RIFUGIO MYRTLE AMARYLLE

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  1. Amarylla
     
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    brainard_relle_frank

    La magione, seppur in pesante decadimento, si presenta completamente in stile Liberty. Sia all’esterno che all’interno colpisce lo sguardo con un onnipresente utilizzo di vetrate colorate o multicolore, anche perché le pareti della facciata, un tempo bianco latte, appaiono grigio smunto a causa dello smog, ed il risalto delle impolveratissime finestre è ancora evidente. Finestre per la precisione che, volente o nolente, sono state inserite esclusivamente in ambienti come il soggiorno e il bagno per evitare di dar vita a un effetto troppo pomposo e ridondante ma, sopratutto, per evitare di avere zone troppo luminose durante il giorno, motivo per il quale le finestre della camera da letto sono pressoché svanite, fra tapparelle antiche ben serrate e coperture in tessuto ad hoc. Il salotto è caratterizzato da divano e poltrone dalle forme curvilinee, imbottiture bombate e trapuntate, di un profondo rosso borgogna. La fantasia della tappezzeria è prettamente floreale, sulle tinte del beige, sia alle pareti che nei dettagli del pavimento sono evidenti le bordature dorate, in coordinato con il resto. Il legno è un altro elemento fondamentale all’interno della dimora, finiture scure color quercia, ma talvolta anche in frassino. Il tavolo da pranzo in particolare è in questo tipo di legname, con gambe tondeggianti nelle linee, ma a base semplice. Anche la camera da letto è caratterizzata da mobili in legno, sempre dalle curve morbide e caratterizzate da intarsi e decori di varia natura. Dicasi lo stesso anche per il letto, rigorosamente coperto da un pesante tendaggio a baldacchino, sfumato tinta prugna. Un tocco di classe viene donato dalle abat jour, caratterizzate da un cappello di vetro molto colorato, spesso con pitture raffiguranti fenicotteri rosa.
    139306d1348839738-question-game-house-cats



    Edited by Amarylla - 26/12/2015, 11:37
     
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    Amarylla si risvegliò di notte, abitudine che ormai si portava dietro da sette anni. Uno dei suoi tanti gatti le accarezzava ripetutamente la faccia con la morbida zampetta, e non serviva certo il dono di Animalità per capire che l'animale aveva fame.

    Appoggiato nel comodino della camera da letto poté notare una lettera, probabilmente portata lì dal suo ghoul mentre lei ancora dormiva, cosa curiosa era che in tale lettera non c'era alcun indirizzo. Doveva aspettarsi che non fosse neanche firmata?
     
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  3. Amarylla
     
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    La pendola al piano inferiore aveva suonato i dieci rintocchi. Il suono scordato di quel cimelio fin-de-siecle continuava a scandire le ore in casa Amarylle da più di un secolo. Nessuno si era preoccupato di accordare quello strumento, di puntarlo per bene sul meridiano di Greenwich, nessuno si era preoccupato di accertarsi che il flusso di un secondo di quelle lancette corrispondesse esattamente a sessanta secondi. Tuttavia la pendola continuava a suonare lungo le scale a chiocciola, fino alle stanze da letto, facendo riecheggiare quel suono ridondante, barocco e decisamente “out of tune”. Non fu tuttavia quel suono a destare Amarylle dal suo “Beauty sleep” diurno, quanto una zampetta soffice che più volte le accarezzò il viso dall’incarnato diafano e rigato da qualche ruga di espressione, come lei era solita chiamare il disfacimento delle proprie carni. Un mugolio, del tutto simile al suono delle fusa di un gatto emise in un attimo la vetusta signora, allungando le braccia come per stiracchiarle, forse citando la sua eroina Bette Davis in “Chi ha incastrato Baby Jane”. Le braccia si spiegarono come ali di un malandato cigno, mentre nella mente della Rossa contessa risuonava l’ouverture di qualche barocca opera lirica. La fronte venne lasciata a contatto con il musetto del gattino, la benda nera che le aiutava a conciliare il sonno notturno da viva, sostava ancora sui suoi occhi, segno di una tendenza a mantenere le tradizioni inalterate. Le fusa della vecchia signora si trasformarono in un mugolio <verlaine… sei sempre così caro quando mi desti con le tue caritatevoli carezze!> La destra libera si poserebbe sulla benda da notte, liberando la vista da quell’ostacolo. Si alzò la signora, andando a sedere sul letto stesso, rivelando il lato superiore della propria sottoveste notturna: una camicia da notte merlettata a fantasia floreale. Un balconcino altamente contenitivo sembrava vincere il senso di gravità che richiamava con un inesorabile richiamo i seni sul letto stesso. Occhi azzurri che alla cieca andarono a setacciare la stanza, prima che la sinistra superasse il corpicino del gatto per recuperare gli occhiali dalla punta all’insù che vennero riposti sul naso dalla vegliarda arzilla. Un ulteriore miagolio risuonò nella stanza. <oh si Verlaine per prima cosa mettiamo la Boheme!> quelle le ultime parole che la medium proferì prima di alzarsi, nemmeno notando la lettera sul comodino, per il momento. Qualche falcata, mentre con voce stonata mugolò qualche nota della nota opera lirica. <ma che geliiiiiida manina!! Me la lasci riscaldarr> verseggiò avanzando in qualche sgraziato passo di danza, incedendo verso il grammofono d’epoca, la puntina sfrigolò appena mentre il disco iniziò a girare sulla plancia, e poi delle stonate voci deformi vennero vomitate fuori dall’apparecchio acustico. Solo allora, quella lettera sembrò essere notata dalla nostra Myrtle, un tic nervoso all’angolo destro della bocca. <verlaine! Abbiamo degli ammiratori… vieni!> aggiunse in un attimo avanzando verso quella lettera, agguantandola e poi saltando su quel letto a baldacchino. Un piede vetusto dondolò sopra di lei mentre le iridi affette da diversi disturbi di vista cominciarono a decrittare quanto era scritto su quel pezzo di carta, per poi scartare la stessa lettera con attenzione, così da poterne leggere il contenuto. Nella notte, in rue de Revenants un acuto del caro pavarotti deformato e stonato risuonò in quell’angolo disperso di Bywater.
     
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    Aprendo la lettera Amarylle poté leggere quella che all'apparenza sembrava una richiesta d'aiuto.

    CITAZIONE
    mi deve aiutare la prego le ombre sono tornate per prendermi

    john culler

    Amarylle rolls 5 dice to osservare 8,5,2,7,2 [2 successes]


    La totale assenza di punteggiatura e maiuscole, la scritta in stampatello e le diverse sbavature lasciavano intendere che chiunque avesse scritto quella lettera tremava e aveva pure una certa fretta.

    Amarylle rolls 6 dice to dove l'ho già sentito? 5,10,1,5,7, 9 [2 successes]


    Quel nome in ogni caso non le era nuovo, le ricordava quello dell'operaio rimasto bloccato diverse settimane con i suoi colleghi in un vecchio ospedale destinato ad essere abbattuto. Quando venne ritrovato mormorava ripetutamente frasi deliranti dovute allo shock tipo che i suoi colleghi erano stati trascinati nel mondo dei morti e altre cose al limite della follia. I suoi colleghi in ogni caso non furono mai ritrovati, e in seguito ad altri incidenti quell'ospedale è ancora al suo posto. Si parla di un fatto accaduto più di trent'anni fa, al tempo Amarylle era ancora umana.
     
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  5. Amarylla
     
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    La lettera si scartò tra le sue mani con l’avidità con cui un mortale spoglia una tavoletta di cioccolata al latte, o con la sete con cui un cainita spoglia il collo di un vergine. Gli occhi ancora appena strabuzzati dal sonno si sforzarono per leggere quella grafia tremolante, priva di punteggiatura. E dietro le spesse lenti appena fumè, le iridi di Myrtle si abbeverarono a quella fonte di novità. Un’espressione appena delusa si dipinse sul volto della Medium. <verlaine! Nessun ammiratore…> disse imbronciando il mento e corrugandolo come una bambina, mentre le spalle si rilasciarono in un sospiro di abbandono. <all work and no play makes Jack a dull boy…> sussurrerebbe con quell’aria quasi assente, nel proprio tono da vecchia conservatrice. Tuttavia, mentre lo sguardo tornò si quella grafia sconnessa l’occhio della Medium assunse una scintilla di rinnovata voracità, nella pupilla profonda si aprì un abisso di insaziabile curiosità, mentre le notizie circa gli avvenimenti di trenta anni prima si fecero spazio tra le fila sconnesse dei suoi pensieri. <verlaine… Ricordi quella storia? Quando ero ancora nel fiore della mia giovinezza? Quando ero un bocciolo di primula ancora non colto da nessuno?> direbbe con quella crescente nostalgia al gattino grigio cipria a pelo lungo che con insistenza sembrava accarezzarle la spalla seminuda sul lenzuolo sfatto. I miagolii del gatto furono una risposta per la medium, benchè i due parlassero una lingua diversa ed incomprensibile l’uno per l’altra. <ma certo caro… Lo so che ti manca il tuo Rimbaud, ma non temere le anime si incontrano… si incontrano sempre… Ti aiuterò a rincontrarlo… Ma non mi distrarre! Sto parlando di quell’episodio… Ricordi quell’ospedale in cui rimasero imprigionate quelle persone!?> con quella voce squillante e al tempo stesso roca a tratti. <ecco si da il caso che le Moire tessitrici abbiano deciso che sia giunta l’ora di tuffarci nel mesmerico mondo dell’abisso! Inebria la tua mente dei colori dell’Oblio! Lasciati andare al richiamo mio dolce Verlaine!> E a quel punto qualsiasi persona sana di mente andrebbe su un pc a cercare informazioni circa l’ospedale in questione, ma la cara Myrtle, parecchio agè e non tanto sana di zucca pensò bene di utilizzare un mezzo più efficace. <chi meglio dei nostri centralinisti prediletti potrebbero saperne qualcosa a riguardo?> sbottò alzandosi con l’agilità di un’iguana storpia, balzando giù dal letto. La camicia a fantasie a fiori si smosse, mentre il contenuto del balconcinò ballonzolò in caduta massi e libera. <lo dico sempre! A cosa serve questa diavoleria della tecnologia… se si dispone di mezzi ben più efficaci!?> e sulla parola TECNOLOGIA il limitare destro delle labbra si arricciò in un tic misto di fastidio e ripugnanza. <molto meglio i miei mezzi…> disse con sdegnò, sistemandosi i ciuffi rossi e spennati conferendosi un minimo di presentabilità. I passetti che la condussero sino al tavolo a tre piedi furono parecchio leziosi e la portarono proprio nei pressi di quel tavolo che sorreggeva un candelabro dei fiammiferi e una tavola Ouija. Sorrise con quell’aria inquietantemente ebete, mentre la mano destra andò ad accarezzare con affetto quel cimelio parecchio datato. La sinistra afferrò la scatola di fiammiferi e poi la destra, tra indice e pollice reperì un cerino che venne poi sfregato contro il dorso della scatoletta, con conseguente scintilla. Il cerino venne portato allo stoppino delle tre candele facendo incendiare la sommità delle stesse. Sorrise mostrando i denti appena, mentre la nocca dell’indice, dopo aver spento il cerino con un soffio delle labbra di un respiro non necessario, spinse il ponte degli occhiali sul naso. <ishtar, Diana, Ecathes> cominciò a sussurrare con un tono monomaniaco a loop, mentre andò a sedersi al tavolino, e le mani a posarsi sulla lente della tavola Ouija. Gli occhi si serrarono e l’occhio interiore si destò. <o creature celate nell’ombra io vi chiamo al mio cospetto… Aiutate la mia scarsa memoria… Ditemi dove si trova l’Ospedale in cui John Culler entrò in contatto con voi? Qual è il nome dell’ospedale! Dove lo trovo?> direbbe con un mugolio alto, una voce crescente, mentre il viso e gli occhi si aprirebbero alzandosi verso l’alto, mentre indice e pollice restano ben saldi su quella pedina che serve a intercedere con gli spiriti sulla tavola con le lettere. Le candele tremarono sul tavolino a tre piedi, mentre le note finali della Boheme continuarono a lasciare gli ultimi sprazzi dietro di sé, le note annegarono come bambini in un mare di silenzio, senza far rumore, con un mugolio sommesso, mentre Verlaine più che di Rimbaud sembrava molto preoccupato della propria cena, che tardava ad essere servita. La lettera giaceva sul tavolo di fianco alla tavola Ouija.

    Edited by Amarylla - 29/12/2015, 19:04
     
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    Passarono diversi minuti prima che Amarylla potesse percepire qualcosa, diversi brusii incomprensibili si facevano strada nella sua testa, ma niente di più, era come se le presenze stessero totalmente ignorando la medium, facendosi i fatti loro.
    Fu quando nominò l'ospedale e John Culler che i brusii cessarono e l'indicatore sulla tavola Oujia cominciò a muoversi, indicando per prima cosa il nome dell'ospedale, poi dove trovarlo.
    Amarylla aveva ottenuto le risposte che voleva, ma non era finita lì, l'indicatore continuò a muoversi componendo quello che sembrava un avviso:

    NON ANDARE

    Ovviamente è in inglese. :D


    Perché quell'avviso? Cosa volevano dirle gli spiriti?
     
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  7. Amarylla
     
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    Fu un attimo quello in cui l’indicatore si mosse come una saetta sulla tavola Ouija, l’indice ed il pollice della destra seguirono quella pedina animato di vita propria, mentre sulla piattaforma serpeggiarono le indicazioni necessarie ad indicarle il sentiero. Le palpebre si strizzarono quasi come per tirare fuori qualche ultima goccia di vista buona da quegli occhi non tanto buoni a cogliere dettagli. Le lenti fecero il loro dovere ed un sorriso soddisfatto si delineò come un solco privo di labbra su quel volto diafano e antiquato, solcato dal tempo. Un sorriso ebete ed intrigato. <grazie creature senza sonno! Io non posso esimermi dal mio compito.> disse inspirando fieramente, mentre il petto e le spalle si gonfiarono insieme al suo ego. Proprio in quello stesso istante, dopo aver lasciato la pedina della tavola Ouija, quest’ultima iniziò a muoversi da sola andando a delineare quell’ultimo monito, quelle ultime lettere che vennero disegnate dall’indicatore. “Non Andare”. Gli occhi di Myrtle entrarono in estasi, neanche un’increspatura c’era sul lago verde pallido delle sue iridi, non un’angoscia, piuttosto un vuoto che sembrava avvincerla, ghermirla fin nel profondo della sua stessa anima, foglia secca e raggrinzita si lasciava portare in quel mulinello che concentricamente la attirava al gorgo della propria fine. Il capo imbambolato si chinò sulla destra con molta lentezza, mentre non una volta le palpebre vennero sbattute. Lo stesso stupore negli occhi di una bambina che guarda un uccellino schiantato al suolo, la morte e la meraviglia negli occhi, non respirava Myrtle, essendo una Cainita, e per un momento parve quasi una bambola di porcellana, abrasa e abusata, inquietante e totalmente immobile. Un miagolio ruppe il silenzio e sembrò richiamare sulla terra lo sguardo della Medium: era Verlaine, non interessato tanto a Rimbaud, quanto alla propria cena. Myrtle ebbe un sussulto che la scosse nella sua interezza inspirando aria e scuotendo appena il capo, colta da un tremore. Lo sguardo si posò su una delle finestre poco distanti dal tavolo, coperta da un pesantissimo tendaggio in velluto doppio marrone scuro. Si avvicinò ad essa e poi scostò la tenda. Gli occhi della medium andarono in un secondo ad osservare il laghetto di fronte casa e dentro di esso il riflesso della Luna. <ma cherie… Ma Lune dans le Lac… Questo è il mio debito sacro per te… Aiutare coloro che sono intrappolati trai veli di Sogno, Vita e Morte, portare ausilio a coloro che si sono smarriti nel buio di acque abbacinanti…> I cainiti non hanno lacrime se non di sangue, e sul volto di una donna ormai avanti negli anni, una goccia di rubino che solca le rughe è uno spettacolo particolarmente raro. Sarà solo un attimo, prima che la donna inspirando e chiudendo gli occhi si volterà con un improvviso sorriso sul volto <verlaine Preparati! Si va in gita all’ospedale!> Spegnerà le candele con tre soffi poi andando a correre verso la porta che da sul corridoio. Proprio sulla porta la dama in camicia da notte si fermò andando a suonare il campanello che si usava per la servitù nei secoli passati in quella casa. <albeeeeeeeeeert!> fu un sinuoso ed acuto grido, che scimmiottò un acuto lirico con tanto di vocalizzo. <prepara la voiture! Si va a fare una gitaaaaaaaaa!> dal piano inferiore delle scale provenne un grugnito, dopo qualche secondo, segno che il messaggio era stato reperito dal servo della casa, suo fidato ghoul. Si girò con la maschera dell’eccitazione dipinta sul volto, andando a raggiungere il paravento dietro il quale era solita vestirsi, ma solo dopo aver cambiato LP. La Regina della notte con i propri acuti iniziò a spandere i propri soavi acuti, mentre la sagoma di Myrtle, la silhouette seminuda iniziava a ricoprirsi di vesti. Gli acuti di Myrtle furono decisamente più strozzati in gola, e sicuramente qualche vicino sentì quello scempio. Passarono dei minuti prima che la Amarylle emergesse da quel paravento. Anche il trucco appena accennato aveva trovato il tempo di mettere. Una palandrana dai colori della ruggine e dell’arancione scuro la ricopriva fino a metà gamba, delle scarpette a mezzo tacco nere in coccodrillo, una borsetta nera cinta dai guanti in seta nera, contenevano i tarocchi ed il pendolino. La mano sinistra si poggiava sull’ombrello da passeggio. Un sorriso verso Verlaine. <vieni Caro…Scortami per questa Promenade…> Verlaine la seguì, sperando finalmente di mangiare qualcosa. Scese le scale scure a chiocciola, abbondanti, maestose, in stile impero, dove troneggiava un tappeto che in origine doveva essere di un rosso regale, ma che adesso era di un rosso sporco, quasi sangue raggrumito. L’ombra di Albert si intravide nell’ombra. <albert il soprabito! Il mio poncho nero… Andiamo a fare una gita all’ospedale, ho degli amici che hanno bisogno di me lì…> e detto ciò aprì l’ombrello, e poi la porta, mentre le ultime note del flauto magico si diffusero nell’aria come un sibillino monito e la soave voce della Dumrau divenne un distorto grugnito del grammofono stonato.
    www.youtube.com/watch?v=dpVV9jShEzU
     
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    Vera Fede 8

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    Il ghoul arrivò con quanto richiesto dalla domitor.

    Ecco a lei quanto richiesto milady. Ora, col suo permesso, vado a mettere in moto la macchina.

    Dopo queste parole si avviò verso la porta d'ingresso, non riuscendo tuttavia ad aprirla, cosa che lasciò il servo del sangue incuriosito e perplesso allo stesso tempo.

    Curioso, la porta non sembra volerne sapere di aprirsi... Che abbia fatto il suo tempo? Milady, con tutto rispetto, forse sarebbe il caso di cambiarla con una più moderna.

    Riprovò e riprovò più volte, ma la porta rimaneva chiusa.

    Niente, la serratura è proprio andata.

    Nel frattempo Amarylle poté notare che i brusii nella sua testa erano ricominciati, e questa volta erano più insistenti di prima.
     
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  9. Amarylla
     
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    Il poncho era un mantello circolare di un grigio scuro, quasi nero, che la donna indossò come una livrea alla stregua di un’aristocratica che si accinge ad andare all’opera lirica. Nella sua mente la macchina d’epoca è quasi una carrozza e lei quasi già scorge il proprio cavaliere che un giorno l’avvincerà in un abbraccio mistico che le ruberà una volta e per sempre la purezza del suo giglio mai colto da nessuno. L’entusiasmo di questa insolita gita notturna splendeva nel buio delle pupille di Myrtle come una piccola stella, un lucore acceso e vivido che animava quegli occhi ormai privi di vita. Già si scorgevano nel buio delle pupille i fanali delle auto, le luci dei lampioni e le piccole luminarie delle case, spettacolo che ben di rado aveva avuto l’occasione di visionare da viva. Una nuova libertà aveva guadagnato con la morte. Le affermazioni del suo fidato giardiniere factotum non fecero altro che sgomentarla. Le labbra sottili, solco inarcato verso l’alto e delineato da un sobrio rosa salmone, in caduta libera andò a definire un’espressione di improvvisa rabbia. E un tremolio del collo e del viso si diffuse fino alle mani, mentre negli occhi una patina di rubino sembrò cingere la parte inferiore delle palpebre. Una voce regressa ad uno stato quasi infantile ruppe il silenzio. <mamma ma ho fatto tutti i compiti… ho anche studiato il solfeggio e le arie della Carmen, perché non posso andare fuori a giocare con le mie amiche?...> la voce aveva un tono screziato, come solo quello di un bambino la cui felicità si è infranta in mille pezzi, può avere. Un groppo in gola le fece sussultare più volte in singhiozzi. <sei … sei… ingiusta!> dirà in un attimo tirando su con il naso più volte, persa in un momento pregresso della propria storia, tuttavia il secondo dire di Albert la riportò con la testa nel presente, attirando la sua attenzione di nuovo. <albert mi sa che si tratta di Luna! Quella malefica è gelosa che vedo nuovi amici e vuole che resto solo con lei!> aggiungerà con un tono indispettito, mentre nelle orecchie quel ronzio inizierà ad occuparle l’udito. <ho capito Mauvaise fille! Cosa vuoi dirmi svergognata!?!> Se davvero si tratta della povera Luna ad essere intervenuta, dovrà anche subire una ramanzina. Frugò con rabbia e stizza nella borsetta, tirando fuori i tarocchi ed iniziando a mischiarli con celerità e stizza. <e prima non potevo uscire perché la mamma me lo impediva, e ora anche tu! Una vita sprecata! Verlaine solo tu puoi capirmi!> Si accasciò in ginocchio sul pavimento andando a prendere carta per carta del mazzo e gettandola una per una sul pavimento, così che potesse in qualche modo comunicare con l’entità che la stava contattando. <dunque… dimmi! Cosa vuoi!? Non devo andare alla soirè all’ospedale? Oppure vuoi venire con me?! Andiamo no!? Dobbiamo forse chiamare il nostro accompagnatore? Oltre Albert forse dovrei chiamare sir High> riferendosi al proprio Sire, mentre iniziò a contemplare le carte che si voltavano e venivano posate sul pavimento di parquet, impolverato e alquanto sconnesso per via dell’umidità.
     
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    Amarylle non ricevette alcuna risposta, ma la porta si aprì da sola, causando lo stupore del servo del sangue.
     
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  11. Amarylla
     
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    Le lame erano sparse sul pavimento, dorsi di carte che non mostravano gli esiti di un prospero destino. Le mani si mossero nell’aria a palmi aperti come per ghermire vibrazioni propizie ed indicare la carta prospera da girare. Non un sussurro, non una voce in quel silenzio assordante. Un silenzio metafisico che lasciò riaprire gli occhi di Amarylle. Il naso si arriccio nel punto destro in cui si incontrava con la guancia. Due volte, in un tic nevrotico. Fu lo spalancarsi della porta di casa e il suo consecutivo cigolare che fece sobbalzare la contessa in ginocchio nell’androne di casa che sussultò per la paura. <luna… Questa me la paghi Mauvais fille!> chiosò la medium, afferrando con le dita i lembi del poncho che ricopriva il vestito, recuperando poi i tarocchi che ripose nella pochette, e poi prendendo dal pavimento sconnesso l’ombrello dal manico in argento. Sdegnosa inarcò un sopracciglio osservando la luce eterea della luna sugli scalini del palazzo. L’espressione del viso cambiò in un battito di ciglia, tramutando lo sdegno in sorriso e la rabbia in entusiasmo. <luna, Albert! Gioite! Andiamo ad una gita!> dirà aprendo l’ombrello per proteggersi dai raggi lunari, uscendo dalla porta di casa. La mano sinistra andò ad immergersi nella borsa per recuperare il telefono anteguerra e con un pollice incerto iniziò a digitare un numero. <diavoleria maledetta…> mugugnò contro quel mezzo troppo tecnologico per lei. Poi in un sussurro ad Albert <metti in moto caro, intanto sento una persona.> proprio in quel momento, scendendo le scale si avviò verso la macchina: una alpha romeo d’epoca, verso la quale il servo si avviò, seguito dalla rossa sfavillante. Nella volta delle stelle riecheggiavano le ultime note della “Regina della notte!, mentre in una vera passerella metteva piede la veggente in città la domatrice di spiriti, la signora delle gattare e la somma delle sciroccate. <lord Damien mi sente? Lord Damien? Come funziona questo coso… Come erano belli i vecchi tempi delle lettere!> sospirò, mettendo piede sul selciato dinanzi casa.
     
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    Qualcuno rispose dall'altra parte del telefono, Amarylle riconobbe senza possibilità di errore la voce del sire.

    Pronto? Oh, Amarylle. Sì, ti sento. Male, ma ti sento. Ah, quanto rimpiango i bei tempi in cui si ricorreva alle lettere...

    Tipico del suo sire rimpiangere i bei tempi andati, dove le cose a suo dire funzionavano meglio e rendevano la vita più interessante, la sostizuzione delle lettere con i telefoni in particolare sembrava non averla mai accettata. Testimonianza della sua nostalgia per l'uso delle lettere era il suo ghoul, un piccione viaggiatore.

    A cosa devo il piacere della tua chiamata?
     
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  13. Amarylla
     
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    Tra le cacofonie provenienti dal telefono, i rumori sconnessi della linea a singhiozzi Amarylle riconobbe l’inconfondibile tono da vero signore del proprio Sire. Sgranò gli occhi e si inchiodò sul posto, quasi lasciando la presa dal proprio ombrello nella mano sinistra e lasciandolo cadere a terra. La sinistra andò quasi in un attimo ad accompagnare i capelli rossi e un po’ crespi dietro l’orecchio sinistro. <lord High! Quale onore sentirla!> disse la vecchia medium, in preda ad un crescente imbarazzo che le montò come il rossore sul suo volto. <ecco… Mi scusi il disturbo, la luna è sorta da poco, mi scusi infinitamente per l’orario, e non avevo alcuna intenzione di disturbarla, ecco…> balbettò confusamente, mentre la testa si piegò in un moto inconsulto un paio di volte verso la spalla destra, a causa di un tic nervoso. Un sospiro, le mani tremarono, e quasi le sfuggì il telefono dalla mano destra. Per poi sedarsi <volevo invitarla ad una Gita mio signore! Lo so che avrei dovuto chiamarla con un po’ d’anticipo, e magari mandarle un invito con tanto di cera lacca, purtroppo i miei amici si sono fatti sentire soltanto adesso… >un rossore delle gote che avrebbe pervaso il volto rattrappito dell’amabile vecchina, se solo il suo sangue avesse risposto agli stimoli dell’ipofisi e del sistema endocrino in generale. <c’è un certo Ospedale…> aggiunse le coordinate del luogo <in cui pare che le creature dell’oblio stiano dando un soirè. Una sorta di festa! Accaddero strane cose trent’anni fa in quel luogo, e sarei lieta di averla al mio fianco, se solo volesse… ecco…> il calore prese talmente il sopravvento sulla mente della GILF, che la sinistra, ormai libera dall’ombrello, cominciò a sventolare per rinfrescare la pelle dell’amabile vecchietta dal capello pel di carota. Il calore era una sensazione tutta mentale, arrovellata com’era nei propri loop emotivi, tuttavia sentì l’esigenza di soffiarsi con energia. E proprio in quel momento, laddove c’erano dei tratti morbidi e delicati, imbarazzati e da impacciata vecchina, le sopracciglia si distesero in un’espressione spietata, gli occhi guardarono il mondo come un risveglio da un sogno poco piacevole, un nichilismo ed una malizia si dipinse negli occhi della megera gattare. <damien…> freddo il tono, non più quello di Myrtle, quasi suadente, ma quello dell’alienazione mentale, dell’altra lei: Moira. La cameriera irlandese che salpò per le Americhe insieme al proprio Sire (Damien High). <era da un po’ che non ci sentivamo…> e la voce apparve quasi melliflua nel tono, vino rosso che si insinuò tra le labbra di quella donna anziana, involucro contenente una rossa molto più maliziosa. <hai sempre avuto il sapore dello Chardonnay invecchiato. > labbra che si incurvarono in un sorriso malizioso. <ho voglia…di sorseggiarti.> Negli occhi acquamarina di Myrtle si dipinse una profondità prima del tutto assente, le ciglia furono sbattute un paio di volte con una vezzosità estranea alla gattara, mentre la sinistra si posò in una carezza sul seno cadente della vecchia, per poi posarsi al fianco sinistro in una posa spudorata. <vieni.> disse solo questo. Poi agganciò il telefono. Recuperò da terra l'ombrello, posandolo in spalla come fosse una mazza con fagotto, fece qualche passo deciso verso la macchina e non aprì la portierà, ma la saltò o ci provò, per poi gettare un’occhiata al ghoul. <hey bello… Dove voleva andare la gattara?...> sorrisetto malizioso e ammiccante. <portami lì.> e allungò l’inidce sinistro verso la radio, in quella notte riecheggiarono le note di “The house of the rising sun” mentre la vecchia Myrtle si lasciò andare alla brezza della velolcità.

    www.youtube.com/watch?v=NU3KELkd-zY



    Edited by Amarylla - 16/1/2016, 00:14
     
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    Oh, stai parlando di quell'ospedale? L'ospedale dove gli operai vennero "trascinati via dai morti"? Storia incredibile, vero? E mi stai dicendo che non erano i deliri di un probabile assassino in preda ai sensi di colpo? Tutto ciò è molto interessante, ed era da un po' che qualcosa non attirava il mio interesse. Sì mia cara, credo di poterle concedere l'onore della mia presenza.

    Ma prima che Damien potesse ricevere una risposta da Amarylle la seconda personalità della vampira prese il controllo, lasciando il sire di Amarylle sorpreso quando sentì la sua voce, una voce che non sentiva da tanto tempo.

    Moira... Era da un po' che non ti facevi sentire...

    Dopo aver invitato Damien a raggiungerla Moira riagganciò il telefono, senza preoccuparsi della reazione di quest'ultimo per le sue parole, in quel momento era più interessata a sapere qual era la destinazione di Amarylle.

    Come vuole.

    fu la risposta del servo del sangue prima di iniziare a dirigersi verso l'ospedale.

    continua qui
     
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    Vivienne non impiegò molto tempo a trovare il rifugio dell'infante di Demien.

    Per la descrizione dettagliata guarda pure il primo post.


    Una casa piacevole alla vista, ma vittima del passare del tempo, e anche il giardino non era messo tanto meglio, quasi come se nessuno se ne fosse occupato da anni. Dalle finestre si poteva notare che le luci erano accese, ciò lasciava presupporre che il ghoul fosse il casa. Sdraiato vicino a una delle finestre, dentro la casa, c'era un gatto, che fissava attentamente i movimenti di Vivienne, forse percependo istintivamente la natura dell'estranea.



    Del resto, era cosa nota che gli animali odiano i vampiri, e difficilmente ne sopportano la presenza se questi non sono dotati della disciplina dell'Animalità.
     
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