Kermit's Tremé Mother-in-Law Lounge

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    I due congedarono Kermit, ed una volta seduti si guardarono per qualche istante. Fu Rebecca a rompere quel silenzio imbarazzante buttando li un'esca per fare partire un possibile argomento di conversazione.

    Jackson però non rispose se non annuendo in modo appena percettibile col capo, mentre sembrava più che altro occupato a riflettere su qualcosa.

    Ad un certo punto quando la giovane stava quasi per provare un secondo approccio di dialogo, questi sollevò un braccio in aria, cercando l'attenzione del cameriere. Evidentemente lo stava puntando da un po' visto che questi colse subito l'indicazione.

    Un cenno rapido bastò ai due per capirsi. Fu così che Rebecca si trovò ad aver davanti un secondo giro, peraltro praticamente a stomaco vuoto, prima ancora di poter dire qualcosa.

    Spero non le dispiaccia, ma ho bisogno anche io di qualcosa da bere stasera...
    Esclamò il rosso mentre tornava tutto soddisfatto a darle la totalità delle sue attenzioni.

    Le ha fatto vedere le foto, vero?
    Aggiunse in modo totalmente inaspettato, assumendo un'aria tanto seria quanto dispiaciuta.
     
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    Provai a fargli qualche domanda mirata sul lavoro - mi ero informata su chi fosse l'organizzatore dell'evento ed ero curiosa di conoscere anche chi avesse deciso di finanziarlo - ma il signor O'Neill (anzi Jackson perché a occhio non credevo fosse di troppo più grande di me) non rispose. Nemmeno accennò a farlo dopo avere ordinato qualcosa da bere. Rimasi come una scema, in silenzio e in attesa di parole perdute, per diversi secondi prima di distogliere lo sguardo verso la sala e puntare al cellulare in borsa. Sollevai entrambe le sopracciglia e mentalmente feci bah. Mi faceva incazzare a bestia il parlare a vuoto, restare inascoltata. Ecco che il buon umore raggiunto in compagnia di Kermit iniziava a scemare. Accesi il display e notai, oltre l'ora tarda, diverse notifiche. Devo stargli sul cazzo se mi ha snobbata così. Non ha fatto altro che guardarmi in modo strano tutto il tempo. Avrà pensato che sono l'ennesima bionda svampita, chi può saperlo: è indecifrabile. Da quando è arrivato, poi, ho una strana sensazione addosso che non accenna ad andarsene... mi ha preso proprio allo stomaco. Al diavolo. continuai mentre riavviavo i capelli, stizzita, e mi allontanavo un po' verso destra.
    Mi sarebbe servito almeno un altro margarita per insistere a oltranza contro il muro di perplessità e diffidenza che rappresentava Jackson... ma (sorpresa delle sorprese!) fu lui a rivolgermi la parola. Voleva bere qualcosa e fu abbastanza gentile da ordinare anche per me.
    - Perché dovrebbe? Si discute meglio davanti a un drink. Mi ha anticipata - feci spallucce, realizzando di aver guadagnato un secondo margarita ed inaugurato così una vera e propria fiesta. A pensarci, forse mi sarei trattenuta ancora un po' per assistere ad uno spettacolo live di Ruffins. Mi fiondai sul drink per sopperire al silenzio imbarazzante in cui mi aveva fatta sprofondare Jackson contro la mia volontà; giusto il tempo di assaporare zucchero, tequila e lime che mi pose la domanda fatidica.

    - L'ha fatto. - un'uscita un po' dura, che cozzava tanto col tono dispiaciuto che aveva messo su lui. Per un secondo ero riuscita a tenerle fuori dalla testa ed era bastato solo un accenno per ritrovarmele di nuovo davanti agli occhi. Mi incupii di nuovo.
    - L'ha fatto. Già - più morbido e basso, stavolta, in una parola affranto.
    - Non credo potessi risparmiarmelo: è per quelle immagini che si sta organizzando quest'evento, del resto. E' solo che... non avevo mai visto niente del genere in vita mia; è stato orribile... Tutte quelle persone, tutto quel sangue. Non ero pronta e francamente non credo lo sarei stata mai - scossi la testa e abbandonai il drink sul tavolo, toccandomi poi in mezzo alla fronte con la mano sinistra. Che strano, avevo di nuovo voglia di parlare. Tornai su di lui con lo sguardo.
     
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    Già.
    Si limitò a rispondere con tono molto serio Jackson, mentre osservava con aria quasi schifata il margarita che gli era stato portato.

    Sono certo che lei ne abbia viste di cotte e di crude in vita sua... Eppure appena mi sono seduto e l'ho guardata negli occhi ho capito subito che Kermit le aveva mostrato quelle foto.
    Detto ciò scostò il bicchiere con il dinrk immacolato verso il centro del tavolo, con aria delusa, per poi richiamare nuovamente l'attenzione dell'uomo al bancone, stavolta invitandolo con un cenno a raggiungerlo al tavolo.

    Prima che questi potesse arrivare, Jackson tornò con gli occhi a cercare quelli della giovane.
    E dopo quello che ha visto... Non ha paura?
    Aggiunse quindi, parlando a voce più bassa di quanto avesse fatto in precedenza. Il tono era intimo e confidenziale, non c'era nulla di strano ne nelle sue parole ne nel modo in cui le disse. Eppure quelle parole, quello sguardo fisso su di lei, le causarono un brivido lungo la schiena, quasi come se quella domanda fosse stata interpretata dalla sua parte istintiva come una minaccia.

    Prima che Rebecca potesse fiatare arrivò l'addetto al bancone, che chiese a Jackson se ci fosse qualche problema. I due iniziarono un brevissimo botta e risposta in merito al fatto che O'Neill non pensava gli avrebbe portato quel drink specifico. La cosa si risolse in pochi istanti, con Jackson che chiese al cameriere di portargli un qualcosa di irlandese. Rebecca seguì distrattamente quello scambio di battute, presa principalmente a capire quella strana sensazione che di colpo le si era irradiata lungo la spina dorsale.

    Quando il cameriere si allontanò, l'atmosfera si fece nuovamente intima e confidenziale. Alla giovane pareva quasi che ci fossero solo loro due nel locale, tanto era particolare la situazione.
     
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    - Oh, non come queste. - puntualizzai con un sorrisino isterico; nella mia vita mi ero imbattuta in tante immagini dolorose ma quelle che avevo appena visto superavano la soglia di atrocità a cui fossi solitamente esposta. Erano intrise di crudeltà: ogni scatto aveva impressa una carica altissima di dolore fisico e mentale e guardarle me l'aveva fatto provare tutto in una volta, devastandomi.
    - Gliel'assicuro. - constatai, bevendo un sorso profondo del mio drink e valutando già la possibilità di servirmi di un terzo, quello accantonato da lui.

    Non erano state solo le fotografie dell'attentato al bus ad avermi turbata. Lui stesso mi incuteva molto timore. Mi aveva attanagliato le viscere fin da quando era comparso nel mio campo visivo e nel momento in cui gli avevo stretto la mano (gelida) ogni fibra del mio essere si era messa sull'attenti suggerendomi nient'altro che fuggire via lontano, senza guardarmi indietro. Perchè allora, nonostante il persistente malessere e la vocina (di minuto in minuto più forte e chiara) allarmata, ero ancora lì seduta? Perché di pari passo all'inquietudine s'era risvegliato anche un interesse assai potente nei suoi confronti, così forte da far sparire tutto il resto - la sala, le persone, la musica.
    Nessun pieno di margarita o sostanza stupefacente avrebbe potuto rendere meno acuta la percezione dei suoi gesti. Gli bastava muoversi, perfino solo respirare, perché in me si risvegliassero emozioni fuori da ogni logica o controllo. Non riuscivo a perdermi niente, i sensi erano tutti concentrati sulla sua figura magnetica a carpirne il minimo cambiamento: il modo in cui sbatteva le palpebre, quel suo modesto gesticolare, l'aria di chi si trovava perfettamente a suo agio in un contesto nuovo e per certi versi sconosciuto e ci si muovesse con invidiabile sicurezza.
    CITAZIONE
    E dopo quello che ha visto... Non ha paura?

    Mi ritrovai di nuovo a vedere solo il blu dei suoi occhi in un contorno rossastro, col fiato sospeso e qualcosa di pungente da dire che finiva per essere ricacciato indietro da un'insolita soggezione. Tornai alla realtà per il tremore che mi sconvolse la schiena. Avevo una paura fottuta delle foto e del responsabile ancora a piede libero, e di lui anche. A pelle. Non riuscii a esternarlo e, col senno di poi, fu una fortuna.
    Con l'arrivo del cameriere, la bolla di calore e cariche elettriche in cui mi ritrovavo parlando a tu per tu con Jackson si dissolse, lasciandomi pensare e valutare in modo quasi incontaminato. Questione di un attimo ma la differenza fu palpabile.

    - Sono terrorizzata, signor O'Neill - e mi sporsi un po' verso di lui, calcando in particolare sul suo nome.
    - Ma questo non m'impedirà di andare avanti - sembravo abbastanza sicura di quel che dicevo. Feci muovere l'indice sul piede della coppa, in senso circolare, raccogliendo un po' i pensieri.
    - "Essere impavidi non vuol dire essere al cento per cento senza paura; significa avere paura ma essere abbastanza forti da saltare lo stesso". E io sono abbastanza forte da saltare lo stesso, in questa iniziativa e quelle che verranno perché si sappia la verità. Con tutte le scarpe. - una conclusione decisa.

    Edited by aquamärine - 9/1/2021, 14:33
     
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    Beh, signorina Waugh.. queste sue parole sono molto forti, mi stupisce sa?
    Rispose con fare visibilmente interessato O'Neill.

    Ma da quanto ha detto Kermit lei è un'attivista.. Quindi non dovrei meravigliarmi. Mi perdoni ma quando guardo ai giovani d'oggi vedo tanto.. troppo fumo e niente arrosto, e questo mi porta a fare spesso di tutta l'erba un fascio.
    Quelle parole arrivarono come un attestato di stima nei suoi confronti a Rebecca, la quale si sorprese nel sentirsi contenta che quello che per lei altro non era che un perfetto sconosciuto la ritenesse migliore rispetto al resto dei suoi coetanei.

    Tornò in quel momento il cameriere con un bicchiere con dentro quello che sembrava del whiskey, il quale si limitò a posare il bicchiere sul tavolo ed andarsene dopo un cenno d'intesa di Jackson. Il rosso prese il bicchiere in mano e se lo passò davanti alla bocca, inspirandone col naso i vapori come un novello sommelier farebbe prima di assaporare un buon vino.

    2021-01-08 14:21:35 Rebecca rolls 4 dice to Empatia 2,10,7,5 [2 successes]


    Alla giovane non sfuggì in quel gesto una nota di malinconia, oltre ad una palese ritualità. Jackson sembrava star facendo qualcosa che più che fargli assaporare il momento presente, lo riportava ad un qualcosa che apparteneva al suo passato. Fu una sensazione istintiva ma che notò in modo abbastanza palese, sia dai suoi gesti, sia dall'espressione che per qualche secondo assunse il suo interlocutore.


    Senza neanche portare il bicchiere alla bocca, Jackson lo posò davanti a se e tornò sull'argomento.

    Mi piacerebbe vederla all'opera. Vorrei vedere la passione bruciare in lei nel mezzo di una tempesta per vedere se la fiamma è abbastanza forte da continuare a bruciare o se, come purtroppo nella maggior parte dei casi odierni, le parole si rivelano solo.. parole.

    Oh.. Mi scusi, ecco la mia disillusione per i giovani d'oggi tornare a galla..

    Aggiunse poi quasi scusandosi prima ancora che Rebecca potesse sentirsi in qualche modo sminuita da quella frase. Quelle ultime frasi di O'Neill le fecero sentire quell'uomo più vicino a lei ed alle sue posizioni, come se si stesse in qualche modo aprendo ad un dialogo leggermente più profondo di quello avuto fino ad ora.

    Jackson si sporse leggermente in avanti, creando con quel semplice gesto un'atmosfera più intima tra i due.
    Però... Se le dicessi che insistere come dice di voler fare in questo progetto la porterebbe ad affrontare davvero i demoni che hanno fatto quello scempio. Lei crede davvero che aderirebbe comunque?

    La prego, non prenda questa mia domanda come una mancanza di fiducia in lei. Sono realmente curioso di sapere.


    Dal palchetto alle loro spalle nel frattempo arrivavano rumori che Rebecca conosceva bene. Rumori che sentiva solitamente prima di andare in scena live. Evidentemente Kermit stava per esibirsi, era questione di momenti.

    Ci pensi bene, signorina Waugh. Non voglio una risposta affrettata. La prego. Assecondi questa mia curiosità.
    Una vera paladina dei diritti civili moderni come lei... Sacrificherebbe se stessa per questa causa?

    Tutta quella situazione si era di colpo fatta incredibilmente strana. Seppur Jackson parlasse di ipotetiche situazioni, di ideali, di un effettivo impegno serio alla causa e non superficiale come troppo facilmente molti tendono a fare... Rebecca si trovò totalmente annichilita da quella frase. Anche se era stata posta come una curiosità, Rebecca sentì dentro di se ancora una volta quel brivido, più forte che mai. Soprattutto quando Jackson fissandola come un leone fisserebbe una gazzella tornò ad insistere chiedendole di prendersi il suo tempo per pensare ad una risposta. Sentì come se non si stesse più facendo una semplice chiaccherata tra amici, ma piuttosto si stesse per firmare un contratto col diavolo in persona. Un diavolo dal folto baffo color ruggine e dagli occhi azzurri come il ghiaccio.

    Proprio nel momento in cui Jackson le chiese di prendersi il suo tempo, dal palco arrivarono i segni della prima esibizione della serata che andava a cominciare.

    Ci pensi. Intanto gustiamoci il talento di Kermit. In fondo glielo dobbiamo, paga lui questi drink!
    Assurdo, dopo averle scaricato addosso un vagone carico di ansia ed intimo terrore, Jackson tornò nuovamente a parlare in modo sereno e tranquillo, per poi spostare la sua attenzione sul palco dal quale Kermit Ruffins ed altri erano in procinto di esibirsi, non prima di aver ripreso in mano il bicchiere ed esser tornato a gustarne l'aroma.

    Alle spalle di Rebecca, ancora intimamente paralizzata da quella domanda, iniziò l'esibizione di Kermit.





    Nella mente di Rebecca quella domanda continuava a ripetersi ancora ed ancora, e mentre cercava dentro se stessa la risposta che solo lei poteva dare, Jackson seguiva e addirittura partecipava all'esibizione, sorridendo e cantando insieme al resto del locale "Oh Marie" ogni volta che quella parte si ripeteva nella canzone.

    Rebecca invece era bloccata, come se tutto il mondo intorno a lei andasse avanti, cantando, ballando e godendosi il momento... e lei fosse chiusa in una terrorizzante stasi temporale.

    Edited by Lopensky - 9/1/2021, 11:08
     
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    Mentre alle mie spalle si alzavano i suoi del backstage di un concerto, non riuscivo a pensare ad altro che a quello. Sacrificare me stessa per la causa.

    Facendo un discorso prettamente egoistico, a me quell'ingaggio serviva. Era un'occasione d'oro, di quelle che capitano una sola volta nella vita e, fosse anche venuto giù Thanos, non ci avrei rinunciato. La fiducia di Kermit Ruffins mi era praticamente piovuta addosso dal niente: se avessi detto di no "solo" per delle foto splatter, o perché un tizio discretamente affascinante continuava a battere con insistenza sul tasto paura, me ne sarei pentita per tutta la vita. Parliamoci pure chiaro, siamo tra noi: ero atterrita. Avere la certezza che là fuori ci fosse qualcuno capace di fare quelle cose (e che potesse succedere a me!) mi faceva desiderare di non mettere più il naso fuori casa.
    Però la prospettiva di esibirmi finalmente con un entourage di spessore era assai più forte della paura, almeno finché ero comodamente seduta in un bar con il secondo margarita in mano e di base al sicuro.

    - I-io ... - le parole mi morirono in bocca, mentre il suono di due trombe si diffondeva nella stanza e Jackson cambiava radicalmente atteggiamento, da così a così. Rimuginai sul pensiero cardine mentre ricadevo indietro sulla sedia, in silenzio, pensierosa e libera dalla calda e invitante bolla in cui ero stata negli ultimi minuti.
    Avevo sposato diverse cause e di pancia nel corso della mia giovane vita: la discriminazione razziale nel mio quartiere a Salem, quella di genere all'università, le spose bambine e lo sfruttamento sessuale dei minori per gli occidentali in Thailandia, il maltrattamento degli animali e la vivisezione (ecco spiegate le mie ripetute F in biologia, al liceo), il sessismo. Avevo scritto petizioni e raccolto firme, militato al college e ascoltato le storie di tutti quelli che avevano voluto raccontarmele. Me ne erano passate sotto al naso di immagini choc, alcune le avevo viste accadere in diretta; le proteste in piazza erano state animate e a volte sedate dalla polizia a suon di manganellate e teaser ma mai avevo rimpianto d'esserci stata e aver fatto la mia parte. Le abbracciavo tutte con la stessa carica emotiva prorompente: la giusta causa di un altro diventava la mia, in ogni sua parte. Con quella poteva essere lo stesso?

    Tutti cantavano, spensierati, perfino O'Neill. Io invece ero prigioniera di quel pensiero. Qualunque cosa avessi potuto dirgli in quel momento sarebbe stata alterata dalla circostanza: ero al sicuro in un bar, a bere margarita e ascoltare Kermit dal vivo in mezzo ad una massa enorme di clienti in festa. Avevo una paura fottuta di trovarmi di fronte il responsabile di quell'atrocità, di finire male io stessa, ma era ero stata messa al corrente di qualcosa per cui sentivo valesse la pena far sentire la mia voce. Mi sarei voluta divertire anch'io, cantare e magari unirmi a sorpresa a Kermit sul palchetto improvvisato, ma non riuscivo a muovermi né uscire da quello stato catatonico. Poi, all'improvviso, posai la mano sul braccio di Jackson.

    - Crede che lottare per far capire a un suprematista bianco che la vita di un afroamericano conti quanto la sua non sia pericoloso? O che esibirmi in un locale con addosso un costume di scena striminzito mentre lancio messaggi femministi sia sicuro?

    Non esistono cause da difendere che non comportino dei rischi. Ho una paura fottuta di incontrare la persona sbagliata ogni volta che metto il naso fuori la porta di casa e di non tornarci più, ma non per questo smetto di essere chi sono e di parlare quando vedo qualcosa che non mi piace.

    Potrò anche essere terrorizzata da quello che ho visto - e lo sono, cazzo - ma non rinuncerò all'ingaggio né ad aiutare il signor Ruffins a far venire fuori questa storia -
    e solo allora mi resi conto di avere tenuto per tutto il tempo la mano sul suo braccio. La ritirai di scatto, come se mi fossi scottata, e la posai sul ginocchio. Finii il margarita con avidità e in un sorso solo, prima di mettere la mano sulla borsetta e dire:

    - Se vuole scusarmi, credo di aver bisogno di una sigaretta - che avrei scroccato a un passante perché stavo cercando di smettere di fumare.
     
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    Quando Rebecca iniziò a parlare, attirando ancora di più l'attenzione su di se posando la mano sul braccio di Jackson, questi tornò subito con lo sguardo su di lei, ascoltando con vivido interesse le sue parole. Non sembrò avere reazioni evidenti mentre ascoltava. Solo quando lei finì di dare la sua risposta e ritrasse la mano, questi si accomodò lentamente all'indietro sulla sedia, come se rilassandosi stesse metabolizzando quanto sentito.

    2021-01-09 10:39:48 Rebecca rolls 4 dice to Empatia 7,3,3,5 [1 success]


    Sebbene il rosso non disse nulla ne assunse espressioni eloquenti, Rebecca ebbe la sensazione che quella risposta fosse stata accolta positivamente da Jackson. C'era dell'altro però. Qualcosa gli ronzava per la testa, era chiaro. Impossibile però capire cosa fosse.

    Mentre lei dava fondo al suo drink, notò con la coda dell'occhio l'altro guardarla ancora, esattamente come l'aveva guardata all'inizio della conversazione, dopo essersi seduto al tavolo. Stavolta però, forse a causa dell'essersi ormai abituata a provare quella sensazione, si sentì più a suo agio con la cosa.


    Quando disse di voler andare a fumare una sigaretta, O'Neill sorrise divertito ed estrasse dalla tasca un pacchetto ormai quasi esaurito e piuttosto logoro, allungandolo verso la giovane.

    Io l'aspetto qui, non vorrei perdessimo questo tavolo... Posso offrirle una sigaretta però?

    Poi, come se si fosse reso conto di aver dato la cosa per scontata, si affrettò ad aggiungere.
    Tornerà, si?
    Vuole tornare già a casa? E'ancora presto, la notte è giovane...

    Rebecca ebbe l'impressione che avesse realmente piacere di proseguire ancora la serata con lei. La domanda che forse ancora non aveva risposta, era cosa volesse fare lei, invece.
     
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    Nell'alzarmi maneggiai la catena della borsa per districarla e indossarla con facilità. Già proiettata al caldo afoso che mi aspettava all'esterno e al modo in cui avrei scroccato la sigaretta a qualche passante, tornai su Jackson quando mi porse un pacchetto piuttosto vissuto. Pacchetto-Rosso-Pacchetto.
    - Grazie - corrugai un po' la fronte prima di aprirmi ad un sorriso sinceramente più bendisposto e prenderne una, che avrei tenuto tra le dita fino a che non avessi raggiunto l'esterno. La musica era ancora forte, i clienti cantavano ancora e bevevano, c'era un odore di cibo pazzesco ed io avevo una fame... Guardai verso la porta.
    - Scherza? La serata è appena cominciata! E poi, c'è ancora spazio per almeno un altro margarita - sorrisi. Avevo voglia di ascoltare altre canzoni di Kermit, di bere e divertirmi. Cantare io stessa, magari. Esibizionista com'ero avrei rubato la scena al mio nuovo amico in un batter di ciglia. Detto ciò, mi allontanai verso l'uscita facendomi largo tra i presenti. Tenevo la borsa stretta al petto, lo sguardo sicuro e fiero e i sensi attivi.

    Appena fuori di un passo realizzai subito due cose: il caldo allucinante e la libertà. Cercai con lo sguardo qualcuno che stesse già fumando (l'ideale, proprio) e trovai una coppia di uomini poco più in là, sul marciapiede. Mi avvicinai e attirai la loro attenzione alzando un braccio, mostrando la sigaretta tra le dita.
    - Scusi. Ha da accendere? - La fiammella dell'accendino illuminò la strada piuttosto buia, compresi i loro cappelli e le camice sbottonate fino a metà petto. Mentre il Quartiere Francese era un tripudio di luci ed insegne, quella strada era decisamente piena di zone d'ombra. Il mother-in-law faceva da faro per tutta Claiborn Ave...
    Accesa la sigaretta, ringraziai i due uomini e tornai verso l'ingresso fermandomi sotto la luce. Mi bastò il secondo tiro e lo sguardo verso la strada semi-deserta per percepire con maggior chiarezza la libertà di cui parlavo. Non avrei saputo spiegarlo in altro modo: fin tanto che ero stata accanto a O'Neill mi ero sentita come attratta da una forza indescrivibile verso di lui. Quando parlava pendevo dalle sue labbra e quando parlavo io desideravo avere la sua approvazione. Allontanarmi mi era servito a realizzare anche di quei piccoli dettagli, prima banali sensazioni fraintendibili. Quei bisogni, quei pensieri, non c'erano più. Era rimasta solo la consapevolezza di averli provati e un formicolio sottopelle che faceva vivere un conflitto: assecondarlo o combatterlo? Mi voltai quindi verso l'ingresso con la chiara intenzione di cercarlo tra la gente; scossi la testa al fallimento e tornai a dedicarmi alla sigaretta e al silenzio mentale, aiutato dalle luci blu del cellulare e le foto su instagram a cui lasciai qualche cuore.

    Massaggiai anche la nuca e riavviai un po' i capelli, sistemai velocemente il top e la collana, prima di gettare in terra il mozzicone e spegnerlo sotto la suola della scarpa. Rientrai e faticai un po' prima di ritrovare il tavolo, stavo quasi per perdermi tra le tante persone. Nel riconoscere la chioma rosso acceso di O'Neill mi schiarii la voce.
    - Mi sono persa qualcosa d'interessante? -
     
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    Jackson era ancora li, non si era spostato di un millimetro. Aveva il telefono in mano e sembrava ammazzare il tempo nell'attesa del suo ritorno, o che dal palco iniziasse un'altra esibizione. Alle parole di Rebecca alzò lo sguardo verso di lei, aprendosi in un sorriso che seppur mostrasse soddisfazione nel riaverla li al tavolo, traspariva dallo sguardo una sorta di amarezza di fondo. Come se fosse al tempo stesso contento e per qualche motivo dispiaciuto.

    Nulla di che... La cosa più interessante della serata era andata a fumare....
    Ma ora è tornata, quindi possiamo dire che non si è persa nulla!

    Aggiunse chiudendo quell'uscita da guascone con un altro occhilino appena accennato, prima di mettersi a ridere di gusto.


    Mi perdoni..
    Si ricompose leggermente, tornando ad assumere un atteggiamento analogo a quello che aveva prima che Rebecca lasciasse il tavolo. Un cenno della mano ad indicarle la seduta, prima di riprendere a parlare.

    Riprenderanno a breve, stanno facendo una piccola pausa tecnica.
    Con disinvoltura ripose il cellulare, dandole l'impressione di volerle dedicare la sua attenzione ora che era tornata, impressione che venne confermata dallo sguardo, tornato fisso su di lei.
     
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    Prima di tornare al tavolo feci una picchiata veloce al bagno: dovevo lavarmi le mani se avevo intenzione di mettere qualcosa sotto ai denti e ne avrei approfittato anche per darmi una rinfrescata dopo l'afa. Oltre me, solo un paio di persone; le guardai en passant dallo specchio - speravo sempre che qualcuno mi riconoscesse ma non succedeva mai - e sorrisi nell'incontrare i loro sguardi prima di dedicarmi solo ed esclusivamente a me.
    Passai le mani umide sul collo e dietro la nuca; riavviai i capelli e cercai di fargli recuperare un po' di volume, infine sistemai un po' il top e la collana. Sbuffai al mio riflesso prima di aprirmi in un sorriso sicuro: era andata bene.
    Quanto ci metterò a mandare tutto a puttane? domanda da diecimila dollari. Nemmeno valeva il fantomatico milione perché sapevo già che in qualche modo, uno di quei giorni, mi sarei bruciata da sola quell'occasione incredibile. Ci sarebbero stati dei compromessi da accettare e occhi da chiudere... funzionava a quel modo e io, cazzo, proprio non ce la facevo a mordermi la lingua. Piuttosto mordevo quella degli altri.

    Una volta in sala usai come punto di riferimento i capelli rosso irlandese di Jackson, niente di più sgargiante (alla faccia dei calzini di spugna nei sandali di un turista tedesco e un un'orrenda camicia con enormi flamingos); lo raggiunsi facendomi largo tra la gente accalcata davanti al palchetto e presa da mille chiacchiericci, tutti gioviali. Non c'era traccia di malcontento o noia, a testimonianza del fatto che Kermit Ruffins ci sapesse fare con la gente e che fosse nato per fare quel mestiere. Intrattenere dei perfetti sconosciuti per una serata intera non era mica facile come poteva sembrare e lui ci riusciva alla grande.

    Inarcai il sopracciglio con fare compiaciuto mentre mi accomodavo e il rosso si lasciava andare ad un nemmeno troppo velato flirt.
    - Ottimo - appoggiai la borsa sul tavolo. Il complimento mi era arrivato dritto allo stomaco e mi accese, di certo più di quanto avrebbe fatto se venuto fuori dalla bocca di qualsiasi altro. Ero ufficialmente rientrata nella cosiddetta piacevole bolla.

    Mi misi comoda: il gomito sinistro appoggiato al bordo del tavolo e le dita tra i capelli. Mi sentivo molto più a mio agio in sua compagnia rispetto all'inizio, quasi come se stessi avendo a che fare con un vecchio amico, ed era lampante. Così come non poteva passare inosservato il ribaltamento del suo modo di approcciarsi a me: era stato diffidente e riflessivo, mi aveva squadrata da capo a piedi e per un secondo avevo creduto stesse cercando di leggermi nella mente, come un legilimens. Aspettai qualche secondo prima di parlare di nuovo.
    - Così ha un locale nel Quartiere Francese - l'occhio saltò al whiskey ancora intonso. L'aveva annusato come qualcosa di desiderato e prezioso e non l'aveva neanche toccato. Chissà perché... Venne automatico pensare che magari avesse un passato da alcoolista e non volesse mandare a puttane i sacrifici fatti fino a quel momento beata ingenuità. Tornai su di lui.
     
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    Eh si...
    E'una cosa recente a dirla tutta... La classica opportunità che uno proprio non può farsi scappare.


    Rispose continuando a tenere gli occhi sulla giovane, evidentemente compiaciuto per quello che era stato il modo di porsi di lei nei suoi riguardi dopo quella sua uscita da buontempone. Non ci voleva un grande spirito di osservazione per capire che direzione stesse prendendo quella situazione, specie per Rebecca che era una donna dall'aspetto decisamente sopra la media e che era quindi abituata a ricevere delle avances più o meno sfacciate. C'era da dire che Jackson nel suo approccio risultava abbastanza discreto, cosa che le fece vivere quel momento in modo più sereno di quanto avrebbe fatto in circostanze diverse. In fondo stava parlando con quello che poteva essere considerato il portavoce dei finanziatori dell'evento che le avrebbe potuto cambiare la vita, cosa che di per se già rendeva tutta quella situazione piuttosto ambigua e ancora più difficile da gestire.

    Ecco, se in quel momento Rebecca avesse potuto puntare un penny sulla roulette dei tonfi della sua carriera, sicuramente l'avrebbe giocato sul rosso. Rosso che sembrò incassare piuttosto bene lo sguardo di Rebecca che ora iniziava a prendere più coraggio nel relazionarsi con lui, rispondendo con la stessa sicurezza ostentata fino a quel momento.

    Nel mentre il locale alle spalle di lei stava via via diventando sempre più rumoroso e vivo. Dal palco iniziarono ad arrivare di nuovo suoni tipici, quali strumenti collegati ed amplificatori accesi.

    Jackson si rilassò sulla propria seduta, che a differenza di quella di Rebecca era rivolta verso il palco da cui si stavano per esibire. Allargò un braccio alla propria destra, ad indicarle la poltroncina al suo fianco.

    Prenda quel drink e venga da questo lato, almeno potrà godersi meglio l'esibizione...
    Sarebbe un peccato perdersi il prossimo pezzo!

    Con un cenno del capo indicò il margarita di prima che era ancora al centro del tavolo, per poi rilassarsi sulla sedia ancora più di quanto avesse fatto fino a quel momento, aspettando che Rebecca rispondesse al suo invito e che l'ennesima esibizione live iniziasse.
     
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    - Capisco che intende - me ne uscii con l'aria di chi la sa lunga (in quel caso, di sicuro!) e lo sguardo furbo, indagatore. Non sapevo se lo stesse facendo di proposito o non ci facesse caso affatto ma ancora non mi aveva detto di cosa diavolo si occupasse.
    Ristorazione? Abbigliamento? Articoli musicali? Prostituzione? Hôtellerie? Traffico di droga nel retrobottega di un drug store? C'erano così tante attività nel Quartiere Francese che tirare a indovinare mi avrebbe portato via una vita ed io ero nata curiosa e impaziente, non avevo tutto quel tempo. Ghignai e cominciai a disegnare un cerchietto sul tavolo con l'indice.
    - Inizio a credere che ci goda parecchio nel tenermi sulle spine - era anche merito dei margarita a stomaco vuoto se mi ero rilassata tanto presto. La sua influenza aveva giocato una carta fondamentale, il drink aveva accompagnato alla grande.

    Senza aggiungere altro accettai la sua proposta di cambiare posto; feci per prendere il margarita (che già avevo intenzione di bere: era già pronto quindi perché ordinarne un altro) salvo poi cambiare idea all'ultimo e puntare il bicchiere di whiskey.
    - Le spiace? -

    Gli passai davanti e occupai quindi la seduta al suo fianco, vista palchetto. Semmai avessi incrociato lo sguardo di Ruffins, avrei alzato il bicchiere per salutarlo.
    Impressionante l'effetto che ebbe sul mio corpo l'accorciare la distanza fisica: mi accarezzai il braccio per contrastare un lieve prurito e mi accorsi di avere la pelle d'oca, molto più pronunciata dal lato di Jackson.
    Bevvi subito un sorso.
     
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    Vedendo la giovane muoversi per prendere il margarita ma poi cambiare idea e puntare il bicchiere contenente il whiskey Jackson non fece una piega, anzi sorrise ancora una volta, almeno apparentemente divertito dalla situazione.

    Potrei mai negarle di assaporare un buon whiskey irlandese?!?
    Benchè la risposta fosse "neutra" Rebecca percepì che la sua provocazione aveva colto il bersaglio. Di certo quel Jackson non era uno sprovveduto ed i suoi segnali piuttosto evidenti erano stati colti.

    Quando la giovane portò il bicchiere alla bocca non potè non notare lo sguardo dell'altro soffermarsi sulle sue labbra, mentre si aprivano per accogliere prima il bicchiere, e poi il gusto secco ad altissima gradazione di quel distillato che, diciamola tutta, non era proprio il massimo per lo stomaco vuoto di Rebecca, peraltro già messo a dura prova fin dalla precedente nottata di bagordi.

    Intanto Kermit era tornato in scena, quasi tutti nel locale si voltarono verso il palchetto bicchieri alla mano a gustarsi l'esibizione.



    Rebecca aveva ancora il bicchiere in mano quando Jackson si voltò verso di lei con aria decisamente complice.

    Comunque.. Son ben altre le cose per cui godo signorina..
    Il tono era basso ed intimo, ed arrivò per quello che era, un'altra provocazione bella e buona. Stavolta differentemente da prima, non si mise a ridere ne stemperò l'atmosfera decisamente calda che si stava creando.

    Senza aggiungere altro allungò con fare lento ma deciso una mano in basso, un gesto che per un attimo fece sobbalzare Rebecca, la quale ebbe l'istintivo timore che volesse toccarla, cosa che invece non fu. Afferrò piuttosto una delle gambe della sua poltroncina, e la trascinò con tutta la seduta più vicino a se, lentamente, fin troppo delicatamente considerando il peso complessivo che con un singolo braccio stava spostando. Ora i due erano molto vicini, tanto che le loro gambe quasi si toccavano sotto il piccolo tavolo del locale.

    2021-01-10 16:30:50 Rebecca rolls 5 dice to Notare (Diff 8) 6,1,5,4,9 [failure]


    Se non le ho detto ciò che faccio giù nel quartiere francese, è perche avendola sentita parlare del fuoco che le brucia dentro, credo mi vedrebbe con occhi diversi... E mi dispiacerebbe molto.
    Vista la nuova distanza ravvicinata tra i due, quella frase le venne pronunciata praticamente a pochi centimetri dall'orecchio, cosa che permetteva a Jackson di parlare più piano e farsi comunque sentire in quell'ambiente denso di musica e festeggiamenti.

    Ho un Night Club.
    Sparò poi secco e deciso.

    Di quelli davanti ai quali spesso gli stessi che il giorno prima sono dentro come clienti si radunano a protestare cartelli alla mano...
    Aggiunse poi, chiarendo qualsiais possibile dubbio sulla natura dei suoi affari. Mentre parlava con lo sguardo scrutava il volto di lei per carpire ogni possibile reazione della giovane a quell'informazione.
     
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    Con chi mi piaceva ero sfacciata. Ero giovane e, cosa più importante, libera: libera di andare con chi volevo, di ballare come mi pareva, di divertirmi. E poi ogni lasciata era persa, signori. Si moriva per un niente, come quelle persone sul bus 415, quindi perché riservarsi? Per quale ragione privarsi di qualche piacere innocente in un mondo così crudele e caduco? Non giudicavo chi sceglieva di condurre una vita casa chiesa ho-una-morale-non-le-faccio-queste-cose (e per lo stesso principio mi aspettavo che loro non giudicassero me. Utopia), solo non era la mia strada.
    La cosa più entusiasmante di tutte però stava in un particolare: dato il mio modo di essere, le persone si convincevano in automatico che fossi una tipa facile. Solo perché avevamo condiviso un drink, un ballo più o meno intimo e qualche sguardo la maggior parte degli uomini con cui avevo a che fare nei locali dava per scontato che saremmo finiti a letto insieme. In un certo senso, se l'aspettavano.
    "E' per questo che mi hai baciato"
    "Dopo quel ballo?!"
    "Lo so che è quello che vuoi".
    A quel punto il gioco era fatto: avevano perso l'occasione. Nessuno doveva darmi per scontata mai. Ero io a comandare.

    * * *


    Puntare sul whiskey non era stata una mossa molto saggia, a posteriori. Avevo bevuto a digiuno e gli effetti indesiderati cominciavano a farsi sentire, complice la folle notte scorsa. Il liquido ambrato bruciò letteralmente le pareti di esofago e stomaco; per quanto piccolo il sorso fosse stato, fu comunque deleterio. Dovevo dire però che, tolti il calore e la carica alcoolica alle stelle, era buono. Più buono ancora fu sentirmi addosso gli occhi di O'Neill. A sguardi di quel tipo ero abituata, ero io stessa a cercarli negli altri: a volte per portarmi a letto qualcuno (se non era un emerito stronzo), altre per il puro piacere di attaccare briga ma per quello servivano le prede giuste.

    - Tipo vedere la mia fiamma resistere nella tempesta? - a proposito di fiamme, stavo palesemente giocando col fuoco. Non avevo paura di parlargli a quattr'occhi, a una distanza così ravvicinata, e in modo chiaro. O meglio, la vocina allarmata che mi chiedeva di stare all'erta c'era ancora e insisteva perché mi allontanassi seduta stante ma avevo scelto consapevolmente di assecondare quel brivido e godermelo.
    La tensione tra noi ormai si poteva tagliare con il coltello; ogni singolo gesto dell'uno aveva effetti particolari sull'altro. Per lui fu l'assaggio del whiskey, per me il movimento calibrato del suo braccio verso il basso. Era una sensazione elettrizzante; farmela scivolare dalle dita mi avrebbe fatta sentire insoddisfatta e per quello già bastava la mia carriera che faticava a decollare.

    Ero convinta volesse toccarmi la gamba invece avvicinò di più la mia poltrona alla sua, per quello sussultai un po'; poi abbassai lo sguardo verso i piedi della poltrona e le nostre ginocchia a pochi millimetri dal contatto. Lo spettacolo era ricominciato ma lo percepivo lontano, in sottofondo. Un piacevole accompagnamento e nient'altro.
    Scoprii finalmente che genere di locale (occasione imperdibile) avesse nel Quartiere Francese e non ci ero andata molto lontano con le mie congetture. Si trattava comunque di ristorazione, intrattenimento, somministrazione di cibi e bevande. Facile, dato il posto. Onestamente, dubitavo potesse essere il direttore di un supermercato.
    - Un night club, eh - annuii un po', riflettendo en passant sul perché avrei dovuto cambiare idea sul suo conto. La cosa mi faceva mal pensare e a occhio e croce, dalla sua premessa, non era poi così sbagliato.
    - Ce ne sono diversi, sia più specifico - quanto interesse, Becca. "Di quelli davanti ai quali spesso gli stessi che il giorno prima sono dentro come clienti si radunano a protestare cartelli alla mano...". Oh, quanta maledetta verità.
    - I soliti ipocriti del cazzo - scossi la testa appena appena, ghignando e abbassando gli occhi sulla superficie lucida del whiskey. Mi presi qualche secondo di silenzio e riflessione per cercare una risposta da sola a quel "potrebbe guardarmi con occhi diversi". Non era molto facile data la mente alterata dall'alcool, che per altro aveva completamente sciolto i miei già precari freni inibitori... c'erano così tante ragioni per le quali avrei potuto guardarlo in modo diverso ma riuscii ad elencarne soltanto due. Dovevo pur dargli modo di rispondere.
    - Strumentalizza e mercifica il corpo femminile delle sue dipendenti? Oppure sottopaga dipendenti clandestini senza un regolare contratto? - al diavolo lo stomaco in fiamme; ci voleva un altro sorso, la discussione cominciava a prendere una piega interessante.
     
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    Quale fosse stata di preciso la reazione di O'Neill alle sue parole non le fu chiaro, i due erano infatti rivolti entrambi verso il palchetto e non erano più faccia a faccia con prima. Questi si prese però del tempo per riflettere, cosa che diede modo a Rebecca di pensare di aver colpito nel segno, probabilmente era un tasto che aveva in qualche modo messo in difficoltà il rosso.

    Prima che il silenzio potesse in qualche modo raffreddare l'atmosfera Jackson si decise a rispondere, a modo suo.

    Strumentalizzatore e mercificatore dei corpi femminili delle mie dipendenti...
    Dovrei scriverlo sui biglietti da visita!

    Sorrise quindi sotto ai baffi, evidentemente divertito da quella definizione.

    Devo ammettere che se strumentalizzassi lei il mio locale farebbe un bel salto di qualità!
    Tornò a ridere di gusto. In qualche modo era riuscito a stemperare l'atmosfera, con una battuta che a suo modo voleva essere un complimento, la cui efficacia si sarebbe però misurata solo in base alla reazione che avrebbe avuto Rebecca.

    Nel frattempo lei, presa dalla conversazione e dall'atmosfera che si era creata nel frattempo aveva preso un altro bel sorso del whiskey di Jackson. Benchè fosse avvezza al bere, quel distillato era decisamente forte e se possibile ancora più secco. Lo sentì scendere giù lungo la gola, bruciando lungo tutto il tragitto fino al suo stomaco anche più di quanto aveva fatto il primo. Il suo corpo minuto ebbe una reazione quasi istantanea, facendola sentire accaldata, come se la sua temperatura interna fosse salita di qualche grado in pochi istanti.

    Jackson vedendola bere ancora assunse un'espressione quasi sorpresa.
    Non mi aspettavo fosse un'estimatrice...
    Aggiunse quindi, con fare quasi rispettoso.

    Nel mentre Rebecca iniziò a sentire i primi effetti dell'alcol ingerito. Le gote si tinsero di un rosa più intenso, ed iniziò a sentirsi sempre più allegra e priva di freni inibitori.
     
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