tra le quali anche la donna che ha scontrato la stessa Johanna poco prima di superare la doppia porta. Quest’ultima, in particolare, è in possesso di un tono vocale incredibilmente fastidioso, acidulo e nasale.

    < E quindi gli ho detto una cosa tipo: “Cioè no, non hai capito! Mi tolgo gli orecchini e ci vediamo fuori bella!” e cazzo Fran, dovevi vedere come s’è presa male ahahaha… >


    Mastodontica ed intimidente, la sua risata querula è urticante all’udito quasi quanto il gergo con il quale si esprime, senza contare che accompagna ritmicamente tutto con un’articolata gestualità della mano destra, come se sbandierasse la propria posizione sociale a destra e a manca. La sua amica Fran, una ragazza bianca iper tatuata coi dreadlock rossi, è forse inquietante quasi quanto la chiassosa ghetto girl, anche perché nel ridere a sua volta per la frase dell’altra, talvolta grugnisce.

    Intanto che le due discutono del più e del meno – lontano solo un paio di tavoli dalla figlia di Malkav -, una spigliata cameriera mulatta, graziosa, filiforme e con il viso pieno di lentiggini, ha appena raggiunto proprio il posto a sedere di Johanna. La donna si sporge appena allungando verso di lei il menù rilegato in cuoio blu, accompagnando il tutto con un sorriso color cocaina, dopodiché sgambetta via nella sua divisa mini gonna nera e camicetta bianca, così da proseguire nel giro di ordinazioni.
    Inutile dirlo, nel momento stesso in cui la giovane donna sfila con le sue lunghe gambe sode vicino al tavolo delle due comari oversize, la lunatica riesce a cogliere distintamente lo sguardo di disgusto che queste rifilano alla poverina, in un misto di biasimo ed invidia tramutato in fastidio evidente.
    Fortunatamente, quest’episodio fa tornare il rumore ad un livello accettabile, visto che si zittiscono trenta secondi.

    Il gruppo invece non è ancora uscito dalla porticina sul retro, ma secondo l’orario segnato sul manifesto all’ingresso, mancano solo 10 minuti all’inizio.
     
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  9. Gail Lifrey
     
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    Johanna sospira e chiude un attimo gli occhi, grata per la tregua dalle voci tanto irritanti di quelle umane. "Spero che non ritardino l'entrata in scena, non vedo l'ora che l'aria trasporti suoni più degni d'esser sentiti". La coppia di bifolche, infatti, sembra avvelenare ogni scena in cui sono coinvolte; per la cainita è una sofferenza assistere alla loro reazione nei confronti della cameriera senza intervenire. "Forse ci sei abituata, ma io no e mi dispiace...cercherò di essere il più gentile possibile con te" pensa tra sé, in uno di quei momenti in cui sembra molto più umana di tante vene.
    Riapre gli occhi -che finalmente si stanno abituando all'illuminazione del locale- e scorre meticolosamente il menu diverse volte per scegliere un cocktail "di copertura", mentre cresce l'impazienza per l'inizio dell'esibizione: potrebbe esserci un indizio nascosto nei suoni che sentirà, e vorrebbe cercarlo ora, prima che corpulenti pensieri da ghetto annebbino la sua percezione.
     
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  10. White Nemesis
     
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    Gli occhi di Johanna continuano a seguire la figura della cameriera ancora per qualche istante, e quando ritorna a fissare il proprio menù scorrendo la lista, ecco che le precipita addosso come una frana il ritorno di voce da parte delle due donnone, questa volta in un chiacchiericcio indistinto.
    Non solo sembrano più inasprite di prima, ma le rivolgono direttamente anche una sentita occhiataccia, rendendosi probabilmente conto di essere state guardate dalla stessa vampira, anche se solo per qualche istante.
    Lo sguardo scuro e porcino della ragazzona che l'ha scontrata, va a posarsi su di lei con un certo fastidio.


    Con un movimento di bacino che i più non definirebbero certamente regale, accompagnato ad una ravanata di man dritta per sistemare gli aderentissimi leggings scuri – ma in tessuto lucido -, la mora ricciuta fa dondolare tutti e tre i doppi menti aprendo bocca verso l’amica alla sua destra, mimando poi chiaramente un rapporto orale a pugno chiuso, e subito dopo indicando con il ditone grassoccio la cameriera.
    Le sta dando in maniera a dir poco esplicita della donna di facili costumi, per così dire.
    L’allegra compagna grugnente inizia a tirare con forza su con il naso, cercando di trattenere i singulti nello scoppiare a ridere fragorosamente, tanto da essere perfettamente udita anche dalla cameriera, che con stoica nonchalances tenta di ignorare le due sfilando loro a fianco, avanzando verso la Malkavian.
    Una volta raggiunto il suo tavolino, la cameriera si ferma con espressione indecifrabile a guardare la cainita, cercando di sfoggiare ugualmente un tiepido sorriso pieno di gentilezza, sebbene alcuni accenni di nervosismo rischino puntualmente di affiorare sulla fronte liscia. La giovane fa per aprir bocca, così da chiedere l'ordinazione della musicista, ma il suono della sua voce viene bruscamente surclassato da un nuovo blaterare dell'afroamericana.

    < Fran, secondo me ha la biscia in mezzo alle gambe...
    Seh seh, non me la conta giusta, guarda come cammina tutta storta, 10 a 1 che è un trans. >


    < Hai troppo ragione Queenie, ha palesemente l’uccello altroché AHAHAHAHAH! >


    All'ennesimo commento ricevuto, con tutta la calma possibile, la mulatta inizia a stringere il vassoio che regge fra le mani per sfogare la tensione, socchiude gli occhi ed inspirando profondamente dal naso, a più riprese, senza mai perdere la professionalità. Anche se le due stanno continuando a ridersela grassamente, continua a non fare una piega. Più o meno.
    In realtà ha le nocche sbiancate e le tremano leggermente le ginocchia, tuttavia, non commenta e torna a volgere lo sguardo in direzione della cliente che sta servendo, ovvero, la cainita, aspettando pazientemente che questa abbia finito di scorrere la lista, prima di rivolgersi verso di lei.

    < Ha già deciso che cosa prende signorina? Se vuole posso tornare dopo, faccia pure con calma. >


    Chiosa con un tono di voce appena percettibile, che raschia il fondo della gola per poi risalire su, tentando di esprimere - seppur a fatica - ancora una parvenza di gentilezza naturale. Se sta soffrendo per i continui insulti e le illazioni decisamente poco plausibili, certo non lo da a vedere troppo.
    Non vuole dar loro soddisfazione, oppure è semplicemente ben educata e sul posto di lavoro si premura di evitare scenate, magari ha le mani legate e non può dir nulla, le opzioni sono davvero molte in questo caso, e di certo la clientela si approfitta della situazione non poco.
    Mancano ancora cinque eterni minuti all'inizio dello spettacolo.
    Con la coda dell'occhio Johanna riesce a scorgere l'omone mastodontico sui due metri conosciuto poco prima, che va sistemando le attrezzature della batteria, preparando finalmente il palco per l'arrivo imminente del gruppo.

    Di Alex ancora nessuna traccia, ma non dovrebbe impiegare troppo ormai ad uscire dal retro.
     
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  11. Gail Lifrey
     
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    "Troppo tardi." Il compositore lunatico nella mente della cainita è stato appena soppiantato da un bassista death metal furioso, che attacca un assolo indiavolato, interrompendo i musicisti ancora impegnati: Johanna perde di vista ogni dettaglio della sala, focalizzandosi quasi esclusivamente sulle due stronze e sulle ragioni per cui non dovrebbe intervenire.
    "Non posso far casino e rischiare di essere buttata fuori dal club, devo incontrare Alex, ma non basta...potrei sempre aspettare la fine della serata e vendicare quella poverina."
    A quel punto inorridisce alla possibilità di aver davvero considerato una simile atrocità: anche se reinterpreta quasi immediatamente quell'ultima frase come un "potrei spaventarle a morte con la mia abilità di Malkavian", sa bene che il primo provvedimento venutole in mente era decisamente più drastico; lo stomaco della vampira si contrae in una morsa, o almeno questa è la sensazione che lei prova, e un brivido di terrore la scuote fino alla punta dei piedi.
    Dopo pochi attimi -un'eternità per la figlia della Luna- un complesso sinfonico inizia timidamente ad accompagnare il basso, tentando di lenire la rabbia di quelle note brutali e coinvolgerle in un contesto più armonioso. Johanna si distende leggermente, grata di quella consolazione dell'animo offertale dalla sua melodia interiore, e ritrova un certo equilibrio. "Non voglio diventare un mostro, nemmeno in nome di una qualche giustizia...la musica è sempre stata tutto per me, e continuerà ad essere il fine ultimo della mia esistenza...."

    Si rivolge alla povera cameriera senza guardarla direttamente, incerta su quale sia la sua espressione al momento, indicando sul menù un Bloody Mary; aggiunge poi con voce rotta e leggermente roca "Mi dispiace davvero, ignorale", anche se in realtà serve più a lei stessa che alla giovane umana.

    Edited by Gail Lifrey - 21/2/2016, 01:58
     
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  12. White Nemesis
     
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    Johanna lotta interiormente con la propria bestia, annidata fra le costole, serpeggiante dal petto fino al cervello passando per la spina dorsale, in un tumulto di sensazioni differenti che la portano a sillabare pensieri di violenza, anche se a fin di bene. Certo è che la situazione sia più che stuzzicante per la natura vampirica della giovane, nel constatare come lei stessa abbia ben più umanità di chi ha ancora un battito cardiaco, la rabbia non può che montarle dentro come un uragano di sensazioni contrastanti, naturalmente mescolate alla sua evidente compassione per la giovane sfortunata che ha di fronte.
    Proprio quest’ultima, ancora in piedi e sempre sorridente nella sua malinconia evidente, annuisce all’ordinazione appena fatta, prendendo rapidamente nota sul blocchetto. La biro scatta con un click, il rumore della punta sferica che rilascia inchiostro sembra rilassare la cameriera, che segna in bella grafia il cocktail richiesto dalla cliente, dopodiché lascia passare qualche istante, fissando il menù come a chiedere se c’è altro, dando così modo alla Malkavian di ordinare ancora, ovviamente ignorando che, con molta probabilità, questa non consumerà nemmeno ciò che ha chiesto.

    < Perfetto, un Bloody Mary allora. Sono 6 dollari, paga direttamente alla cassa. >


    Ancora una volta tono limpido e gradevole, forse solo un po’ più rigida, la sfumatura gentile avvertita prima è leggermente scemata, chiaramente a causa delle continue vessazioni ricevute. Sbattendo i tacchi fra di loro, la cameriera fa per raddrizzare la schiena e piroettare sul posto, così da allontanarsi dal tavolo, ma prima ancora che possa effettuare il movimento ecco che la voce della lunatica si desta dal profondo della sua gola, scivolando timidamente fuori. La cosa coglie alla sprovvista la giovane umana, che sobbalza e subito le regala un sorriso mansueto, lasciando trasparire la propria umiliazione mista al ringraziamento implicito per quel commento.
    Anche senza dire nulla, l’empatia trasmessa dall’espressione è sufficiente a far capire all’altra che ha gradito il suo gesto, ma non solo, poiché rimanendo in silenzio eccola che si avvicina leggermente alla cainita, chinandosi per raccogliere il menù ad ordinazione conclusa.

    < La ringrazio, ma non si preoccupi... Ci sono abituata. >


    Ammette con l’amarezza che le annoda la voce in sussurro, ma non perdendosi comunque d’animo.
    Con un ennesimo sorriso la donna si solleva, porta il menù al petto e ripete la mezza giravolta sul perno delle proprie scarpe, questa volta allontanandosi in direzione del bancone, dove sta chiaramente andando a depositare per prima l’ordinazione della figlia della luna, ignorando le obese del tavolo limitrofo.
    L’onta subita del venir ignorate, provoca un ennesimo moto di disgusto e astio da parte delle due chiacchierone invadenti, che subito si profondono in un biascicare slang quasi incomprensibile, misto di insulti e frasi fatte contro la dipendente del locale.
    Fortunatamente per Johanna, almeno questa volta, non riesce a sentire quello che vanno blaterando, visto che l’affollarsi del Blue Nile rende il brusio di sottofondo molto più elevato e le riempie di nuove centinaia di rumori le orecchie sensibili.

    Infine, quando quasi tutti i tavoli sono al completo e le prime ordinazioni cominciano a venir servite, scatta la fatidica ora d'inizio dello show, con il conseguente intro musicale alla serata. Basta il sopraggiungere dei vari membri del gruppo a far calare un breve silenzio, giusto il tempo per permettergli di prendere posto, fino a che una sentita ovazione accoglie le prime note della canzone scelta per l'apertura, un brano ben conosciuto dagli appassionati del genere, così come anche da Johanna stessa.
    A giudicare dal tipico riff ritmato della batteria, così come del tono squillante della tromba, non può trattarsi d'altro che di "Sing Sing Sing", infatti il preludio incalzante porta già la maggior parte degli astanti a canticchiare fra sé e sé, già molto prima che il cantante attacchi effettivamente la propria parte.

    La prima cosa che la cainita scorge, insieme allo scaldarsi dell'orchestrina a cinque, è che i ragazzoni si sono cambiati d'abito ed ora indossano tutti dei completi neri particolarmente eleganti. Nonostante l'apparente serietà dell'abbigliamento, Alex non perde un immancabile tratto più "casual", ed ora che lo vede alla luce dei faretti non le è impossibile percepire l'aria scanzonata dello stesso, così come il fatto che, forse, di anni ne ha un po' più della trentina che gli avrebbe affibbiato di primo acchito, anche se non molti e comunque ben portati.
    C'è da dire che, oltre ad avere una gran bella voce, ha un suo discreto fascino ed un carisma naturale difficilmente ignorabile.

    Alexander_Gorge

     
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  13. Gail Lifrey
     
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    Johanna rimane piacevolmente sorpresa dall'autocontrollo e dalla pazienza della cameriera, che riescono a placare persino i suoi pensieri più oscuri; un timido sorriso carico di gratitudine illumina per un attimo il suo viso, e le sue orecchie finalmente possono aprirsi verso il mondo esterno.
    Prendendo ad esempio la stoica umana, decide di ignorare quanto più possibile le due orribili umane capaci di urtarla tanto: "Se ho capito che genere di persone sono, non riceveranno nulla dal concerto di stasera, passeranno la maggior parte del tempo a sputare veleno contro il primo che capita e a valutare il sex appeal dei membri della band."

    Ora che ci fa caso, effettivamente, Alex dev'essere un bell'uomo e avere un certo qual fascino, dal momento che il pubblico femminile sembra guardarlo insistentemente, ma la cainita non ha mai avuto molta esperienza nelle relazioni umane, tantomeno in questo ambito: la sua costante introspezione, infatti, l'ha portata a curarsi poco dell'aspetto esteriore e a cercare la vera essenza delle persone con cui entra in relazione -umani e vampiri indifferentemente. Ciò che la colpisce maggiormente di Alex è la sua calda voce, che al di là delle parole del brano rivela una personalità profonda e meno spensierata di quanto il suo look non suggerisca.
    Questa sensazione si acuisce in corrispondenza di una modulazione, durante cui la voce del cantante si incrina lievemente, una sfumatura impercettibile per tutti i presenti a parte lei. "È forse una maschera questa voce? Può essere che stia mostrando solo un lato di sé? Non sembra esserci nulla di cui preoccuparsi tanto da nascondersi...In ogni caso mi piacerebbe molto poter invertire i ruoli per vedere come ascolta, e soprattutto cosa ascolta."
     
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  14. White Nemesis
     
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    Le aspettative della Malkava sulla coppia di grasse vacche al pascolo, non vengono affatto disattese: basta infatti guardare in direzione del palco per notare come, fra una chioccia risata e l’altra, stiano agitando le spesse braccione verso il gruppo ululando come belve in calore. Sotto il primo strato musicale c’è un fitto sottofondo di chiacchiericcio quasi inudibile, ancor più sottile però è tintinnare dei bicchieri sui tavoli ogni qualvolta essi vengono colpiti coi pugni, specialmente dal Queenie e Fran, così da fare più casino.
    Benché il loro baccano sia particolarmente infernale, non sono effettivamente le uniche ad agitarsi, anzi, sembra che il moro ed il suo sorriso affabile stiano scatenando più di un ormone femminile in sala.

    Agevolata dalla drastica diminuzione post mortem delle sue già latenti pulsioni sessuali, la figlia della luna è per lo più travolta dalla passionalità musicale che non da quella meramente fisica, così da poter giudicare in maniera ben più lucida quello che, come già sospettato in precedenza, si riconferma essere vero talento canoro. Un dono forse un po’ sminuito, per assurdo, proprio dalla bella presenza del front man.

    2016-02-22 01:09:54 Johanna rolls 7 dice to Percezione + Empatia (Diff 8) 10,2,9,6,10, 9,1 [3 successes]

    Nel caso tu voglia compiere una determinata azione in gioco usa pure il tasto “Spoiler” scrivendo in off che cosa la tua pg vorrebbe fare nei confronti delle determinate situazioni che le si pongono di fronte. Al momento ti sto aiutando andando ad intuito, decidendo di volta in volta quali dovrebbero essere i tiri a cui sono collegate le decisioni di Johanna, ma per evitare di fraintendere magari le cose che invece vuoi o non vuoi farle fare, ti conviene per l’appunto segnarle in un breve sunto ad azione conclusa le tue intenzioni.

    Questo serve per agevolare entrambe, così che automaticamente a seconda di quello che chiedi, posso effettuare un tiro piuttosto che un altro :3! Se hai dubbi su che cosa puoi o non puoi fare, basta sempre che chiedo nello stesso spazio spoiler.

    Nonostante le svariate distrazioni sonore, dalle sedie scricchiolanti alla porta che si apre, passando per il rumore di risciacquo prodotto dalla lontana lavastoviglie del bar, Johanna riesce ugualmente a concentrare la propria mente solo sulla band e sul canto di Alex.
    La cainita è in grado di isolarsi per la maggior parte del tempo, percependo in quell’ascolto una profondità emotiva di una certa rilevanza, e non superficialmente, ma svelando con il proprio acume le vere sfumature celate fra un ritmo e l’altro.
    Dentro il suo corpo fluisce tutta la musica, gli assoli di tromba, il tamburellare ritmico della gran cassa ma, soprattutto, le emozioni che traspaiono dal canto apparentemente allegro del creolo.

    Sebbene l’uomo stia chiaramente cercando di dare un impronta gaudente al proprio modo di fare, sia per intonazione che movenze sceniche sul palco, la figlia della luna viene travolta da una nascosta vena di malinconia, come se a forza di cantare lui stesse cercando di soffocare una sorta di apatia. Un’apatia incomprensibile, visto che non sembra aver alcun genere di problema a primo impatto.
    Qualcosa evidentemente lo preoccupa, anche se è impossibile definire che cosa di preciso, ma in ogni caso la crepa stridente viene sanata in fretta, un’increspatura che con ogni probabilità nessun altro all’infuori di lei ha avuto modo di notare. Per quanto agli altri continuasse a nascondere i propri sentimenti, gli erano rimaste impresse nello sguardo quelle due immagini, come l'istantanea percezione di una tristezza assoluta ed incondizionata.
    Allo stesso tempo l'anima addormentata della cainita viene improvvisamente destata, scossa alle fondamenta dalla profonda voce di lui. Tutto avviene nel momento in cui, quasi per caso, Alex abbassa lo sguardo nero proprio su di lei, terminando la canzone, fissandola dritto negli occhi per una manciata di secondi che sembra interminabile. La diretta conseguenza è un condizionamento che la vampira stessa non si aspetta, le incolla addosso colori, sapori, odori e un suoni che difficilmente riuscirà a togliersi di dosso di lì a poco, come fosse stata appena investita dalla fitta trama delle sensazioni altrui.
    Dura solo un istante, come un fuoco fatuo nell’infinita notte del suo tormento, per il tempo di un battito di ciglia Johanna non è più un esule solitaria: potrebbe esserci qualcuno in grado di concepire il suo dolore, condividerlo forse, anche se in modo diverso.

    L’incanto si interrompe bruscamente quando il suono cristallino del bicchiere di vetro, contenente il Bloody Mary che ha ordinato, va a rintoccare nelle sue orecchie e svuota completamente la testa da qualsivoglia pensiero.

    < Ecco a lei. >


    E’ la voce rosea ed appena sussurrata della cameriera a farla tornare alla realtà, fastidiosa – ma necessaria – come gli ormai dimenticati raggi di sole al mattino, quelli che si infilano fra le persiane e strappano via i sogni per agevolare il risveglio.
     
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  15. Gail Lifrey
     
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    "..." Lo sguardo penetrante di Alex e l'oceano di sensazioni che porta con sé lasciano la cainita senza parole, interrompendone il flusso di coscienza; anche il suo orecchio interno sembra essere confuso, stregato da un suono etereo e senza alcun punto d'origine, come quello di una campana tibetana.
    Nessuno era mai riuscito a toccare l'anima di Johanna prima che lei facesse altrettanto, era sempre stata lei a scegliere chi avere vicino, non tanto per confidarsi, quanto per cercare di scoprire attraverso la sensibilità altrui dettagli segreti delle sue melodie interiori. Ma stanotte i ruoli sono invertiti: è il nome dell'artista a richiamarla dal sonno, a influenzarla fino a condurla fa lui, e le prime note sono le sue.

    Il rumore del bicchiere infrange provvidenzialmente lo stato quasi ipnotico della figlia della Luna, permettendo alla sua razionalità di tornare a scandire il divenire del mondo e della sua follia. Si rivolge quasi subito verso la cameriera -che ormai è entrata nelle sue grazie, i suoi gesti e il suo atteggiamento continuano a salvarla- e azzardando un timido sorriso le risponde "grazie mille, gentilissima".

    La mente della Malkava è ora abbastanza lucida, infatti un dubbio si leva in opposizione alla speranza di aver finalmente trovato qualcuno che possa in un certo senso confrontarsi con lei alla pari e capirla: il primo segno ricevuto al risveglio.
    "Troppo forte perché sia di origine umana, non oso immaginare che demoni dovrebbero torturare una persona per ottenere un effetto simile...inoltre la voce era angosciata e il tono preoccupante, segno che devo cercare di non fidarmi troppo."

    vorrei vedere se posso fare qualche ipotesi più precisa sulla fonte del richiamo che ho sentito al risveglio...pensavo a Occulto, anche se ho solo 1 punto


    I ragionamenti coerenti e logici dovrebbero offrire un certo senso di stabilità a Johanna, ma invece la mettono in crisi più di quanto non sia solitamente, perché tentano di disilluderla dalla naturale attrazione appena nata per Alex. Un'ombra di sconforto e desolazione minaccia la sua anima, ma lei non può far altro se non aspettare di camminare verso la tempesta e scoprirne la vera natura.
     
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