Peace Avenue, 94

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    Sembra quasi uno scherzo. Anche inaccettabile, se vogliamo. Peace Avenue, una grande via non lontana dal “Centro di igiene mentale e correzione delle dipendenze” di New Orleans. Proprio lì i numerosi malati mentali, in preda ad allucinazioni e stati di agitazione psicomotori, potevano trovare una condizione di pace, in un modo o nell’altro. I più fortunati ne uscivano con le loro gambe mentre i più sfortunati in posizione orizzontale. Col sangue misto a dosi massicce di sedativi o pieni di percosse non faceva differenza. Un contenitore di legno era l’involucro in entrambi i casi.


    << DONG!>>
    Il rintocco del grande orologio a pendolo arrivò alle sue orecchie. La coscienza era già lì, presente.
    << DONG! >>
    Anche quel pesante intorpidimento stava pian piano lasciando il suo corpo.
    << DONG! DONG! >>
    L’orologio stava per terminare il suo canto. Charlie allungò il braccio alla ricerca della parete mobile della libreria. Fece una leggera pressione in avanti con la mano. Una tenue luce filtrava da uno spiraglio tra le tende. Accese la abat jour in stile liberty sul piccolo tavolino in legno scuro. Era ancora lì, nel suo mondo: gli scaffali, i libri e tutto il resto. Si sedette sulla poltroncina e si fermò a riflettere.
    Chiuse gli occhi. Fu un attimo. Quelle scene, ininterrottamente.
    <<...Pierre...>> disse in un bisbiglio e riaprì subito gli occhi. Si alzò di scatto. Sapeva come fare per allontanare quei pensieri dalla sua mente. Ed averne di altri ovviamente. Andò alla finestra, scostò la tenda ed eccole lì. Le alte siepi periferiche del centro, il grande cancello in ferro battuto.

    <<Chissà come stanno gli ospiti della clinica…Meriterebbero una visita>>
    Parecchi anni fa si potevano sicuramente sentire le grida fin qui. Chissà quanto rabbrividivano i vecchi abitanti di questa casa…” pensava tra sé e se, assorto.
    Era un po’ diverso per Charlie. Lì dentro c’era stato parecchio tempo. O almeno “parecchio” per un umano.

    Edited by J Gatsby - 19/1/2017, 00:35
     
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    Non indugiò oltre. Tornò al piccolo tavolino, raccolse il taccuino e la penna e scese al piano di sotto. Indossò il suo impermeabile ed uscì.
    Direzione: centro di igiene mentale si disse nella mente come fosse un ordine di rotta. Prese la via diretta camminando col consueto passo svelto. Pochi minuti dopo, vedeva già l’alto cancello in lontananza e le siepi che formavano un muretto di cinta per nulla facile da scavalcare.
    <<Però con un cavallo al galoppo…>> disse quasi fosse per lui un vero impedimento in quell’istante. Il contorno dell’edificio diveniva sempre più grande e il suo pensiero mise subito da parte cavalli, salti e ostacoli.
    Gli erano venuti in mente gli infermieri che lavoravano al centro: gente senza umanità che maltrattava i pazienti. Ficcavano in bocca a forza le pasticche prescritte, contenevano i pazienti usando le percosse. <<Pezzi di…>> stava per finire quell’imprecazione quando un sorriso divertito gli si stampò sul volto. La sua attenzione venne però improvvisamente richiamata da due infermieri in attesa davanti al cancello.
    Cosa aspettano lì a quest’ora di notte? Meglio non farsi notare e proseguì lateralmente al perimetro, allontanandosi dal cancello. Le guardie però sembravano averlo visto e avevano iniziato a incamminarsi nella sua direzione con passo deciso. Altrettanto fece Charlie: affrettò il passo per svoltare l’angolo il prima possibile. Pochi secondi dopo superò la curva: <<Meglio non avere noie>> suggerì a se stesso attingendo al potere del sangue e alle sue capacità soprannaturali.

    Utilizzo Oscurazione a 2: Presenza inosservata.
    Personalmente sto giocando che Charlie abbia avuto un'allucinazione però verosimile in quanto di fronte al centro.
    Avrei voluto proseguire ma dato l'uso della disciplina, aspetto
     
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    Svoltato l’angolo, decise di attendere l’arrivo dei due.
    Passò un minuto.
    Nessun rumore, nessun passo. Non diede peso e proseguì fino allo stretto passaggio nella siepe. Vi passò attraverso e si trovò all'interno della proprietà.
    Conosceva bene la strada e stava per proseguire alla volta della stanza di Mickey quando un rumore di motore lo richiamò. Guardò in direzione del cancello: un’auto era lì ferma. Un uomo era sceso a suonare il citofono ed era subito risalito. Degli infermieri neanche l’ombra. Poco dopo, il cancello si aprì lasciando passare la macchina.
    <<Ospiti a quest’ora? Deve essere qualcosa di grave.>> disse mentre continuava per la sua strada.

    Proseguì passando tra siepi ed aiuole, poi corridoi e camere, fino ad arrivare alla stanza di Mickey.
    <<Buonasera, Mickey>>
    <<Oh, buonasera Charlie>> disse l’altro nient’affatto sorpreso <<Mi sentivo che saresti venuto stasera.>>
    <<C’è un po’ di movimento stanotte>> fece il cainita col tono di quello che aspettava delucidazioni a riguardo.
    <<E’ appena arrivata una macchina scura. Per il resto, tutto tace>>
    <<Gli infermieri fuori cosa aspettavano?>>
    <<Quali infermieri? Non è uscito nessuno. Ronfano come angioletti nella loro stanza>>
    Charlie lo guardò dubbioso ed iniziarono le sue elucubrazioni mentali. Se fossero stati lì per l’auto, ne avrebbero senz’altro aspettato l’arrivo. Invece sono rientrati prima. Erano al freddo per sorvegliare. Ma cosa?
    Fermò per un attimo il filo dei pensieri. <<Quale paziente ha fatto più baldoria oggi?>> domandò curioso a Mickey.
    L’ospite della clinica fece un sorriso che sembrò una smorfia <<Ted Phillips, stanza 12, quella singola dopo la guardiola. Cazzo, sembra in coma…>>
    Come quasi tutti quelli che vengono qui, Mickey: drogati, dissociati, paranoici e schizofrenici. E anche noi siamo tra questi. Fece un gesto di comprensione ed uscì dalla stanza.
     
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    Girò a destra e prese il lungo corridoio. Superò le prime stanze. Tutto era tranquillo, o almeno nella norma considerato il luogo dove si trovava. Il sonoro russare dei pazienti più "sani" si alternava a gemiti di sofferenza, al momentaneo ed insensato vociare dei matti allucinati o ad assurdi bisbiglii dei paranoici.
    L'assillante musica di questo maledetto posto... pensò Charlie non nascondendo un sorriso quasi malinconico.
    <<...fortuna che dopo un pò ci fai l'abitudine...>> disse una voce profonda.
    Charlie sgranò gli occhi neri e si fermò. Parlano con me?. Rimase immobile. Non mi sono accorto che ero già arrivato in guardiola, cazzo! pensò agitatamente ma represse subito il pensiero.
    <<Sto parlando con te, fantasmino!>>
    Charlie si guardò intorno. Non c'era nessuno oltre lui. Adesso era in totale stato di allerta. Si raccolse su sè stesso ed attese.
    L'istante dopo, un infermiere uscì dalla porta poco più avanti e sulla destra. Sembrava camminasse sul sapone. Il suo passo era felpato. <<Ho capito>> disse sgarbatamente dietro di sè <<cerca però di non fare casino che non ho voglia di passare la notte con un paziente svegliato dalle tue urla>> e si allontanò nella direzione dalla quale era arrivato Charlie.
    Tirò un sospiro di sollievo ma gliene restò metà nei polmoni. Riescono a leggermi nel pensiero?
     
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    Fece qualche passo in avanti, tanto quanto gli bastava per guardare all'interno della guardiola.
    Vide l’altro infermiere seduto ad un tavolo. Scriveva su un grande registro e nelle pause aspirava grande boccate da una sigaretta.
    Proseguì oltre. “Stanza 10” passando davanti la targhetta col numero nero su sfondo bianco affissa alla porta. “…11…12, eccola!
    Non era ancora entrato ma già il suo orecchio sentiva il “bip” del battito cardiaco. Era accesa solo una lampada al neon. Sul comodino, un piccolo monitor che indicava due grandi numeri in verde scuro: 92 e 56.
    La stanza era più grande delle altre ma, come le altre, era spoglia e fredda: un letto per il paziente tutt'altro che comodo, un anonimo armadietto a due ante, un tavolo consumato e due sedie di second’ordine. Ed ovviamente le finestre sigillate: è d’obbligo quando i tuoi ospiti sono dei matti in piena regola.
    Un’espressione famelica si dipinse sul viso di Charlie, che impercettibilmente stava cambiando. La quiete che aveva finora dominato i suoi lineamenti stava lasciando il posto, secondo dopo secondo, alla mostruosità.
    <<Ciao, Ted>> bisbigliò Charlie mentre, lentamente, si avvicinava alla sua preda.
    bip… bip… bip… bip… bip…
    <<E’ una fortuna che tu non possa percepire nulla intorno a te>> avvicinando la testa al collo di Ted.
    bip… bip… bip… bip… bip…
    <<La vita è un tormento, per tutti>> e posò le labbra sulla fredda pelle dell’incosciente.
    bip… bip… bip… bip… bip…
    <<Si deve fare di tutto per renderla meno tormentosa possibile…>> I suoi denti penetrarono la carne e succhiarono la vitae fino a saziarsi.
    bip……. bip……. bip……. bip……. bip…….
    Leccò le ferite della vittima, poi si leccò le labbra per gustare ogni goccia stillata. Il suo volto tornò simile a prima. Sembrava il regno della pace e della tranquillità.
    bip………….bip…………. bip………….bip………….bip………….
    Sazio, si allontanò dal letto <<Arrivederci, Ted>> e si diresse verso l’uscita.
    DIN! DIN! DIN!” si voltò verso il monitor. Si era attivato l’allarme.

    Edited by J Gatsby - 20/1/2017, 00:00
     
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    Dunque, considerando che la vittima era sotto sedativi e non sotto allucinogeni vai in frenesia in automatico, così come descritto dal difetto.

    Due punti sangue presi dalla vittima (così come comunicatomi via MP) non sono sufficienti ad uccidere un umano nè ad applicare gli effetti del difetto: contagioso.


    Ora, x incastrare il tutto in un unico post sensato senza dover ricorrere a fastidiosi edit che modifichino quanto già narrato, interpreta la frenesia di Charlie.

    Dopodichè, temporalmente parlando, considereremo inserita la frenesia tra la fase di nutrimento e l'attivazione dell'allarme.

    Diciamo che Charlie, dopo la frenesia, riacquisterà lucidità e avvertirà l'attivazione dell'allarme.
     
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    Era immobile. Ma per quanto lo era stato? Sentiva solo l’orrendo suono dell’allarme.
    Come un rocciatore appeso ad uno sperone di roccia per evitare di precipitare, si aggrappò ostinatamente alla propria lucidità applicando uno sforzo di reminiscenza.
    Un frammento era sbiadito. Cercò di rievocarlo, di riportarlo indietro dall’abisso, dal Caos.
    Proprio quella parola “...Caos...” gli venne in mente e in quel momento capì. E ricordò.

    Riusciva a sentire il battito del cuore di Ted. Non quel freddo “bip” metallico del monitor ma il naturale palpitare del piccolo motore, fatto di muscoli, nel suo torace inerme. Ad ogni pulsazione avvertiva lo scorrere del sangue nelle vene fino a sentirlo fluire, caldo e denso, nella propria bocca e raggiungere il corpo animato ma non più vivo.
    C’era qualcosa di strano però. Non era come se lo aspettava. Non quel sapore, non quella sensazione né quel vigore. Non era ciò che lui, turpemente e animosamente, desiderava. Per un attimo il suo viso sembrò travagliato ma quella espressione durò troppo poco per affermarlo con certezza. Indubbio è però la trasformazione che avvenne dopo.
    Un fremito sembrò sconquassare il suo corpo, gli occhi divennero lattescenti e le pupille si contrassero a tal punto da sembrare capocchie di spillo. Un nerbo abnorme, ferale e grottesco prese possesso di Charlie. Riaffondò gli aguzzi canini nelle pelle di quel corpo indifeso, questa volta più energicamente ed iniziò a bere avidamente. Le mani esangue si contorsero quasi fossero degli artigli deformi. Afferrò le braccia di Ted con quegli arti mostruosi, spingendolo a sé per placare l’empia brama di sangue.
    Non bastava. La belva che lo animava non era sazia. Urlava, scalpitava. La Bestia guardava nella parte più profonda dell’animo di Charlie e gli chiedeva di essere finalmente liberata.
    La stretta morsa sulla bracca di Ted si fece più aspra. Gocce di sangue iniziarono a gemere dalle ferite. In maniera convulsa cominciò a scuotere il corpo immobile sul letto, facendolo sobbalzare. Tutto sembrava sussultare: Ted, il materasso, il letto, la stanza. Perfino Charlie sembrava sussultare insieme a tutto il resto.
    Quell'agitazione durò un’eternità, o almeno così sembrò a Charlie adesso che aveva disseppellito quell'interminabile scheggia di tempo, fino a pochi attimi prima perduta nell'oblio della sua mente.

    DIN! DIN! DIN!
    Percepiva quel maledetto allarme. Ma al contrario non avvertiva più, al momento, il suo ospite mostruoso. Egli si era nuovamente assopito. Il suo volto riacquistò le consuete fattezze, le pupille si dilatarono, permettendogli così di comprendere.
    DIN! DIN! DIN!
    E’ il momento di togliere il disturbo. In fretta.

    Edited by J Gatsby - 21/1/2017, 16:04
     
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    2017-01-21 10:42:09 Charlie Miller rolls 3 dice to Degenerazione (Diff 8) 4,1,2 (BOTCH x 1)

    Come si dice, la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo.

    Whenever a character takes an action that the Storyteller decides is morally questionable, the character may suffer degeneration — a permanent loss of Humanity.
    If degeneration is a possibility, the player whose character commits the act should make a Conscience roll for that character.
    The difficulty is 8 — reprehensible acts are hard to justify — though the Storyteller may modify this.
    Willpower may not be spent for an automatic success on this roll — all the ego in the world won’t protect a character from guilt.
    If the player makes the roll with even one success, the character loses no Humanity — he feels enough remorse or somehow manages to justify his transgression.
    If he fails the roll, the character loses a point of Humanity. If the player botches, the character loses a point of both Humanity and Conscience, and also gains a derangement, decided upon by the Storyteller.

    Per quanto riguarda i punteggi di coscienza e umanità, ti aggiornerò la scheda.
    Per l'alienazione invece, e ti segnerò anche quella nella sezione: difetti; il tuo personaggio, memore della leggerezza commessa e del gravissimo peso che essa ha impresso al suo animo ed alla sua coscienza, sviluppa un'alienazione mentale.

    D'ora in avanti, e a discrezione del narratore per quanto riguarda durata e modalità di "cura" dell'alienazione, il tuo personaggio sarà afflitto dal disturbo Ossessivo-compulsivo. Tale disturbo sarà legato alla modalità in cui il tuo personaggio si nutre. Potrai sviluppare in autonomia i comportamenti da attuare per dar sfogo alla tua mania ma d'ora in avanti il tuo pg sentirà il bisogno irrefrenabile di accertarsi nel modo più totale ed assoluto possibile, quando si nutrirà, che tutto sia "a posto" (con riferimento al difetto: Dipendenza), a costo di iniettare nel flusso sanguigno della preda/miscelare nel sangue "estratto" una dose della sostanza da cui è dipendente in maniera tale da essere certo che essa sia contenuta nel sangue che consuma.

    Obsessive-Compulsive
    The trauma, guilt, or inner conflict that causes this derangement forces the individual to focus nearly all of her attention and energy onto a single repetitive behavior or action.
    Obsession relates to an individual’s desire to control her environment — keeping clean, keeping an area quiet and peaceful, or keeping undesirable individuals from an area, for example.
    A compulsion is an action or set of actions that an individual is driven to perform to soothe her anxieties: for example, placing objects in an exact order, or feeding from a mortal in a precise, ritualistic fashion.
    Vampires with an obsessive-compulsive derangement must determine a set of specific actions or behaviors, as described above, and follow them to the exclusion of all else.
    The effects of obsessive-compulsive behavior can be negated for the course of one scene by spending a temporary Willpower point.
    The difficulty of any attempt to coerce or Dominate a vampire into ceasing her behavior is raised by one.
    If a vampire is forcibly prevented from adhering to her derangement, she automatically frenzies.



    Era il momento di togliere il disturbo, anzi, era proprio il momento di sparire con quanta più rapidità possibile le sue gambe fossero state in grado di portarlo via da quel luogo.

    Eppure... che cosa aveva fatto?

    Dominato da una rabbiosa pazzia sta volta, a differenza che con Pierre, non aveva afferrato la prima cosa che aveva potuto a portata di mano ma aveva piantato nel corpo dello sventurato i propri denti, ormai tramutatisi in vere e proprie zanne.

    Un battito di ciglia. Fu un infinitesimo, una frazione d’attimo e la sua rabbia si svuotò all’esterno. Si scagliò contro di lui per inferirgli ciò che "meritava" e mentre gli infliggeva il mortale colpo, si rivide pugnalare Pierre.
    Lo "pugnalò" dieci, cento, mille volte. L’aveva ucciso, di nuovo, ancora e ancora.
    Un altro battito di ciglia e, finalmente realizzando coscientemente l'orrore commesso si ritrovò a terra, in ginocchio, le guance rigate da un rosso pianto muto.

    L'origine dell'allarme si rivelò provenire dalla strumentazione che monitorava le condizioni fisiche del povero Ted.
    Ormai pressione sanguigna e battito erano a zero, l'allarme suonava chiamando a gran voce l'intervento del personale medico di servizio sovrastando il "bip" continuo ed ininterrotto degli elettrodi che non percepivano più alcuna contrazione cardiaca.

    Aveva ucciso Ted... aveva ucciso, di nuovo, Pierre... ancora una volta, il volto di Pierre.

    Passi pesanti e convulsi, assieme ad imprecazioni e maledizioni di ogni sorta, provenivano dal corridoio. Gli infermieri stavano coprendo rapidamente la distanza che separava la guardiola dove riposavano dalla stanza numero 12.

    Charlie avrebbe reagito? E lo avrebbe fatto in tempo?

    Charlieeeeee.... Ooooooooh Charlie?!? - E poi, eccola, inaspettata. Improvvisa. Una voce tanto familiare quanto passata - Charlie, che fai lì per terra, Charlie?

    Se non ti sbrighi, ti prenderanno. E poi, riesci ad immaginare cosa ti faranno?

    Eheheh..

    E tu, cosa farai, Charlie?
    - Una figura umana, seduta apparentemente senza peso sul corpo esanime di Ted, fissava Charlie. Il suo volto coperto dalle ombre.

    Gatsby? Possibile?
    Ma come? Quando?

    Charlie, mi deludi, Charlie. Non mi riconosci più? - Disse l'uomo, sporgendosi dalle ombre e rivelando il proprio volto. Emaciato, cadaverico, decisamente il volto di un morto. Ma forse non lo era anche Charlie? E quella ferita sul petto... inconfondibile. Il colpo mortale, inferto con un coltello, per mano dello stesso Charlie. No... non Gatsby. Pierre. Quello era Pierre -

    Sbrigati. Arrivano!

    I passi degli infermieri si erano arrestati, erano dietro la porta.
     
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    <<Si...>> disse sommessamente Charlie.
    Si tirò su, lentamente. Le lacrime gli rigavano il viso. Il suo sguardo costantemente inchiodato su Pierre, come se non volesse lasciarlo andar via.
    Devo fare alla svelta. Oltre la porta ci sono quegli stramaledetti!” pensò.
    <<Non temere, Charlie. Ne usciremo insieme>> suggerì l’altro guardandolo dolcemente. Sapeva leggergli dentro: le espressioni, i pensieri, le preoccupazioni. E adesso come non mai, c’era una valida ragione per essere in agitazione. <<Presto!>> gli disse ancora indicandogli la porta.
    Strizzò energicamente gli occhi quasi fosse un cenno di intendimento. Non sentiva più il “bip” del monitor, né l’allarme.

    TUM - TU

    Percepiva qualcosa, come una pulsazione proveniente dal suo interno, quasi fosse il proprio battito cardiaco. O quello di Pierre. O perfino entrambi.
    Charlie si lanciò verso la porta. Non riusciva a correre. I propri movimenti erano lenti, cadenzati, ritardati. Non solo sentiva tale impedimento ma vedeva tutto ciò come una sorta di sfocatura.

    TUM - TU

    Ogni battito scandiva un suo passo. Ancora, e ancora. Charlie riusciva a vedersi, a vedere se stesso mentre avanzava. Sebbene procedesse con estrema lentezza, intorno a sé tutto sembrava essere rallentato. Il dubbio che anche la Terra avesse decelerato nei propri moti di rivoluzione e rotazione lo terrorizzò. Nonostante tutto, conservò la buffa andatura da burattino fino alla meta. Si nascose nello spazio dietro la porta, protetto dall'armadietto sul lato opposto.

    TUM - TU

    Il profondo ticchettio diminuì di velocità e si fece ancor più grave.

    TUM - TU

    Attese.

    TUM - TU

    Lanciò uno sguardo a Pierre, egli ricambiò con un sorriso risoluto e si nascose a sua volta.
    Facendo appello a tutta la propria risolutezza, Charlie richiamò a se il potere del sangue affinché celasse il suo essere. Aveva avuto giusto il tempo di espletare le proprie capacità soprannaturali quando la porta si aprì di scatto.

    Due infermieri varcarono la soglia della stanza numero 12 ma arrestarono i loro passi scorgendo quel raccapricciante spettacolo, celebrato solamente dalla monotonia dell’allarme.
    Uno dei due indietreggiò di qualche metro, si portò nuovamente all'entrata. Appoggiandosi alla parte laterale del telaio della porta con una mano, iniziò a vomitare convulsamente.
    <<Chiama gli...sblurrgh...altri...sblurrgh...qui è...sblurrgh...un porcile!>> disse all'altro tra un conato ed il successivo. <<Ho detto muoviti! Coglione...sblurrgh...>>
    Gli occhi bovini dell’altro infermiere, ancora immobile per lo shock, si animarono improvvisamente. Uscì dalla stanza e corse fuori.
    Charlie era riuscito a vedere tutto attraverso la fessura tra la porta e l’infisso.
    Guardò Pierre e si compresero immediatamente. Era il momento di levare le tende.

    Attivo Oscurazione 2: Presenza Inosservata. Dopodiché esco dalla stanza.


    Edited by J Gatsby - 22/1/2017, 16:33
     
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    Mentre il corpulento infermiere dagli occhi bovini si avviava, svelto per quanto possibile a causa del passo claudicante, verso la guardiola per avvisare gli altri; l'altro restava indietro, tentando di ricomporsi dagli ultimi conati di vomito.

    Il macabro spettacolo che si parò dinnanzi agli occhi dei due addetti sanitari, del resto, era a dir poco raccapricciante.
    La bestia di Charlie, completamente sazia e piena di vitae fino "agli occhi", aveva giocato con la propria preda facendone scempio.
    Schizzi di sangue erano finiti in ogni dove, inzuppando lenzuola e materasso, coprendo il cadavere del povero malcapitato, raggiungendo pavimento e mura della stanza adornandola di un rosso vivo ed intenso che avrebbe richiesto più del semplice olio di gomito per essere raschiato via dalle pareti.

    La porta era aperta e l'infermiere rimasto, ancora piegato sulle ginocchia, tentava di calmarsi e tornare a respirare in modo regolare.

    Il lunatico avrebbe avuto a disposizione non più di una manciata di secondi per abbandonare quella stanza e, di certo, non avrebbe perso quell'occasione.

    2017-01-23 08:08:07 Charlie Miller rolls 6 dice to Presenza Inosservata 2,9,2,10,1, 3 [1 success]

    Normalmente non richiederebbe un tiro a meno di situazioni particolari in cui il vampiro arrischi di far scoprire la propria presenza.
    E cito:

    CITAZIONE
    ...Il Narratore deve richiedere un tiro di Prontezza+Furtività, in qualsiasi circostanza possa far scoprire la sua presenza.
    La difficoltà del tiro dipende dalla situazione...

    Pertanto, vista la situazione convulsa ed i rischi ad essa connessi, come pure il fatto che di certo gli infermieri e gli addetti alla sicurezza cercheranno di capire chi o cosa abbia combinato quel bordello, mi sembrava doveroso effettuare il tiro.


    Charlie riuscì ad uscire senza cadere in errore. Sfiorò la porta mentre usciva dal proprio nascondiglio fra la stessa e l'armadietto senza urtarla per pochissimo, la fortuna era dalla sua o il diavolo gli guardava le spalle. Quale che fosse la verità, poco importava, ora era sul corridoio ed avrebbe dovuto muoversi rapidamente.

    Tornare nella direzione da cui era venuto era fuori discussione, gli infermieri già uscivano dalla guardiola e presto avrebbero occupato interamente lo spazio del corridoio che li separava dalla stanza di Ted.

    Guardando dall'altra parte, il corridoio proseguiva aprendosi ad un incrocio a T rovesciata con un altro corridoio sulla sinistra. Avrebbe potuto decidere se svoltare o se continuare lungo lo stesso corridoio nel quale si trovava. Se fosse rimasto su questo avrebbe proseguito per qualche decina di metri fino a raggiungere una svolta obbligata a destra, in fondo al corridoio stesso.
     
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    Avanzava attraverso le ombre del corridoio. Portarsi il più lontano possibile da quel luogo, adesso, era l’unica cosa saggia da fare.

    Quel luogo pericoloso per la propria sopravvivenza. Ripugnante per la propria coscienza.
    Sebbene Charlie cercasse di rifuggirlo, quel luogo era stato anche appagante, almeno per quella sua parte oscura ed ignobile che, al momento, giaceva assopita. La sua vera natura era però sempre lì, in attesa. Poteva sentirla. Non sapeva quando la Bestia sarebbe tornata dal fondo della polla ma era certo che avrebbe sfoderato nuovamente i suoi mortali artigli.

    Un passo. Poi l’altro e ancora: uno dopo l’altro. Allontanarsi a tutti i costi dalla stanza dell’infamia.
    Charlie scivolava da un’oscurità all'altra, lasciando che una proiezione di tenebra a lui prossima lo ingoiasse per risputarlo ad una più remota. Non aveva osato voltarsi indietro a vedere l’affannarsi degli infermieri.
    Nel frattempo Pierre lo seguiva diligentemente: ogni movimento del suo incedere avveniva all'unisono con quello di Charlie, come se i due si muovessero in maniera coordinata e contemporanea.

    Proseguendo verso l’intersezione dei corridoi, Charlie si sforzò di ricordare cosa vi fosse nelle due direzioni.
    Allora...in fondo a destra dovrebbe esserci il magazzino. Vicolo cieco...A sinistra invece c’è la parte centrale dell’edificio” pensò titubante. “Si, deve essere così...
    Si fermò al centro dell’incrocio, come se stesse compiendo una scelta. La sua espressione palpitante mutò all'improvviso: il volto acquistò i segni di una tensione assorta, concentrata. In quell'istante chiuse gli occhi.
    Attiva Auspex 1: Sensi amplificati. Vorrei evitare di andare in una direzione dove c'è gente o cmq casino.

    Li riaprì: sembravano trasudare sangue. Tutto intorno a lui pareva aver acquisito densità. I movimenti si fecero più cadenzati ma emanavano una strana consapevolezza. Si tese verso sinistra.
    <<Per di qua, Pierre>> bisbigliò Charlie prendendo quella via.

    Proseguirono.
    Un altro corridoio davanti a loro: sembrava però non avere pareti, né margini a delinearlo, come se si perdesse nell'ingorda pancia della notte. Charlie iniziò ad avere uno strano presentimento, quasi fosse una paura fanciullesca che ritornava a tormentarlo. Però non riusciva ancora a mettere a fuoco.

    KRAKKLE!

    Uno squarcio incandescente divise il cielo a metà. La luce inondò ogni cosa. E lui vide quelle enormi vetrate.
    Fu un attimo, poi l’oscurità si impose nuovamente e quasi con più forza di prima.

    Le due pareti salivano verso l’alto e si incontravano culminando in una volta. Ogni parte di essa era composta da grandi finestre che davano all’esterno.
    La sua mente fece un balzo indietro, andando al periodo in cui era stato ospite obbligato del centro.
    <<La serra>>: quello il nome che gli aveva dato. Di giorno era il lasciapassare verso la vegetazione che incorniciava la struttura, la porta verso la libertà, la felicità.
    Di notte invece era motivo di terrore per lui: temeva che le creature delle tenebre potessero fargli del male, credeva che l’oscurità potesse inghiottirlo per sempre. Questo era il motivo per cui aveva evitavo sempre quel passaggio.
    Adesso però non poteva tornare indietro.

    <<Di cosa hai paura, Charlie?>>
    <<Dei mostri della notte>> rispose.
    Pierre sorrise <<Non devi temere alcunché>> e rivolgendogli lo sguardo più amorevole che potette <<Adesso i mostri della notte siamo noi...>>
     
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    2017-01-25 01:43:09 Charlie Miller rolls 5 dice to Percez+Sesto senso (Diff 4) 4,7,2,4,6 [4 successes]

    ALl'interno del centro d'igiene mentale e tutt'attorno alla struttura Charlie sapeva che si trovavano le telecamere.
    Il sistema di videosorveglianza che vigilava sulla struttura, con i suoi occhi meccanici, registrava tutto.

    Forse i poteri del sangue di Charlie potevano nasconderlo alla vista degli uomini, forse anche alla vista di colui che stava dall'altra parte dello schermo questa notte. Ma domani? Quando avessero controllato le registrazioni, lo avrebbero visto?


    Che Charlie e Pierre fossero diventati davvero mostri a loro volta, ciò non toglieva che i tanto temuti mostri della notte di Charlie non potessero esistere e ghermirlo, trascinandolo nell'oscurità.

    Quell'ampio spazio, contornato di vetrate, che si perdeva nel buio era molto più di una semplice "serra". Molto più, per Charlie, della semplice anticamera di un padiglione all'interno della clinica.

    Era una voragine che dava sul vuoto, sul nero abisso.

    I rami delle piante, di notte, si trasformavano in lunghe ed ossute appendici acuminate dotate di volontà propria.
    I loro artigli affilati, pronti a ghermire qualsiasi sprovveduto si fosse provato ad avventurare fra le loro estremità, già si protendevano pronti ad afferrare Charlie e divorarlo.

    Tutti quegli alberi, tutte quelle piante, di notte si trasformavano in qualcos'altro. E Charlie, Charlie lo sapeva.
    Magari tutti gli altri non se ne rendevano conto, magari davvero erano ciechi.
    Ma forse fingevano e basta. Forse, credevano, fingere di essere ciechi e non vedere li avrebbe tenuti al sicuro da quelle mostruosità.
    O forse avevano ragione, forse i mostri della notte si nutrivano di terrore e Charlie, a differenza degli altri, non era abbastanza forte e coraggioso o abbastanza risoluto da affrontarli.

    Eppure Charlie, confortato da Pierre, iniziò a muovere i primi passi all'interno di quell'orribile anfratto.

    Non appena si inoltrò di qualche metro, l'oscurità lo inghiottì.
    Restava solo il buio alle sue spalle e la tetra oscurità davanti.

    Piccoli occhi rossi cominciarono ad accendersi tutt'attorno a Charlie. Dapprima, non appena il lunatico si voltasse, non vedeva altro che tenebre.
    Ma quando tornava a guardare avanti poteva vederli. Con la coda dell'occhio, ai margini del suo campo visivo, lo osservavano, studiavano, pronti a trascinarlo nelle tenebre con loro.

    Quegli esseri si facevano sempre più audaci, sempre più vicini.

    Charlie si voltò di scatto, sentendosi afferrare per la spalla da una gelida e ossuta mano. Quando vide cos'era, quelle fredde dita già si erano tramutate nell'appendice di un ramo. Ma Charlie sapeva che, non appena fosse tornato a voltarsi, il ramo sarebbe tornato nuovamente ad essere una mano, si sarebbe nuovamente proteso verso di lui e stavolta non gli avrebbe concesso di sfuggire.

    Quell'oscuro tunnel di tenebra stava per inghiottirlo, non gli avrebbe lasciato scampo. Nessuno scampo. Ogni passo era un passo nel vuoto, totalmente cieco nonostante i sensi amplificati.

    Perfino la presenza di Pierre, al suo fianco, sembrava svanita. Al suo posto un'ombra, di forma umanoide, seguiva l'eco dei passi di Charlie. Quando Charlie camminava, l'ombra camminava. Quando Charlie si fermava, l'ombra si fermava. Quando Charlie si voltava per osservarla, al suo posto il nulla. Ma quando tornava a camminare ecco, di nuovo, passi alle sue spalle.
    Sempre più vicini. Sempre più vicini.

    Oltre alla sensazione di essere osservato, seguito, braccato, ora Charlie poteva giurare di avvertire perfino il gelido fiato dell'ombra alle sue spalle.

    Non poteva continuare, non così. Lo avrebbero preso. Catturato. Torturato. Divorato.
    Non sarebbe mai riuscito a raggiungere l'entrata. Non per quella strada. Non indenne, di sicuro. Ma molto più probabilmente non sarebbe proprio mai riuscito a raggiungere il cancello. Non da lì.

    Avrebbe potuto provare a correre, disperato ed alla cieca, nella speranza di seminare i propri inseguitori o quantomeno di riuscire a sfuggire alle loro grinfie.

    O avrebbe potuto tornare indietro e cercare una nuova strada...

    Doveva prendere una decisione, doveva pensare in fretta. Ed avrebbe dovuto agire, ancora più in fretta, se voleva avere una speranza.
     
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    La soluzione più semplice, in quella situazione, sarebbe stata quella di mettersi a correre, più velocemente possibile e senza mai voltarsi, verso l’uscita e una volta fuori continuare a correre fino a che non fosse finita.
    Ma sarebbe mai davvero finita? Charlie sapeva che, in questa maniera, avrebbe continuato a correre notte dopo notte.
    Non voleva continuare, non così. E se lo avessero preso, catturato, torturato o divorato, lui avrebbe saputo cosa fare.
    No...” il volto di Charlie si incupì “...ho deciso anni fa di non voler più essere cieco...e non cambierò idea adesso.
    Continuava a sentire quelle presenze intorno a sé: leggeri fruscii di passi mossi nell’erba, scricchiolii dei rami calpestati, l’oppressione dell’ombra incalzante, l’ansimante respiro sul proprio collo.
    Ad un tratto si sentì nuovamente afferrato per la spalla. Poi un’altra mano gli afferrò una caviglia, poi l’altra. Una specie di tentacolo gli si avvinghiò attorno alla vita, iniziando a stringere progressivamente. L’ultima cosa che vide fu una grossa mano che si portava verso il suo viso come se volesse stritolargli la testa.

    Davanti a se aveva una grande porta di legno con un pomello arrotondato. Afferrò l’impugnatura della porta: era gelida, tanto gelida da agghiacciargli il sangue. Aprì la porta e guardò dentro ma vide solo un fittissimo muro di fumo impenetrabile. Attese che quella densa nebbia si diradasse.
    Ciò che vide lo turbò: un enorme dragone, con milioni di scaglie scarlatte e lucenti, stava riposando. Dominava un’atmosfera di quiete e di immortalità. Charlie sentiva qualcosa di stranamente familiare in tutto questo. Voleva osservarlo bene, era la prima volta che vedeva una meraviglia simile. Gli girò intorno: si mantenne distante dalla lunga coda che si agitava lentamente e si fermò davanti alla testa di quella creatura.
    Voglio guardati negli occhi...
    E come se l’avesse sentito, la creatura li aprì.
    I due si fissarono a lungo e ognuno cercò di sprofondare nell’abisso dell’altro. All’improvviso il dragone si tirò sulle zampe, aprì le enormi fauci ed emise un grido assordante.

    Charlie vide quella mano allontanarsi dal suo viso. Stava tremando mentre si ritraeva.
    Gli occhi del cainita erano iniettati di sangue e brillavano nella notte. Si voltò lentamente a guardare cosa ancora lo avvinghiasse. Vide solo rami avvizziti distanti dal suo corpo morto. Niente lo forzava, niente lo costringeva. Si diede uno sguardo intorno: solo vento, piante, alberi e le loro innocue ombre.
    Piccoli occhi rossi ritornarono verso “la serra”: erano i suoi.
    Rientrò silenziosamente nella struttura, facendo attenzione a non essere visto da occhio umano o meccanico che fosse.
    <<Adesso cerchiamo di risolvere ogni cosa>> disse sommessamente a Pierre.
    <<Si, Charlie. Ti seguo>> rispose.

    Cerco di riflettere su una cosa: finora sono riuscito a non farmi vedere dalla telecamere o qualcuna mi ha già "beccato"?
    Se così fosse, cerco di ricordare dove sta la stanza delle registrazione e mi dirigo lì
     
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    2017-01-27 10:41:45 Charlie Miller rolls 2 dice to Memoria 8,6 [2 successes]

    Sei abbastanza sicuro che qualche telecamera possa averti ripreso, sebbene di sfuggita. L'unico dilemma è che non sai se possa essere stata immortalata la tua faccia o meno.


    Pensi anche tu quello che penso io, vero Charlie? - I due si scambiarono un cenno d'intesa, prima che Pierre proseguisse - La prima stanza a destra dopo la seconda rampa di scale del reparto A, presto! - Mentre si dirigevano, quanto più rapidamente possibile, verso la sala monitor della video-sorveglianza Charli intravide, parcheggiata sul piazzale del giardino antistante l'ingresso, la macchina nera vista entrare in precedenza ed al contempo notò luce fuoriuscire dalle finestre dell'ufficio del direttore sanitario. C'era qualcuno lì, nonostante l'ora tarda. La curiosità premeva per ricevere risposte ma la necessità imponeva di raggiungere la sala delle registrazioni.

    2017-01-27 10:58:15 Charlie Miller rolls 6 dice to 6,1,7,6,10, 5 [3 successes]


    Attraversò corridoi e salì rampe di scale, facendo un giro più lungo ed articolato del necessario per evitare di essere visto da altre telecamere e, quanto proprio non potè fare a meno di essere inquadrato, si premurò di nascondere il proprio volto alla vista delle apparecchiature di sicurezza.

    Giunto in prossimità della saletta di video-sorveglianza Charlie potè udire una voce al suo interno.
    La sala non era vuota e il vigilante di turno era sveglio. Bè, c'era da aspettarselo. Con tutto il trambusto che aveva causato era stato svegliato di sicuro.

    Affacciandosi alla finestrella sulla porta Charlie potè scorgere Edwin, il viscido e sadico sorvegliante notturno.
    Edwin era "merce avariata". Conosciuto da tutti i matti della struttura per il suo pessimo carattere e per i suoi vizi.

    La notte, di tanto in tanto, soleva farsi un giro nelle stanze di isolamento dove venivano posti i pazienti più problematici o che avevano dato in escandescenze durante il giorno e soleva divertirsi a picchiarli o... peggio.
    Che fossero uomini o donne poco gli importava, e se erano legati al letto... bè, era anche meglio -

    Quel lurido figlio di... - S'interruppe Charlie, mordendosi la lingua e serrando i denti per non terminare la propria imprecazione ad alta voce -

    - Il puzzo nella stanza era ammorbante, l'odore di sudore pungente fin quasi al vomito.
    Capelli unti, pelle grassa, scarsa igiene ed una fila di denti marci da... bè lasciamo stare.
    Il viscido ometto si affannava alla radio, sbraitando con gli infermieri mentre passava da uno schermo all'altro come un insetto impazzito che si affanni ad uscire da una vetrata, sbattendo ripetutamente senza capire il perchè -

    Non hai punteggi in informatica nè in tecnologie tali da sapere come cancellare le registrazioni, eliminare i filmati o spegnere le telecamere.
     
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    Dobbiamo fargliela pagare, questa notte. Per me e per tutti gli altri ospiti passati disse Charlie mentre sorrideva malignamente.

    Edwin approfittava di tutti i malati del centro, il personale sanitario ignorava il problema o faceva finta di non vedere. Nessuno lo avvicinava più di tanto, sia per la presenza laida che emanava sia per i modi di fare compiacenti e palesemente subdoli. Non correva però il rischio che gli amministratori del centro lo licenziassero poiché quel posto da guardiano notturno, in una struttura che ospita solo matti e drogati, non era l’ambizione di nessuno. Solo un rifiuto umano come Edwin poteva sentirsi appagato da quel lavoro e, col passare del tempo, aveva anche trovato un suo personale e perverso modo per trarne diletto.

    Cosa hai in mente, Charlie?
    Penso di aver trovato un modo... fece una pausa durante la quale vagliò la strategia nella sua mente e le conseguenze di essa. Dopo qualche manciata di secondi continuò Quel ciccione passa la notte a dormire ma quando non dorme beve. Guarda là... e indicò un paio di bottiglie di birra posta a lato del pannello dei comandi.
    Laggiù ce ne sono altre. E sembra contengano roba più pesante osservò Pierre.
    Si, esattamente. Qualche volta è anche capitato che fosse talmente ubriaco da non reggersi in piedi.
    Pensi sia ubriaco adesso? chiese a Charlie.
    Di certo non è sobrio ma non è questo il punto. Bevendo di continuo, Edwin va nel bagno qui accanto a svuotarsi costantemente. Lo tramortiremo, potendo così controllare le registrazione e vedere il da farsi
    Buona idea! Potremmo anche fargli imparare un’importante lezione: i vizi rovinano le persone
    Cioè? domandò interessato Charlie.
    La tecnologia non va d’accordo coi liquidi. Sai che spettacolo di luci versando della birra sui comandi?
    I due si sorrisero vicendevolmente e si prepararono all’azione.


    Il piano sarebbe il seguente: ci si procura un oggetto contundente per tramortire Edwin (che possa essere una vaso di fiori o un estintore presi in corridoio, oppure una sedia o qualsiasi altra cosa presa nelle stanze adiacenti dei pazienti).
    Quando Ewind va in bagno, lo si tramortisce sperando anche di farlo sbattere contro il muro (per far credere che fosse totalmente ubriaco).
    Ottenuto ciò, vado nella stanza delle registrazioni, e vedo come è organizzato il tutto: se ci sono degli spazi appositi per VHS o CD-ROM, prendo tutto. [se non ci capisco nulla, cerco cmq, se possibile, di danneggiare nastri o qualsiasi cosa penso possa contenere le immagini]. Poi riverso tutto l'alcool possibile sui comandi sperando che vadano in corto o cmq si danneggino.
    Infine, torno da Edwin e gli verso addosso un pò di alcool, per rendere più veritiero il fatto che sia completamente sbronzo.
    Dopodichè, si fila via
     
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