Holy Cross - Sala del Processo

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    Era una notte come tante altre, tranquilla in realtà, almeno all’apparenza.
    L’aria era serena e tirava una leggera brezza dal mare che rendeva piacevole la serata.
    Il caldo umido, tipico della Big Easy, lasciava spazio una volta tanto alla fresca aria costiera.
    Eppure, il clima atmosferico era l’unica cosa tranquilla di quella nottata.

    Nella città si respirava paura. Dopo l’attentato terroristico al club 414, che aveva raso al suolo un intero isolato, e le operazioni SWAT al Six Flags, si era aggiunto anche il massacro al sanatorium.

    Le vite all’interno di un padiglione intero erano state spazzate via. Pazienti, personale sanitario, guardie di sicurezza; tutti morti. E tutti deceduti, apparentemente, per asfissia. Le autorità avevano parlato di una qualche fuga di gas o altro agente volatile disperso per via aerea che aveva causato la tragedia, mettendo la struttura in quarantena, ma l’opinione pubblica non si era lasciata convincere tanto facilmente.

    L’allarme del Sanatorium era scattato durante la notte e, visto il clima di timore che già si respirava in città, volanti da diversi distretti si erano precipitate sul posto, fermandosi fuori dalle mura di cinta stesse del vecchio manicomio, gli agenti terrorizzati dallo spettacolo che gli si parava dinanzi agli occhi.

    Una cupola di tenebre, immensa, si innalzava da terra avvolgendo un intero reparto della casa di cura.

    Le autorità avevano disposto di isolare l’edificio per sicurezza. Squadre di operatori in tute gommate e strani rilevatori percorrevano in lungo ed in largo i corridoi del vecchio manicomio in cerca di risposte.
    Le forze dell’ordine garantivano, all’esterno, un cordone di sicurezza.

    La gigantesca “macchia nera” che era stata osservata da non pochi individui nelle zone limitrofe al sanatorium era stata giustificata come un effetto allucinogeno secondario causato dall’inalazione di quegli stessi gas che avevano asfissiato le centinaia di persone perite all’interno del padiglione della casa di cura.

    I pochi sopravvissuti che si trovavano all’interno dell’area maggiormente esposta, avevano raccontato storie di una massa tangibile di tenebra che li aveva avviluppati, sentendosi soffocare, un freddo innaturale che attanagliava il corpo e l’anima.

    I medici avevano attribuito l’uniformità dei loro racconti all’inalazione della sostanza stessa. I soggetti erano ancora sotto analisi, e lo staff medico si riservava di esprimere una prognosi più accurata fintanto che non avesse ultimato le proprie indagini sanitarie.
    Per ora, comunque, pareva che l’esposizione alla sostanza non avesse lasciato tracce evidenti nei loro organismi. Il che faceva ben sperare per tutte le altre persone che si presumeva potessero esserne entrate in contatto.

    Le tragedie in città sembravano susseguirsi. Le autorità avevano dichiarato lo stato di massima allerta. Il sindaco aveva invocato a gran voce l’intervento della guardia nazionale. Poco mancava all’istituzione della legge marziale nella contea. La paura dilagava nelle strade.

    E questa era solo la facciata ufficiale presentata al mondo dell’uomo.

    In profondità, nel mondo di tenebra, le fondamenta della Camarilla erano state scosse. Una delle città che si ergeva a bastione della Torre d’Avorio vedeva minare come mai prima la sicurezza della razza cainita dallo sguardo indagatore dei mortali.

    C’era da aspettarsi che tutto ciò avrebbe avuto profonde conseguenze non solo tra i Fratelli ma anche, inevitabilmente, attirato l’attenzione di altri esseri sovrannaturali che popolavano la notte, primi fra tutti, i licantropi.

    La Torre d’Avorio presto avrebbe reagito. Arconti ed Alastor sarebbero sciamati in città a breve. A meno che non lo stessero già facendo...

    Per la Spada di Caino, invece, la situazione era ben diversa sebbene instabile come e più che per la Camarilla.


    L’Inquisizione era giunta in città. Un’arcidiocesi “ombra”, dato che la zona era in mano alla camarilla, ma pur sempre un territorio occupato da sabbatici. Una crociata mai decollata veramente che già colava a picco. Sebbene la Camarilla fosse riuscita più e più volte a destabilizzare sé stessa, offrendo la gola alle zanne dei propri nemici, i quali non erano riusciti mai ad approfittarne. Le zanne “spuntate”, della Spada, andavano rimosse.

    Dopo le indagini dell’Inquisizione, gli interrogatori, le torture ed i colloqui, il Santo Oficio aveva raccolto prove e deposizioni a sufficienza da poter indire un processo.


    La sicurezza, fino ad ora praticamente inesistente, dell’Our Lady of Holy Cross College era stata rafforzata come mai prima.
    Ghoul all’esterno e vampiri all’interno, tra cui non pochi templari e paladini, garantivano l’impenetrabilità dell’edificio.

    Per l’occasione, ben tre branchi di inquisitori erano giunti nella cittadina. Un totale di nove giudici e sei cavalieri, seguiti da un cospicuo numero di guardie e servitori, avevano occupato le stanze del college abbandonato.


    Nell’anticamera dell’aula magna, dove si sarebbe tenuto il processo, due possenti cainiti sorvegliavano la porta, impedendo a chiunque di oltrepassarne la soglia fintanto che gli inquisitori dall’altro lato non avessero autorizzato l’inizio della cerimonia.

    In mezzo a loro, decisamente più minuta ma solo a causa del paragone, una donna. Alta ed altrettanto fiera, attendeva che si raccogliessero tutti i membri della Setta che sarebbero stati coinvolti come testimoni, o imputati, a giudizio.



    Turni Liberi.
    Il che significa che potete postare anche più di una volta in questo lasso di tempo se, ad esempio, state parlando con qualcuno.

    Postate, non postate, narrate il vostro risveglio, il vostro arrivo, chiacchierate, non fate nulla ... fate quello che vi pare.


    Lascio passare il finesettimana. Lunedì sera invierò il prossimo post.


    Edited by Joker- - 20/8/2016, 11:57
     
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  2. .Giona.
     
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    Il Custode attendeva, come altri, nell'anticamera. Cosa sarebbe accaduto di lì a poco poteva solo ipotizzarlo e sperava, in cuor suo, che la realtà non superasse l'immaginazione. Col senno di poi, la decisione di guidare i resti del suo branco a New Orleans non era stata una delle sue idee più brillanti. Quando si dice "trovarsi al posto giusto nel momento giusto" era quanto di più lontano dalla sua situazione attuale. Un abissalista e una Koldun circodanti da piragna, ecco cosa erano! Inquisitori fanatici, bigotti, armati di torce e forconi né più né meno della loro controparte mortale. Se fosse dipeso da lui avrebbe preso per un orecchio il cainita che aveva permesso la nascita di tale follia e lo avrebbe riempito di bastonate per la sua stupidità!

    Ma ormai erano in ballo e toccava loro danzare Spero solo finisca presto ... bisbigliò alla Demone ... questo posto inizia a suscitarmi una certa antipatia. E' la seconda volta che vi mettiamo piede e le circostanze sono tutt'altro che piacevoli.

    Una tensione palpabile nella voce, un fremito di nervosismo che veniva soffocato a fatica nelle parole. Solo il fisico del vampiro riusciva a stare immobile dinnanzi a quella perversa convocazione del tribunale.
     
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    La porta della cella si aprì con un cigolio.

    Padre Blake venne investito da un fascio di luce accecante per la sua vista ormai assuefatta al buio.

    Gli ci volle un intero minuto per riprendersi. Poi, il Custode fece qualche passo incerto in direzione della luce.

    Le gambe e i piedi gli dolevano ancora, così come i polsi. Ma almeno non c'erano più le catene.

    Gli avevano dato abbastanza sangue da curarsi le ferite più gravi. Ricostituire l'occhio sinistro, le mani.

    L'avevano messo in condizione di alzarsi e camminare da solo, di poter agire con un minimo di autonomia. Ma non abbastanza da non sentirsi affamato. Non abbastanza da essere presentabile. Il supplizio c'era stato, e doveva essere visibile. Anche questo era voluto. Anche questo faceva parte del gioco.

    Padre Blake fece ancora qualche passo fino alla porta. I suoi occhi individuarono il secondino, stava lì ritto ad aspettare che uscisse, senza proferire parola.

    E Blake uscì.

    I due procedettero per un lungo corridoio (sotterranei? non ne aveva idea) prima di svoltare, percorrere un secondo corridoio e arrivare a una porta.

    Il secondino gli fece segno che erano arrivati, invitando Blake a entrare.

    Il Custode si ritrovò in un'ampia stanza, apparentemente un locale di passaggio, o forse una sala d'attesa.

    Due Cainiti stavano a guardia di una porta in fondo alla stanza.

    E non erano gli unici presenti: c'erano anche altri individui. Volti noti, in qualche caso. Ma almeno la metà degli individui nella stanza erano facce sconosciute per Blake. Cainiti anche loro? Sgherri dell'Inquisizione? Difficile dirlo.
     
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    Da quando era arrivata a New Orleans sembrava che l'Apocalisse stessa fosse calata sulla città insieme al suo arrivo. Aveva avuto modo di entrare in contatto con il Sabbat locale, aveva avuto modo di svolgere i primi Riti essenziali al riconoscimento e, infine, aveva avuto modo di vedere sgretolarsi pian piano quelle poche certezze che era riuscita a costruirsi. Ora non restava nient'altro da fare che tenersi in disparte, celata alle attenzioni di quanti avrebbero voluto sfruttare la sua posizione incerta per consolidare infine la sua vita all'interno della Spada di Caino senza arrischiare alla sua immortalità.
    Così, come molti altri vampiri, alla notizia del processo si era recata dove si sarebbe tenuto, trovando un dispiegamento di Fratelli incredibilmente ampio. Non aveva mai avuto modo di vedere tanti vampiri tutti nello stesso luogo in Romania dato che il suo Sire ed il suo Gran Sire conducevano una vita più "eremitica".
    Così quel "dispiegamento" di forze sollecitava la sua bestia al pari della fame che qualche ora prima aveva abbondantemente saziato. Il suo tributo al più Antico era stato offerto ed ora non restava che capire come gestire questa dannata situazione. Se ne stava in disparte lei, vestita di abbondanti strati di tessuti di seconda e terza mano. Persino i guanti ed una sciarpa sul viso coprivano la pelle diafana della vampira. E lei? Sembrava avesse tutta l'intenzione di sprofondare nel pavimento fino a scomparire per evitare i pochi sguardi che gli altri le rivolgevano... eppure, restava lì, in attesa.

     
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    Con il calare della notte sulla città di New Orleans, il gelido Sapiente aprì i suoi occhi, trovando subito il conforto della tenebra che aleggiava nella stanza a lui assegnata.
    non un flebile sospiro, non un movimento per il primo minuto: solo una semplice, pacifica contemplazione di tutto quello che lo circondava, della notte che regnava al di sopra dell'holycross ed un breve riepilogo della situazione.
    Il processo.
    gli accusati.
    Il dovere.
    La spada.

    La sua mente logica e meccanica appuntava parole chiave mentre lo stesso, muovendo pochi muscoli non morti del suo corpo, cercava con la destra la sua maschera.

    Trovò l'oggetto atto a mascherarlo immediatamente, accanto alla sua spada, l'equipaggiamento ottenuto qualche notte prima dai poliziotti, la sua giacca e l'immancabile orologio, che ora ne gonfiava una tasca.
    Il minuto trascorse, ed il vero brujah si tirò in piedi, avvicinandosi all'interruttore della luce.

    So ciò che devo fare. riflettè in aggiunta, mentre l'illuminazione traballante riempiva la stanza dandogli la possibilità di vedere con chiarezza ciò che già sapeva di trovare.

    Si vestì con lentezza e cura, stirando le pieghe del suo abito e constatando la resistenza dei suoi abiti. Il suo braccio si scosse appena in quello che sembrava un fremito, per raggiungere l'orologio. Immancabilmente tradì il proprio nervosismo, trovando la quiete nella carica dello strumento meccanico.

    lo reinfilò in tasca, indossò la sua spettrale maschera, sistemò le proprie armi e si accertò di avere tutto quello che serviva per comunicare. una penna intarsiata d'argento, e un blocchetto di carta da compilare.
    Silenzioso e terrificante osservò il proprio aspetto un ultima volta, tirando il proprio guanto sotto la manica della giacca e preoccupandosi di far sembrare, come al suo solito, la maschera un tutt'uno con il corpo.

    Gli stivali lucidi, l'uniforme al massimo della pulizia concessagli. Pronto a partire e a compiere il suo dovere, interrogandosi su quanto questo fosse giusto...o sbagliato.
    Varcò le soglie della sua stanza spegnendo la luce, e dirigendosi senza troppo pensarci verso l'anticamera che l'avrebbe condotto al tribunale, al suo personalissimo compito. il sordo rumore dei suoi passi diveniva l'unico intervallo regolare dell'ambiente.

    Raggiunse l'ultima sala a lui accessibile, sino a quel momento. Non badò a quale gente vi fosse con lui nell'anticamera, ma non mancò di osservare la stanza con fare attento, celando la vera direzione dei suoi occhi dietro le vitree lenti della maschera; solo dopo aver palesato la sua presenza lo spauracchio si mosse verso un angolo, assumendo posizione marziale e volgendo le spalle al muro.

    Il dovere. sentenziò ancora dentro se, chinando leggermente il capo in attesa dell'evolversi della situazione.
     
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  6. -Cybele-
     
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    CITAZIONE (.Giona. @ 20/8/2016, 08:23)
    Spero solo finisca presto ... questo posto inizia a suscitarmi una certa antipatia. E' la seconda volta che vi mettiamo piede e le circostanze sono tutt'altro che piacevoli.

    La voce del proprio Ductus spiccò sulle altre alle sue orecchie sebbene fosse solo un bisbiglio. Hai detto bene, mio Pan i władca, 'certa'. E' un'antipatia certa. Non mi sono sentita la benvenuta, qui. , rispose parlando in un sussurro a propria volta. Non era un capriccio, quanto piuttosto una ponderata considerazione che andava ben oltre interrogatori e torture.

    L'inaridimento fisico dovuto alle notti di tortura rendeva l'aspetto della Koldun'ia più simile alla natura del suo spirito e del suo sangue - Diabeł. Lungo la pelle, le vene in rilievo erano annerite e solcavano l'epidermide come fratture nel suolo eccessivamente asciutto piuttosto che rivoli arzigogolati e pulsanti. Anche il timbro era meno fluido - segnato - e, contrapposto a quella secchezza, era forte il richiamo di Voda. Essa pronunciava il suo nome gran voce nel suo spirito, nella sua lingua antica e incisiva. E il suo spirito ugualmente la cercava - strepitava - gridava. Era una divisione forzata - un supplizio che si perpetrava anche fuori dalla cella in cui era stata rinchiusa.

    Eppure, anche in tutto quel tormento, qualcosa si era mosso. Qualcosa si era evoluto. Gleba . Anche se affievolita, aveva ripreso a sentirne la solidità all'esterno di quell'edificio - sotto i propri piedi - oltre le pareti. Era un'eredità pesante - ingrombrante - asfissiante - quel legame. Ma era da quello che stava assorbendo - famelica e sfruttatrice - tutta la robustezza e stabilità fisica e mentale. Nelle ultime notti qualcosa poteva essere cambiato. Era ansiosa, in fibrillazione. Voleva immergere le mani nella propria terra natìa - e vedere - sentire - se effettivamente un passo avanti poteva essere compiuto.

    La voce con cui aveva risposto al Custode era stata trasmessa all'Aria e da quella era arrivata alle orecchie altrui. Era appena percettibile, ma quel nodo - quello tra Powietrze e il proprio spirito - si era in qualche modo irrobustito, aveva creato altri intrecci - era cresciuto. E non era solo la brezza fredda che le turbinava intorno smuovendo i vestiti di chi le era immediatamente accanto, era l'Elemento vero, intoccabile dai più ma che tutto e tutti riusciva a toccare. Quella era stata una piccola evoluzione - un piccolo cambiamento - che il suo lato puramente spirituale aveva afferrato e fatto proprio, in barba a tutto il resto - in quel lungo cammino egoistico della Metamorfista.

    ...Eppure non trovi che tutto ciò che sta accadendo abbia la strana conseguenza di farci sentire parte integrante e integrata di... qui? , tornò a parlare a Lazarus, con un mezzo sorriso dopo una breve pausa. Dall'altra parte di se stessa - dalla parte che ascoltava e rispondeva alle parole di Lazarus - c'era il profondo rispetto per ciò che era e ciò che rappresentava - per la Spada. Per questo non lasciò cadere inutilmente le parole dell'Altro, per questo mantenne la conversazione, seppure sottile, e per questo rimaneva attenta a ciò che le capitava attorno. Per il proprio Branco.

    Diabeł = Demone
    Pan i władca = signore e comandante
    Powietrze = aria
    Voda = acqua
    Gleba = terra
     
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    D'un tratto un'ombra nera fece capolino, si badi bene, sul lato destro - e non al centro - del portone della sala in cui si era radunato il tribunale, sebbene mesta e incredibilmente torva in volto, essa riusciva a non farsi ingobbire dalla rabbia e dall'indignazione, non senza sforzo.
    Evidentemente anche Exseven aveva capito che non era il momento per i protagonismi, e addirittura i suoi tacchi, di solito rumorosi e insolenti, capaci di echeggiare per le sale dell'Holy Cross a monito del suo arrivo come un camerlengo che batte il bastone cerimoniale per annunciare gli ospiti di sua maestà, oggi erano incredibilmente più felpati del solito, tanto che nessuno l'aveva sentita arrivare.

    Le mani rannicchiate come fossero dei ragni morti terminavano le braccia stese lungo i fianchi, fasciati questi ultimi in un poco appariscente, seppur elegante, tailleur nero.
    Ignorò i presenti e si mosse silenziosamente fino a raggiungere un lato del salone, si fermò con la schiena dritta e la testa alta e aspettò l'inizio del processo in piedi.
     
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    Il silenzio che copriva la stanza come un velo fatale venne strappato da una fastidiosa vocina stridula che canticchiava quello che i più giovani o i più attenti alla cultura popolare mortale avrebbero riconosciuto come un vecchio pezzo rap.

    Guess who's back, guess who's back, guess who's back, nananana!

    Chiunque fosse, si era fermato dietro a una porta, aspettando chissà cosa per aprirla e rivelare la sua identità. Si attardò, continuando a canticchiare, come un disco rotto:

    Na na na na na na na na nanana! Na na na na na na na na nanana!

    Nel momento in cui la strofa della canzone sarebbe ripresa, ecco la porta spalancarsi, e nell'anticamera balzò un uomo atletico, vestito in una tuta attillata rossa e nera, con tanto di maschera.

    Now this looks like a job for me so everybody just follow me
    'Cause we need a little controversy,
    'Cause it feels so empty without me


    Continuava a cantare, con un pugno davanti alla bocca, come un microfono, e con l'altra mano alzata in aria seguendo il ritmo del rap con il suo movimento. Ovviamente non era un gran ritmo: quel tizio non ci sapeva proprio fare.

    La la la lala, la la la lala, la la la lala, lalala!

    Ora saltellava anche a ritmo, per poi compiere un ultimo balzo in avanti avvicinandosi al gruppo dei Cainiti presenti, e fermandosi a pochi centimetri da Harahel.

    Nessuno si aspetta...

    Stava per esclamare qualcosa, in pieno stile showman, in una posa a braccia larghe e gambe piegate, ma si interruppe per poi rizzarsi e guardarsi attorno all'apparenza confuso.

    Ma... Dove sono tutti quanti?

    Chiese evidentemente deluso.

    Senza Linguina e Gorilla, non ha senso.

    Sbuffò.

    Ozzy e Mascherina, è bello rivedervi, ma, niente offesa, il balletto non era per voi.

    Disse a Padre Blake e ad Harahel, per poi tirare fuori da una delle numerose tasche dei cinturoni un telefonino.

    Come butta, ragazzi?

    Chiese senza molto entusiasmo, mettendosi a giocare col telefono.

    Fra un po' questo posto diventerà il Gods of Metal.

    Commentò, quando , dopo aver sollevato lo sguardo per dare una rapida scorsa agli altri Cainiti presenti, incrociò Lazarus, ma fu qualcun altro ad attirare la sua attenzione.
    Impossibilitato a starsene fermo, come un tarantolato, balzò verso l'altro lato del salone, piazzandosi di fronte a X7. Finse di sistemarsi un papillon, inesistente come i capelli che andò a lisciarsi con le mani.

    Lei indossa la depressione come come un elegante vestito. La notte le deve molto: è in grado di oscurare la luna con la sua tenebrosità.

    E c'ha delle tette notevoli.


    Suggerì la voce.

    E c'ha delle tette notevoli.

    Ripeté l'uomo mascherato.

    Enchanté, Madmoiselle.

    Si chinò con teatralità.
    Sollevò di scatto solo la testa, per tornare a guardare la donna.

    Sono vere? Posso toccare?
     
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    Il rigido cadavere fasciato di nero si girò lentamente verso il suo interlocutore con la palpebra destra che pulsava visibilmente e la faccia che assumeva lentamente quella di chi ha appena mangiato un limone intero, manifestando una palese insofferenza, lo squadrò bene, socchiuse lo sguardo e riaprì subito gli occhi come se avesse capito chi fosse il suo quel tizio vestito da supereroe, l'espressione si rilassò, per qualche motivo portava rispetto a quell'uomo, una persona attenta avrebbe intuito che probabilmente si trattava di impliciti motivi di gerarchia all'interno del Sabbat.

    Abbassò lo sguardo quindi verso il seno (che era oggettivamente niente male) e poi annuì compostamente, senza specificare troppo se stesse annuendo per ringraziarlo del complimento, per intendere che sì, le tette fossero vere o per informarlo che anche lei era lieta di fare la sua conoscenza. Niente, solo un vago annuire.
    Nel frattempo le mani si arricciarono ancora di più ormai proprio raggrinzite in un in una posizione innaturale, un incrocio tra una persona con le giunture incredibilmente estese, una vecchia con l'artrite e uno a cui avevano chiuso le mani in uno schiacciapatate... rimanevano comunque al loro posto in fondo alle braccia all'altezza della vita e le cartilagini che si spaccavano emettevano uno scricchiolio poco rassicurante.

    Toccare: grazie ma NO, grazie.
    Disse con una voce che aveva un suono incantevole, sebbene il tono fosse fermo e, anche forse rinforzato dal suono di cartilagini spaccate, velatamente minaccioso.

    Poi si girò di nuovo.
     
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    L'Albina restò in disparte, celata dai mille stracci che si infilava e le donavano una sorta di cupo aspetto deforme. Persino un cappello di lana, tirato giù fin sopra gli occhi a celare parzialmente la chioma biancastra e stopposa che si tirava dietro. Non aveva un bell'aspetto per essere una demone ma, sebbene tutto, gli occhi completamente neri lucidi e innaturali si fissarono sul Ductus ExSeven riconoscendola come la guida del gruppo in cui era entrata. Aveva un vinculo con quella donna e, il legame di sangue, era qualcosa che non si poteva evitare. Una sensazione nuova per Plague che, in mezzo a quell'ammasso informe di sconosciuti, riconosceva nella donna qualcuno di "familiare" a cui potersi rivolgere. Così strisciò fra le ombre, piegandosi appena per avvicinarsi alla donna tentando di rimanere il più nascosta possibile. Quando Wade fece il suo ingresso, tuttavia, la Demone non poté fare altro che ritirarsi appena, restando così immobile a qualche metro dai due. Li guardava, con aria vuota, chiaramente in attesa che il tizio mascherato si levasse dalle palle.

     
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    L’aula era stata riccamente adornata dei colori porpora, cremisi e nero, simbolo dell’Inquisizione della Spada. Era un’aula centrale, priva di finestre tanto a destra quanto a sinistra.

    Un lungo scranno in legno massiccio era stato posizionato al capo opposto della sala. Ampio e ricurvo, quasi abbracciava il banco degli imputati. Nove sedie erano state poste dietro quel bancone. Quattro per parte ai lati, una, al centro.

    Alle spalle dello stesso, sui due angoli della stanza, due portoni di legno dai quali, di lì a poco, avrebbero fatto ingresso i giudici.

    Poco distante, di fianco al banco degli imputati ove era evidente il soggetto in questione dovesse restare in piedi, un banco con tanto di macchina da scrivere ove sarebbe stato posto il segretario che avrebbe dovuto redigere e documentare tutto quanto fosse stato detto durante il procedimento.

    I sei cavalieri dell’Inquisizione erano già in posizione. Solenni, dal portamento alto e formale, in una parola: impeccabili. Ma, in caso di necessità, certamente efficaci e... letali. Due ai lati del lungo bancone dei giudici, due alle porte retrostanti, due proprio di fronte al seggio degli imputati. La via d’accesso primaria era a sua volta vigilata da ben quattro fra templari e paladini. Due all’esterno e due all’interno dell’aula.

    Unico fra i presenti che non appartenesse all’Inquisizione, venne fatto posizionare direttamente sotto l’alto scranno centrale, si stagliava la figura silente di Harahel. Il cainita occupava il centro della corte, direttamente al di sotto dello scranno più altro ed in mezzo a due cavalieri dell’inquisizione, armati e bardati di tutto punto in armatura cerimoniale. Uno alla propria destra ed uno alla propria sinistra.

    Dinanzi alla corte, ed alle spalle del banco degli imputati, era stata preparata una platea. Varie file di sedie, ordinatamente predisposte per l’occasione, si susseguivano fin quasi a raggiungere l’entrata.

    Decisamente troppe per il numero di cainiti della spada presenti nella diocesi, ma evidentemente non sarebbero stati gli unici ad assistere al processo.

    Ai cainiti che attendevano, all’esterno, venne concesso di accedere.

    Una volta che tutti i cainiti vennero fatti accomodare (e come c’era da aspettarsi, i vampiri ad occupare la platea non erano soltanto gli appartenenti all’arcidiocesi di New Orlèans), venne concesso anche agli schiavi del sangue l’ingresso in aula.

    Le loro sedie erano volutamente lasciate distanziate di vari metri da quelle degli appartenenti alla stirpe di caino. Ed era stato fatto loro assoluto divieto di parlare.

    Quando l’aula fu riempita venne annunciato, e fatto entrare, il “trofeo” da esibire dinanzi alla platea.

    Il Reggente della Chantry di New Orlèans, nonchè Primogenito Tremere, Milosh Maundrell!
    Catturato per volontà di questo sacro tribunale dell’Inquisizione della Spada a beneficio della Crociata!
    – Dichiarò una voce, pomposa ed altisonante, proveniente da un colossale cainita posizionato davanti la porta nell’angolo a sinistra di chi osservasse frontalmente la corte –


    Il Reggente era rinchiuso in una gabbia, incatenato a polsi, collo e caviglie. Gli occhi erano stati rimossi, la lingua tagliata, le mani, mozzate.

    I segni di tortura erano evidenti, eppure la stoica volontà di quel cainita era da ammirare per come si ostinasse a rimanere eretto. O, per chi avesse avuto modo di osservato con maggiore attenzione il Tremere standogli alle spalle, un gancio da macello era stato conficcato nella spina dorsale spezzata del cainita e legato ad una cinghia per vincolarlo alle sbarre superiori della gabbia in modo da tenerlo in piedi. Per vincolargli i polsi, barre di metallo di taglia ragguardevole erano state conficcate nelle carni dello stesso e saldate alle pesanti catene che, in spire, costringevano il vampiro.

    Simboli arcani e sconosciuti erano stati tracciati su occhi, bocca, testa, collare di metallo, petto e braccia dello stesso per chissà quale utilità o motivo.

    Non erano evidenti solo i segni delle vessazioni ma anche quelli di chi avesse sofferto la sete.

    IN PIEDI!!! – Urlò il mastodonte, a beneficio della platea. I ghoul retrostanti scattarono prima degli altri, mentre gli altri cainiti a sedere in platea si sollevarono con maggior calma, segno che l’ordine era impartito all’intera platea -

    Fa il suo ingresso in aula, la Corte del Sant’Uffizio dell’Inquisizione della Spada di Caino!

    Chinate il capo in segno di rispetto e devozione, insolenti!
    – Sbraitò nuovamente –


    La corte era composta dal più disparato e male assortito gruppo di inquisitori che si fosse mai visto, alcuni dei quali stonavano a tal punto con la solennità di altri da lasciar dubitare della loro carica se non fosse per tutto quel cerimoniale.


    Un cainita, rigido e formale, con tanto di uniforme ed armato fino ai denti, manco stesse aspettando la dichiarazione di guerra;

    un vecchio tisico che, ricurvo su sé stesso, con passo incerto superò a stento il gradino che gli permise di salire sul palco per prendere il proprio posto a sedere;

    un uomo biondo, distinto, elegantemente vestito in completo e cappotto grigi ed una cravatta rossa;

    una figura, vestita in abiti ecclesiastici e completamente ammantata di scarlatto, varcò l’ingresso della stanza. Alto ed austero, il "prete rosso" camminava senza generare alcun rumore, quasi fluttuasse nell’aere. Indossava una maschera di metallo nero che ne copriva i lineamenti, disadorna, eccezion fatta per l’ankh dell’Inquisizione Sabbat inciso sulla fronte;

    presero posizione nei primi quattro scranni, sulla sinistra della corte e alla destra degli osservatori.


    Alla destra della corte, sulla sinistra degli osservatori, presero posto, partendo dallo scranno all’immediata destra del seggio centrale:

    una figura ammantata di nero, asciutta, alta e legata nei movimenti. Uno strano senso di vuoto negli occhi. Collo e bavero alti, guanti di pelle alle mani. L’unico particolare degno di nota a spiccare dalla figura di quell’uomo erano dei segni scarlatti, sui lati della fronte e sotto gli occhi. Non era pittura, erano come tatuaggi che ne indicassero il rango o l’officio;

    Fu la volta di una figura singolare, come se gli altri già non lo fossero. Un ragazzetto di bassa statura, completamente pelato, con una faccia vacua ed un sorrisetto ancor più cretino stampato in faccia. Indossava abiti da pastore e reggeva un rosario in mano, ove al posto del crocifisso trovava spazio un ankh del sabbat;

    Fu dunque il turno di un visir arabo, con tanto di taftano scuro e turbante in testa. Collane d’oro elaborato e perfino degli anelli annodati sul lungo pizzetto che scendeva dal mento dell’uomo di carnagione scura come la notte stessa;

    Ultimo da quel lato, fu un giovane uomo dalla pelle interamente coperta di polvere bianca. La sua massa corporea era spropositata, tanto gigantesco quanto grasso, si muoveva senza affanno solo perché non necessitava di respirare.
    Girava a petto nudo e con un fazzoletto nero al collo. La testa dipinta di nero dalle sopracciglia in su. E un glasgow smile scavato profondamente nelle guance con delle cerniere in metallo a sorreggerne le carni. L’orecchio destro mostrava i segni di un qualche genere di massa tumorale e l’occhio di quello stesso lato pareva fosse interessato dall'infiltrazione di quello stesso male.

    Ultimato l’ingresso degli otto giudici sugli otto scranni laterali, fu la volta dell’ingresso della massima autorità di quel tribunale. Un primo fra pari. E colui che entrò era... bè, un mostro. Un vero ed autentico mostro. Non c’erano altre parole per definirlo efficacemente.

    Nessuno degli altri prese posto finchè non si sedette colui che presiedeva quella corte, ed egli non lo fece prima di pronunciare le parole che, di fatto, sancirono l’inizio del processo di quel tribunale.

    In nomine Caine; et Patris, et Gladius, et Sanguis Sancti...

    - Si segnò mentre pronunciava quelle parole -

    Lode a Caino

    - assemblea – “Lode a Caino!”

    Si dia inizio...

    - Disse, con uno svogliato cenno della mano, mettendosi a sedere. Gli altri inquisitori fecero altrettanto. I cavalieri, attorno all’ampio scranno del giudizio, restavano composti, in piedi. I templari ed i paladini continuavano a vigilare al loro posto. -

    SEDUTI!

    - Intimò nuovamente, roboante, la voce del titanico cainita alle spalle degli inquisitori -

    - La platea, all’unisono, si sedette. -


    Turni Liberi.

    Mercoledì sera invierò il prossimo post.

    Il che significa che potete postare anche più di una volta nel lasso di tempo a vostra disposizione.


    Edited by Joker- - 29/8/2016, 09:34
     
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    Il pagliaccio in rosso tornò a raddrizzarsi.

    Devono essere finte.


    Sì, per forza. Non vedi come mentono?


    Ok, ok. In Canada "No" vuol dire "sì"- o anche New Orleans-, ma non voglio far triggerare le femministe del forum.

    Disse alla donna, per poi voltarsi verso letteralmente il nulla e continuare a delirare, annunciando con un tono evidentemente artefatto in modo tale da apparire sarcastico, mascherando l'ironia dell'affermazione con un altro strato di non-sense:

    Il nuovo Ghostbuster è bellissimo! Fresh tomato. IGN 10/10!

    Quindi tornò a dedicare la sua attenzione sulla stanza in cui si trovava fisicamente, e non al mondo iperuranio a cui si era rivolto.

    Chiamami se vuoi divertirti.

    Fece l'occhiolino a X7, un occhiolino nascosto dalla maschera che portava, ma intuibile dal movimento dell'area sopra ai buchi per gli occhi, e si allontanò, passando accanto a Plague.

    Rilassati, Candeggina.

    Disse rivolto alla Tzimisce, mentre le passava vicino e tirava di nuovo fuori il telefonino. Si appoggiò con la schiena su un muro, e dal cellulare scaturì una musichetta stucchevole.

    Chi sa che fine hanno fatto i miei ragazzi?

    Chiese, senza distogliere lo sguardo dal gioco sul cellulare.

    E a voi Teste d'Uovo com'è andata la vita in questi tempi?

    Domandò a Blake e ad Harahel.

    Ma il tempo del cazzeggio era ormai finito. Wade seguì le indicazioni degli ufficianti con entusiasmo. Sembrava quasi una scolaretta eccitata.

    Uuuuuh!

    Anche seduto al suo posto, non poteva trattenersi dall'esclamare eccitato quando qualcosa, qualsiasi cosa, accadeva nella sala del giudizio.

    Aaaaaah!

    Era entrato il primo gruppo di Inquisitori.

    Oooooooh!

    Era entrato il secondo.

    Iiiiiiiiiih!

    Era il turno del Grand'Inquisitore.
    Poi finì le vocali che potessero esprimere sorpresa ed entusiasmo, e passare a quelle che esprimevano dubbio non sembrava il caso.

    Si guardava in giro, come un cane della prateria, aspettando di incrociare lo sguardo della gente che contava. Voleva vedere la sorpresa, gioia e sollievo negli occhi di Ardeth e di Ares. Voleva vedere il terrore e la sconfitta in quelli di Constantine. Voleva vedere il dannato Vergil... morto.

    Sì, quel processo prometteva davvero molto bene.
     
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    THE IRON RELIQUARY
    The Iron Reliquary is a badge of office presented to an Inquisitor upon her appointment. It looks much like the traditional Sword of Caine symbol, but is modified into something more like a real sword's proportions, so that it can be held and brandished like one. It is forged of blackest iron, generally by an elder
    Tzimisce priest. Small, precious items of Noddist interest - anything from the fangs of famous Sabbat martyrs to "fragments of the Black Basalt Throne" - are embedded into the hilt, thus the name. Faithful Sabbat regard the Iron Reliquary as a "holy" object, imbued with the collective spirit of the struggling Cainite race.
    The Iron Reliquary has several practical and ritual uses:

    • Identification: The badge of office positively identifies an Inquisitor.
    The Inquisition takes a dim view of anyone who steals or fakes an Iron Reliquary, particularly to impersonate one of their own.
    • The accusation: When charges are formally leveled against a miscreant, the Reliquary is brandished at him like a sword. The recitation generally ends with a prayer for Caine to bend ear and lend his strength and wisdom in proving the charge.
    • Oaths: An oath on the Iron Reliquary is sacred; to break it invites the malediction of Caine himself.
    Witnesses in an Inquisitorial trial are required to swear on it if they wish to speak.
    An oath on the reliquary is also sometimes used as security for other formal promises between Sabbat, such as declarations of alliance between neighboring archbishops, for instance. To be binding, the reliquary must taste the blood of the oathtaker (from a small cut, usually on the palm of the hand).



    Nello specifico:

    • Oaths: An oath on the Iron Reliquary is sacred; to break it invites the malediction of Caine himself.

    Witnesses in an Inquisitorial trial are required to swear on it if they wish to speak.

    An oath on the reliquary is also sometimes used as security for other formal promises between Sabbat, such as declarations of alliance between neighboring archbishops, for instance. To be binding, the reliquary must taste the blood of the oathtaker (from a small cut, usually on the palm of the hand).





    Parlare tra di voi come alunni a scuola è un conto. Trasformare il processo in una pseudo-pagliacciata no.
    Cerchiamo di mantenere un minimo l'atmosfera di solennità e formalità.

    (QUESTO NON VUOLE IN ALCUN MODO ESSERE UN RICHIAMO DA PARTE MIA PER IL GIOCATORE DI WADE. LO STO SEMPLICEMENTE UTILIZZANDO COME ESEMPIO/AVVERTIMENTO. FOSSE STATO CHIUNQUE ALTRO AL SUO POSTO A COMMETTERE LO STESSO "ERRORE" AVREI FATTO LA STESSA, IDENTICA, COSA)

    Mentre il professore spiegava, a scuola, se sentiva casino alle sue spalle si voltava a richiamare la classe, no?
    Bene, questo è un tribunale dell'Inquisizione del Sabbat. Qui la gente la condannano a morte ultima.



    Tre, fra Templari e Paladini dell'Inquisizione presenti in sala, senza bisogno di ricevere alcun ordine specifico si avvicinano a Wade, lo prendono sonoramente a schiaffi fin quasi a staccargli la testa, gli mozzano la lingua e lo rimettono a sedere.

    Poi, avvisano tutti gli altri su come si dovranno comportare in caso vogliano dire qualcosa. Chiedere il permesso prima di dire o fare qualsiasi cosa o prepararsi alle conseguenze.

    Primo e ultimo avvertimento.


    Se volete parlare fra di voi lo farete "sottovoce" e a modo.
    Se e quando avrete delle dichiarazioni da fare, ora conoscete la procedura.
     
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    Le mani della bella figura nera continuarono un po' a contorcersi mentre lei sussurrava minacce e maledizioni come una zingara.
    Strabuzzò di nuovo gli occhi e poi si tranquillizzò fino a che non incrociò lo sguardo di Plague.

    Le sarebbe piaciuto scambiare due parole con quell'esserino malvagio, erano così diverse: l'una altissima, scura e impeccabile sia nei modi che nel portamento, l'altra piccola, bianchissima e vestita come un bimbo sperduto dell romanzo di Peter Pan; ma per via delle vaulderie vedeva come un cucciolo da difendere e a cui insegnare il più possibile, ad essa conferì un cenno col capo e addirittura un abbozzo di sorriso.
    A proposito di Peter Pan, Exseven notò con ironia il fatto che Plague occupava nei Sacramentarium il posto che tempo addietro era stato di un Malkavian vestito da Peter Pan con una motosega. Ci ripensò... forse non era un buon segno.

    SPOILER (click to view)
    Ne faccio menzione qui


    Distolse lo sguardo e proprio in quel momento iniziò il processo e mentre entrava nella sala tutti i pensieri e le considerazioni svanirono.
     
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    Cattivo maestro, Lupo travestito da agnello, Predicatore d'odio, Profeta di sventura, Infame, Diablerista

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    Ancora nell'anticamera, Padre Blake si girò a guardare Deathwish. Gli rispose con un cenno del capo, ma senza dire niente. Continuò quindi a guardarsi intorno con aria spaesata.

    Agli occhi di chi non lo conosceva, ed erano i più, l'aspetto di Padre Blake avrebbe potuto sembrare un po' trasandato, ma di certo non in modo maggiore di molti tra i presenti.

    Chi lo conosceva, invece, avrebbe subito notato alcune differenze. L'assenza dei suoi classici occhiali tondi, da cui non si separava mai. Gli occhi, finalmente visibili, erano spenti, assenti. Uno di essi era violaceo e gonfio.

    Anche la giacca e il vestito non erano quelli soliti: lisi e stazzonati, macchiati in qualche punto da chiazze di colore bruno.

    Tutto, nell'aspetto del Cainita, diceva che era successo qualcosa. Il Padre Blake di questa notte non era lo stesso di sempre.

    Solitamente accompagnato dal suo fido corvo nero, questa notte Padre Blake era solo. Con lui non c'era più nessuno: né le sue bestie, né i suoi compagni Cainiti. Nessuna traccia di Drago Loki. L'assenza della Faccia, il Ductus del branco, spiccava dolorosamente.

    Poi, le sale d'ingresso vennero aperte. I due guardiani si spostarono ai lati e i Cainiti vennero invitati a entrare.

    Padre Blake attese che i più si fossero incamminati prima di avviarsi anche lui, zoppicando lievemente ma visibilmente, verso la sala.

    Dopo che tutti ebbero presto posto – Padre Blake si voltò per un attimo a guardare gli schiavi del sangue", per poi girarsi nuovamente verso i suoi vicini, osservandoli con rinnovato interesse –, qualcuno nella sala annunciò l'entrata della corte.

    Blake si alzò con gli altri, appoggiandosi alla sedia, chinando il capo in silenzio, ma non rinunciando di tanto in tanto a sbirciare i volti dei nuovi arrivati

    Lode a Caino

    La voce di Padre Blake risuonò profonda e potente come sempre, soltanto un po' più rauca del solito.



    @Master: conosco qualche volto tra quelli dei Cavalieri e dei Giudici Inquisitori (vedi miei trascorsi a Montréal in bg)? Ed eventualmente cosa so di loro?
     
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