Jean Lafitte - Centro cittadino

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    Un agglomerato urbano nella baia di Barataria, dalla popolazione prevalentemente bianca. Un tempo un villaggio di pescatori filippini che si guadagnavano da vivere con il commercio di gamberi essiccati, è ora un sobborgo residenziale a sud di New Orleans, che prende il nome da un famoso bucaniere che la leggenda dice abbia posto qui il suo covo.
    È ora un'area in depressione, potendo contare solo su poche risorse economiche, oltre al turismo della palude.

    Continua da qui

    Ore 3.15


    Il viaggio a piedi di Aristotele fu tranquillo, quasi noioso. Forse un po'lento a causa della mancanza di luce sull'unica strada che portava dalla zona del suo rifugio verso la civiltà. A quell'ora tarda, soltanto chi voleva scaricare un cadavere nella palude, avrebbe percorso quella strada, e, fortunatamente, non erano comunque personaggi che si incontravano spesso.

    Aristotele attraversò un lungo ponte levatoio, che attraversava il bayou, e si ritrovò finalmente in quello che poteva definirsi il centro cittadino. Il municipio, una scuola elementare, una chiesa cattolica in stile moderno e un distributore di benzina, il tutto circondato da splendidi prati che ogni tanto lasciavano il posto all'acquitrino e alle mangrovie, come misuratissime concessioni a sprazzi di selvaticità. Di tanto in tanto, in questi prati, piccole villette in legno a un piano, spesso dalle fondamenta rialzate, che ancora presentavano evidenti i danni causati dalle inondazioni concomitanti con l'uragano Katrina.

    La notte giocava in favore del Nosferatu. Nessuno era in strada a quell'ora, e regnava il silenzio più assoluto. C'era ancora una manciata di ore prima dell'alba.

    Edited by Alterægo - 31/3/2020, 14:44
     
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    Nonostante il viaggio un po' lento, era soddisfatto. Non aveva incontrato nessuno, nemmeno nell'area urbanizzata, e sembrava proprio che nessuno avesse intenzione di alzarsi dal letto per una passeggiata notturna. La cosa gli faceva molto piacere: tutto voleva tranne che qualcuno chiamasse la polizia perché un campeggiatore girava per la strada nel cuore della notte.

    Guardò le piccole zone verdi nell'abitato, gli ultimi (o i primi, a seconda della direzioni di provenienza) avamposti della palude. Potevano essere degli ottimi nascondigli dove trovare rifugio per la notte; però, vista la calma, voleva provare a cercare prima qualcosa di più asciutto e protetto. Forse c'era qualche casa o edificio che, tra la crisi del 2008 e Katrina, era rimasto poi abbandonato, e poteva offrirgli riparo durante il giorno.
    Aveva il tempo di cercarlo personalmente; si era tenuto quelle ore prima dell'alba apposta. Tuttavia, qualche dritta da parte di un residente locale sarebbe stata utile.
    Gli edifici abbandonati tendono a diventare nidi di topi; un rapace notturno probabilmente avrebbe conosciuto un posto simile, anche in un'area abbastanza ampia.
    Sì, un gufo sarebbe stato un aiutante perfetto nella sua ricerca.

    Allungò al massimo il suo collo, e dilatò il diaframma, mentre serrava circolarmente le labbra, per imitare al meglio il verso del rapace. Prese un lungo respiro, e a intervalli rilasciò l'aria eseguendo un richiamo per un gufo in ascolto.
    uso animalità 2
     
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    Il richiamo del Nosferatu ricevette la risposta di due splendidi gufi di palude, che giunsero lesti in planata.

    gufo_di_palude_e_assiolo_20130411_1004854584

    I topini si raggomitolarono stringendosi tra le pieghe degli abiti di Aristotele, percependo il pericolo dello sguardo dei due rapaci.

    I gialli occhi degli uccelli comunicarono al Nosferatu che ciò che stava cercando, in effetti era disponibile. Numerose "tane di uomini" erano per lo più sgombre, e da quando gli animali erano in vita, non avevano mai visto nessuno stabilirsi in quelle più vicine al limitare della palude, eccetto visite occasionali di esseri umani malati e affamati, e altre specie di "predatori".
     
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    una cosa: ho lasciato tutti i topi nel vecchio rifugio! Big Ham guida il branco, e sebbene sarebbe stata una esperienza formativa per Peaches, Aristotele non vuole metterla in pericolo in un viaggio potenzialmente ad alto rischio! Sunshine, il topo esploratore, poteva cavarsela ed essere utile, ma preferisco rimanga con il branco e con le sue abilità ne garantisca la sopravvivenza mentre non c'é Aristotele.


    Aristotele osservò gli splendidi esemplari che avevano risposto al suo richiamo. Avrebbero di sicuro fatto la gioia di qualsiasi ornitologo. Con entrambe le braccia occupate a sorreggerli, uno per ciascuna, non poteva accarezzarli, per cui si limitò ad allontanare di un po' le braccia dal viso, in modo che i gufi, che non riuscivano a mettere a fuoco bene per i primi centimetri, potessero vederlo comodamente.

    Le loro micropiume che si muovevano, le minuscole torsioni del collo, gli artigli chiusi a sorreggere il corpo sul suo braccio, un'espirazione quasi impercettibile: tutte note di una musica che solo Aristotele poteva sentire, e che suonava, paradossalmente, negli occhi degli animali stessi.

    La strana comunicazione empatica con gli animali gli fornì quello che voleva sapere: c'erano case abbandonate nelle vicinanze.
    A quanto pare, ogni tanto non era l'unico senzatetto a farne uso, ma questo non era per forza un problema. Se gli altri vagabondi non erano ostili, avrebbe anche potuto piazzarsi tra di loro, e avere già a chi chiedere qualche informazione; altrimenti, avrebbe sempre potuto recarsi in un'altra casa.

    Stava per chiedere ai gufi di accompagnarlo a quella più vicina, quando ripensò ai "predatori" percepiti dai gufi.
    Poteva non essere l'unico vampiro ad aver avuto l'idea di nascondersi in zona, e voleva evitare una contesa territoriale.
    E inoltre, aveva appena scoperto che in giro per il bayou c'erano "predatori" ben peggiori di un vampiro eremita.

    Decise così di fare una verifica, e di interrogare i gufi sugli altri "predatori" visti insediarsi nelle case.
    Per sicurezza, chiese anche se avessero visto due specie in particolare: una simile a lui, simile agli umani, ma più fredda, che portava loro insicurezza e fastidio, notturna, e che emanava un istinto predatorio superiore a qualsiasi umano;
    l'altra, sempre simile agli umani, ma che emetteva un'aura predatoria superiore ad ogni altra.
    Una specie, aggiunse Aristotele in ultimo, che a volte appariva come un canide che camminava su due zampe, come un umano.

    Se i gufi avessero confermato di aver visto solo animali, allora con un respiro di sollievo si sarebbe fatto accompagnare alla casa vuota più vicina.

    come scritto, se non ci sono elementi che mi preoccupano, mi faccio accompagnare alla casa più vicina. Altrimenti.. vediamo cosa salta fuori! :)
     
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    I gufi trasmisero alla mente del Nosferatu immagini di pelo arruffato, zanne sbavanti e zampe artigliate. Creature enormi, simili a lupi, ma capaci di alzarsi sulle zampe posteriori, oppure canidi enormi, dall'aspetto ferale e capaci di suscitare nella Bestia del Fratello una sensazione di terrore puro.
    Eppure gli animali non ne erano spaventati. Le bestie non attaccavano la fauna locale, se non per la normale caccia, e mai con malignità. La vera ferocia la riservavano contro gli umani, ma non con tutti. Solo con quelli che "non erano di là".
    Di umani freddi ne avevano visti di passaggio, ma molto raramente.
     
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    Aveva fatto bene a verificare: i suoi sospetti avevano trovato conferma.
    A quanto pareva, quelle creature erano di casa in quella parte della palude; e soffrivano di una certa.. "xenofobia", per così dire.
    Forse era per quello che avevano ucciso i due criminali giù nella palude? Erano "non di là"?
    Certo non sembravano essersi preoccupati che scaricassero cadaveri.
    Chissà a cosa corrispondeva esattamente quel "là" nella mente delle creature lupo.
    Non credeva che i gufi potessero dargli risposta, ma ad Aristotele questo sembrava un comportamento molto umano.

    Pensò alla doppia presenza, di enormi cani massicci insieme ai lupi bipedi. Una specie associata? In realtà, se avesse dovuto dar credito ai miti, probabilmente la stessa: licantropi, creature in grado di manifestare la potenza di un animale. Alcuni si trasformavano direttamente in una versione di quell'animale, altri diventavano ibridi. Ad essere onesto, il termine licantropo specificatamente veniva usato per esseri umani posseduti da uno spirito animale che seppur ne prendessero la forza e la ferocia, non mutavano disumanamente in aspetto.
    Lupi bipedi e giganteschi canidi.. se erano tutti mutaforma, forse erano diversi aspetti assumibili dagli stessi individui?
    Poteva essere.
    Chissà se c'era anche un collegamento con quegli "umani malati ed affamati" che si recavano nelle stesse capanne. Potevano essere i mutaforma prima della trasformazione? Erano in quello stato per ragioni legate alla trasformazione, come un "uomo-lupo" dei film horror, o erano semplicemente in situazione di disagio nella loro vita umana?
    O forse si trattava solo di poveri disgraziati che trovavano rifugio ai margini della società, dove, come Aristotele sapeva bene, vivevano mostri.

    La questione non era puramente accademica, in realtà. Avrebbe avuto piacere ad incontrare qualche senzatetto per chiedere se aveva qualche informazione sulla Città dei Topi, ma non voleva certo finire invece nella proverbiale bocca del leone.

    Con quelle creature in giro, non lo stupiva che nessun vampiro si fosse stabilito lì.

    Il fatto che ve ne fossero stati di passaggio, però, certificava che era possibile attraversare queste zone senza automaticamente scontrarsi con le creature. Certo, non sapeva i dettagli, se ci fosse una regola, o se semplicemente la zona non veniva pattugliata 24/7, o altro. Però sperava che tenendo un profilo basso e facendosi i fatti suoi sarebbe riuscito a non farsi individuare e attraversare la zona.

    Se i lupoidi si incontravano nelle case più vicino alla palude, quelle più "centrali" forse erano rifugi sgombri.

    Guardò i gufi negli occhi, dilatò le pupille e "respirò" pesantemente seguendo un ritmo specifico.

    Guidatemi ad una tana abbandonata dove NON si ritrovano i "predatori".

    Chiese gentilmente alla coppia di gufi.

    La più lontana da quelle dove si ritrovano i "predatori".

    Aggiunse subito dopo.

    Possibilmente non in quella direzione.

    Disse indicando la direzione Sud da cui era venuto.
    Tanto valeva andare avanti, piuttosto che indietro.
    Prima di lasciare andare i gufi, però, si fermò di colpo, e aggiunse con aria di urgenza:

    Se vi accorgete di un "predatore" che si sta avvicinando, me lo segnalate?
    Lasciò passare una buona dose della sua paura per sottolineare l'importanza della cosa.
    Non voglio incontrarli.
     
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    Fu quasi come se i due rapaci si scambiassero uno sguardo, per poi zampettare verso Aristotele e rispondergli.
    Gli fecero capire che per loro non si trattava certo di un compito facile, e senza svantaggi. Sarebbe significato limitare di molto la loro area di caccia, e rischiare di non trovare il cibo che gli occorreva quella notte.
     
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    Naturalmente, annuì il Nosferatu.
    Si ricambia sempre con qualcosa il favore ricevuto.
    Ripeté la regola che gli aveva insegnato Shoni anni prima, e che aveva rievocato giusto un'ora fa.

    Pensava di dargli qualcosa una volta arrivati a destinazione, ma evidentemente i due gufi non avevano ancora mangiato per quella notte.

    Era un bravo cacciatore, gli spiegò, e avrebbe condiviso volentieri con loro la sua preda.
    Bastava che lo tenessero d'occhio da quegli alberi, e lui avrebbe trovato del cibo qui in zona.
    Quando avesse alzato il braccio in verticale, a fianco a lui ci sarebbero state delle prede su cui scendere in picchiata.

    Aveva notato che bastava imboccare una traversa qualsiasi della strada principale, Jean Lafitte Boulevard, perché le vie presentassero da un lato una sorta di piccolo fosso o grossa canaletta di scolo, probabilmente per gestire i frequenti allagamenti.
    Queste traverse si dirigevano verso l'acqua dei grossi canali del bayou, più o meno vicini, e erano probabilmente un'ottima "autostrada protetta" per i roditori, nascondendoli alla vista dei rapaci.
    Aristotele avrebbe scommesso che se avesse eseguito un richiamo in uno di quei punti, dei topi non sarebbero tardati a presentarsi.

    Così si sistemò un centinaio di metri più in là, in un punto dove il piccolo fosso passava vicino ad alcuni cespugli e bidoni, non lontano da una zona vuota che conteneva container (un sacco di posti dove gironzolare e nascondersi, per dei roditori)
    e si stese quasi al suo interno.
    Con la faccia accarezzata dall'erba umida e dalle piccole canne, eseguì un paio di volte il richiamo della nutria; la prima a testa un po' più alta, per far scivolare il suono sul terreno, la seconda un po' più bassa, per incanalarlo dentro il fosso e la canaletta.

    ho preso ad esempio treasure street su maps, e un po' del generale delle altre traverse.
    Uso animalità 2, e se arrivano dei topi, li imbottisco di ondate di calma ed empatia, li porto allo scoperto delicatamente se sono in copertura dai gufi, e alzo il braccio.
     
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    Ok per questa volta. Non dare però per scontate le descrizioni dei luoghi. Prenderle dalla realtà, sicuramente aiuta ad avere un'idea dell'ambiente, ma le sue caratteristiche effettive sono comunque al servizio del gioco e della narrazione.


    2018-04-06 10:41:45 Aristotele rolls 7 dice to 7,8,10,9,7, 2,4 [5 successes]


    Il verso di Aristotele fu così convincente che ingannò perfino i due gufi, che l'avevano seguito restando a volare in cerchio qualche metro sopra la sua testa.
    Di lì a poco, si sollevò una forte puzza di fogna. Da tutti i lati, una ventina di roditori sporchi si radunarono zampettando attorno al Nosferatu.
    I rapaci non potevano credere ai loro occhi, e non attesero un attimo prima di gettarsi, tramortendo una nutria a testa, con il proprio corpo lanciato ad altissima velocità. Gli altri roditori entrarono immediatamente in panico, e fuggirono immediatamente, facendo un gran baccano di squittii terrorizzati, lasciando i loro compagni a venire dilaniati dai becchi adunchi dei gufi.

    Animalità 1 per calmare gli animali, puoi usarlo su un animale per volta.
    Un consiglio per Animalità2: specifica quanti animali vuoi attrarre, altrimenti rischi che per richiami più rumorosi, che raggiungono una distanza maggiore,di venire sommerso dalle bestie.
     
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    Per la descrizione: Ok, lo trngo presente. Avevo pensato di metterla in spoiler pasciando a te l'ultima parola, ma poi sono caduto nella tentazione di fare il post più narrativo. Ti chiedo scusa.
    Per animalità 1: hai ragione, é che pensavo di richiamare due o tre topi, quindi sarebbe stato facile farlo su uno alla volta in successione. Ammetto però che dal mio spoiler forse sembrava più lo pensassi ad area, devo scrivere più chiaro.
    Per animalità 2: Ti ringrazio; pensa che era un mio dubbio, l'avevo giusto verificato qualche tempo fa, e stavolta che invece serviva ovviamente me ne sono dimenticato.

    scusa l'attesa. Imprevisti e malattia; ora dovrei esserci


    Forse per l'eccessivo desiderio di riuscire nella caccia, o per uno scherzo della Bestia nascosta nelle profondità del suo animo, Aristotele esagerò con il suo richiamo. Sarebbe bastato porsi un freno, e invece lasciò fluire liberamente la sua frustrazione in istinto animale. .
    Inizialmente sorpreso del risultato, non poté far altro che accettare quanto era avvenuto.

    Almeno i gufi gli sarebbero stati grati, sperava.

    A questo punto, l'unica cosa che poteva fare era aspettare che i gufi mangiassero, pronto a ricordar loro che dovevano portarlo al sicuro. Ci mancava solo che dopo la scorpacciata diventassero sonnolenti e si dimenticassero di lui.
    Mentre aspettava, circospetto, rimase all'erta nel caso il suo exploit esibizionista e le sue conseguenze avessero attirato l'attenzione di qualcuno.
     
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    Fortunatamente, l'area era isolata, al di fuori dal centro abitato, e il baccano causato dagli animali non attirò l'attenzione degli abitanti.
    Terminato il banchetto, i due rapaci si levarono in volo, con le piume arruffate e insanguinate. Fecero un paio di giri sopra la testa del Vampiro, come per invitarlo a seguirli, e quindi partirono verso sud.
    Aristotele dovette seguirli per almeno 3 chilometri, allontanandosi dal centro cittadino, prima che la coppia di gufi si posasse sul tetto di un vecchio porticciolo turistico abbandonato, circondato solo dalla vegetazione palustre.
    Aristotele poteva cercare rifugio all'interno dell'edificio principale, sperando di trovare magari una stanza chiusa, che fosse un magazzino o uno sgabuzzino, da mettere in sicurezza. Poteva anche provare a rifugiarsi sotto lo scafo di qualche barca, oppure cercare rifugio sotto il fango del bayou.
     
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    Aristotele guardò con attenzione la baracca a cui i gufi l'avevano condotto. Raggiungerla era stata una buona camminata, quindi sperava fosse effetivamente sicura per trascorrere il giorno.
    Nel caso, avrebbe sempre potuto improvvisare qualcosa con le umide barche o la palude: non era certo schizzinoso, lui, e aveva abbracciato le stranezze che il suo corpo morto gli consentiva (come passare la giornata sotto un metro di fango spesso) come una forma di ricongiungimento con la natura, da cui il suo lato umano si era allontanato.
    Però, non per questo aveva senso sprecare la possibilità di dormire sotto un vero tetto: anzi, disprezzare così i doni della Provvidenza sarebbe stato un peccato.

    Diede un cenno di ringraziamento ai gufi (chissà se se ne sarebbero andati o sarebbero rimasti ancora un po' con lui, incuriositi da quella strana creatura?) e iniziò un rapido giro investigativo attorno al piccolo edificio.

    Voleva verificarne le condizioni esterne (non ultime quelle strutturali: amche solo un'asse mancante poteva significare lo sgradito ingresso dei raggi solari) ed eventuali punti di interesse, e cercare un buon punto per entrare.
     
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    La casupola era fatta per lo più di lamiera arrugginita, crivellata in più punti non solo dei buchi causati dalla ruggine, ma anche dall'hobby del tiro a segno dei locali. Entrare non fu un problema, visto che la porta era stata scardinata ormai da molti anni.
    L'interno era composto da un piccolo stanzino di ingresso, che doveva aver avuto la funzione di reception e sala d'attesa, visto il divanetto da due posti sfondato e ricoperto di muffa che ancora resisteva in un angolo. Di lì si accedeva a quello che un tempo era l'ufficio. Una scrivania di legno gonfio ancora ospitava un vecchio computer irrecuperabile, e uno schedario giaceva aperto a terra, i documenti ormai un illeggibile ammasso di poltiglia e marciume.
    Di lì, la porta ancora su suoi cardini a uno stanzino minuscolo, senza finestre, che era stato adibito a sgabuzzino per gli strumenti di pulizia.
    All'esterno, accanto al molo per le barche, c'era un altro piccolo edificio, in condizioni non troppo dissimili dal primo, ma chiuso da un grosso lucchetto. Con tutta probabilità era l'officina, o comunque un capanno degli attrezzi.
     
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    Dalla condizione in cui si trovava, c'erano pochi dubbi sul fatto che l'ufficio non fosse più in uso. Il computer, lo schedario e la credenza lasciati lì a rovinarsi testimoniavano il disinteresse per lo stato di quel luogo. Anzi, a giudicare dai fori di proiettile, a chi lo conosceva andava bene così.
    L'ufficio era esposto, ma il piccolo sgabuzzino delle scope sembrava un buon posto dove rifugiarsi per il giorno.
    Il capanno degli attrezzi invece lo lasciava un po' più dubbioso. Il fatto che fosse chiuso da un lucchetto poteva voler dire che, a differenza dell'ufficio, qualcuno teneva ancora al suo contenuto, e sarebbe potuto venirlo a controllare.

    Il Nosferatu decise di verificare l'utilizzabilità dello sgabuzzino. Controllò se le lamiere che facevano da parete presentavano dei fori di proiettile e delle aperture come quelle dell'ufficio, e se il sole avrebbe sbattuto contro la porta; se la porta lasciava degli spiragli, in alto o in basso, che avrebbero potuto far passare pericolose lame di luce, e soprattutto, (dettaglio non trascurabile) se si chiudeva.

    Fatto tutto questo, voleva andare a dare un'occhiata rapida al capanno degli attrezzi. A meno che lo sgabuzzino non lo avesse tradito, non era interessato a forzarlo per andarci a dormire; ma se doveva riposare in quel luogo, voleva avere un minimo di conoscenza di ciò che aveva vicino. Avrebbe dato un'occhiata al lucchetto e al suo grado d'uso, se fosse stato possibile capirlo, e controllato l'eventuale presenza di qualche segno che ne indicassero meglio l'effettivo contenuto o la frequenza d'uso, se possibile.

    Luoghi come i piccoli capanni abbandonati erano considerati un ottimo nascondiglio per la merce non legalmente presentabile da una gran varietà di individui poco raccomandabili, come aveva imparato lungo il Rio delle Amazzoni; e preferiva evitare di calpestare un vespaio se possibile.

    Non che avesse molta scelta: si era fatto abbastanza tardi ormai.
     
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    A occhio, lo sgabuzzino sembrava a posto. La porta non si chiudeva più, essendo il chiavistello ormai saltato, ma Aristotele avrebbe potuto certamente trovare qualche elemento come travi, pezzi di mobili, o lo stesso schedario, per poter bloccare la porta dall'interno.
    Il lucchetto del capanno degli attrezzi era grosso e pesante, ma evidentemente arrugginito, e se il chiavistello si fosse potuto ancora girare, sarebbe stato sorprendente.
     
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