Petit Theatre du Vieux Carre

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    Esterno:


    Affacciato su Jackson Square, il "Petit Theatre" si presenta con un'ampia facciata squadrata in mattoni rosso scuro, è alto complessivamente due piani ed è caratterizzato dalla struttura tipica delle antiche dimore di inizio 900'. L'ampia porta d'ingresso è di un profondo verde scuro, incastonata in un infisso ad arco di colore bianco, ed è raggiungibile già dal marciapiede essendo al livello del terreno. Durante le serate di gala, l'asfalto nelle immediate vicinanze viene coperto da un lungo tappeto di velluto rosso, che prosegue a circondare entrambi i lati esposti verso la piazza.
    Dalla strada è possibile scorgere le alte finestre, che riprendono rigorosamente nei colori del verde e del bianco le tinte del portone principale, e sono poste su tutta la lunghezza dell'edificio, sia al piano inferiore che a quello superiore, quasi sempre tenute con gli scuretti chiusi durante il giorno. Essendo stato costruito fra un palazzo e l'altro, le mura risultano particolarmente spesse per permettere un'insonorizzazione ottimale, tuttavia già una volta entrati nell'atrio, è possibile udire la musica delle orchestre dal vivo - quando presenti - all'interno della sala grande.

    Il palazzo venne inaugurato nel 1916 come nuovo capitolo per la "Drama League of America" a New Orleans, ma solamente un anno più tardi divenne noto per essere un luogo di ritrovo sfruttato dai giocatori d'azzardo, nonché dai membri dell'Elite cittadina, spesso riuniti a conversare in eleganti salotti nei piani superiori. Ad oggi le Petit Théâtre è uno dei più antichi teatri del paese, inoltre è noto come un luogo tradizionale da visitare al Sud degli States per gli amanti delle rappresentazioni di questo tipo, ma solo dopo anni di inattività nel 2011 è stato acquistato e completamente ristrutturato ad arte, sia all'interno che all'esterno.

    Interno:


    Dominato da luminose pareti color panna, l'ingresso alla struttura appare decisamente più sfarzoso ed appariscente rispetto alla facciata, sia per via dei numerosi decori a sbalzo sul soffitto, sia per il fatto che il suo restauratore abbia deciso di dare un tocco più "all'italiana" alla struttura, comprensivo di un colonnato costruito ex novo disposto con gusto e perfetta simmetria, intorno a tutto il perimetro fino a formare un semi cerchio. Un particolare degno di nota è il modo curioso in cui un delicato gioco di trompe-l'œil sui muri, sembri condurre direttamente alla scalinata centrale in marmo bianco ed agli ingressi laterali.
    La scala principale porta alla galleria ed ai palchetti, mentre le due entrate secondarie conducono alla platea, ovviamente celate da spessi drappi rossi.

    Sempre al primo piano, subito oltre la reception, si trova un arco in ottone completamente separato dalle tre scalinate, apertura secondaria che conduce ad uno spazioso bar dalle tonalità particolarmente soft e calde, dedicato esclusivamente agli spettatori del teatro.
    Qui lo stile è meno sfarzoso ed impegnativo, conserva infatti l'atmosfera tipica di un sofisticato lounge cafè anche per via della presenza di un antico pianoforte a coda, così come del bancone retrò e quadrato posto in fondo alla stanza, circondato da sgabelli e da divanetti color porpora sulla distanza.
    Ad aggiungere un tocco più moderno è la fontana rialzata di forma rettangolare, alta circa una ventina di centimetri dal pavimento, ed animata da getti d'acqua regolari che compiono un paio di balzi perfettamente geometrici verso il basso. Lo scorrere dell'acqua prosegue fino a tuffarsi dentro una seconda vasca, incastonata sotto il livello del terreno, la cui profondità massima è di 40 cm.

    Tornando alla hall, una volta superate le tende vermiglie, è possibile accedere al cuore vero e proprio del Petite Theatre, ovvero, la Sala Grande.
    Quest'ultima accentua anche maggiormente le tendenze italiane della struttura, sia con esagerazioni di orpelli dal gusto classico, sempre sulle tinte dell'oro, sia per i dettagli di incredibile bellezza, come le sagome degli angeli rivolti al soffitto, questi ultimi vere e proprie opere d'arte intarsiate a mano direttamente nei colonnati, superati solo - forse - dall'immenso lampadario in cristallo appeso al centro della sala.
    Le peculiarità architettoniche più interessanti sono da ravvisarsi principalmente in alcune caratteristiche:

    - La sala a forma di ferro di cavallo, che crea una platea tale da poter diventare anche uno spazio destinato al ballo, oltre ad essere il luogo deputato per una migliore visibilità dello spettacolo;
    - L'eliminazione delle gradinate a favore della costruzione di palchi tra loro separati e posti tutti alla medesima altezza, fatta eccezione per quello centrale;
    - Un palco abbastanza grande da fornire una maggiore profondità della scena, così da permettere l'utilizzo delle quinte prospettiche e la possibilità, per l'attore, di recitare dentro e non davanti alla scena.

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    La serata si prospetta ancora lunga per la giovane crepuscolare, nonostante manchi solo qualche minuto alla mezzanotte.
    C'è un leggero sentore stantio all'interno dell'abitacolo in cui si trova, il sedile posteriore ha la pelle smangiucchiata ai bordi laterali, così come nella giuntura centrale, tanto che un po' d'imbottitura è naturalmente fuoriuscita, creando penisole di lanugine sparsa. Il rombo del motore decrescere d'intensità, le luci dei lampioni sfarfallano all'improvviso più lentamente, alternandosi a sprazzi di buio che permettono di vedere il cielo coperto, scuro e colmo di nembi gravidi di pioggia, intemperia fortunatamente non ancora scaricata sulla città.
    Un paio di lampi abbacinanti solcano il cielo, seguiti da sagome più definite di fulmini zigzaganti fra una nuvola e l'altra, segni evidenti dell'imminenza del temporale. L'aria è fredda ed elettrica, densa di una nebbiolina sottile alta fino alle caviglie.
    Lungo i marciapiedi si intravede ancora un po' di movida, anche se la maggior parte dei turisti e dei giovani di New Orleans sono già dentro i locali da un pezzo, di certo non dentro il teatro però, visto che in questo giorno della settimana è chiuso e non vi sono rappresentazioni in programma.

    Ormai completamente fermo circa a tre metri dall'ingresso del Petite Theatre, il taxi ha terminato la propria corsa e l'autista,che ha condotto fino a lì la cainita, ora è rivolto proprio verso di lei, con espressione già stanca per essere un abitué del turno di notte. Nonostante questo, non ha guidato nemmeno male, ed è riuscito a far giungere la ragazza in tempo per il misterioso appuntamento, sebbene sia ignaro della cosa.
    Dopo un istante d'incertezza il bip del tassametro giunge - come sempre - un pelino tardivo, ma nulla che rubi più di pochi centesimi a dirla tutta, si potrebbe considerare quasi una consuetudine.

    < Fanno 25 $ ragazzina. >


    Prezzo tutto sommato onesto per la tratta notturna dal District al vecchio quartiere francese, snocciolato con voce apatica.
    Una volta pagato in contanti, la giovane donna sarà libera di scendere giù dal veicolo e, a meno che questa non dia all'uomo disposizioni (e denaro) sufficienti a farlo aspettare o a tornare in un secondo momento, avrà modo di vedere il mezzo ripartire non appena scaricato il passeggero. Evidentemente al guidatore non interessa più di tanto, o semplicemente non ha fatto caso, dove sia diretta la ragazza né perché.

    Nel mentre, le prime gocce di pioggia intaccano il parabrezza sporco, colando verso i tergicristalli una strisciata intorbidita dalla polvere.
     
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    Sorride nel vedere il gatto così tranquillo, decisamente sonnacchioso e reclina appena il capo divertita poi annuisce a sua volta, ma resta perplessa all'irrigidirsi del micino, qualcosa che resta nella sua mente per qualche secondo poi sospira leggermente, magari neanche lui ha apprezzato il profumo della rosa. Comunque chiude la porta di casa con particolare cura quella sera, per qualche motivo e sospira nel non avere messo un sistema d'allarme ma scrolla di nuovo le spalle, gesti umani di qualcuno che solo da poco ha conosciuto l'immortalità prima di scendere le scale e chiamare un taxi.
    Presto arriva all'esterno e l'aria fredda della sera non la influenza minimamente, osserva il taxi giallo che la raggiunge e vi sale a bordo, ignorando gli eventuali commenti volgari che può ricevere, sorride dando l'indirizzo all'uomo all'interno e si mette comoda, le mani in grembo sulla pochette, pensierosa.
    Lo sguardo si sposta sul cielo notturno ed ha i primi sentori di un temporale che si sta avvicinando, una smorfia infastidita all'idea e socchiude appena gli occhi visto che, non essendosene accorta prima non ha portato con sè l'ombrello, quasi sente il proprio sire rimbrottarla nella sua testa, su quel genere di distrazione e sbuffa zittendolo mentalmente e guardando i giovani in giro per le strade, ma non ha tempo certo per nutrirsi e non si vestirebbe comunque così per farlo.
    Sorride all'uomo stanco e gli passa i dollari richiesti ma senza dargli istruzioni, forse una cosa stupida ma non ha soldi abbastanza per farlo restare, se la cosa si rivelasse uno scherzo, preferisce con un minimo di senso pratico chiamarne uno per tornare a casa:

    "La ringrazio e le auguro buona serata"

    Appena scesa scrive all'amica che il messaggio l'è arrivato solo ora e che si scusa poi si dirige verso il luogo dell'appuntamento cercando un punto coperto dove trovare riparo fosse anche l'ingresso del teatro stesso guardandosi attorno e cercando la figura che potrebbe averla invitata decisamente curiosa oramai anche se la pioggia la vede infastidita
     
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  4. White Nemesis
     
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    Impatta contro la pioggia la sagoma del taxi che sgomma via, scintillando nella sua pallida carrozzeria giallo ocra, mentre la sua silhouette si fa sempre più scontornata dal tamburellare incessante dell’acqua, fino a farlo apparire solamente come due rossi fanalini posteriori. Sembrano quasi occhi vermigli nella notte.
    Prima che il temporale abbia la meglio sull’accurata acconciatura della cainita, questa riuscirà senza problemi, con un breve scatto delle sottili gambe, a raggiungere la tettoia che si allunga da sopra l’ingresso ad arco del teatro. Curiosamente, la porta principale è aperta nonostante l’orario, seppure solo di uno spiraglio, ed una tenue luce paglierina filtra dalla piccola fenditura concessa. E’ un dettaglio quantomeno insolito, giacché il posto dovrebbe essere ormai chiuso da parecchio, specialmente non essendoci alcuna serata teatrale in programma.
    Essendo un edificio storico, ad Eleonor - vista la sua esperienza nel settore - non risulta che vi siano concessioni per eseguire prove degli spettacoli oltre le undici di sera.
    Nel frattempo, un refolo di vento proietta diagonalmente la gravosa intemperia, che subito s’arriccia nella brezza per ricercare la stoffa del cappottino di lei, rischiando seriamente d’inzupparne l’orlo. Troppa esitazione potrebbe portarla ad essere ben presto scola, per tanto, se dovesse puntellare la mano per spingere la soglia e trovare all’interno della struttura un solido riparo, non avrà alcuna difficoltà ad allargare l’uscio a sufficienza da potervi rapidamente entrare.

    L’ampia hall è naturalmente riscaldata, e sebbene la sua pelle non percepisca minimamente lo sbalzo termico, sono i suoi vestiti ad accogliere il tepore della stessa, cancellando quelle poche tracce di umidità accumulate nel tragitto. I decori mediterranei e la profondità visiva data dalla pittura dei trompe-l'œil, danno quasi l’impressione di trovarsi di fronte ad una calda giornata assolata, in riva al mare. La maggior parte delle pareti affrescate riporta le linee chiare di balconi arroccati in case sugli scogli, il blu dell’oceano in tumulto, misto all’azzurro cristallino sotto costa ed alla spuma bianca, rende così realistico il disegno da farlo sembrare quasi in movimento. Nelle tinte e negli elementi che contraddistinguono la parte centrale, ha qualcosa che ricorda la città di Santorini, forse per via della disposizione delle case in calce e dei tetti tinta lapislazzuli, ma anche a causa del panorama offerto, che si rifà ampiamente alle tipiche scogliere delle coste Greche o Amalfitane.
    Alla reception, dietro ad un bancone in squisito marmo rosa di Portogallo, si trova una snella pel di carota sul metro e ottanta. La giovane donna ha il viso cosparso di leggerissime efelidi, con bel nasino all’insù a fare da ipotetico centro dei lineamenti regolari, che trovano il loro culmine di grazia in un paio d’occhi verde chiaro, probabilmente eredità di un sangue meticcio irlandese americano. E’ chiaramente in attesa proprio della cainita, visto come la fissa con una certa consapevolezza, sorridendo pregna di professionalità e gentilezza.

    < Lunga notte e ben arrivata little miss.
    Mister Cavendish l’attende nell’ala est, quella dedicata al lounge-cafè. >


    Evidentemente, chiunque abbia invitato Eleanor, si è premurato di istruire accuratamente la ragazza all’accoglienza, sia sulla forma appropriata di saluto da rivolgerle, sia sulla sua estetica, così da riconoscerla non appena giunta in loco. Un dettaglio interessante è il suo marcato accento britannico, oltre ai modi di fare decisamente più europei che americani. Anche la deferenza che viene utilizzata nel tono di voce, intriso da una sorta di antiquata delicatezza reverenziale, lascia presuppore che non si tratti di una semplice impiegata comunale messa a lavorare di punto in bianco dietro al banco della portineria.

    < Mister Cavendish desidera inoltre che lei si trovi perfettamente a suo agio qui al Petite Theatre, e sappia che sono a sua completa disposizione.
    Dunque, se posso essere utile in qualche altro modo, non ha che da chiedere. >


    A tratti servile, ma con una morigeratezza che lascia intendere una sorta di “naturale” predisposizione alla sottomissione. Annusando l’aria è possibile avvertire il leggero profumo di balsamo alle mandorle, una fragranza banalmente semplice, ma che nel complesso rimanda indietro una sensazione di estrema pulizia da parte dell’altra.
     
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    S'avvicina rapidamente alla porta ed osserva con curiosità la fenditura cercando di vedere cosa c'è all'interno, è decisamente perplessa sapendo che a quell'ora dovrebbe essere completamente chiuso, ignora certamente la partenza del taxi, in fondo non ha alcun motivo per considerarlo ma preferendo entrare piuttosto che pigliarsi la pioggia che si fa sempre più violenta opta per scivolare all'interno sussurrando:

    “Permesso, c'è nessuno?”

    Sente il tepore della ampia hall ed anche se fisicamente le cose non cambiano, l'apprezza quel calore non fosse altro perché asciugherà i vestiti ma anche perché ancora molto molto molto umana. Sposta lo sguardo sulle decorazioni e vi si sofferma socchiudendo gli occhi quasi aumentando l'impressione di ritrovarsi in riva al mare, forse concentrandosi potrebbe persino sentire le onde perché di certo le immagini ricordano proprio un paese sull'oceano.
    Talmente persa nell'osservare quelle scene marine che sobbalza quando una giovane donna si rivolge a lei e si volge con un piccolo sorriso vagamente colpevole prima di chinare il capo con espressione educata:

    “Buona sera a lei, la ringrazio per il gentile benvenuto. Allora lo raggiungo subito. “

    Il tono è caldo e dolce e lo sguardo pensieroso ed attento nell'osservare la graziosa ragazza, decisamente alta, lei dovrebbe mettersi metri di tacchi per guardarla negli occhi, un pensiero che le causa ampliare il sorriso dandogli una sfumatura evidentemente divertita ed aggiunge appena riflessiva

    “Allora, se non è un disturbo, forse potrebbe scortarmi almeno fino all'ala est. Il senso dell'orientamento non è la mia migliore qualità. Se poi sapesse dirmi dove posare la giacca credo che non potrei chiedere altro”
     
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  6. White Nemesis
     
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    Non appena gli occhi di Eleanor vanno ad incrociare quelli limpidi della signorina in divisa blu scuro, questa lascia che il proprio sorriso s’ampli naturalmente. Stende le labbra chiare al punto da mostrare maggiormente la dentatura chiara e regolare, caratterizzata soprattutto dalla posizione artificialmente simmetrica degli incisivi, evidente segno di un lungo e preciso lavoro odontoiatrico.
    Senza indugio alcuno, non appena la cainita fa per avanzare una richiesta, pur non avendo ancora il tempo concreto di pronunciarla, la donna ossuta scatta all’esterno del bancone, scivolando rapida oltre lo spigolo rosato per poi svoltare nel tempo di un battito di ciglia verso di lei, raggiungendola in pochi istanti. Ora è possibile vederla a figura completa, ed è più facile notare l’estrema lunghezza delle gambe fini, così come del fatto che indossi un misero tacco 5 e dunque, che quell’altezza sia completamente sua e priva di artifizi. Da l’impressione d’essere stata abituata da tempo immemore ad obbedire ai più minuscoli segnali del corpo, infatti, prima ancora che la Rosa abbia effettivamente portato le mani alle spalle, la receptionist sta già allungando le proprie, sottili e con dita veramente lunghe - quasi da pianista -, in direzione del suo cappotto.

    < Lo lasci pure a me Little Miss, me ne occupo io. >


    Ancora una volta è impossibile non notare quanto la donna sia ossequiosa nei confronti della vampira, riverendola d’attenzioni che sono proprie a quelle che potrebbe ricevere una principessina, dettaglio che si può intuire anche dal modo in cui l’appella, oltre a darle del lei, in modo sempre decisamente formale, ma piuttosto incline al sottomettersi completamente alla sua volontà. Forse, ad una persona poco attenta potrebbe sembrare solo estremamente gentile, certo ai limiti dello svenevole, ma è più probabile sia di differente natura la ragione del suo comportamento da fedele cortigiana.
    Se la Toreador si lascerà prendere il soprabito, con una cura maniacale la rossa spilungona s’accingerà a scrollarlo – ben lontano da lei – delle poche gocce d’acqua accumulate, dopodiché lo piegherà con attenzione riponendolo sul proprio braccio destro, usando il sinistro libero per indicare con un ampio gesto l’ingresso ad arco in ottone, che conduce direttamente all’ala Est.

    < Certamente, l’accompagno subito Little Miss, per di qua. >


    Cantilenando atrocemente zuccherina, la mezzosangue irlandese avanza con sicurezza e passo misurato verso la grande arcata aperta, circondata da tende rosse simili a quelle che chiudono l’ingresso alla Sala grande del teatro, ma che sono tuttavia attualmente tirate ai lati, tenute ferme da dei cordoni color oro.
    Ovviamente la donna non aggiunge, centellinando le parole a meno di non essere direttamente interpellata, ma da questa distanza la crepuscolare può scorgere, appuntata sul taschino sinistro della giacca, una targhetta bianca identificativa del Petite Teathre con sopra scritto “Evangeline”. Sempre tenendo con la massima attenzione il cappotto della camarillica, l’impiegata accompagna fino ad oltre la soglia Eleonor, che viene subito investita dal delicato suono di un’area particolarmente famosa de la “Carmen”, filodiffusa nel lounge-café del teatro.
    Il brano in questione è “L'amour est un oiseau rebelle”.

    In fondo all’ampia sala dalle tinte calde, dove la fontana centrale gorgoglia armoniosa andando quasi a tempo con la melodia, si scorge al bancone del bar la figura di un uomo di spalle. Questi è seduto da solo su uno degli alti sgabelli, ma spicca soprattutto per il fatto di vestire quello che potrebbe essere facilmente riconoscibile come un completo d’alta sartoria italiana, quasi certamente un costoso Armani.
    Fatta eccezione per il barista in camicia bianca e gilet vermiglio, che sta servendogli quello che da lontano sembra essere vino, e per la receptionist che accompagna fino a metà sala la cainita, non parrebbe esserci nessun altro all’interno del locale.
    Evangeline si blocca sul posto, quasi avesse ricevuto un ordine impartito mentalmente, qualcosa che la ferma istantaneamente dall’avanzare ancora, nemmeno fosse appesa ad un filo di ferro invisibile, ora teso verso l’alto per paralizzare eventuali movenze ulteriori della stessa.

    < Little Miss, se necessità di qualcos’altro, mi trova alla reception. >


    Dopodiché, obbediente e meccanica, spirando le ultime parole con un sospiro impercettibile della vocina, esegue un elegante dietro front facendo perno sui tacchi, sparendo in fretta oltre l’arcata per ritornare rapidamente alla propria postazione.
     
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    Lo sguardo della ragazza si posa sorpreso sulla giovane donna che s'è avvicinata a lei con una rapidità ed una prontezza tale da dare l'impressione d'avere previsto quasi la sua richiesta, la osserva incuriosita da quel fascino discreto e da quell'atteggiamento remissivo che sembra lasciarla per qualche istante senza parole anche se cede docilmente il cappotto replicando con voce bassa:

    “La ringrazio allora, è davvero molto gentile”

    L'ossequiosità nei suoi confronti la trova quasi eccessiva, pur essendo una toreador, certo non è una principessa né lo è mai stata ma è compiuta con tale grazia da renderla non fastidiosa e così continua a sorriderle anche se si domanda il motivo del suo comportamento. Esita qualche secondo prima di concentrarsi su quel dono che forse le permetterà di fare luce su quel comportamento e chiarire i dubbi che si stanno affollando nella sua mente, quando il diavolo alliscia il pelo vuole l'anima, recita un vecchio proverbio e la giovane ha quell'impressione [auspex 2]
    Attende dunque che la scorti verso l'ala est muovendosi verso l'arco d'ottone e sembra pensierosa, forse avrebbe potuto arrivare anche da sola ma considerato la sua tendenza a distrarsi sopratutto in un luogo come quello ha preferito chiedere d'essere accompagnata e non rischiare di fare tardare il suo misterioso ospite, inspira appena non sapendo ora minimamente cosa aspettarsi, forse avrebbe dovuto chiedere al suo sire un'opinione ma se fosse per lui probabilmente non uscirebbe mai dal seminato e quel pensiero la porta a muoversi con un sorriso leggero che s'amplia sentendo l'aria della Carmen diffondersi.
    Si dirige ora verso verso il fondo della sala e nota una figura al fondo con un completo Armani ed un barista, quell'uomo era sicuramente importante per il teatro se poteva permettersi di tenerlo aperto solo per sé e per lei, cosa che le causa un'interiore senso di piacere perché ovviamente certe cose hanno un loro fascino. Si volge verso la ragazza e le sorride di nuovo:

    “La ringrazio ancora Evangeline”

    Il tono educato prima d'incamminarsi verso quella figura, fa il giro con passo leggero e ne cerca lo sguardo con aria seria prima di chinare il capo educata, si prende forse un breve istante per osservarne i lineamenti ed il portamento poi:

    “Buona sera, è lei il signor Cavendish?”


    La domanda ha una sfumatura un poco retorica ma le permette di rompere il ghiaccio ed al contempo avere il tempo per compiere una piccola analisi ed a non apparire timida, cosa che non è naturalmente o faticherebbe a nutrirsi e non poco.
     
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  8. White Nemesis
     
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    2016-03-10 08:21:38 Eleanor rolls 7 dice to Percezione + Empatia (Difficoltà 8) 6,1,5,5,1, 9,5 [fallimento]

    Nulla.
    Forse è semplicemente troppo agitata, in vista dell’incontro, ma quando la Rosa prova a focalizzare lo sguardo sulla receptionist, qualcosa nella sua percezione sfuma, come un disturbo statico nello schermo del suo occhio interiore. In ogni caso, fissando le linee sottili del corpo filiforme, non si intuisce nient’altro che non sia una silhouette asciutta e vuota, sia d’intenti che di emozioni, quasi si trattasse di una persona lobotomizzata. Ovviamente, non riesce a vedere nemmeno oltre la pelle liscia, ed intorno alla stessa non sembra nemmeno formarsi una qualche sorta di aura, né pallida né vivida.
    Ancora confusa dalla mancata ricezione, con la coda dell'occhio scorge la donna sparire oltre la soglia, lasciandola definitivamente da sola.

    Cionondimeno, l'attenzione della crepuscolare viene ben presto rapita dal suo osare un’occhiatina in direzione del bancone, inquadrando quello che lei – anche a giusto avviso – reputa essere presumibilmente il fantomatico Mister Cavendish.
    Tuttavia, quel che si ritrova di fronte va oltre le più rosee aspettative.

    Gabriel_Cavendish


    L’uomo che si volta verso Eleonor è giovanissimo ed atrocemente bello, splendido in un modo che è anche solo difficile concepire o immaginare, qualcosa che va decisamente oltre i normali standard. “Da morire” è la definizione più appropriata.
    Nonostante la Toreador non sia davvero piccola quanto appare, nella sua breve ma intensa non-vita, probabilmente non ha mai visto una bellezza tanto sfacciata ed eterea al tempo stesso, più che altro per l’estrema rarità della stessa. Inutile dirlo, qualsiasi membro del suo clan ucciderebbe pur di avere un aspetto così, o anche solo possedere un toy boy con quel viso.
    Ma, sopratutto, con quello sguardo.

    Anche da seduto, risulta evidente sia piuttosto alto, quasi certamente sul metro e ottantacinque o poco più. Il modo in cui indossa il suo completo nerissimo, di un tessuto così pregiato da rimandare indietro qualche riflesso iridescente, lascia intuire un eleganza assolutamente fuori dal comune. Nessuna cravatta sulla camicia nera, ha una ribelle chioma biondo rame scuro e intensi, luminosi occhi blu oltremare. Questi ultimi sono letteralmente un tuffo nell’oceano, qualsiasi donna mortale potrebbe farsi rapire da uno sguardo del genere, tanto più che è così ammaliante da lasciar stordita persino una cainita.
    Non c’è niente in Mister Cavendish che non sia maniacalmente simmetrico e perfetto, come se il suo viso dalla mascella squadrata e dagli zigomi alti, fosse stato scolpito direttamente nel marmo di Carrara. Fisicamente si può dire altrettanto prestante, anche se il vestito nasconde la maggioranza dei dettagli interessanti, è praticamente impossibile non notare la tonicità del corpo, simile a quello di un proporzionato atleta che ha da poco cessato la carriera sportiva.

    < Si, mia intuitiva Little Miss, sono io. >


    Ipnotico, dallo sguardo al tono di voce, entrambi chiaramente sovrannaturali in una certa misura. Ha un intercalare vocale delicato e soffice, una carezza al padiglione auricolare, in un modo forse simile a quello della stessa Eleonor, ma infinitamente più basso e suadente.
    Le sensazioni che rimanda indietro sono ambigue e confusionarie: da una parte il viso, angelico e dotato d'un incarnato umano e brillante nei colori, dall'altra, gli occhi lucidi e glaciali, un colpo d'occhio a tratti violento.
    Dopo lo stordimento iniziale, che è proprio d'ogni membro del sangue di rose, è possibile andare oltre la prima impressione e notare qualche particolare in più. Come, ad esempio, il modo velatamente possessivo ed insinuante con il quale la gola gorgoglia quel mia, lanciato a tradimento subito prima di una leggera ironia sull'intuitività. E' come se avesse un modo discordante di guardare all'altra, forse, per indecisione.

    Tutto diventa però nullo all'improvviso, quando il prince charming decide di affondare un colpo al cuore, ben assestato, in direzione della ragazza. Semplicemente, sorride.
    Si tratta di uno di quei sorrisi che fa respirare l'anima, che incendia l'aria con il biancore di una dentatura incredibilmente lineare, ma che, sopratutto, è in grado di rimandare indietro una dolcezza diabolica e vivace, mista di tenerezza giovanile e fascino mal celato. A tratti è difficile non fissarlo. L'uomo è una sorta di opera d'arte vivente, che per mezzo di un breve sospiro teatrale, lascia ingentilire le linee altrimenti dure del viso, comprese le labbra sottili, stendendole ed arricciandole ai lati per ampliare il sorriso, lo stesso ormai esteso fino agli occhi lapislazzuli.

    Se lo sguardo poteva essere degno di attenzioni, quell'espressione accattivante è miele e fiele allo stesso tempo, palesata con una naturalezza che fa invidia.
    Il signor Cavendish ha l'equivalente di un aspetto a 5, giusto per farti capire.

    < Perdoni l'ironia, non ho saputo resistere, mi piace dare sempre una prima cattiva impressione agli ospiti. >


    Stempera la tensione con una facilità disarmante, dopodiché, quasi non avesse peso s'alza dalla seduta temporanea, raddrizzandosi e chiarendo i dubbi sulla sua altezza, che si rivela essere più o meno quella dedotta poc'anzi. Appena il tempo di osservarlo muoversi, sinuoso come un grande felino, e la sua mano destra va già a ricercare quella diametralmente opposta della ragazza, con l'intenzione di recuperarla con assoluta discrezione, in caso lei glielo concedesse.

    < Gabriel Cavendish, per servirla. >


    In caso il palmo della sua mano destra si trovasse sotto quello più minuto e delicato di Eleonor, l'uomo semplicemente solleverà l'arto con maestria, piegandosi per raggiungere le nocche di lei, ma senza sfiorarle, come un vero baciamano d'altri tempi comanderebbe al bon ton. Per tutto il tempo in cui il cenno di saluto viene compiuto, l'uomo non stacca mai lo sguardo dalla Rosa, anche con maggior intensità rispetto a prima, giacché le labbra sono tornate a distendersi in una linea dritta. Per tutto il tempo rimane in silenzio, quasi rapito dall'atto in sé, o dalla sua ospite, difficile dirlo.
    Da che ha memoria, forse solamente il suo stesso Sire, Arthur, la mai accolta con così tanta reverenza e stile.
    Una volta abbandonate le sue dita, indugiando con lentezza sul contatto leggero della propria pelle calda, per qualche istante ancora a contatto con quella più fresca di lei, allarga il torace con un gesto elegante della mano sinistra, indicando la zona intorno al bar ed invitandola però non a dirigersi verso gli sgabelli bancone, ma puntando piuttosto all'insieme di tre divanetti ampi ed imbottiti, subito in prossimità della fontana.

    Edited by White Nemesis - 12/3/2016, 01:32
     
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    Ha una strana sensazione come se parlasse con una bambola animata ma il suo occhio interiore non riesce a dare una forma all'aura della donna, l'espressione del viso si contrae per un secondo in una piccola e soffocata smorfia di fastidio ma entro breve anche quell'emozione scompare e la giovane si dirige verso quello che reputa Mister Cavendish e si blocca un secondo.

    Quando più di dieci anni fa, l'uomo che poi divenne il suo sire l'avvicinò per la prima volta rimase emozionata e confusa che una tale splendida persona potesse volere passare del tempo con lei, era stata una sensazione forte ed il suo sire era stato inevitabilmente il suo primo, vero amore, un sentimento poi rafforzato dal legame di sangue e che solo dopo l'abbraccio era in qualche modo scemato ma l'impressione l'era rimasta talmente vivida da pensare che nessuno avrebbe mai potuto farle di nuovo quell'effetto, si sbagliava, nel momento in cui incontra la figura dell'uomo comprende d'essersi totalmente sbagliata anche se ora è più grande e si spera molto più matura.
    Incontrare il suo sguardo quasi la blocca, la supera di parecchio in altezza ma è perfetto, privo di qualunque traccia o macchia, il suo sire, forse sarebbe geloso di quell'incontro ma non nel modo in cui ha, inizialmente, pensato. Non riesce a smettere di guardarlo ed annuisce appena alle sue prime parole che almeno per il tono pronunciato la mettono leggermente in guardia, la invita alla cautela nonostante al tempo stesso provi un lieve dispiacere per la frase troppo breve.

    Poi sorride ed ogni pensiero svanisce, lo guarda con aria un po' imbambolata di chi è stato totalmente soggiogato per qualche secondo, completamente sopraffatto dalle emozioni, maledizioni del loro clan sopratutto per gli artisti che da esse si fanno dominare, lo segue con lo sguardo e riesce a mormorare con voce dolce, morbida, accattivante, tradendo il suo desiderio di piacere più di quanto forse le piacerebbe

    “Non si preoccupi signore, nessuna cattiva impressione. Sono anzi lieta d'essere sua ospite”

    E lieta che l'incarnato non possa colorarsi o sa già che le guance raggiungerebbero quel lieve rosato che l'emozioni più forti possono provocare, trova la sua mano senza difficoltà e sorride a sua volta, con un sorriso adorabile che le distende i lineamenti già delicati, durante il baciamano e mostra piacere e meraviglia, gli occhi si dilatano leggermente tradendo quanto ancora sia umana e suscettibile a queste cose ma risponde ancora con la voce che possibilmente si fa ancora più calda e bassa:

    “Eleanor Waldnye ed il piacere è mio signor Cavendish. La ringrazio del suo cortese invito questa sera, l'ho davvero apprezzato.”

    Continua a sorridergli, nota nella società vampirica per essere inoffensiva, se l'uomo lo fosse capirebbe perché, ancora troppo suscettibile alla semplice ed umana manipolazione, ancora tanto ingenua su troppe cose, bella certo ed un'attrice di notevole talento
     
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    Gli occhi di Cavendish, come quelli di un attento predatore, sono ancorati al viso della ragazzina, dando l'impressione d'essere completamente rapiti dalla sua figura e da nient'altro, quasi tutto attorno ad Eleanor la stanza fosse sfocata, rendendo definita esclusivamente la linea del suo giovane corpo. Se sia o meno consapevole dell'ingenuità adolescenziale dell'altra, non lo da a vedere, e lo stesso vale per la sua rinomata inoffensività. Così facendo si mostra abbastanza astuto da non sopravvalutare né sottovalutare colei che ha di fronte, anzi, da quasi l'idea di starla valutando con curiosità, in modo da capire di persona sia effettivamente.
    E' un mare calmo e liscio, uno sguardo liquido quello che le rivolge, forse un pelino più languido di quanto la giovane donna non sia normalmente abituata a ricevere, visto che l'altro sembra essere assolutamente consapevole della vera età di lei, tanto da non farsi alcuna remora a divorarla con gli occhi. Il fatto che mantenga una postura rigida e distaccata, contrasta decisamente con l'espressione da gatto sornione, come se si stesse trattenendo dal dar voce a qualcosa di estremamente peccaminoso. Un gentiluomo, a quanto pare, ma pieno di malizia sotto i lineamenti fini d'etnia caucasica. Più lo si guarda e più si ha la sensazione che incarni, in tutto e per tutto, una perversione particolarmente delittuosa e carnale, mescolata però costantemente a quell'improbabile candore che emana il suo viso, un regalo della lussuria.
    Anche nel muoversi continua a mantenere lo stesso atteggiamento calmo e manierato, senza oscillare, senza tentennamento alcuno, raggiungendo i tre divanetti come se galleggiasse, senza peso, muovendosi a ritmo con una melodia che può percepire solamente lui, ma che gli calza a pennello come l'abito che indossa. Tutto studiato certo, ma tutto apparentemente e dannatamente naturale.

    Quando la Toreador gli rivolge la parola, dopo la presentazione, un ennesimo accenno di sorriso, ancor più accattivante del primo, va ad increspare la bella bocca affabile, trasformandola nuovamente in una cornucopia di delizie per i sensi. Rimane in silenzio qualche istante, gustandosi la melodia prodotta dalle labbra dell'altra, osservandone istintivamente la gola pallida e, senza forse accorgersene, passando internamente la lingua sui canini nel medesimo istante.
    Tuttavia, mostrando un controllo invidiabile, sembra rimanere esposto ben poco alle delicatezze altrui, lasciando che l'ambiguità di un "vedo non vedo" intellettuale continui a contraddistinguere il gioco, così da non darle mai la certezza di che cosa stia effettivamente pensando in quel momento. In situazioni come queste, è davvero un peccato non possedere i più potenti fra i doni dell'auspicio, cionondimeno, la situazione si fa più intrigante di minuto in minuto.

    < Sono solo un umile rosa in un mare di spine, non c'è nulla di cui dobbiate ringraziarmi, in fondo è lei il vero fiore di questa serata. >


    Nonostante parli arricchendo il tutto con un eloquio più che forbito, il suo tono non è mai melenso, anzi, è sempre distinto da una punta di romanticismo mesciato ad ironia, come se non riuscisse davvero a non scherzare un po' sull'evidenza dei fatti, ma avesse allo stesso tempo il piacere di complimentarsi con lei, per qualche ragione. Come prima, ancora una volta non sembra voler far intuire che cosa stia ponderando realmente.
    Quanto meno ha dato un indizio alla ragazza per capire di chi si tratti, il modo in cui utilizza la parola "Rosa", non a caso, dovrebbe averle già dato modo di intuire il tutto, senza bisogno di ulteriori specifiche.
    Mano destra che s'allunga in direzione del divanetto intanto, così da farle prendere posto per prima sul comodo cuscino vermiglio, mentre gli occhi sono ancora fissi, come braci ardenti d'un fuoco blu, sempre su di lei.

    < Anzi, mi permetta di porgerle le mie più sentite scuse.
    Averla invitata così, nel cuore della notte ed in un posto sconosciuto, senza nemmeno presentarmi prima...
    E dimenticando per giunta chiedere il permesso al suo Sire. >

    Inspira leggermente dalle narici, ammorbidisce maggiormente la voce, sino a renderla poco più che un sussurro lievemente arrochito.

    < Sono davvero, davvero imperdonabile. >


    Lascia cadere così la frase, con una sensualità matura e palesemente provocatoria. Per un attimo, mentre parla la sua voce è così densa e profonda, che la cainita potrebbe avere quasi l'impressione l'uomo stia passando le dita direttamente sulle sue ginocchia, risalendo verso le cosce. Non è così, quanto meno perché non è certo sufficientemente vicino a farlo, ma la sensazione le è deliziosamente incollata addosso.

    Prende ancora tempo, godendosi naturalmente la vista dell'altra, per poi andare a sedersi con una certa compostezza nel divanetto subito limitrofo a quello che presumibilmente avrà scelto lei, così da esserle vicino, ma avere una distanza di sicurezza che possa fargli gioco, rendendo il successivo intercalare una serie di emozioni più mentali e meno fisiche. Un uomo senza paura, senza preoccupazioni e, sopratutto, senza alcun pudore quando si tratta di giocare in maniera "diversamente pulita". Qualcuno che sa quello che vuole e non ha paura di fallire nel tentare, nell'osare, sicuro di sé senza essere per questo tracotante. Lo comunica anche il successivo riprendere in mano le fila del discorso, come se non l'avesse mai interrotto.

    < Immagino si starà chiedendo come mai io mi sia preso la briga di sottrarre del tempo prezioso alle sue nottate, ed ecco, posso dirle fin da subito che, per quanto mi piacerebbe averla invitata solamente per un randez vous, mi trovo nella spiacevole posizione di dover parlare anche di cose noiose e prive di diletto.
    Come alcuni affari del nostro Clan ad esempio... >
    Si ferma per un momento, come se avesse cambiato idea.
    < Ma in effetti potrei anche rimandare, insomma, non c'è fretta no? >


    Ed alla fine della frase, riprende a sorridere con la stessa dolcezza venefica di prima, piegando la testa da un lato e passandosi, davvero lentamente, il pollice della mano destra sul labbro inferiore, facendo sfregare l'unghia contro la pelle sottile, premendola appena. Che stia cercando di stuzzicare la curiosità giovanile dell'altra, oltre che le sue fantasie?
     
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    Gli occhi di Eleanor hanno invece assai poco del predatore, sono grandi e chiari e seppure curiosi, completamente e sinceramente rapiti dalla figura di lui che rappresenta una bellezza come la giovane mai ha incrociato in viso, ed il suo sangue è sempre stato debole nei confronti della bellezza. Anche in lei è evidente un certo languore ma è quello che deriva dall'essere intensamente attratta da qualcosa e sin compiaciuta che quest'attrazione sia almeno in qualche misura ricambiata anche se non regge il confronto ma si sente, come spesso le capita sopratutto coi vampiri come una ragazzina sotto gli occhi di un adulto e se normalmente riesce a richiamarsi all'ordine questa sera fa decisamente fatica quando desidera il contatto.
    Lo segue con lo sguardo, leccandosi colpevolmente il labbro superiore, forse più tardi, se fosse stato possibile e ci mette qualche secondo a seguirlo e poi quasi in uno sforzo di volontà ad affiancarlo, non volendo dare l'impressione di considerarsi seconda a lui anche se tutto quello che fa rende più facile questo secondo atteggiamento.

    Le sorride di nuovo e dannazione, quel sorriso dovrebbe essere illegale tanto nella società umana quanto nella sua dei fratelli perché se avesse un cuore che batte, sicuramente si fermerebbe per qualche secondo per colpa di quel gesto, dovrebbe essere cauta e prudente ma la vocina che glielo suggerisce, che assomiglia stranamente a quella del suo sire, è sopraffatta dalle sensazioni che l'uomo riesce a comunicare ogni secondo ma fortunatamente almeno quel piccolo gesto volto alla gola non sfugge e le rende almeno un po' evidente la natura di quell'uomo, un fratello, evidentemente ma certo uno di loro perché i sabbat sono mostruosi e lui è talmente bello, talmente perfetto da mozzarle il fiato che non possiede. Ma risponde con un piccolo e caldo sorriso parole che sono in fondo la chiara e semplice verità:

    “Non esiste rosa che sia umile per quante spine la possano circondare e sono davvero lieta d'avere accettato il vostro invito”

    Ha colto e non può che ritrovare una certa malinconia al pensiero che non le fosse stato presentato ancora ma del resto il suo sire le ha sempre risparmiato abbastanza, anche lei periodi da ghoul, anzi sopratutto in quei periodi incontri coi vampiri, per gelosia o gentilezza, non saprebbe ancora stabilirlo, forse un misto d'entrambi, all'indicazione d'accomodarsi prende posto, rimanendo composta e con l'attenzione sul signor Cavendish:

    “Non deve alcuna scusa, l'invito è stato espresso in una forma davvero affascinante anche se stavo giusto riflettendo ch'è un peccato non averla incontrata prima. Sono certa che il mio sire non avrebbe avuto alcunchè da ridire se aveste chiesto il permesso, tuttavia sono stata presentata...”

    Lo rassicura implicitamente della non necessità, senza dirlo esplicitamente perché non vuole del tutto esautorare il sire ma solo rassicurarlo che quel gesto sarebbe stato di semplice cortesia ma niente affatto obbligatorio essendo lei un'adulta secondo la società cainita anche se non ha ancora dimostrato il proprio valore, per ora in effetti dal punto di vista politico preferirebbe restare invisibile e concentrarsi sulla recitazione limitandosi ad osservare ed ascoltare, una preferenza rara nel suo clan ma non impossibile da osservare e tutto sommato saggia in una giovane abbracciata e sopratutto, presentata da pochissimo, che poi sia realizzabile, anche il suo sire aveva espresso implicitamente quella sera stessa dei dubbi, un sorriso lieve al suo definirsi imperdonabile che sembra più che altro condividere uno scherzo ma lo sguardo che le rivolge la spinge a chiudere appena maggiormente le gambe, non per chiusura ma per una sottile manifestazione d'imbarazzo, appena accennato.

    L'osserva sedersi, ne segue ogni movimento come se fosse acqua e lo è quanto meno per il suo senso della bellezza, lei invece è una giovane donna ancora totalmente suscettibile a certe cose, con un certo pudore e per nulla usa a giocare che in questo momento sa ben poco di quello che vuole lei e nulla di quello che vuole lui ma la voce del sire dentro la sua testa la spinge a ricordarsi di cercare almeno un poco di comprenderlo perché potrebbe essere importante, continua a parlare rispondendo lui stesso forse a quella domanda e dandole immediata occasione di schermirsi con un sorriso mentre continua a guardarlo con occhioni da cucciolo che ora sfumano nell'adorazione, n'è affascinata certo ma non lo adora così tanto ma usare le proprie emozioni e trasmetterle è proprio quello che fa un'attrice ed ha necessariamente bisogno di quella capacità, non sarà mai più abile di lui ma può esprimere al massimo l'emozioni che lui naturalmente le provoca apparendo cotta a puntino già ora:

    “Credo che sia sicuro dire che lei non potrebbe mai sottrarre tempo alle mie nottate ma impreziosire ogni ora che mi dedicate, vorreste parlare con me di affari inerenti al nostro clan, davvero?”

    Sbatte gli occhioni con quell'aria da cucciolo e piega leggermente il capo offrendo un'adorabile sorriso ma quelle parole le permettono quasi di sentire le strida acute del sire che l'avvisava di stare in guardia, non poteva essere un rendez vous? L'avrebbe preferito, passa delicatamente una mano fra i propri capelli lasciando intuire che vorrebbe fosse quella di lui ed è vero, eccome.

    “Sono così sorpresa che mi riteniate la persona adatta cui parlare di certe questioni, ma sono lieta che non abbiate fretta, tuttavia mi sorprende che per argomenti così delicati non abbiate davvero preferito il mio sire, egli è persona esperta ed io... beh solo la sua bambina adorata”

    A volte è comodissimo apparire avere sedici anni, la sua natura in effetti è ancora parecchio infantile accentuando la cosa poi aggiunge con un piccolo broncetto infantile, le viene dannatamente bene, questo perché lo usa ancora ogni tanto pur sgridata dal sire ogni volta ma questa non è un'occasione ufficiale ed anche se il risultato apparente fosse ch'è una ragazzina assolutamente manipolabile, andrebbe bene:

    “Tuttavia, per quanto, lo ammetto, preferirei rimandare. Credo che sarebbe meglio occuparsi delle questioni importanti ora e poi, se il suo tempo a disposizione non sarà finito, magari ci sarà il tempo per il diletto, no?”

    Un misto di curiosità per quello che potrebbe dirle traspare nella voce ma anche il fastidio che non sia lei il motivo principale per cui sono lì, era una fanciulla assolutamente adorabile ed anche il suo sire le aveva suggerito caldamente d'usare quella sua qualità coi vampiri, sopratutto se il suo desiderio attuale era rimanere fuori dai giochi.
     
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    Per un momento l’uomo, rivelatosi come cainita della setta alla giovane crepuscolare, ha l’aria d’essere una sorta di recluso, solo con i propri pensieri ed in uno spazio tremendamente angusto. Tuttavia sorride ancora una volta, tra sé e sé, tanto da tener impressa sulle labbra un’espressione languida e beata, conscio di essere perfettamente in grado di sciogliere il cuore anche degli accademici più austeri. Specialmente se si tratta di donne, dunque figurarsi se non è in grado di intuire che cosa possa provocare nell’altra. Per quelle giovanissime come Eleanor, fra le altre cose, usa particolare attenzione, confezionando appositamente per loro lo sguardo sperduto da anima dannata – o da cane bastonato -, provocando di conseguenza le reazioni di fascino e tenerezza più prevedibili.
    Se si accorge del passaggio della lingua sul labbro di lei, di certo non lo da a vedere, come se fosse in realtà rapito a fissare i suoi occhi, intensi ed altrettanto azzurri pari ai suoi, o quasi, e non riuscisse a vedere oltre la linea del bel nasino della giovane. E’ molto probabile stia guardando anche altro, ma è impossibile dirlo con certezza, visto che non abbassa mai, nemmeno per un istante, il suo magnetico sguardo blu.

    Continua a fissarla per prendere tempo, assaporando ogni istante trascorso con il candido bocciolo di Toreador che ha dinnanzi, lasciando che le prime parole di lei vadano a scivolargli addosso al pari di seta, accarezzando i propri padiglioni auricolari e strappandogli una smorfia compiaciuta. Socchiude gli occhi, lentamente, allargando maggiormente il sorriso agli angoli della bocca con fare decisamente sornione, sogghignando leggermente, ma senza scherno alcuno. Inspira profondamente dalle narici, sollevando nuovamente le palpebre per poter fissare nuovamente l’attenzione su di lei.
    Anche questa volta, nel momento in cui decide di parlare, sciorina ogni sillaba con una calma assoluta, concedendo ancora una volta tutta la dolcezza della propria bocca ed il calore del tono di voce, sempre preoccupato di modulare il più possibile la stessa per farla risultare quanto più accogliente, eccitante e screziata dai soliti cenni di sardonica ironia. Non si può certo dire non sia intenzionato ad affascinarla, anzi.

    < Ha perfettamente ragione, Little Miss… >


    Nonostante il suo assoluto impegno per continuare la propria danza di seduzione, qualcosa sembra all’improvviso disturbarlo, facendogli alzare la testa oltre il capino biondo di lei per poi focalizzare il proprio interesse – in senso negativo – ben oltre le poltroncine, cercando di esaminare la causa di quella sensazione di fastidio immotivato. Mentre guarda attorno a sé, ancora una volta provando ad intuire da dove provenga quel caotico brusio, si esibisce in un nervoso tamburellare delle dita lunghe e curate sul bracciolo ricoperto dal morbido velluto.

    Pochi istanti più tardi, coglie finalmente la natura del proprio nervosismo, cosa che senza troppo impegno potrà fare anche Eleanor, intuendo quindi la ragione della brusca interruzione: nel locale è rimasta imprigionata una mosca, o forse più d’una.
    La stagione tuttavia è ormai tarda per le mosche, eppure le stesse non sono affatto distanti o difficili da percepire. Ronzano e consumano la loro irrequietezza contro le pareti oppure intorno alle lampadine a bulbo, quelle spoglie del bancone, quasi a riprendere una vena d’arte bohemienne. Si odono le loro esili voci d’insetto in ogni dove.
    L’acidità assunta dal celeste screziato delle sue iridi, fa sembrare improvvisamente le stesse di un colore quasi elettrico, nemmeno fossero state irrorate di corrente per illuminarsi in preda allo snervo. Un’occhiata severa di sguincio al barman, intento a scacciare con uno strofinaccio un paio di minuscole creature, volanti e moleste, prima di schioccare verso di lui le labbra ed una considerazione estremamente secca.

    < Fai sparire gli ospiti indesiderati, prima che mi alteri seriamente. >


    Naturalmente il comando è rivolto all’ometto in gilet, che subito annuisce con espressione greve in volto, uscendo in men che non si dica fuori da dietro il banco del bar, cominciando a respingere gli insetti con il medesimo strofinaccio. I passi si allontanano in giro per il lounge-cafè, rimbombando fra le pareti.
    Dopo essersi ricomposto e massaggiato delicatamente le tempie con ambo le mani, seppur abbia ancora un certo disappunto ancora leggibile nello sguardo, Gabriel torna a guardare la giovane Toreador, sospirando con forza e serrando un paio di volte la bocca prima di parlare, come se dovesse recuperare il punto in cui aveva lasciato il discorso.

    < Dov’eravamo rimasti? Ah giusto, l’invito.
    Beh, lei è ancora nuova qui a New Orleans, sono sicuro che il buon Arthur abbia dimenticato accidentalmente di presentarci.
    Non è certo il tipo da fare una cosa del genere intenzionalmente, no? >


    Sul terminare della frase sul viso si delinea il sorriso lezioso e serafico di poco prima, il problema con i piccoli e ronzanti esseri viventi sembra essere ormai sorpassato, così che l’eleganza dei modi torni a farla da padrone. Cionondimeno, le sue parole sono poste in modo da far trasparire qualcosa in più su di sé, anche questa volta però è davvero difficile capire se l’abbia fatto apposta o meno. Si espone non solo parlando del Sire di lei appellandolo per nome, ma anche puntualizzando il discorso con gentilezza volutamente poco credibile, un tono che lascia perfettamente intendere come, per qualche ragione, il signor Cavendish non è intenzionato a far mistero del fatto di essere a conoscenza di come ragioni l’altro vampiro.
    Da l’impressione di essere quanto meno rassicurato dal fatto che, nonostante il breve momento di impasse di qualche minuto prima, Eleanor stia ancora palesemente pendendo dalle sue labbra. Non sembra nemmeno nutrire alcun dubbio in merito, anche grazie alla naturalezza ed alla spontaneità con cui lei riesce apparire in tutto e per tutto la ragazzina che sembra per età biologica, seppur in parte sia davvero così a tratti.
    Ora che il discorso è tornato in ballo sulle questioni di clan, anche per via della domanda fatta dalla Rosa, l’uomo ritorna ad affrontare l’argomento anticipando il tutto con un breve risistemarsi del colletto, per poi proseguire con il proprio fare istrionico.

    < Le assicuro e garantisco in tutta onestà, che per la faccenda di cui devo parlarle lei non solo è la più adatta fra le sorelle del Clan, ma anche l’unica alla quale lo direi. >


    Incalza così, eliminando qualsiasi dubbio dalla mente dell’altra: lei è lì perché lui l’ha scelta.
    Sulle ragioni di tale decisione è possibile fantasticare pressoché all’infinito, non solo sul perché dell’aver optato per chiamare lei, ma anche sul motivo principe per cui dovrebbe averlo fatto.
    Non la lascia però nell’ignoranza troppo a lungo, evitando che si logori in un’attesa troppo prolungata della spiegazione che, evidentemente, è chiaro ormai aneli. Anche perché, non perdendola mai di vista, ha modo di notare sia il suo sfarfallare di ciglia ed il suo sguardo da cerbiattina sperduta, che il modo in cui dolcemente va ad imbronciarsi come una scolaretta ingenua.

    Un ennesimo sospiro teatrale, questa volta di puro dispiacimento, va ad accompagnare il suo giungere le mani all’altezza del ventre, chiudendo entrambi gli occhi per raccogliere i pensieri e le successive parole.

    < Ho avuto spesso modo di osservarla da lontano, non nel senso letterale del termine ovviamente, ma ho potuto esaminare le sue vere potenzialità nel nostro Clan e…
    Ritengo personalmente che lei, Little Miss, venga messa troppo da parte dall’iperprotettività del suo progenitore. Questo le blocca molte strade, porte che attendono solamente di essere aperte ma che, per paura o gelosia, non le viene concesso nemmeno di scorgere. >

    Incalza severo, ma non tanto con lei, quanto più discorrendo in maniera astratta come se fosse colpa di Arthur, invece che sua.

    < Lei… Tu. Tu sei davvero una meravigliosa attrice.
    Ho assistito solo ad un paio di tue rappresentazioni teatrali, dov’eri per altro l’indiscussa protagonista ma, sono più che certo dell’eccezionale talento in tuo possesso. >


    Il preambolo dura quanto basta ad introdurre il discorso vero e proprio, naturalmente l’intercalare è sempre più che piacevole, ma con una punta di serietà, insieme alla leggera frustrazione tipica di chi, contro voglia, è obbligato a fare qualcosa che va contro il suo attuale desiderio. Specie se si tratta di lavoro al posto di svago e piacere.
    L’essere passato drasticamente all’uso del tu, sottolineando la bravura della toreador nell’arte della recitazione, probabilmente è dovuto ad un desiderio di rendere la conversazione più intima, nonostante si tratti di discorsi ben poco maliziosi, magari per intimare nell’altra una sorta di connessione empatica, stimolandola ad avere ancor più fiducia di quanto va dicendo.
    Le mani vengono sciolte dal loro intreccio, le palpebre si riaprono e così fanno anche le labbra, poco prima che ricominci a parlare con assoluta naturalezza.

    < La tua delicatezza, la tua giovinezza, la leggiadria della tua arte e…
    La tua virginale bellezza, non rimangono inosservate molto a lungo nella nostra società.
    C’è la possibilità che tu possa fare molto, molto successo fra i fratelli del nostro sangue, guadagnandoti il favore di qualcuno davvero in alto, ed il tutto semplicemente recitando per me. >

    Finalmente la prima parte della richiesta del misterioso Cavendish viene esplicitata, anche se ancora scontornata da un alone di mistero drammaticamente tenuto su dal cainita, così da continuare ad invogliare l’altra all’ascolto.

    < Si tratta di qualcosa di piuttosto semplice, in vero, non ti chiedo di certo di sporcarti le mani di vitae, non lo farei mai.
    Se accetterai la mia proposta, dovrai semplicemente essere te stessa, splendida come sei. >


    Il dado è tratto e ad Eleanor non rimane solo che decidere il da farsi.
     
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    Ne osserva con attenzione il modo di fare e sembra pensierosa mentre lui si itira chissà dove nel suo mondo e quella breve aria beata la fa sorridere leggermente, influenzata certamente dal suo non piccolo fascino, solo non così tanto quanto lascia che lui creda. Incontra il suo sguardo con i propri occhioni azzurri ed apparentemente innocenti, non riesce e le fa gioco in fondo, non distoglierlo come se incantata.

    Lascia che quel silenzio continui per qualche istante e condivide il sorriso con lui alla risposta che riceve, ma poi è evidente che qualcosa lo distrae, mosche, piccole e fastidiose mosche, alcune dei giocattoli preferiti del suo adorabile micetto ma lei approfitta di quel momento di distrazione per ampliare i suoi sensi e provare ora a leggere nell'aura dell'uomo, nel vedere quello che la sua voce ed il suo viso nascondono, un momento certo soltanto ma quel dono è prezioso ed esercitarlo il più possibile è quasi un ordine del suo sire. Del resto anche se la vedesse concentrata su di lui, nulla apparirebbe diverso da poco prima [auspex 2: grazie moschine]

    “Che strano, mosche in questa stagione, è davvero insolito, non trova?”

    Domanda dopo avere ottenuto o non avere ottenuto responso, il tono è vago, quasi casuale di chi parla di qualcosa di poco importante nell'ordine naturale delle cose, che non merita forse neanche quel tipo di blanda attenzione, preferendo certo offrirla a lui, prima di sorridere leggermente. Lei non si muove ma ha questa vaga impressione che anche lei non vorrebbe vedere quest'uomo alterarsi seriamente e torna volentieri al discorso iniziale.

    “Ne sono certa anche io, tuttavia sono sicura che lei rimedierà all'errore in modo che possa avvicinarmi a lei nel modo più corretto possibile e non gettare disonore su di me con un comportamento inadatto al vostro rango”

    E' meglio supporre che un neonato non lo sia, piuttosto che pensare che un'ancillae sia un neonato, questa è una delle poche cose che ricorda, ma l'ironia con cui nomina il suo sire la innervosisce appena ed aumenta leggermente la cautela, in manera quasi impercettibile, forse perché l'impressione generale è che non siano amici e la poca conoscenza dei vampiri che la giovane ha la spinge a pensare che difficilmente chi ha in antipatia il suo sire possa avere in simpatia lei ma lo sguardo resta dolce e lascia che la musicalità della voce di lui faccia la sua magia mantenendo un certo controllo.

    “Comincia a mettermi una certa ansia, lo sa? Come ha detto lei stesso sono da poco a New Orleans e non credo di potermi essere guadagnata tale fiducia”

    La voce tradisce una sfumatura imbarazzata ma il sorriso lascia intuire che quella scelta la vede decisamente lieta, è del resto, motivo di vanto avere attratto le attenzioni di un simile uomo, per quale motivo resta tuttavia da stabilire ed ecco che, dopo un silenzio appena un po' troppo lungo riprende.

    “L'iperprotettività di mio padre è, lo ammetto, un poco colpa mia. Sono stata io a chiedergli di procedere per grado e di non buttarmi su strade, che sono certa, m'aprirebbe volentieri. Le confido un segreto: non mi sento ancora pronta...”

    Un sussurro il suo appena soffocato poi una piccola risata contrita prima d'aggiungere appena con aria imbarazzata, quasi colpevole:

    “Ed ho pensato che forse assistere per un po' invece di buttarmi, sarebbe stato più saggio ma secondo lei davvero ci sono tanti e tali strade?”

    Domanda come se lo credesse davvero capace d'indicarle simili possibilità e ne fosse persino affascinata, gli occhioni da cerbiatto un po' meravigliati, le labbra morbide appena dischiuse in sorpresa, ma ha protetto un poco il suo sire, almeno, lasciando apparire quella sua discrezione come solo un proprio capriccio accontentato, come se fosse davvero solo la ragazzina che appare e sembra realmente illuminarsi al complimento, non finge, non ne ha bisogno

    “Se potessi ancora arrossire, credetemi, le sue parole avrebbero colorato il mio viso, i suoi complimenti trovano la mia più sentita gratitudine e sono lieta che il mio impegno sia stato visto ed apprezzato”

    Non nega certamente il suo talento, non sarebbe stata abbracciata in quel caso, le rose non sono mai umili, questo vale anche per lei ma non ha ancora sviluppato le spine necessarie per proteggersi da quelle altrui e sanguina ancora troppo facilmente probabilmente, sembra poi confusa da quell'atteggiamento che comunica due desideri contrapposti ma non passa al tu, in una forma di rispetto implicito, di nuovo preferendo eccedere piuttosto che rischiare con qualcuno il cui status non è ancora stato esplicitato, essendo, ancora, all'ultimo gradino della scala.

    Ed i complimenti successivi probabilmente la farebbero arrossire ancora di più, dunque non risponde ad essi nascondendo per qualche istante il viso con aria un po' imbarazzata mentre i suoi pensieri cercano di riordinarsi, quanto quell'offerta dipende dal talento e quanto d'altri motivi, proprio quella sera il suo sire l'ha invitata alla cautela e dunque accettare alla cieca pare doppiamente folle anche se l'uomo è incantevole, una rosa può esserlo ma punge dopotutto

    “La sua offerta Mr Cavendish mi coglie completamente impreparata e del tutto di sorpresa, mi lusinga anche oltre ogni dire, davvero. Mi ha lasciato senza parole e sopratutto, ammetto che mi ha lasciato tanto confusa, ho bisogno di riflettere, sono certa che comprende e che non imporrà fretta ad una sorella tanto giovane del clan che muove appena ora i suoi primi passi nella notte, è troppo galante per farlo e la sua offerta troppo generosa”

    Quando parla torna a sorridergli ed a guardarlo coi suoi bellissimi occhioni azzurri e con la sua migliore aria da cucciolo, una bambina quasi, contrita nel non prendere subito quel bellissimo dolce che vede tra le mani dell'uomo ma fermata con decisione dalla consapevolezza che non bisogna mai, mai prendere caramelle dagli sconosciuti

    eri meno inquietante con l'avatar precedenteu.u
     
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  14. White Nemesis
     
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    2016-03-26 14:37:33 Eleanor rolls 7 dice to Percezione + Empatia (Difficoltà 8) 8,3,7,2,6, 7,10 [2 successi]

    Mentre gli occhi celesti di Gabriel puntano sul barista, svanito oltre l'ingresso con lo strofinaccio ancora agitato per aria, Eleanor ha modo di concentrare maggiormente l’attenzione su ciò che si cela subito oltre il velo delle apparenze, osservando con più interesse il lato spirituale del proprio interlocutore.
    Subito gli appare una nota di colore davvero molto intensa, non riesce a scrutare troppo a fondo, forse perché in parte irretita dal cainita con cui parla, ma di una cosa è subito certa: la sua aura pulsa di vitalità, come quella di un essere umano. Tutta la sagoma di lui viene subitamente avvolta da un bell’azzurro brillante, la Toreador sa che quel genere di colorazione contraddistingue uno stato di totale calma, in questo caso appare lampante il fatto che, il bel ragazzo, sia assolutamente a proprio agio in quella conversazione, oppure con lei. Certo, forse si sarebbe aspettata un porpora come sfumatura primaria, tuttavia lì per lì non è in grado di andare oltre a quello strato di tranquillità inamovibile, non riuscendo a capire quali siano li schemi di colore che si celano oltre ad essa.
    Rimane comunque degno di nota il particolare sull’intensità vivida di quel tono di azzurro, che assomiglia dannatamente alla tinta degli occhi di lui, ora incendiati da una vena così luminosa da farli sembrare iridescenti, ovviamente a causa della percezione sovrannaturale in corso.

    < Mio piccolo e delicato bocciolo di rosa non ancor fiorito… >


    Mentre sta venendo osservato con tanto d’espressione da gattina, apparentemente del tutto ignaro del fatto che lei stia tentando di scrutarne l’anima, il viso viene ingentilito dal solito sorriso affascinante, più letale e sensuale che non affabile, ma comunque estremamente elegante, rendendo per l’ennesima volta giustizia ai lineamenti maniacalmente regolari e simmetrici dell’uomo.
    Parla con voce controllata, ma è impossibile non scorgere una vena di serietà nel suo tono, imperiosa quasi, che tradisce la condizione di superiorità psicologica che il Toreador sente di avere nei confronti dell’altra sorella di Clan, nonostante non le manchi mai di rispetto per alcuna ragione.

    < Nessun errore, anzi. Portate i miei più cari saluti ad Arthur. >


    In qualche modo il suo dolce intercalare cala leggermente sulla parola "nessun", come se volesse sottolineare tutto l'opposto. Nonostante questo però, non tergiversa più sull'argomento "Arthur", preferendo andare avanti per la propria via, con la delicatezza della spuma del mare sulla battigia in punta di lingua, ma con la forza della risacca nelle parole che gorgogliano languide dalla gola rasata di fresco. Ancora una volta, chiama il sire di lei per nome.
    Il sorriso intanto si fa meno marcato con il proseguire del discorso, eppure lo sguardo diviene progressivamente più attento, come se lui a sua volta stesse cercando di scrutare oltre quei grandi, splendidi occhioni di cerbiatta che la giovane inizia ad abusare, forse, rischiando di tradire il proprio atteggiamento finanche troppo remissivo a tratti.
    Mentre i due discorrono, nella sala prosegue la diffusione delle arie della Carmen, questa volta intenta ad intonare il famoso brano "Toreador", che in un momento come questo calza più che a pennello, rimbombando nelle pareti quasi come un memento. La melodia è sempre ad un livello sufficientemente elevato da poter essere ascoltata senza sforzo, ma altrettanto bassa per non disturbare la conversazione all'interno del lounge-café.

    < Ansia? Ansia da prestazione, forse? Suvvia... Conosciamo entrambi le doti di cui disponi.
    Qui non si parla di fiducia, ma di quanto essendo tu così giovane, sia totalmente estranea agli intrighi di corte. >


    L'intercalare musicale aumenta leggermente d'intensità al termine delle sue parole, proprio quando il ritornello del tenore va in crescendo, ripetendosi orgoglioso e fiero nel pronunciare la frase "Et que l'amour t'attend, Toreador, L'amour t'attend!", trasmettendo la stessa energia e concretezza che ha mister Cavendish nell'esternare la propria posizione. E' evidente che non abbia alcuna intenzione di demordere, o anche meno di perdere il proprio intento di continuare la conversazione con più intimità, giacché non ritorna all'uso del lei e, di certo, non esita mai nemmeno per un momento.

    < Converrai con me che la tua arte è in grado di alleggerire parecchie tensioni, ma non solo, può distogliere dai problemi che affliggono costantemente i nostri fratelli e le nostre sorelle di sangue.
    Recita sul mio palco, prenditi la scena, che ogni sguardo sia puntato sulla tua performance.
    Sopratutto i suoi occhi... >


    Carezzevole, insinuante e lascivo, ecco affiorare sulle labbra un sorrisetto ambiguo e piacente, totalmente dedicato a lei, atto a stuzzicare non solo la sua fantasia, ma i suoi più torbidi desideri. Le fossette fanno capolino sulle guance, ingraziosendo l'espressione già di per sé incredibilmente accattivante, che unita al suo tono da fine tentatore è ben più di un nettare sublime per le orecchie, ma una vera e propria droga per i sensi. Naturalmente non precisa a cosa si riferisca, magari vuole di nuovo irretirla, confonderla, oppure giocare come ha fatto fin'ora, incuriosendola al punto che sia lei stessa a domandargli di più, dando ancora una volta prova di una discreta esperienza in questo genere di questioni. In più, le ha rivelato apertamente a chi appartiene il teatro, un dettaglio non da poco.
    Mentre si lascia cullare da un breve ed intenso silenzio, l'uomo avvicina leggermente il busto in direzione del divanetto dove si trova la giovane cainita, lasciando che l'avambraccio destro si tenda in avanti e la mano s'apra verso di lei, in un gesto di totale accoglienza per le delicate dita dell'altra.

    < La scelta non sta né a me né al tuo Sire, tu sola puoi decidere della tua eternità.
    Se rimanere solamente un pallido bocciolo, oppure, diventare la Rosa più desiderata di tutta New Orleans. >

     
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    Rimane colta decisamente di sorpresa nel vedere quell'aura pulsare di vitalità, sa che il sire ha un'aura pallida, perché proprio Arthur è stata il primo, consensuale naturalmente, esperimento nell'uso di quel particolare dono dopo averglielo insegnato, naturale che ad oggi tutto quello che sa delle discipline proviene da lui, sbatte le palpebre meravigliata e sorride esitando sentendosi decisamente troppo messa sotto dal suo agire e da quelle parole che lasciano tradire una certa possessività ed una comprensione del suo status.

    Il sorriso del signor Cavendish la incanta ma lei sorride comunque con adorabile innocenza reclinando appena il capo e guardandolo confuso rendendosi conto che ancora ha mancato di presentarsi in maniera esplicita in un luogo che pare totalmente sotto il suo completo controllo e questo assieme a quella lettura la confonde, s'è così calmo perché non si rivela per chi è? Sopratutto chi è nella sconosciuta, per lei, società dei fratelli?

    La domanda resta senza una valida risposta, sorride adorabilmente ed un po' incerta annuendo appena, ella è difatti totalmente estranea agli intrighi di corte ma ne riconosce uno quando lo vede e sa che quell'uomo, per motivi che si sta ben guardando dal chiarire, anzi, ancora non chiarisce la sua identità precisa, vuole infilarla in un vespaio da cui non è detto che il suo amato padre e mentore potrebbe tirarla fuori:

    “E niente mi piacerebbe di più che alleggerirei le tensioni che spesso animano fratelli e sorelle del nostro sangue. E mi creda, il suo invito è davvero impossibile da resistere, l'idea d'attirare ogni sguardo su di me m'affascina...”

    Socchiude gli gli occhi come un gattino, ma non ci sono pensieri innocenti che animano la sua mente in quel momento e serra le labbra per controllare il desiderio che nel suo caso prende un'ovvia sfumatura anche se la voce di lui non può chiuderla fuori con la stessa precisa facilità. L'osserva con espressione da cucciolo indifeso prima di mormorare con aria quasi timida, una timidezza che non le appartiene sul palco e neanche nella realtà ma che non finge del tutto perché lui è davvero qualcuno che non è del tutto pronta ad affrontare, un predatore assai più abile di lei:

    “Ma se recitassi sul suo palco, non sarebbe poi lei a decidere della mia eternità? Ed io ancora so così poco di lei, mentre lei sembra sapere ogni cosa di me, ogni mio piccolo turbamento, quello che sono e quello che non sono, devo ammetterlo, m'inquieta un pò”

    In un mondo di bugiardi, dire la verità è un atto rivoluzionario anche la cosa più vera che ha detto è che la inquieta un po', troppo quello che non ha detto, è nel suo teatro, nelle sue mani e non è una situazione molto piacevole e nessuno sa dove si trova visto che non ne ha parlato col padre, cosa che, alla luce della situazione attuale, sembra non essere stata troppo intelligente ma può provare ad uscirne fuori senza danni, bocciuolo o meno.
     
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