Cappella della Famiglia Conigsby

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    Entrarono dentro i confini del cimitero, e proseguirono il cammino lungo un viale contornato da due linee di cipressi, la flebile luce della luna ne proiettava i profili sul selciato contribuendo a diffondere un'atmosfera tremendamente lugubre.

    Mi permetto di proporvi una suggestione musicale:


    La bara con dentro quella strana, esile, figura, sebbene leggera in termini relativi, pesava abbastanza da rendere il tragitto scomodo.

    Presto furono di fronte ad una cappella di famiglia che aveva una facciata evidentemente restaurata da meno di una decina d'anni che richiamava vagamente le proporzioni di un tempio classico greco-romano, il frontespizio in marmo sull'architrava riportava un iscrizione in caratteri latini: Conigsby.

    Axelle prese il suo solito mazzo di chiavi e aprì il cancello che non emise alcun suono stridulo.

    Penetrarono al suo interno, ritrovandosi effettivamente in una sala funeraria con svariate tombe in marmo alle pareti corredate da nomi e fotografie della famiglia Conigsby e di una manciata di altre figure che sfoggiavano cognomi diversi, probabilmente erano dei coniugi o parenti satellitari. Curiosamente i lumini c'erano, ma erano tutti spenti.

    Axelle chiuse la porta alle sue spalle e fece qualche passo e facendo poi scorrere una pesante botola di marmo rivelando una ricca scalinata in marmo che scendeva sottoterra; disse loro di proseguire, e quando fu esaudita entrò anche lei per poi chiudersi dietro (anzi sopra) l'enorme botola.

    La scalinata era larga circa quattro metri e profonda almeno il doppio, il marmo era pallido, freddo e pulito, si scendeva a lungo, non fu facile per Ares e Ardeth calibrarsi bene mentre si condividevano quel peso, ma alla fine ci riuscirono senza grandi intoppi. Le scale portavano verso un corridoio lungo una decina di metri del tutto simile ad esse, all'estremità opposta vi era un portone di legno nero, decorato con dei cardini di ghisa, anche davanti a questa ennesima barriera Axelle prese le chiavi e la aprì.

    Ora erano dentro la cripta vera e propria, un enorme navata che ricordava vagamente un edificio ecclesiastico, solo meno colorata, alta circa 5 metri, ai cui lati si aprivano le entrate di alcuni cuniculi abbastanza larghi. Era tutto molto fiocamente illuminato e non si capiva bene da dove provenisse effettivamente quella tenue luce ambientale, Axelle fece qualche passo che riecheggìo prepotentemente nel vuoto dell'enorme salone. Era stranamente eccitata, i vampiri poterono notare che diffondeva un pungente odore ormonale tipicamente femminile, respirava con lieve affanno ed aveva il volto arrossato.
    Devo andare, forse ci rivedremo fra poco, quando saremo con l'Agaat. Vi apriranno la porta dall'altro lato.
    Disse leggermente trafelata e si allontanò in direzione di uno dei cunicoli.

    Rimasero soli, in piedi, i maschi ancora con la bara sulle spalle, appena dopo il portone ora richiuso. Attesero poco, neanche un minuto, poi di fronte a loro, dall'altra parte della navata, notarono una luce provenire da un altra apertura su quello che in una chiesa sarebbe l'abside.
    Percorsero tutta la grandissima navata centrale, entrarono nell'apertura, che era un altro corridoio e finalmente si ritrovarono in una stanza funeraria a base rotonda con un diametro di otto metri.

    La luce qui era leggermente meno fioca, ma proveniva dal fondo della stanza.
    Sorprendentemente non c'era cattivo odore.
    In mezzo alla sala si stagliava un piedistallo di marmo nero, cilindrico, alto come un tavolo e largo circa un metro, intarsiato e lavorato finemente.
    Era l'unico oggetto di valore che avevano visto finora, il resto era tutto imponente ma spoglio.

    Nella sala c'era poi un'apertura che portava da qualche altra parte e al centro, esattamente di fronte a loro, oltre il piedistallo una figura in piedi, era del tutto immobile, si capiva che era vestita perché altrimenti sarebbe potuta sembrare una statua.
    Non si vedeva bene, perché la luce era poca e le pareti scure.

    Ne notavano quasi solo la silhouette perché erano, per quanto possibile, controluce. Era un essere slanciato e snello, talmente tanto che non era facile capire se fosse un uomo o una donna ed era curioso che li aspettasse in piedi poiché aveva un portamento estremamente regale. Appena gli occhi si abituarono leggermente a quella luce così bizzarra cominciarono a percepire qualche dettaglio in più, era avvolta in una stretta tunica di seta nera intarsiata di filigrana d'oro chiaro, che poteva sembrare un sudario, dalle maniche uscivano fuori dei guanti bianchi. Indossava una maschera veneziana color avorio di fattura pregiatissima, un oggetto delicato e antico.


    Al di sotto delle vesti c'erano delle bende nere che le fasciavano tutto il corpo, compresa la testa ma eccezion fatta per lo scalpo, da cui partivano i capelli che erano bianchi e lunghissimi, raccolti in una treccia.
    Legata in vita vi era una collana tribale di fattura probabilmente centroamericana alla quale erano legati due due piccoli teschi rimpiccioliti col voodoo e trattati evidentemente tramite un potere analogo alla vicissitudine, chi li aveva modificati era veramente bravo, uno dei teschi sorrideva di gioia in un modo difficile da descrivere, l'altro trasmetteva sofferenza e disperazione.
    Da sotto la maschera facevano capolino due occhi di un innaturale rosso scarlatto, due occhi ormai privi di ogni tipo di luce, opachi.



    Il volto, la maschera, diresse lo sguardo nella loro direzione, li guardò uno per uno per qualche secondo.

    Benvenuti. Perdonate la Maschera.



    Disse allargando leggermente le braccia e mostrando i palmi, erano dei movimenti strani, molto aggraziati ma innaturali.
    La sua voce sembrava quasi un sussurro, ma si capiva benissimo, e aveva uno strano eco, ma non riuscivano a capire se fosse dato dalla strana forma della stanza o da qualcos'altro.

    È stato un tragitto lungo.
    Posate Armànd lì sopra. Dopodiché vorrei ascoltare le vostre presentazioni.



    Disse indicando il piedistallo di fronte a se.
    Poi riportò il braccio adeso al corpo con un movimento svelto ma tanto calibrato da lasciare i suoi capelli fermi e poi rimase del tutto immobile.

    vi ho fatto dei tiri:

    Ares e Deadline siete abbastanza intimoriti, Ardeth di meno.
    Deadline e Ardeth sono molto affascinati. Ares per niente.


    Edited by Alrauun - 13/12/2019, 16:53
     
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    Vero Sabbat

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    Entra nella camera rotonda dopo aver lasciato Axelle con uno sbuffo di assenso, l'odore acre della donna la incattiviva e desidera solo toglierselo dalle narici per rimanere il più lucida possibile.
    Finalmente la porta si apre, per un istante pensa di essere giunta al momento chiarificatore: il tragitto, la bara, il cimitero, la ghoul ...Ogni dubbio pare sul punto di essere svelato quando oltrepassa, guidando i due con la bara, la porta finale ma l'illusione di chiarezza non la accompagna, dispersa dalla vacuità oscura della figura ammantata.
    Qualche passo spavaldo e si ferma, prima incuriosita e poi inquietata dalla figura mascherata con la lunga treccia che parla al terzetto sabbatico.
    Che stranezza! Da quando è una vampira ha sempre terrorizzato e anticipato gli avversari, ora invece è stato sufficiente questo banale evento per irrigidirle i muscoli delle gambe con un crampo gelido e prontamente capisce il significato della parola paura.
    I nervi tuttavia sono saldi e allenati, in un baleno riesce a obbligarsi a fare qualche passo e a mantenere un contegno da assassina provetta tanto che accenna gli altri di passare avanti mentre lei è in piedi con la schiena adiacente al muro.

    Procediamo.

    Il tono è teso e glaciale ... non cambia molto dal solito.
    Concentrata e tesa, studia il nuovo arrivato ma fatica a concentrarsi con gli artigli dell'incertezza ficcati nel petto. Un pensiero la rasserena istantaneamente:

    Beh, se li attacca si dovrà sbilanciare su di loro e lo prenderò ai fianchi.

    Fa' scrocchiare le nocche di una mano contorcendo le dita e lancia un'occhiata agli altri due per capire se tutto è a posto per loro. Lei intanto mantiene l'apparenza distaccata e fredda di sempre, quasi riuscendo a non dare sfogo ai suoi timori.
    Cerco di capire di più sulla figura basandomi sulla mia conoscenza dell'occulto.
     
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    Seguimmo Axelle lungo tutto il tragitto in silenzio. Durante quella discesa verso l'ignoto mille pensieri si affollarono nella mia mente, tutti più o meno legati al personaggio che stavamo per incontrare. Presentarsi per la prima volta davanti ad un membro cosi in vista della Spada dopo aver subito l'onta di un'accusa di eresia ed aver perso conseguentemente addirittura il mio status di Vero Sbbat mi rendeva inquieto. Per quanto ritenessi ingiusta l'accusa che mi era stata mossa, avevo ormai deciso di cercare in quella condanna una colpa, quantomeno per trarne un insegnamento.

    Ciò non toglieva che era passato cosi tanto tempo da quando ero considerato una nullità assoluta, che stavo ancora cercando di trovare il giusto modo di pormi. L'ultima cosa che avrei voluto in quel frangente era proprio mancare di rispetto ad un Priscus insomma, ma era davvero difficile comportarsi in modo adeguato, in primis perche faticavo a capire quale fosse la cosa giusta da fare.


    Varcata quell'ultima soglia ci trovammo in una stanza imponente e spartana, Axelle non ci seguì all'interno. Una figura immobile e maestosa ci osservava dall'altro lato della sala. I suoi occhi rossi ed il suo portamento, unito all'atmosfera del posto ed a quell'aura di importanza che era fin troppo facile leggergli intorno rendevano quella figura incredibilmente autoritaria, tanto che ne fui subito intimorito. I miei pensieri sul giusto comportamento da seguire aumentarono, e se possibile andai ancora piu in confusione. Avevo la netta sensazione che persino un battito di ciglia potesse risultare fuori luogo e visto come una mancanza di rispetto.

    Lo sguardo rimase per pochi istanti sulla figura, tanto bastò per farmi tornare alla mente quel vivido ricordo di Marcel che avevo "vissuto" dopo averlo ucciso. Una Vaulderie, in cui, seppur non potessi esserne del tutto certo, era presente anche quella figura oltre allo Spauracchio, a Marcel e probabilmente ad Armànd. La maschera bianca, i drappi neri, la corporatura quasi scheletrica... Erano particolarità che faticavo ad immaginare come comuni tra i mebri della Spada. Con buona probabilità si trattava della stessa persona.

    Inutile dire che ciò mi intimorì ancora di più. Se quel vampiro stava cercando i suoi compagni di branco, io ne avevo da poco ammazzato uno, nel peggiore dei modi tra l'altro.

    Quando parlò mi affrettai ad obbedire alla richiesta, lanciando un cenno di intesa al Cobra per coordinarci e posare la cassa dove ci era stato richiesto.

    Nel mentre la nostra simpaticissima compagna di viaggio si limitò a borbottarci qualcosa contro, per poi far scrocchiare le nocche della mano in un gesto evidentemente fuori luogo. Per quanto mi riguardava l'impressione che voleva dare erano affari suoi, io mi limitai a chinare il capo e fare quanto mi era stato richiesto.

    Una volta posata la cassa attesi per qualche istante che fosse l'unica Vera Sabbat presente a presentarsi per prima, seppur cosi ad occhio non mi pareva molto intenzionata a farlo al momento.

    Qualora fosse passato qualche istante di silenzo di troppo, mi sarei esposto presentandomi eventualmente per primo, se si fosse reso necessario, quantomeno per non lasciare la richiesta del "padrone di casa" inascoltata.
     
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    Il cobra seguì Axelle fin dove questa ritenne opportuno accompagnare i tre discendenti di Caino, quattro se si contava anche Betakappa, trasportando assieme al Ravnos quella maledetta cassa che oltre ad avere un peso non indifferente rendeva estremamente difficile muoversi. In tutta onestà non vedeva l'ora di liberarsene.

    Mentre camminava non poteva fare a meno di osservare il rifugio della Maschera Bianca, nome che era abbastanza sicuro di aver già sentito in altre occasioni, chiedendosi che genere di figlio di Caino avrebbero mai trovato in un luogo così lugubre. Lugubre, ma anche affascinante a modo suo, andava detto.

    Come avrebbe dovuto comportarsi con tale figura? Mentre ci pensava, ritenne che forse era opportuno annullare i poteri di Serpentis che attualmente potenziavano il suo corpo, ritrovarsi di fronte a un cainita con attiva una disciplina forse poteva offendere la Maschera Bianca, che poteva interpretare ciò come mancanza di fiducia nei suoi confronti o come un tentativo di mettersi in mostra facendo vedere quanto era abile nell'utilizzo del potere del sangue tramandato da Set. Axelle era stata chiara, era meglio evitare di cercare di mettersi in mostra in qualche modo, e chi meglio di una schiava del sangue può conoscere il suo domitor e come comportarsi con lui?Così, mentre trasportava la cassa lungo il tragitto, il cobra riacquistava via via sembianze più umane.

    Disattivo Serpentis 3.


    Varcata l'ultima soglia, i tre cainiti si trovarono di fronte a una figura avvolta da una tunica di seta nera che indossava una maschera veneziana da cui era possibile vedere degli innaturali occhi rosso scarlatto. Ardeth si ricordò di quella figura, i due si erano incontrati al banchetto di sangue il giorno in cui si erano formati il Branco degli Arma V e degli Oculus in Tenebra. Una figura che nonostante la sua apparenza esile e calma metteva una certa soggezione, se il cobra non avesse già avuto modo in passato di "conoscerla" - dopotutto si era limitato a farle i dovuti saluti come ogni Vero Sabbat fa con le figure di rango superiore - probabilmente si sarebbe sentito molto più a disagio mentre questa li osservava uno per uno, forse sarebbe addirittura arretrato.

    Alla richiesta della figura, il cobra fece quanto chiesto senza mostrare esitazione. Oltre al fatto che la richiesta era stata fatta da qualcuno che vantava un rango decisamente superiore al suo - non che al momento ci volesse chissà quanto -, il modo e il tono con cui era stata fatta la richiesta rendeva molto difficile dirle di no. Si poteva dire che il Cobra ne era rimasto affascinato.

    La richiesta di presentarsi lo lasciò un po' perplesso, sebbene non lo desse a vedere, in teoria avrebbe già dovuto conoscerlo, ma non fece alcun commento, dopotutto cosa aveva mai fatto perché la figura mascherata potesse ricordarsi di lui? Si limitò quindi a fare quanto richiesto per la cassa, procedendo poi con la presentazione, preceduta da un inchino di riverenza con un movimento del capo, considerando che l'unica Vera Sabbat dei tre sembrava più interessata a sfidare la pazienza della padrona di casa con gesti palesemente fuori luogo.

    Ardeth Bay, infante di Ugwana Mamba, del clan dei Cobra.

    Edited by ulbabrab - 15/12/2019, 19:45
     
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    Le parole di Ardeth ruppero quel breve silenzio poco prima che fossi io stesso a farlo.
    Decisi quindi di rompere gli indugi e presentarmi anche io, esaudendo la richiesta. Ero più che deciso a non mancare di rispetto a quella figura cosi autorevole ed intimidatoria, anche considerando l'enorme differenza di status tra i presenti.

    Chinai il capo e mi inginocchiai in segno di rispetto. Alzai a quel punto lo sguardo andando a cercare quello del nostro interlocutore, giusto per il poco tempo necessario a presentarmi.

    Vostra Eminenza, io sono Ares Dragan, del Clan Ravnos.

    Parlai con voce ferma e risoluta, poi abbassai di nuovo la testa e attesi li in ginocchio che la nostra nuova compagna di viaggio facesse la sua mossa...
     
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    Le parole di presentazione degli altri due la riscuotono dal plumbeo silenzio in cui era sprofondata e avvicina gli altri fronteggiando la filiforme figura dalla lunga treccia. E' lenta, torva in viso come trattenuta da qualcosa ma al termine delle parole di Ares è con loro.
    I vestiti sono ancora sporchi e laceri ma la volontà pare rinnovata e vibrante e ogni possibile incertezza palesata è cancellata dalla determinazione.
    Così si presenta ufficialmente: porta il pugno destro al petto e china il capo in reverenza al padrone di casa, quindi rialza lo sguardo e, mentre lo scruta, la voce monotonica e greve scandisce il proprio retaggio.

    Sono Octavia Mitchell dei Pander, Vero Sabbat.

    Stringata e intensa, come al solito, nel bene e nel male, rimane in attesa e silente. Cosa voglia di preciso la figura da loro è ancora un mistero ma almeno l'inquietudine poco prima provata sta passando e finalmente può sciogliere i nodi dei misteri della nottata.
     
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    La figura rimase ferma immobile innanzi a loro, ebbe solo un sottilissimo fremito quando percepì il suono delle nocche di Octavia scrocchiare sonoramente.

    Una dopo l'altra cominciarono ad arrivare le loro presentazioni che avevano tutte un tono abbastanza ufficiale, anche davanti ad esse, comunque, l'essere avvolto nelle bende nere non sembrò reagire in alcun modo.

    Rimase fermo davanti a loro per un'altra dozzina di interminabili istanti mentre la sua maschera volgeva lo sguardo fisso sulla cassa da morto che le si poneva innanzi.

    Nel corso dei secoli sono stati diversi i nomi con i quali si sono riferiti a me, quello che preferisco rimane comunque "La Maschera Bianca" e il mio abbraccio è avvenuto all'interno del clan della Morte.


    Finì di presentarsi e poi alzò lo sguardo leggermente e lentamente, bene o male fino all'altezza dei loro colli o, nel caso di Ares, dello sterno.

    2019-12-30 13:55:55 deadline rolls 4 dice to int+ occ 3,6,8,9 [3 successes]

    Sapete tutti che il clan della morte in questo momento è senz'ombra di dubbio il clan Giovanni, ma lui/lei potrebbe riferirsi anche all'antico clan dei Cappadoci, il clan che fu usurpato dai Giovanni circa seicento anni fa, o alla linea di sangue sabbatica degli Araldi dei teschi... solo Ardeth conosce la diceria secondo la quale gli Araldi non sono niente se non gli ultimi membri esistenti dei cappadoci stessi.


    Avete la mia gratitudine per avermi portato il cadavere atrofizzato del mio fedele seguace Armand.

    Fra poco proveremo a rimetterlo in piedi, ma non prima di esserci intrattenuti brevemente insieme. Un giorno mi piacerebbe anche conoscere la vostra origine, per ora mi basterà sapere quale sia la vostra percezione di voi stessi.


    E fece un'altra pausa, più breve, ma non meno inquietante della prima.

    Diciamo: in che cosa eccellete?


    Mosse una mano nuovamente in direzione del trio, mostrando il palmo guantato, come a volerli esortare a non temerlo.
     
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    Vero Sabbat

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    E' impassibile esternamente ma nel profondo è ancora stordita dalla reverenziale figura de La Maschera Bianca.
    Ascolta attentamente ogni parola e fa un piccolo cenno di assenso con la testa per poi avere un momento di incertezza alla richiesta dell'eccellenza che li fronteggia. Un dubbio personale: non è abituata a dare sfoggio alle questione personali ma data l'eccezionale situazione e la rigida disciplina sabbatica cerca di mettere insieme due parole per sintetizzare una risposta. Infine scosta un lembo del giubbotto di pelle per lasciare intravedere il manico del pugnale che esce dalla vita dei jeans. Il gesto si ferma lì immediatamente, la sua conoscenza dell'intimidazione le permette anche, per esclusione, di sapersi atteggiare in modo innocuo e nel frattempo parla con una mitezza glaciale come la neve appena caduta, senza fronzoli o timori di sorta quasi si stesse di nuovo presentando ufficialmente.

    Sono una Donna di Spade, Eminenza.

    Una leggera contrazione dell'angolo della bocca fa' sperare in un abbozzo di sorriso che non si palesa, nel parlare china leggermente il capo, ancora, come ossequio alla Maschera Bianca poi torna nella normale postura in attesa delle parole degli altri.
     
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    Solo quando la Maschera Bianca ci chiese quali fossero le nostre peculiarità mi rialzai in piedi, assumendo senza neanche rendermene conto la tipica posizione di riposo militare. Entrambi i piedi erano ben piantati a terra a circa una trentina di centimetri l'uno dall'altro. Le mani giunte dietro la schiena, e la testa alta con lo sguardo dritto sulla Maschera Bianca.

    La mia stazza già di per se fuori misura venne ancor più esaltata dai due che avevo vicino, i quali di certo mi facevano apparire anche piu alto di quanto non fossi gia di mio.

    Ascoltai le parole di Deadline immaginando quali potessero essere le sue potenzialità data la vaghezza della risposta. Essendo accanto a lei mi sentii poi in dovere di dar seguito al filotto di risposte elencando quelli che erano i miei punti di forza.

    Sono un Cavaliere, Eminenza.
    Padroneggio le arti comunemente note del mio Clan, ma il mio piu ambizioso obiettivo è quello di migliorare sempre più la mia resistenza in battaglia.


    Nonostante fossi ancora abbastanza intimidito dalla figura che avevamo davanti, cercai di apparire sicuro di me e deciso nel rispondere.
     
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    Clan della morte? Un cappadoccio, forse? No, era più probabile si riferisse alla linea di sangue nota come Araldi dei Teschi, che si vocifera non siano altro che gli ultimi capadocci rimasti in vita. Una diceria che soltanto gli Araldi dei Teschi potrebbero confermare o meno, se fosse nelle loro intenzioni farlo, ovvio. Una figura simile sicuramente avrebbe inquietato la maggior parte dei Veri Sabbat, ma il fatto di far parte di un clan così a contatto con la morte la rendeva semplicmente più affascinante agli occhi del cobra.

    Alla richiesta della Maschera di esporre le loro competenze, il cobra ascoltò Deadline, che parlò per prima, curioso di sapere se dalle parole di questa sarebbe uscito qualcosa che poteva spiegare come mai era così nota nell'ambiente sabbatico. La Vera Sabbat affermò tuttavia che era una donna di spada, una risposta generica che poteva essere interpretata in vari modi. Tali parole, dato anche il suo mostrare il manico di un pugnale, il cobra le interpretò come il voler affermare di cavarsela nella mischia. I punti di forza di Ares invece erano cose di cui il cobra era già a conoscenza, sebbene non avesse mai avuto modo di vederlo utilizzare la disciplina per cui il suo clan è noto.

    Omicidi nascosto nell'oscurità, Eminenza. Utilizzo i poteri del sangue del mio clan per celarmi alla vista dei miei nemici e colpirli nel momento in cui sono più indifesi.
     
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    Essere costretti a parlare, usare i vecchi polmoni atrofizzati dei loro cadaveri come poco più che fredde sacche di cornamusa, costrinse i tre cainiti a inspirare quell'aria spessa, invecchiata, veicolo dei miasmi della decomposizione. Odori ai quali non erano abituati e che ora li pervadevano dall'interno.

    Tutto era morte là dentro.

    Certo da qualche parte, probabilmente in qualche anfratto di cunicolo, c'era Axelle.

    E Axelle era l'unico essere vivente con cui avevano avuto a che fare quella notte, fatta eccezione per i camionisti che Ares e Ardeth avevano orrendamente maciullato nei bagni della stazione di servizio prima di darli alle fiamme. Erano tutti e tre dei cainiti ben avviati nel loro percorso spirituale, avevano abbandonato l'umanità da tanto tempo e avevano dei codici etici e una morale del tutto diversa da quella degli esseri umani.

    Ormai non solo erano morti, non erano più neanche degli umani.

    Eppure...

    2020-01-02 13:20:01 ares rolls 1 die to coscienza 1 (BOTCH x 1)
    2020-01-02 13:19:12 octavia rolls 3 dice to convinzione (Diff 7) 3,6,9 [1 success]
    2020-01-02 13:18:12 ardeth rolls 1 die to convinzione (Diff 7) 6 [failure]


    Eppure quel posto così desolato e freddo, così morto, con un mostruoso tumulto di ossa stecchite contenuto appena da quel misero, improvvisato, cofano funebre - Armand - ma soprattutto quell'essere così antico e così ormai estromesso da concetti quali vita e calore umano che gli si parava davanti così disumanamente immobile - La Maschera - stavano esercitando nelle loro menti delle strane suggestioni.

    La Maschera pervadeva la sala di quella suddetta estromissione dall'essenza stessa della vita in un modo talmente potente che presto vennero assaliti da un insolito senso di nostalgia, sentirono letteralmente la mancanza di Axelle, perché Axelle era incredibilmente, sorprendentemente viva.

    Quell'odore fortemente ormonale di eccitazione e di paura che emanava subito prima di entrare, quella leggera puzza di piedi che usciva dagli scarponi infangati che aveva usato nella palude e poi buttati nel cassone del furgone, il suono cadenzato del suo respiro affannato, quel vapore, quell'unto delle mani che lasciava sui vetri quando li toccava.

    Erano tutte cose di cui ora, di fronte al concentrato di cadaveritudine che era la bizzarra mummia con cui dialogavano, sentivano la mancanza.

    Si resero tutti e tre conto di essere più simili ad Axelle che alla Maschera.

    Octavia scacciò il pensiero dal suo cervello.

    Ardeth percepì letteralmente una morsa allo stomaco.

    Ma Ares rievocò involontariamente col pensiero il tepore del corpo di Axelle, quando l'aveva trovata nel bagno subito dopo essere stata aggredita, e quel calore
    lo fece sprofondare in un senso di nostalgia ancora più forte tanto da perdere il contatto con la realtà per qualche secondo.
    Rivide il Messico, la madre preparare del cibo in una casa di fango, le mosche, sentiva parlare spagnolo (che capiva perfettamente), la sua infanzia.
    Rivide le rive del Danubio, la tata seduta su una poltroncina mentre lavorava a maglia, la parlata ungherese incerta di sua madre, la sua infanzia.
    Le due visioni si sommarono nel suo cervello l'una all'altra, come se stesse vedendo due film proiettati sullo stesso schermo cinematografico.

    E di nuovo il tepore della pelle di Axelle, l'odore del suo sangue, l'odore della vita.

    Riprese conoscenza del tutto dopo qualche secondo.

    Notò il volto della maschera essere orientato questa volta verso il suo. La Maschera era alta quasi quanto lui, sebbene decisamente più magra, stavolta lo guardava proprio negli occhi ed ebbe chiaramente la percezione che con quegli occhi rossi gli stesse scrutando l'anima stessa.


    Nessuno di voi è un pensatore o uno studioso. Nessuno di voi è qualcosa di meglio che un picchiatore. Nessuno di voi ancora oggi ha sentito il bisogno di interpretare la propria condizione...


    Si avvicinò ai tre, con il palmo della mano ancora orientato in avanti e l'altro braccio adeso al corpo, riusciva a muovere le gambe senza muovere il resto del corpo, che rimaneva perfettamente rigido, come in preda al rigor mortis.
    Solo i capelli, la lunga chioma bianca, dondolava un minimo.
    Si muoveva con una leggiadria felina, quasi sovrannaturale.

    Superò la cassa contenente ciò che rimaneva di Armand de Revel e si fermò subito davanti ad essa.
    Ora distava un metro da loro.

    E la sensazione di morte che li aveva colti poco prima li attanagliò di nuovo. Sentirono il bisogno di indietreggiare, non si sentivano a proprio agio a stargli così vicino.

    2020-01-02 14:09:30 ardeth rolls 5 dice to coraggio 10,5,9,10,6 [4 successes]
    2020-01-02 14:09:20 ares rolls 4 dice to coraggio (Diff 8) 10,4,2,10 [2 successes]
    2020-01-02 14:09:12 octavia rolls 5 dice to coraggio 10,6,4,5,2 [2 successes]


    Ma riuscirono tutti e tre a bloccare questo stimolo.

    Presto crescerete, soprattutto intellettualmente, e capirete che l'unico modo per convivere serenamente con la nostra condizione è comprenderla.

    Non che la serenità sia poi così essenziale. Ci sono moltissimi מְתֿוּשֶלַח che conducono le loro non vite nel conflitto e nella psicosi e c'è chi invece capisce che altro non siamo che un punto fermo nello spazio e nel tempo e che non c'è bisogno di esaltarsi poi tanto.


    Guardava ancora fisso Ares negli occhi.

    Sei saggio, sopravvivere è tutto ciò che conta.


    A questo punto gli toccò il braccio.

    Ares, nonostante ci fossero i guanti della Maschera e i suoi stessi vestiti in mezzo, percepì subito un tocco gelido, talmente gelido da trasformarsi presto in un dolore intenso.

    2020-01-02 14:26:31 Ares rolls 10 dice to assorbire (Diff 7) 3,3,1,3,2, 3,1,6,5,8 [failure]
    Ottimi dadi, come sempre.

    Subisci un danno contundente.


    Indietreggiò appena.

    Uuuh... Provi ancora il dolore?


    Fu come se percepisse un tono quasi di scherno nelle sue parole, ma immediatamente sentì quel senso di nostalgia per la vita, che aveva provato poco prima, sciogliersi del tutto... come se fosse stato assorbito integralmente dal tocco gelido dell'Anziano.
     
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    Il luogo in cui ci trovavamo sembrava distaccato da qualsivoglia definizione di vita, il suo freddo desolante prima che nelle ossa arrivò a penetrarmi addirittura nella testa. La sensazione era che fossimo in un posto quasi alieno, in cui non riuscivo proprio a sentirmi a mio agio. Sembrava che quelle mura non avessero mai conosciuto altro se non il gelido freddo della morte... Un luogo creato dai morti per i morti, in cui persino un non morto faticava ad ambientarsi.

    Come spesso accade quando ci si trova circondati dalla morte, la mia mente mi ripresentò dei ricordi, dei ricordi di vita... E mi ritrovai avvolto da una nostalgia incontrollabile, fino a diventarne succube. In qualche modo che faticavo a comprendere Axelle tornò a farsi strada nella mia mente, come se questa volesse cercare di scacciare quel velo di morte che aleggiava sempre più pesante e soffocante su di me.

    Axelle..
    La mente concretizzò quel pensiero in modo quasi automatico mentre, come fosse un ariete, il pensiero del suo corpo caldo e vivo spalancò la porta a tutta una serie di flash, di ricordi del mio passato - e non solo del mio.

    Ricordi che avevo ormai quasi dimenticato irruppero di colpo come un fiume in piena guidati da quel senso di profonda nostalgia, e mi trovai letteralmente in balia di questi. La voce di mia madre, la casa dove ero cresciuto, la mia lingua madre in tutti i suoi accenti e sfumature... L'odore ed il tepore di quel vecchio camino acceso in cucina davanti al quale trascorrevamo molte serate d'inverno... Tutto mi esplose di colpo nella mente avvolto da una profonda e radicata nostalgia. Persino quelli che poi realizzai essere probabilmente ricordi di Marcel, irruppero nella mia mente come fossero miei, riportandomi sensazioni di un vissuto che seppur non fosse mio, percepii come tale.

    Rimasi immobile per diversi secondi, sopraffatto da quelle sensazioni.
    Mentre iniziavo a tornare in controllo di me, Axelle tornò nei miei pensieri. La sua vitalità, il suo calore... erano per assurdo l'unica cosa di familiare che percepivo in quel posto, e saperla da qualche parte alle nostre spalle - seppur oltre una parete - mi dava inspiegabilmente sollievo.

    Mi resi conto a quel punto che gli occhi della Maschera Bianca erano puntati su di me, cosi mi sforzai di tornare lucido e presente a me stesso. L'autorità che emanava era seconda solo alla sua estraneità a tutto ciò che avevo conosciuto fino a quel momento.

    Mosse dei passi avvicinandosi a noi, e questo mi causò un fremito interiore. Dovetti far ricorso a tutto il mio sangue freddo per non indietreggiare, nonostante fino a quel momento la Maschera Bianca si fosse presentata in modo piuttosto amichevole ed ospitale verso di noi.

    Ascoltai le sue parole con attenzione, cercando di comprendere cosa volesse dire. Alcuni dei termini mi erano oscuri, ma il senso generale era piuttosto chiaro. Erano domande che mi ero posto ma alle quali onestamente non mi ero mai affannato troppo a rispondere. Quando passi la maggior parte del tuo tempo in trincea, di tempo per filosofeggiare sul senso della vita (o della non-vita nel nostro caso) te ne rimane ben poco...




    Quando la Maschera Bianca fece per toccarmi rimasi bloccato. Nella mia mente il ricordo di quanto vissuto al mio primo incontro con Herr Nicht si fece subito strada, e considerando quanto più pericolosa percepivo la Maschera, quel pensiero si tramutò in un brivido glaciale lungo la schiena.

    Paura.
    Questo era.

    Paura di cosa mi avrebbe potuto fare, semplicemente toccandomi.


    Non potevo tollerarla ne accettarla, cosi strinsi i denti e impedii a quella sensazione di controllarmi o manipolarmi, lasciando che il Priscus facesse ciò che intendeva fare.

    Quel tocco si rivelò gelido, innaturalmente gelido. Un freddo sovrannaturale, al punto di penetrare guanti e vestiti in un attimo, ed essere comunque cosi intenso da farmi male. Seppur non mossi un muscolo, sul mio volto una smorfia appena accennata palesò gli effetti che quel gesto aveva avuto sul mio corpo agli altri.

    CITAZIONE
    Uuuh... Provi ancora il dolore?

    Le sue parole mi arrivarono quasi come quelle di un potente Vescovo che gioca divertito con un neonato che sfida la sua autorità.

    Purtroppo si, Vostra Eminenza.
    Mi affrettai a rispondere non trandendo altro che la mia sottomissione alla sua autorità.

    In quel momento realizzai che tutte quelle sensazioni che mi avevano travolto in modo sempre più forte negli ultimi minuti erano di colpo sparite. Come se con quel tocco la Maschera Bianca avesse risucchiato via tutto quel nostalgico senso di umanità che era man mano cresciuto in me.

    Forse non era solo scherno, chissà..
    Pensai tra me e me, immaginando che ci fosse qualcuno dietro quella Maschera che valesse finalmente la fama di cui si era circondato.


    Presi coraggio e sfidai la sorte, confidando che quella mia sensazione fosse fondata. Nonostante il mio status presi la parola - non interpellato - ed aggiunsi quanto pensai potesse bastare, pesando bene le mie parole.

    Il mio progetto è ambizioso Eminenza, e so bene di aver mosso solo qualche insignificante passo...
    Magari poi in una direzione che non è neanche quella giusta...

    Purtroppo almeno fino ad oggi ho potuto navigare solo a vista


    Nulla che non fosse realtà dei fatti in fondo, ma ero interessato a lanciare un amo, a far capire a quella potente figura che se aveva qualcosa per guidarmi lungo il percorso che portava alla mia meta, sarei stato ben felice di farne tesoro.
     
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    Vero Sabbat

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    Il tanfo della morte li cinge d'assedio, forse trasportato dalla polvere smossa che fluttua a mezz'aria, materializzata in particelle di residui sottili che danzano attorno a loro ghermendoli con la minaccia della decomposizione. Octavia non pare muovere un muscolo ma, ancora impressionata dalla figura della Maschera e pressata dall'aria misticamente asfittica (o è solo un gioco della mente?), mantiene a fatica la plumbea impassibilità per cui è nota. Lo sforzo sembra quasi piegarla e in un principio di claustrofobia la mente cerca di reagire istintivamente richiamando a sé la confortante immagine della: il collo pulsante, la voce, l'odore acre del sudore ... una facile sacca di sangue da prosciugare per sentire il potere del sangue scorrere più forte ... ma ... no.
    La vampira allontana il pensiero in una frazione di secondo, lo stronca sul nascere nella mente aiutandosi con i dogmi e il credo che le sono stati insegnati con crudele ripetitività e pazienza. Come nella tortura cinese della goccia d'acqua quei dogmi hanno scavato l'umanità della giovane e ora non cederà al richiamo nostalgico dell'umanità. Ricompone i pensieri e ripete tra sé un mantra di novene oscure per contrastare la passività aggressiva dell'anziano del clan della Morte.
    Stringe i pugni e le ripete, focalizza così l'ambiente circostante come una semplice lavagna scritta da studiare ed approfondire, nulla deve temere poi poiché la Bestia è in Lei e non la teme. Più serena in volto dopo una manciata di secondi incerti, presta attenzione alle parole della Maschera con la serietà di una studentessa alla prima lezione del corso ma all'avanzata improvvisa dell'atrofizzato Maestro Vampirico viene assalita di nuovo dalla vampata di densa putrefazione che lo segue. Questa volta, anche se a fatica e provata nell'animo, non accenna ad avere dubbi o ripensamenti e rimane ferma fissandolo attenta e concentrata.
    Sono le parole di Ares che le fanno scattare di lato la testa per fissarlo con profonda irrequietudine. Gli occhi sbarrati quasi a monito dell'altro ma ormai è troppo tardi. Comincia a ragionare seriamente su quale sia la vera natura di Ares.

    Stronzetto ruffiano!

    Le labbra di Octavia si torcono in un broncio incomprensibile, quasi avesse mangiato un limone, poi decide di riprende a fissare la Maschera Bianca rimanendo in silenzio ed assistendo agli eventi senza metter becco al dibattito tra Ares e La Maschera.
    Nel profondo questo un po' la diverte, proprio lei aveva appena rischiato la morte ultima pugnalando al volo un Fratello solo per essersi palesato, così decide di aspettare la fine del dibattimento prima di esprimere un vero giudizio su Ares. Appare serena ora, senza enfasi di alcun tipo espresse o meno. Degno o Indegno? Il pendolo comincia a oscillare.
     
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    Quella stanza... Che fosse dovuto alla presenza della Maschera o per il luogo stesso in cui si trovavano, il cobra iniziò a provare disagio nell'essere circondato da una tale assenza di vita, e iniziò a provare una strana nostalgia di quando era ancora in vita. No, non era solo nostalgia di quando ancora era vivo, era nostalgia per la vita in generale, tant'è che rimpiangeva persino la mancata presenza di Axelle, l'unica sacca di sangue per cui non nutriva intenti omicidi. Mai avrebbe pensato che ci sarebbe stato un solo momento nella sua non vita in cui avrebbe desiderato anche solo per un breve momento essere di nuovo vivo, quelle sensazioni lo stavano facendo sentir male. Se solo non avesse avuto timore di possibili ripercussioni, avrebbe lasciato immediatamente quella stanza.

    La Maschera sembrò delusa dalle risposte dei cainiti, o almeno questa fu l'impressione che ebbe il cobra, eppure le dure parole della Maschera dicevano le cose esattamente come stavano: sebbene si fosse sempre dichiarato un noddista, non c'era stato un solo momento in cui avesse cercato di apprendere qualcosa in più sull'essenza stessa della non-vita. Era solo un picchiatore come tanti altri se ne trovano nel Sabbat. Quelle parole facevano riflettere.

    La reazione di Ares al tocco del necromante fu solo un ulteriore conferma che i tre cainiti avevano validi motivi per temere l'Anziano.
     
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    L'oscura figura era ancora davanti al Ravnos, immobile, impassibile, inquitante.


    CITAZIONE
    Il mio progetto è ambizioso Eminenza, e so bene di aver mosso solo qualche insignificante passo...
    Magari poi in una direzione che non è neanche quella giusta...

    Purtroppo almeno fino ad oggi ho potuto navigare solo a vista

    Girò leggermente il collo verso Octavia, ma continuava a parlare con Ares.


    Conosco la vostra storia. Mi piace spiarvi da dietro il velo, vi ho visto.

    E' tanto tempo che non ti riposi, figlio di Ravana, quanto tempo è che non ti dedichi a qualcosa che non sia la guerra?






    Gli occhi dietro la maschera lo guardavano fisso, sembrava che gli stesse scrutando letteralmente l'anima.


    Siete ancora creature molto legate a ciò che eravate prima. E il vostro nome, il vostro vecchio nome, è una porta per il vostro antico io.

    Tu forse in particolare sei legato anche al suo significato... o meglio alle caratteristiche di chi per primo portò il tuo nome.

    Ma anche Ares stesso aveva altri nomi: Βροτολοιγός - Il distruttore di uomini, Μιαιφόνος - Colui che è macchiato di sangue.






    La Maschera a questo punto guardò Octavia più attentamente.

    E tu? Il tuo nuovo SE ha un nome. Allora perché non lo usi?
    Non temermi, è una semplice curiosità.




    Si rivolgeva ad Octavia ma guardava un po' tutti e tre, era una discussione abbastanza aperta.
     
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268 replies since 13/12/2019, 00:16   6338 views
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