Appartamento di jerome Lacroix

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    Situato in Toulouse St, l'appartamento di Jerome Lacroix si può definire anonimo, poco o nulla coloniale, ma forse è stata proprio questa sua peculiarità a renderlo interessante ai suoi occhi. Leggermente defilato rispetto al viale principale, rimane nel cuore del quartiere francese senza però esporsi eccessivamente al caos della gente.



    L'interno è in una parola essenziale. Le spesse tende sulle finestre fanno entrare poca luce, ma ciò non rende l'atmosfera troppo opprimente, poichè l'ordine e la pulizia donano all'ambiente un aspetto tanto austero quanto accogliente. Una libreria, una scrivania e poco altro come mobilio (se si escluse la presenza di una cucina sempre immacolata e di un tavolo perennemente apparecchiato), il più dello spazio è occupato da cavalletti da pittura di varie dimensioni. Qualche quadro affisso sui muri con una logica maniacale e alcuni oggetti di natura artistica, palesano la natura dell'occupante.




    L'accesso all'appartamento è consentito sia dal davanti che tramite uno stretto vicolo sul retro, perfetto per le uscite notturne senza dare troppo nell'occhio.

    Dalla finestra della camera da letto si può scorgere la cattedrale di St Louise.
     
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    L'oblio lasciò lentamente la coscienza dell'uomo, permettendo a mente e sensi di vagare lungo l'ambiente. Il pensiero ragionato arrivò celere, e con esso quei brevi e fastidiosi istanti di immobilità a cui era nolente sottoposto ad ogni risveglio. Mentre la Vitae abbandonava la sede centrale del cuore in favore degli arti Jerome aprì le palpebre. ritrovandosi a guardare il soffitto della sua buia stanza da letto.

    Dalla finestra chiusa -per evitare ovvie infiltrazioni di luce diurna- ovattati rumori di traffico e passanti, onnipresenti nel quartiere francese. La stanza da letto, come sempre ordinata, gli appariva spoglia ed abbandonata; marciume sulle pareti, legno divelto sul parquet. Abbassò lo sguardo ai palmi, rinsecchiti e con parte delle carpali visibili oltre la carne disastrata.

    Ormai si era abituato a tutto quello, alla sua personale visione del mondo.

    8 ps, full fdv.
    Alcune raccomandazioni: i vampiri chiudono sempre ermeticamente finestre e simili per evitare anche il minimo raggio solare. Inoltre ricordati quando descrivi qualcosa in gioco di farlo attraverso la peculiare visione del personaggio. Io stesso mi atterrò a quella, o offrirò entrambe per darti off una migliore visione dell'ambiente.
    I ps sono 8 perché li ho tirati, conteggiando anche quello che viene "bruciato" nell'alzarsi. Sei ancora lontano dalla fame, ma ciò non vuol dire che ti vieta di nutrirti.

    Ti chiedo due favori: Aggiungi la legenda di parlato e pensiero nella tua firma, e anche il link alla quest. Grazie!

    A te, per dubbi mp!
     
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    Un'altra notte lo attendeva. Un'altra convivenza forzata con quelle creature imperfette e marcescenti chiamate uomini. Ah, se solo avessero potuto vedere con i loro occhi cos'erano in realtà... di certo non andrebbero in giro così baldanzosi! Di certo non sghignazzerebbero guardandosi negli occhi in un chiassoso bar e nemmeno si prodigherebbero così spasmodicamente nella ricerca dell'estetica. Poveri, stupidi, miseri esseri. Ma col tempo Jerome aveva cominciato a compatirli: in fondo erano solo ignari del mondo, della vita, della morte e di ciò che era ineluttabile nel cammino verso l'oblio. Certamente lui era stato più fortunato di loro: l'abbraccio gli aveva donato la capacità di vedere oltre le facili apparenze, di guardare oltre la cortina delle certezze, per svelare la bellezza dell'oblio e il conforto delle tenebre. Ah le tenebre! Quanta bellezza c'era dietro ogni cosa in assenza di luce? Quanta poesia e mistero sgorgava da ogni più insignificante oggetto, se solo si smorzavano i colori. Rimaneva solo la cruda realtà di quello che dovrebbe apparire senza inutili orpelli e la superbia lasciava il posto all'essenziale. Se solo le sue mani fossero in grado di riportare quella perfezione sulla tela, allora si che sarebbe soddisfatto e appagato!
    I suoi occhi furono catturati da una crepa sul soffitto, che lasciava intravedere l'intelaiatura sottostante. Non gli pareva strano che fossero sempre le cose che gli uomini chiamano difetti o imperfezioni a mostrare le reali fattezze del mondo.
    Si mise a sedere sul letto osservando la tela posta sul cavalletto. Aveva cominciato da pochi giorni a lavorare su quel dipinto, ma ancora non sapeva dove lo avrebbe portato. Un possente cavallo bianco con la bava alla bocca e gli occhi colmi di terrore, nel mezzo di una fitta e lugubre foresta. I muscoli erano tesi e definiti come fossero veri, la notte sembrava viva e pulsante e la paura era quasi palpabile. Era un buon dipinto certamente, ma non era ancora in grado di definirlo perfetto. Forse quella città, con i suoi tumulti, la sua beffarda quotidinità e i suoi mille anfratti, non era proprio quello che cercava in termini di ispirazione, ma almeno quel quartiere gli ricordava da lontano la sua Marsiglia.
    Che cosa avrebbe fatto quella notte? Sarebbe andato in cerca di un'illuminazione creativa oppure si sarebbe goduto le vene di qualche donna dall'aspetto cadaverico? Decise di lasciare la decisione al fato, intanto sarebbe semplicemente uscito per riabbracciare la notte.
     
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    Il cavallo sembrò osservarlo dalla sua prigione di tela, un nitrito d'avviso interrotto dal seccarsi della pittura. Per ora non era altro che un'opera embrionale, che Jerome sentiva ancora priva di un'identità. Eppure il terrore nei suoi occhi gli sembrò ben più vivido di quello impresso dal pennello qualche sera prima, in qualche modo ravvivato.

    La sensazione venne immediatamente meno, nulla più che la deriva mentale di una creatura notturna. Che li fuori ci fosse una musa ad attenderlo, qualcosa che lo aiutasse a completare il quadro?

    Fuori una notte di inizio maggio, in cui persistevano ancora le note più primaverili del compianto aprile. Il cielo sereno, dai dettagli sopiti a forza dall'inquinamento luminoso del quartiere francese. Diretto verso la porta riservò un ultimo sguardo all'opera, in cui lo stallone martoriato sembrò chinare arrendevole il capo verso il terreno. Nello stesso istante Jerome si accorse di una lettera lasciata davanti all'entrata posteriore del suo rifugio, fatta passare chissà quando sotto l'uscio. Una busta intestata con il logo dello Sheraton Hotel in rilievo, ingiallita dal tempo. Agli altri sensi un nugolo di diverse sensazioni, come l'odore di carta nuova e la leggera setosità delle carte usate per gli inviti cerimoniali.

     
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    Girò e rigirò la lettera tra le mani come per assicurarsi che fosse vera o solo il frutto della sua immaginazione. La osservò da più vicino, ne assorbì l'odore e poi alzò gli occhi verso la porta. Girò la maniglia e uscì, scrutando oltre l'oscurità che galleggiava pesantemente lungo lo stretto vicolo. In lontananza il brusio di mille dialoghi e la musica che usciva dai locali. Dietro ai cassonetti delle piccole zampe raschiavano nel sudiciume. Nessuno, com'era logico che fosse.
    Tornò ad osservare l'elegante busta. Sheraton Hotel.... Central City... Eliseo? Da chi giungeva quell'invito? Poteva fidarsi? Che qualcuno si fosse finalmente accorto del suo talento? Troppe domande inutili, visto che le risposte erano tra le sue mani.
    Andò a sedersi sul divano, diede un'ultima occhiata alla busta e la aprì.
     
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    Gentile Signor LaCroix, con la presente la invito a raggiungermi questa sera allo Sheraton Hotel cittadino per un colloquio privato di lavoro.
    Sarei inoltre felice se portasse un suo lavoro terminato, ne ho sentito parlare e mi piacerebbe ammirarne uno di persona.
    Una volta alla reception dica all'addetto di avere un appuntamento con il direttore, vi farà salire.


    5qnz8



    Non c'era firma di sorta, o nome. La carta era di ottima fattura come la busta, il tatto non mentiva. Sapeva che lo Sheraton era uno dei due Elisei cittadini, ma mai aveva sentito di un direttore ne di particolari abitué.
     
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    Oh si che qualcuno se n'era accorto del suo talento.... e di certo non era uno di quei rozzi ed ignoranti critici che si divertiva ad infangare la sua arte neile sale di esposizione di New Orleans. Come lo avevano definito? Decadente, deprimente, incapace di una visione ottimistica sulla vita... o come aveva scritto quel borioso e saccente direttore di quella rivista, come lo aveva descritto? Ah è vero: artista incompleto. Jerome si accorse che stava accartocciando la lettera per l'eccessiva pressione. Stava tremando di rabbia.
    Ma cosa gli interessava di quelli? Erano solo degli stolti, dei miseri mortali ignari di quello che i suoi occhi e la sua mente erano in grado di carpire. Non sapevano che quando il pennello era tra le sue dita, la mano disegnava cose che le loro piccole menti non potevano nemmeno sperare di sfiorare.

    Non sapeva chi fosse il mittente di quell'invito, ma una chiamata all'Eliseo non si poteva rifiutare. Forse quella era la sua occasione per elevarsi allo status che meritava.
    Non aveva dubbi su quale dipinto portare: andò nel piccolo archivio ricavato in camera, lo portò all'ingresso e gli diede un'occhiata: quella era la sua opera preferita, creata qualche giorno prima di partire dalla Francia. "l'enfant sanglant". Lo sguardo di quel bambino con il volto coperto di sangue... quegli occhi vitrei, le mani coi pugni stretti con le unghie che quasi si conficcavano nella pelle. Quel nero impenetrabile a fare da cornice. Sembrava... vivo nella morte. E più osservava quell'opera più ne era fiero. Si, sarai tu a venire con me, Tu sei il mio lasciapassare per l'eliseo.

    Mise la tela in una teca da spalla. Prima di uscire osservo l'appartamento: il bianco destriero dell'opera incompiuta lo fissava con occhi terrorizzato. Le labbra di Jerome formarono un sorriso sinistro e spiazzato. No, lui non aveva paura. Non era il candido cavallo che si addentrava nella foresta oscura: lui era l'oscurità.

    Chiuse la porta alle sue spalle, percorse il vicolo fino alla sua moto. Il motore emetteva quel suono cupo che tanto adorava. Ingranò la marcia e si tuffò nella notte, seguendo il canto di quella sirena alla quale non poteva resistere.

    Edited by kidfabio - 11/5/2020, 00:08
     
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    Mi raccomando, non scordarti il difetto di cui abbiamo discusso.
    CITAZIONE
    E più osservava quell'opera più ne era fiero. Si, sarai tu a venire con me, Tu sei il mio lasciapassare per l'eliseo.

    Per te ogni opera frutto del tuo pennello ha qualche difetto, per quanto stupenda essa sia. Ovviamente sai ancora discernere quando fai un lavoro scadente o un pezzo d'arte, ma è difficile considerarle come qualcosa di cui vai pienamente sicuro perché appunto non lo sei.

    continua qui
     
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    Continua da qui. Giorno dell'asta, facciamo un piccolo recap.

    8ps, fdv full.


    Il Toreador aprì di scatto gli occhi, venendo accolto dal buio della sua camera da letto. Era gelido, ancora confuso dagli stralci del torpore diurno. Quegli attimi di prigionia all'interno del suo stesso corpo erano qualcosa di terribile, a cui non si era ancora abituato. Tanto era innaturale e costrittivo per la mente di un uomo, a pari passo con la condizione vampirica.

    Le membra dure, in pieno rigor mortis, si riscaldarono man mano che una stilla di Vitae abbandonò la sede centrale del cuore, in corsa verso le periferiche. Nel giro di poco riuscì a sfuggire all'indotta paralisi, ed alzarsi.

    Nel buio riuscì a notare solo pochi dettagli, i più brillanti colori del quadro a cui aveva lavorato la sera prima e il blu elettrico della sveglia digitale, che annunciava solerte le 20.51.

    Gli ci volle poco per ricordare che fosse il giorno, o meglio la sera dell'asta. Il suo quadro sarebbe riuscito ad interessare il misterioso compratore? E ancora, in che modo poteva mai strappargli di mano il Vermiglio?
     
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    Un'altra notte attendeva Jerome tra le sue lunghe e ossute braccia spalancate. Una notte dove forse il suo destino come artista avrebbe potuto prendere una piega diversa. Recuperare il vermiglio era diventato ormai ben più di una ossessione: era un dovere. Aveva messo il suo destino nelle mani di personaggi bizzarri, ma nei quali riponeva la giusta fiducia. Sapeva di avere talento, sapeva di meritare di più... perchè le sue mani non lo seguivano, perchè?! E nel pensare questo, si rese conto di aver piantato le unghie sulle cosce. Si destò lentamente e si mise a sedere sul letto fissando il quadro in penombra. Era un rituale al quale non sapeva rinunciare e nel quale riponeva la certezza della sua non vita. Era il momento in cui si destava dalle tenebre per addentrarsi in tenebre ancor più fitte, l'istante in cui la sua condanna prendeva forma e si palesava in tutta la sua ineluttabile verità. Era dannato, era incompleto e il destino beffardo aveva fatto in modo che non solo non potesse dipingere la bellezza che aveva in testa, ma che non potesse nemmeno ritrovarla nel mondo reale, perchè tutto gli appariva morto e decadente. Ma non c'era romanticismo in quel putridume: solo vuoto e orrore. Si passò le mani sul viso ed emulando un sospiro si alzò in piedi per dirigersi in bagno a darsi una sistemata.

    Le chiavi della Guzzi stavano lì sul mobile all'ingresso, come sempre. Il cainita le prese e uscì dalla porta. Ok Rumple, portami dal Vermiglio.
     
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    Mentre Jerome raccoglieva i suoi avere, pronto alla partenza, notò come ci fosse un nuovo messaggio sul suo cellulare. Arrivato circa una decina di minuti prima, era una posizione su Maps che portava dalle parti di Lakeview. Il numero era per lui sconosciuto...che quell'infingardo di Rumpel fosse riuscito ad avere per vie traverse il suo numero?

    per favore, fammi sapere in corpo azione o spoiler se ti porti dietro qualcosa di particolare (armi, o qualcosa fuori dall'ordinario). Grazie.
     
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    Jerome non potè fare a meno di sorridere quando vide il messaggio: Rumple aveva certamente molte qualità e una di queste era certamente la non scontatezza. Riusciva sempre a stupirti e ad ipnotizzarti: che fosse tramite un gesto, una parola o semplicemente uno sguardo, ne rimanevi affascinato. Gli faceva venire in mente quelle marionette che usano i ventriloqui.

    Raggiunse la Guazzi attraversando la buia viuzza e vi montò sopra. Diede un'ultima occhiata al navigatore e lasciò che il rombo della moto spezzasse il silenzio.

    SPOILER (click to view)
    Mi porto dietro un catalogo delle mie opere... un semplice quaderno con delle foto appiccicate sopra.
     
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    brum brum fino a qui
     
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    Continua da qui. Sono le 2:20, considerati spostamenti e tempi di caccia.


    Il Cainita era finalmente di ritorno a casa dopo aver vissuto una serata fuori dalla norma, ed essersi fatto nuove e strane conoscenza. Di primo achitto ebbe l'impressione di aver passato più tempo di quello effettivo fuori casa, forse per i vari capovolgimenti di serata. Ma bastò la sicurezza data dal suo rifugio per scrollarsi via di dosso quella sensazione e godersi così il resto della serata.
     
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    Una volta rientrato nel rassicurante buio del suo rifugio, Jerome si sedette sul divano e restò per qualche secondo con lo sguardo rivolto al soffitto. Si guardò intorno e squadrò pensieroso il cavalletto contornato dai suoi strumenti per pittura. Era ancora presto e aveva un ritratto per Rumple da eseguire.

    Si tolse la giacca e la camicia, rimanendo a torso nudo. Prese in mano il suo pennello preferito e si concentrò sulla figura di quell'essere: il viso scarno e pallido, gli occhi profondi, neri come la pece. E il resto venne da sè, impiegando il resto della nottata.
     
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