Basin Street

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    Storyville era un quartiere piuttosto particolare di fine ottocento, che ebbe vita piuttosto breve; cancellato da un incendio e dalla successiva stretta delle autorità cittadine durante i disordini del 1917, privando New Orleans di uno dei capisaldi della lotta contro il Volstead Act. Quello che ai tempi veniva considerato come il regno del vizio -alcol, gioco d'azzardo e prostituzione erano all'ordine del giorno- era finito con il diventare un macilento sottoinsieme di locali sbarrati e case popolari a poco prezzo, con alcuni degli edifici bruciati in passati non ancora demoliti completamente, scheletri di ferro e legno che sottolineavano più di ogni altra cosa il degrado e il passato che, ne aveva avuto riprova anche poco prima al bordello e muovendosi per la città, non era mai stato così attuale.

    QWonpTX



    Il Ghiberti arrivò verso l'ingresso di Basin Street e finì per accodarsi ad un'altra macchina, che stava cercando di filar dritta per la via prima di essere bloccata da una pattuglia che si era fermata proprio allo sbocco dell'arteria principale, bloccandone l'accesso. Due poliziotti se ne stavano al centro della strada, rimestando il poco traffico lontano dal luogo ma soprattutto parlottando tra di loro. Un terzo se ne stava seduto dentro la volante mentre un quarto stava discutendo piuttosto animatamente con l'uomo al volante davanti ad Hagos, tutto preso ad inveire.

    Hagos sentì molto chiaramente l'agente che minacciava l'uomo di sloggiare, e il suo mettere mano al manganello legato alla cinta. Abbastanza perché questi ingranasse la prima e girasse per Canal Street, lasciandogli spazio per proseguire. Lo sconosciuto alzò la classica paletta e fece cenno alla macchina in coda di proseguire verso destra.
     
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    Approcciarsi a Basin Street non fu' un problema poi così insormontabile per il Doppio , che ebbe solo l'accuratezza di guidare tranquillamente e con cautela.
    La polveriera che era la Big Easy in quel momento storico lo aveva comunque messo in allarme. Considerando quello che stava andando a svolgere, doveva essere ancora più sicuro di risultare completamente irrilevante agli occhi ottusi delle forze dell'ordine.
    Facile. si sorprese a pensare mentre guidava la cautela mi aiuterà in tutto questo..
    Sospirò un po' infastidito alla presenza del posto di blocco. Tutta la calma e la cautela del mondo potevano infrangersi come onde sugli scogli di fronte alle forze armate di una città famosa per la propria arretratezza mentale.
    per fortuna son bianco. si disse, tradendo un pensiero ad alta voce. Non era poi chissà che sarcasmo; se il tono della sua pelle fosse andato appena oltre l'olivastro, era assolutamente certo che lo avrebbero fermato.

    Hagos scivolò lungo la strada, con l'intenzione specifica di non farsi cagare il cazzo al posto di blocco. Dando prova di essere semplicemente "uno fra tanti", fece un cenno al poliziotto con la paletta, e svoltò verso destra.
    intoppi superabili. commentò il becchino dentro la sua mente, cercando di notare con lo sguardo se vi fossero viottoli secondari in cui infilarsi.
    Arrivare fino all'appartamento con l'auto ritengo sia improbabile. riflettè, mentre indagava con lo sguardo ma anche portarsi un corpo a spalla per tutta quella distanza potrebbe essere un problema.
    Devo mediare...


    Usiamo cautela.
    cerco di ridurre la distanza tra me e il bordello il più possibile fintanto che sono in macchina (mi do un massimale di un quarto d'ora per trovare una strada apposita, ma se vedo che non trovo niente cerco soltanto un parcheggio isolato.

    Recupero quindi dalla macchina tutti i miei "attrezzi"
    il resto della strada me lo faccio a piedi, cercando di passare più inosservato e silenzioso possibile.
     
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    Imboccando una delle strade parallele al suo obiettivo trovò un punto già più tranquillo in cui parcheggiare, lo sbocco di un budello a misura d'uomo. Buio ed anonimo come molte delle vie interne al French Quarter, gli avrebbe offerto un minimo di copertura tra uno scatto e l'altro. Mentre a circa 150 metri si biforcava una strada anch'essa sorvegliata, anche se da un sol uomo che se ne stava poggiato ad un lampione. La noia incarnata. Difficile però dire se superato quel bipede ostacolo avrebbe avuto la strada sgombra.

    Le opzioni erano quindi due, tutt'altro che semplici. Proseguire in auto ingegnandosi e sperando nel fato o sfruttare le ombre delle palazzine, con tutti i rischi annessi.

     
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    Silenzioso come era addestrato a essere, il Ghiberti optò per abbandonare la macchina alle sue spalle dirigendosi verso le vie interne del French Quarter. Muoversi con essa e s sfidare la sorte (bieca e non per forza dalla sua parte) o a ccettare di fare più sforzi possibili ma tenendo sempre dalla sua il conteggio.
    non sono un asso a dominare la gente, ne sono consapevole. mormorò tra se e se, mentre cercava di tenere il conto di quanta strada gli mancasse ma sono pronto a sfidare queste vacche indisponenti al mio gioco. ste merde.
    Diede giusto un rapido sguardo attorno a se onde evitare il classico errore da angolo cieco: andare troppo spediti voleva dire non guardarsi indietro o in alto, e per puro spirito di paranoia non voleva rischiare di farsi tanare così per una svista.

    Se mi trovassi di fronte qualcuno che non è un poliziotto (senzatetto o similari) prima di fare qualunque cosa cercherei di comprarmi il suo silenzio con un paio di dollari e un dito sulle labbra.
     
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    Una volta entrato nel dedalo di stradine che ritagliavano il quartiere Hagos si mosse veloce e sibillino, passando del tutto inosservato lungo le prime, assonnate vie. Fu nel retro di un piano bar che incontrò la prima anima viva, un beone così malridotto da non riuscire a starsene con la guancia poggiata a dei cassonetti. Scivolava quasi a terra e poi tentava di rimettersi dritto, cercando un po' di comodità in mezzo ai rifiuti. Al pedaggio lasciato dal vampiro mugugnò qualcosa, forse un ringraziamento per il dollaro. Grazie, ma non fatturo... Per poi chiudere gli occhietti e lasciare l'uomo alla propria missione.

    Proseguendo lungo quelle infinite deviazioni e curve create dall'abitato Hagos tardò qualche minuto sulla tabella di marcia, ma quantomeno si accorse subito di essere arrivato a destinazione. Nonostante fosse considerata come una vera e propria costola del French Quarter la ferita chiamata Storyville era ancora ben marcata, con alcuni dei più vecchi palazzi che mostravano segni di fumo e, tanto più si guardava in lontananza, perfino dei danni alle strutture. Tutto ciò era nascosto dalle prime due linee di abitazioni lungo la Basin, che fungevano da copertura per la buona nomea del posto.

    Ma oltre a questo c'era altro, nascosto alle menti più terrene. Qualcosa aleggiava nell'aria, un pizzicore malevolo che lo mise in guardia e lo portò a fermarsi in una delle tante pozze d'ombra offerte dai locali lungo la strada. La stessa cosa che lo invitò, dopo appena pochi secondi, ad avanzare. Il posto in cui stava entrando era particolare, corale per i sensi affinati dell'occultista. Sentiva le tracce di morti passate e dimenticate, e un antico umore a permeare la zona. Gli ricordò alcune fosse comuni viste nel Congo Belga, l'orribile opera di Leopoldo II ai danni delle popolazioni indigene.

    Quello che gli rimaneva da fare era attraversare proprio Basin Street, deserta a parte per due ronde contrarie che stavano per incontrarsi ad una trentina di metri dall'alcova scelta dal Becchino.


    Fatto dei tiri di consapevolezza e sesto senso, 2 e 3 successi.


    Edited by Shaitan - 6/8/2021, 15:13
     
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    Scivolando nelle ombre della città dai mille colori, non diversamente da come era solito fare fra le rovine o i cimiteri che saccheggiava senza rispetto e ritegno, al becchino tornarono alla mente i suoi passati. Mentre cresceva, addestrato dal Nonno oltreoceano a divenire un fantasma impercettibile, capace di mettere in difficoltà anche i tanto nemici Laibon . Spiare i loro grezzi rituali tribali, trafugare le loro reliquie.
    Passare inosservato mentre gli stessi erano a caccia proprio di lui.
    Una vaghissima sensazione di nostalgia assalì le sue ossa non morte; allora rischiava la vita, era una preda. Ora, il Khonvoum era lui, e gli altri erano prede.
    Eppure era ancora lì, intento ad aggirarsi guardingo per evitare di turbare quella nuova savana di cemento. Negli ultimi trent'anni, Hagos non si era quasi mai spostato.
    Ma le ossa pretendono lucidità. pretendono alienazione da orpelli emotivi come la nostalgia. E per quanto ancora nuovo a questa ideologia, la mente del ghiberti è modellata per essere calcoltrice, fredda e analitica. La nostalgia è un ancora di cui si libera, in favore di quelle che sono le percezioni più pratiche, più necessarie ai suoi scopi.
    Ma è quando richiama a sè la concentrazione che si rende conto che qualcosa non va. Non è la sua "nostalgia" a pizzicargli la pelle, non è il ricordo del suo addestramento nè sono i parallelismi con i tempi in cui ancora il suo cuore batteva: c'è qualcosa nell'aria, qualcosa che lo disturba e che lo...distrae, quasi.
    Così il Ghiberti si ferma, attende un istante. E mentre si sincera di avere una finestra temporale sufficiente per fare quei pochi metri che lo separano dalla sua preda, riflette. La sua stessa natura, a prescindere da quanto analitico fosse divenuto in seguito alle verità delle Ossa, gli impediva di essere avventato. La troia era lì del resto, lei e il suo grembo portatore di tesori un po' troppo proibiti ad opera della testimonianza vivente di quanto il sangue unico non sia così indicativo di granchè.
    Storyville è stata squarciata da un incendio nel 1917.
    Così tante morti potrebbero alterare le mie percezioni. Che vi siano stati strappi nel sudario in questa zona?
    ...Non andrò avanti a tentativi e dubbi. Se non valuto attentamente la cosa, vi potrebbero essere conseguenze.
    E io non devo fallire.


    Un rapido sguardo a destra e a sinistra. La strada era libera. e lo sarebbe stata forse per altri interi secondi. Hagos optò quindi per andare molto più sul sicuro. quindi cercò una copertura, anche fosse solo di un cassonetto, e si sedette a terra nascondendosi con essa. Era il momento di fare un tentativo.

    Dunque, da quello che ho capito comunque io sono in una posizione di estremo stealth, e finchè non mi muovo non dovrebbero vedermi le ronde, anche ammesso che tornassero nella mia direzione.
    Almeno, questo è quello che mi auspico.

    Se le condizioni ci sono, proverei a raccogliere la concentrazione e fare Camminare sulla tomba (Cenotafio 3) per cercare di capire se l'origine di questa situazione che mi sento addosso deriva da qualcosa di più definito o meno.
    Che il tiro riesca o fallisca, io poi andrei verso la palazzina e cercherei di infilarmici quanto prima possibile.
    Se invece fosse un botch -che immagino sia auspicabile che io ne conosca le conseguenze- dovrei rimanere coperto.
     
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    Rannicchiato dietro un cassonetto, Hagos si concentrò su quanto nascosto oltre le percezioni mortali. Il Velo era un qualcosa di indefinito e misterioso, ancor più delle parti che per natura divideva. Si trattava di un confine, il più mutevole. E in ogni campo di studi occulti le soglie simboleggiavano trascendenza. Un passaggio di stati tra i più importanti, che un Becchino non doveva mai e poi mai sottovalutare.

    E quel particolare Velo, poteva sentirlo oltre ogni più rosea sicurezza, era così fine da fargli chiedere quando si sarebbe strappato. Perché era solo una questione di tempo. Sentiva le grida, la carica entropica oltre il confine. Risuonava come un'eco, come se la zona esatta in cui sarebbe avvenuta lo strappo tremolasse. Non era fissa, senza dubbio. E soprattutto non si trattava di qualcosa di naturale, ma di un'opera esterna. Difficile dire se ad opera di qualche Wraith, fratello o chissà quale altra fonte.

    La ronda passò senza che Hagos se ne accorgesse, perso in quel nuovo studio. Catturato da qualcosa di sconosciuto, che lo spinse ad alzarsi. Un profumo unico, fitto come un desiderio. Sangue.

    Attraversò veloce la strada, attirato da qualcosa che non riusciva a comprendere.

    Dunque, il potere è entrato con ben 3 successi ma hai fallito un self-control. Non riesci a razionalizzare visto il mega botch della morte, e sei spinto da questo profumo dentro Storyville. E' un odore di sangue fortissimo, come se stessi annusando la Vitae di una creatura antica e pura. In confronto il sangue di Michael è acqua sporca. Ti lascio un post per giocartela e poi descriverò bene il tutto, ma al momento tu vuoi rimanere nella zona e speri di trovarne la fonte. Sei intrappolato, ma non te ne rendi conto.
     
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    Richiamando il potere del Cenotafio Hagos strinse a se le più oscure conoscenze spiritistiche trasmesse dalla saggezza di Nonno Ilario, e chiamò un'immagine mentale di ciò che lo circondava. Era un senso indescrivibile quello che poteva in qualche modo percepire il velo, una cosa simile al tatto ma come se la sua stessa pelle fosse tempestata di occhi, nasi, orecchie anzichè di semplice pelle. i sussurri sfioravano la sua pelle, la sua visione diveniva totale, in un'analisi di quello che era il mondo oltre il velo, e gli odori lo raggiungevano attraverso ogni parte di se.

    Ma l'intuizione era giusta. Qualcosa non andava. Il velo così liso e così pronto a strapparsi in quel punto. Storyville, famosa per il suo terribile incendio.
    tutta quella morte violenta non poteva non lasciare segno.
    Ora si tratta solo di capire se c'è qualcosa che... stava riflettendo. Ma anche il pensiero si smorzò.
    Come trafitto da una freccia, il corpo di Hagos fremette di reazioni nervose, e un odore risalì la sua pelle. Primevo, Potente, denso come solo il sangue degli antichi poteva essere.
    Un istinto primordiale risalì lungo la schiena del Becchino. La missione, ammesso che vi fosse anche solo una missione da portare a termine, era passata in secondo piano. Micheal era passato in secondo piano.
    Tutto quello che riguardava la sua persona era la fonte di quel profumo.
    E con fare avventato, quasi senza accorgersi, Hagos era sgattaiolato rapido verso Storyville alla ricerca di quell'odore che lo inebriava e lo annebbiava. Tanto lui quanto la bestia, legati a doppio filo da qualcosa che con canto di sirena non faceva che chiamarlo a se.
     
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    Man mano che avanzava capì di star tirando forti zaffate, respirando a forza l'inutile aria per sentire e godere di ogni traccia, ogni singola molecola che componeva quell'incredibile fragranza. Fortuna volle che la ronda della polizia fosse già passata, perché l'Africano guizzò di traverso la strada fregandosene di tutto ciò che aveva attorno, e fermandosi solo dopo qualche minuto.

    Era tutt'attorno, risuonava come un gospel e portava la Bestia in superficie, inebriandola in modo mai provato. La parte logica del Becchino, di solito attiva oltre limite, si era ridotta ad una piccola scintilla di Logos. Invitta solo grazie ai precetti delle Ossa, e che per qualche scherzo del fato riuscì a registrare un debole percorso logico: c'era un legame tra quanto compreso prima con l'arte del Cenotafio e quanto gli stava accadendo.

    Tutto, tutto deve sottostare alla logica. Anche i sentimenti, anche la Bestia. Sentì le parole di Roberto, del suo mentore. Ripescate dal faldone dei ricordi, in soccorso. Anche la nostra stessa natura. L'unica cosa che ha valore è la nostra anima, l'anima immortale.

    Dalla gola risalì un verso strano, di dolore. Stava cercando di andar contro ad un qualcosa troppo affine alla sua maledizione...e più avrebbe tentato, più avrebbe sofferto.

    Ne valeva la pena?


    TIrato self-control, 1 successo. Hai un turno di sofferente raziocinio.
     
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    la furia del Khonvoum gli faceva sentire la sua testa leggera e confusa. Una creatura così posata e attenta come lui, ridotto a un predatore schiavo di quelle emozioni che aveva giurato di rinnegare.
    Le ossa lo richiamavano all'ordine, ma Hagos non ne aveva il pieno controllo. Qualcosa di esterno a lui, forse anche esterno al mondo materiale lo stava Guidando.
    un profumo inarrivabile, indescrivibile, ma solo percepibile da chi come lui aveva una percezione superiore del mondo dei morti.
    Ma se non mi calmo non ne verrò mai a capo.
    Ordine.
    Ordine...


    Accortosi solo in quel momento di quanto avesse rischiato con le ronde, di dove egli si trovasse, non poteva rinunciare ne tornare indietro. Il piano era andato quasi a puttane, ma poteva -Doveva- riuscire a rielaborare.
    E in quei momenti, l'analisi era l'unica cosa che gli veniva in mente.
    questa sensazione è solo un nuovo dato. un qualcosa di diverso di cui tenere conto. riflettè, mentre a voce appena smorzata non riuscì a trattenere un ben più udibile ...chi sei? in francese, nella sua madrelingua. Non c'era la concentrazione per switchare all'inglese, e anche quel richiamo non era che una cosa istintuale, non certo la sua carta definitiva.

    Ipotizzando che non mi risponda nessuno, cercherei di identificare cosa mi sta succedendo e se questa cosa ha una fonte vera e propria o comunque una direzione. Nel fare questa azione di ragionamento resto immobile. e visto che comunque il profumo mi hai detto che lo percepisco effettivamente, proverei a turarmi il naso. Hagos non ci crede manco un po' che potrebbe aiutare, ma ogni strada va vagliata.
     
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    Nessuna risposta, solo il silenzio del vicolo. Si attappò il naso per proteggersi dal profumo, ma non fu di molto aiutò. Lo sentiva scorrere nell'epidermide, nelle ossa, oltre. Forse non era un vero e proprio odore, e veniva registrato così dal corpo come risposta di comodo.

    Qualunque cosa fosse aveva possibilità di resistergli, doveva però continuare a ragionare. Ogni cosa per essere combattuta doveva essere prima compresa, e questo evento non faceva eccezione: concentrandosi capì che variava d'intensità, come un'onda o una vibrazione sonora. Probabilmente era stato accalappiato da un suo eco improvviso, e questo lo aveva spinto ad avvicinarsi all'epicentro. Questo pulsare era ben distinto, e a tempo con il variare del Velo percepito poco prima. Quando il confine si tendeva l'eco si faceva più forte, o forse era vero il contrario.

    La cosa certa era che vi fosse una correlazione.

    Capire il punto preciso gli fu impossibile, almeno al momento. L'onda veniva dalla...sua destra? Si, era quella la direzione. Se voleva conservare il suo raziocinio doveva andare in direzione opposta, muoversi verso i confini est di Storyville e sperare che quell'evento non si avvicinasse. Oppure poteva abbandonarsi al dolce Profumo di sangue, e scoprirne la fonte.


    sei a due successi di self-control, altro turno in cui puoi agire. Sembra che il profumo sia leggermente più lontano adesso, questo ha abbassato la difficoltà.
     
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    Alimentato da una crescente ripresa di autocontrollo, Il Ghiberti cercò di risalire la china della frenetica e scellerata azione di ricerca che stava compiendo suo malgrado.
    Certo, qualcosa lo stava attraendo. qualcosa di primevo, di potente. Qualcosa che forse lo avrebbe anche galvanizzato oltremisura e in più ambiti.
    Già si sentiva più distante da Micheal rispetto a prima, come se il vinculum fosse venuto meno in qualche modo solo per la percezione appena ricevuta. che la libertà si possa celare nei vicoli di questo borgo bruciato? si sorprese a domandarsi.
    Ma non solo. Le rotelle della mente del doppio sangue lambiccavano su quale meraviglia potesse fare capolino proprio in usa presenza in quel momento.
    Quasi vi fosse la possibilità di reperire qualcosa di univoco e primevo, di nuovo. qualcosa che lo avrebbe fatto fiorire nella famiglia, facendogli raggiungere Roberto e magari zittendo quel pizzaiolo di Alfredo.

    Ma erano pensieri illogici. Dettati dalla bramosia, un'emozione che sovrastava ormai più la bestia che lui.
    E la ripresa di coscienza in quel brevissimo istante lo aveva fatto riavere.
    non ora. non così. commentò a se stesso. Reprimere la ferocia era l'unico modo per potersi preservare. per poter studiare analiticamente, senza perdersi in fronzoli o eccessi.
    L'assenza di moto emotivo era imperativa, tanto la sua quanto quella della creatura che si annidava nel suo animo.
    chetati, Khonvoum mentalizzò con se stesso. cacceremo. Ma lo faremo con la decenza che contraddistingue un leopardo da un miserabile ippopotamo.

    Hagos osservò attentamente la zona. Sempre ancorato con unghie e denti al proprio autocontrollo si domandò se avrebbe potuto tornarvi in un secondo momento, se la traccia sarebbe comunque rimasta presente.
    Ma quale che fosse la risposta, optò per dirigersi verso l'indirizzo della troia.

    effettivamente vorrei capire se è il mio stato alterato a permettermi di percepirlo o se potrei percepirlo anche nel pieno del mio autocontrollo, e soprattutto se sta aumentando o diminuendo di intensità (per esempio se si muove o se è qualcosa di fisso).
    Sperando in responsi positivi mi muovo comunque a casa del bagascione, con l'idea di entrare furtivamente.
     
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    Hagos iniziò ad allontanarsi da quella maledetta stradina, nel tentativo di sfuggire alla presenza. Man mano che macinava metri la ragione tornava a far da padrona, come se sfuggisse ad un'oppressiva foschia. Essendo stato così vicino -soprattutto concettualmente- all'evento capì che era in movimento, e stava crescendo di intensità. Qualcosa lo stava attirando altrove.

    Comprese inoltre che sfuggendogli sarebbe stato difficile ritrovarlo, a meno di non incapparci per pura fortuna. Quel primo incontro era stato dettato dal caso e dal suo essere impreparato ad un simile incontro. Percepire quella cosa richiedeva una sensibilità ed una predisposizione particolari, ma al momento non aveva abbastanza elementi in mano per capirci di più.


    Arrivò all'indirizzo dopo pochi minuti, fermandosi in un largo spiazzo su cui si affacciavano delle vecchie e malridotte abitazioni. Si trattava di due vecchie palazzine unite da una scala esterna comune, con la facciata di sinistra in parte bruciata e lesa dal vecchio incendio. Al terzo piano questa ferita diventava così grossa da aprire un piccolo buco in uno degli appartamenti, probabilmente disabitati. Nel tentativo di rendere lo stabile un po' meno disastrato qualcuno aveva messo dei vasi lungo i muri, da cui spuntavano dei folti rampicanti che arrivavano a toccare la metà del secondo piano.

    Musica nell'aria, luci sulla destra. Secondo e terzo piano, precisamente. La sua vittima lo aspettava all'appartamento al terzo piano.
     
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    Rammaricato da ciò che si stava lasciando alle spalle, il vampiro poteva sentire ancora la bestia fremere sotto quelle sinuose tentazioni che gli erano state inoculate. qualcosa di tetro e grottesco lo stava chiamando a se, distogliendolo da ciò che altrimenti avrebbe potuto dargli gloria, conoscenza e conseguente potere.

    Ma non era quello il momento. E con laconico arrivederci. sospirato alla notte e all'entità che vi si celava, il Ghiberti si diresse verso la preda.
    Preda che per altro sapeva già dove andare a trovare, e febbrilmente iniziò a studiare la struttura della casa.
    Richiamando la propria attenzione da spiragli e finestre, anche solo prima di entrare Hagos voleva farsi un'idea della struttura della casa, dove stava entrando.
    Tendendo le orecchie voleva sincerarsi se Kamilah aveva detto il vero o se altre persone vi erano oltre alla preda nell'edificio.
    L'auspicio non era fra i doni con cui era stato addestrato, ma non poteva certo far male un po' di attenzione ulteriore.
    Anche una veloce analisi dell'edificio esterno: da dove entrare? da quella comoda finestra all'angolo? oppure entrare dalla porta avrebbe ridotto i rischi al minimo?
    Terminate le immediate analisi nei pressi, Hagos avrebbe scelto il punto di ingresso più semplice e furtivo, e con passo lento e controllato sarebbe giunto al terzo piano gettando un orecchio per prevedere le eventuali manovre di movimento del futuro cadavere.
    I Pensieri glaciali che attraversavano la sua mente avrebbero messo dubbi nella morale di molti. Ma Hagos non era "molti". egli era un becchino. e L'estensione dei suoi pensieri non era morale, ma pratica. Come non farla urlare, come non farla soffrire (solo e unicamente per guadagnarsi il favore di Kamilah), come portarla alla macchina in velocità.
     
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    Fatti due tiri, il primo 0 successi perché sei cursato. Il secondo 2, a diff leggermente più alta.

    Il Predatore iniziò a controllare la struttura, perdendoci svariati minuti. Ci mise non poco a scrollarsi di dosso la sensazione di poco prima, ma alla fine riuscì a concentrarsi su quel letamaio che alcuni mortali chiamavano Casa. La musica proveniente dal terzo piano era blanda, ma copriva parte dei rumori ambientali; questo rese un po' difficile il compito del Ghiberti, che dovette aguzzare la vista per notare dei movimenti all'edificio di sinistra, quello buio e abbandonato. Difficile dire se si trattasse di animali o senzatetto, ma dentro l'appartamento lacerato dall'incendio c'era qualcosa.

    Il secondo piano del lato "abitabile" gli sembrò vuoto, girando attorno alla struttura non vide luci accese, solo della biancheria stesa ad asciugare su un balcone. Ma fu passando accanto alle finestre del pianterreno di destra che sentì un fievole respirare, qualcuno che dormiva. Le veneziane erano semi-dischiuse, apribili con poco, ma con la poca luce nei paraggi gli venne difficile capire chi ci fosse all'interno.

    Concentrato com'era non si accorse del gatto accanto a lui, finché questo non gli si strusciò sulla gamba, lanciandogli un basso e curioso miagolio. Un randagio alla ricerca di cibo, appena sceso dalle scale esterne. Queste non erano di certo ben tenute, ma offrivano una via d'entrata diretta all'appartamento della sua vittima, seppur un po' troppo illuminata e vistosa. Altrimenti avrebbe potuto tentar la sorte e arrampicarsi sui pluviali a lato dell'edificio, che arrivavano proprio accanto ad una delle finestre del terzo piano. La più anonima delle vie, anche se rischiosa.
     
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