Rifugio Rebecca Waugh

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    Stretta a lui sulle due ruote avevo avuto la conferma di quanto fosse più freddo rispetto a chiunque altro avessi mai incontrato; non nel temperamento - che avrei volentieri paragonato all'incendiario whiskey irlandese, per come lo percepivo io - proprio nel corpo: nessuna super produzione di calore da parte sua, né l'ombra di una sgraditissima sudata come conseguenza diretta di quell'abbraccio prolungato per me.
    Per quanto insolito, fu assai piacevole.

    * * *

    Mi voltai a guardarlo quand'eravamo già arrivati al cancello e lessi, ancora una volta, nel suo sguardo una nota malinconica e triste; d'un tratto il mio invito (a concludere la serata tra le lenzuola) parve inopportuno. Non avevo idea di che cosa avesse potuto impensierirlo tanto da dargli il tormento per tutta la sera, sapevo soltanto di volergli già così bene che avrei fatto qualunque cosa per poterlo aiutare.
    Non ebbi poi modo di pensarci troppo sopra, comunque... Il rosso fece qualcosa che mi sciolse completamente le viscere. Fu come essere presa di peso e lanciata dentro un vulcano attivo e con un'eruzione violenta e catastrofica catapultata poi nello spazio infinito, in un'immensa oasi aliena di piacere puro e semplice.

    In pochi secondi passammo da una tenera carezza a qualcosa di più.
    Come la vissi?

    Cercai di seguire con lo sguardo la sua mano mentre s'insinuava tra i miei capelli, dietro il collo; palpitai nel sentirlo stringermi e, nel fare un piccolo passo avanti, automaticamente dischiusi le labbra senza però opporre la benché minima resistenza (perché mai avrei dovuto resistergli dopotutto?). Quando sentii le sue labbra posarsi sulla pelle, ciò che avvenne al mio corpo e alla mia testa fu assurdo: mi persi.
    All'inizio riuscii a portargli una mano dietro la nuca ma via via che il tempo passava fui costretta a scendere, scendere e scendere. Sulla spalla, lungo il braccio fino al polso: ad ogni tappa la presa si faceva più flebile, all'ultima era praticamente inesistente tanto che il casco mi cadde e rotolò sul marciapiede.

    Mi sentivo d'un tratto così stanca; appagata certo (e come mai ne avessi ricordo) ma anche molto affaticata. Se non fosse stato per lui, per la sua stretta salda, sarei caduta di certo; le ginocchia infatti non riuscivano a sorreggermi e battevo le palpebre sempre di meno, per il bisogno (e il desiderio) di tenere gli occhi chiusi e riposare. Dedicai a Jackson, nel momento in cui ritrovai i suoi occhi, un sorriso appena accennato ma carico di amore e annuii.
    - Sì, ho... - mi portai una mano sulla tempia e corrugai la fronte, che andò a posarsi sul suo petto per un secondo soltanto. Le parole mi morirono in bocca, volevo dire di avere un mal di testa lancinante, che fossi sfinita... lo ero a tal punto da biascicare le poche parole che volevo dire.
    - Ottima idea - recuperai le chiavi di casa dalla borsa, dopo averla aperta con flemma, e feci per sbloccare il cancelletto ed imboccare la strada di casa. Il collo ancora straordinariamente sensibile.
     
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    Jackson rimase a sorreggerla finche questa non fece per imboccare il cancelletto di casa. A quel punto la osservò percorrere il breve vialetto fino alla porta con aria assorta. Neanche pensò a recuperare il casco che le era caduto di mano, non finchè lei potè vederlo almeno.

    Un cenno di saluto tra i due seguito da un sorriso di lui mentre lei stava per imboccare la porta di casa conclusero quindi la serata. Rebecca era di colpo talmente stanca da aver perso ogni capacità di ribellarsi ulteriormente a quella separazione. Sentiva di doversi sdraiare perche le gambe le tremavano e la testa le girava.

    Raggiunse il bagno, desiderosa di darsi una veloce sciacquata alle mani ed al viso prima di buttarsi finalmente tra le coperte. Accesa la luce si guardò allo specchio, trovandosi incredibilmente pallida. L'incarnato era sbiadito e gli occhi segnati. Istintivamente osservò il collo, li dove Jackson l'aveva baciata e fatta impazzire, non notando però nulla di strano. Notò invece di avere ancora indosso la giacca di pelle di lui. Poteva correre di fuori a cercarlo, ma non ne aveva le energie. Inoltre, pensò, sarebbe stata un'ottima scusa per rivederlo...

    La serata si concluse quindi di li a poco, con Rebecca che per la seconda notte di fila si lanciava tra le coperte, dimenticando di mettere in carica il proprio cellulare, ma portando con se quella giacca di pelle ed il suo odore.

    Primo capitolo (nonche Quest Introduttiva) concluso. A breve Valutazione, assegnazione px e poi ripartiamo.
     
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    Era stata una giornata di quelle lunghe e inconcludenti per Rebecca, la quale, quando ormai l'orologio segnava circa le sei e mezza, percorreva a passi stanchi le ultime decine di metri verso il cancelletto di casa.
    Nell'ultimo periodo si era data molto da fare, sia per il festival che per la propria carriera in generale. Inoltre ormai da una decina di giorni stava dormendo davvero poco, specie perche Jackson per via del suo lavoro dormiva di giorno ed era quindi possibile per lei tentare di incontrarlo solo di notte.

    Erano stati giorni intensi, a dir poco. Si sentiva strana, animata da un'energia nuova e superba, di cui non capiva la natura, la provenienza e soprattutto la pericolosità.

    Quel giorno in particolare era stato decisamente duro.

    Aveva avuto uno di quegli incontri molto particolari con Jackson la notte precedente, ed era tornata a casa tanto appagata quanto sfinita, al punto da riuscire a fatica a scendere dal taxi e trascinarsi dritta fino al letto senza neanche passare prima in bagno.
    Quel mattino si era quindi alzata tardi dal letto, ma aveva riposato male visto che la sua coinquilina aveva ben pensato ad un certo punto di mettere un pò di musica e rovinarle il sonno, ripreso solo dopo un breve alterco con la stessa.
    Impiegò poi circa mezz'ora a cercare di nascondere le terribili occhiaie ed il pallore del viso col trucco, prima di uscire di casa per delle commissioni, col sole ancora alto. Doveva incontrare un agente discografico col quale aveva preso un appuntamento giorni prima. Arrivata al suo studio questi non si era però fatto trovare, lasciandola ad aspettare il suo rientro per oltre tre ore, prima che la segretaria palesemente dispiaciuta le facesse capire che sarebbe stato inutile aspettare ancora perche ormai il suo capo non sarebbe più rientrato in ufficio.

    Insomma, una giornata di merda.


    Il sole ormai prossimo a lasciarsi andare dietro l'orizzonte le batteva dritto in faccia. Dentro di sè un nervosismo di base stava covando neanche troppo nascosto, tanto che quel sole che le scaldava la pelle unito all'aria caldo-umida del posto riusciva solo ad urtarla ancora di più. Era stata tutto il giorno in giro ed era troppo sudata, stanca ed amareggiata. Avrebbe solo voluto sprofondare nel letto e maledire l'universo, ma qualcosa in lei di più forte la spingeva a gettare ancora carbone nella fornace per continuare a spingere.

    Negli ultimi giorni aveva infatti lasciato un pò da parte l'organizzazione del Festival per curare quell'incontro ed arrivare preparata, ed ora sentiva di dover recuperare il lavoro perso. Soprattutto doveva e voleva tornare da Jax, sperando che i documenti per la location fossero finalmente pronti come promesso.



    Superato il cancelletto la porta di casa si aprì davanti a lei. Fece capolino sull'uscio un ragazzotto giovane e di media bellezza che Rebecca aveva già visto altre volte, un tipo poco raccomandabile col quale si stava frequentando la sua coinqulina. Pochi istanti e dalla porta spuntò anche lei per dargli un bacio appassionato di saluto. Era visibilmente felice, seppur avesse solo fatto capolino dalla porta Rebecca aveva subito notato che avesse indosso solo gli slip ed una camicia bianca, peraltro nemmeno abbottonata.

    Un sorriso di circostanza al ragazzo che stava andando via per poi superarlo e dirigersi in casa, seguita a ruota dall'altra, la quale chiudendo la porta vi si poggiò sospirando soddisfatta.

    Per Rebecca il rientro non fù altrettanto soddisfacente. La casa era ridotta in uno stato pietoso, decisamente peggio di come l'aveva lasciata poche ore prima. La cucina mostrava tutti i segni di un maldestro tentativo di pasticciare un pasto. Aldilà di quella che sembrava farina sparsa in giro sui vari ripiani, c'erano numerose stoviglie sporche abbandonate nel lavello. Il soggiorno sembrava invece il teatro di una battaglia epocale, mobili spostati, vestiti abbandonati in giro, un cartone di pizza ancora mezzo pieno che dal tavolo si era rovesciato - solo dio sa come - sul pavimento, finendo su uno dei tappeti. Insomma, un vero disastro.

    Che giornata!
    Esclamò sognante Abby - la coinquilina - incamminandosi poi verso le scale che portavano alla sua camera, mentre Rebecca ancora era sopraffatta dal disastro che aveva trovato.

    La giovane cantante era rimasta imbambolata, con un'espressione assente sul volto. Era preda di pensieri rabbiosi, tipici forse di una persona che ha appena incassato la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, ma non di lei. Non era da lei essere cosi pervasa dalla furia cieca, eppure in quel momento sentiva montare dentro un fuoco primordiale e incontrollabile. Le parole dell'altra le giunsero alle orecchie e tagliarono come un colpo di spada il flusso dei suoi pensieri facendola tornare sul qui ed ora, ed incanalando la sua rabbia pronta ad esplodere dritta dritta verso la persona che aveva causato quel devasto.
     
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    In giorni come quello potevo dire forte e chiaro io odio l'umanità. La odiavo sempre, tendenzialmente, ma quando le stelle il karma e tutto ciò che poteva anche solo influire sull'esito della vita si allineava per venirmi contro e ricordarmi quanto la mia esistenza fosse miserabile (e potesse esserlo ancora di più) quell'odio raggiungeva proporzioni epiche, bibliche, stellari.
    Fossi stata capace mi sarei costruita un cerchietto luminoso e gongolante - io odio l'umanità lettera per lettera rigorosamente glitterate su molle ondeggianti, per il puro gusto di dare ancor più fastidio agli occhi dei poveri malcapitati che avrebbero osato tentare di leggere per capire - col chiaro intento di trasmettere due messaggi molto semplici e non indurre in errore persona alcuna: A) la mia scarsa fiducia nel genere umano, ormai inesorabilmente in via di esaurimento e B) non disturbare il cane (tolgo direttamente il "che dorme" perché, oltre a non dormire più in senso letterale e fa brutto, non sono mai stata un tipo proprio tranquillo ecco). Perché signori miei, io ci provavo davvero ad essere calma e disponibile con gli altri, di porgere l'altra guancia ogni tanto come aveva cercato di insegnarmi la mia fervente cattolica madre, a dirmi di resistere e continuare perché presto o tardi tutti i sacrifici e le porte sbattute in faccia si sarebbero trasformati in qualcosa di meraviglioso che li avrebbe ampliamenti ripagati.
    E invece gno no. Col cazzo. Ogni giorno era sempre peggio ed io ero sempre più stufa, più critica, meno tollerante.

    Si partiva dai vicini con i pranzi di famiglia in giardino non-stop dalle dieci alle ventitré ogni fottuta domenica - famiglie numerose con dieci figli e una caterva di nipoti rumorosi - passando per il postino di merda che si divertiva a scambiare la mia posta con quella della signora in fondo alla strada, costringendomi a pagare bollette già scadute e a volte ricevere direttamente dei solleciti telefonici (sarà anche ora che attivi la bolletta digitale Becca, che dici?); l'idraulico che da una settimana rimandava l'appuntamento per sistemare la caldaia. Menzione d'onore per quella stronza di Abby che aveva deciso di svegliarmi con la sua musica indie del cazzo facendomi saltare nel sonno e provocandomi non solo un terribile cerchio alla testa ma anche e soprattutto uno stato d'ansia perenne che proprio quel giorno non avrei dovuto avere; non solo: con tutto quello che avevo da fare, dovevo essere io a rincorrere telefonicamente l'idraulico. Troppo impegnata lei a fare l'ebete influencer su Instagram e a scopare come un coniglio con quel mezzo decerebrato. L'avrei volentieri presa a schiaffi ma mi ero detta di non aver tempo per quelle cose e che avrei dovuto investire ogni singolo briciolo di energia in qualcosa di veramente importante e costruttivo: l'appuntamento col discografico che non ci credo, mi ha dato buca.

    Affranta, sudata e di umore nero avevo ingoiato un rospo enorme nel non mandare a quel paese il discografico - però gli avevo lasciato un bigliettino con un messaggio piuttosto inequivocabile - e l'unico pensiero fisso che mi aveva accompagnata nel tragitto verso casa era stato il bisogno urgente di farmi un bagno caldo con le bollicine. Quella di volare, veloce come il vento, al Larry Flint's era diventato quasi un bisogno fisiologico, come il mangiare o il respirare.
    Il concept del locale non mi piaceva, detestavo la clientela e ogni volta che ci mettevo piede riuscivo a trovare un difetto diverso tuttavia non riuscivo a smettere di andarci. Per lui, era chiaro. Da quando l'avevo conosciuto mi sentivo strana, un po' diversa ma non sapevo in cosa: le mie giornate avevano raggiunto picchi di sregolatezza, dormivo pochissimo e avevo scoperto di avere una strana fissazione per i drink gentilmente offerti dal rosso irlandese e in più avevo un aspetto osceno. Tuttavia non mi ero mai sentita meglio. Solo il pensiero mi dava la carica giusta per continuare - senza possibilmente distruggere ogni cosa e trasformarmi in un banditore all'angolo il cui unico scopo nella vita era maledire l'universo e profetizzare morte e distruzione per i trasgressori del quieto vivere.

    Notai che la cassetta della posta avesse ancora la levetta rossa alzata. Abby non si era degnata di recuperare la posta... Ci pensai io, ovviamente, ma le avrei sfogliate solo una volta dentro, sdraiata sul divano a poltrire per cinque meritati minuti. Abbassai la levetta così forte che rischiai di spezzarla, stessa cosa per l'anta bianca. Poi alzai gli occhi sul portico.
    La mia faccia di fronte alla scenetta da romcom. Scossi la testa e finsi spudoratamente che me ne importasse qualcosa di quel tipo quando lo incrociai sul vialetto; gli rivolsi un sorriso di circostanza e lo superai salendo i gradini. Era un senza cervello, carino e nulla più: quando apriva bocca la maggior parte delle sue perle erano così aberranti da farmi accapponare la pelle e desiderare di essere spedita su Marte con uno shuttle last minute.
    Passai oltre Abby, quella stronza parte due, ed ebbi giusto due secondi di pace interiore - in cui assaporai la bellezza calma e placida di casa mia, la tranquillità e il bagno caldo - prima di essere posseduta da una versione umana di Ade.
    La borsa bianca scivolò via dalla mia mano, cadendo con un tonfo sul parquet, insieme alle tre missive. Rimasi a bocca semi schiusa e con gli occhi sgranati, le spalle basse e lo stomaco che si stava divertendo a saltare su un ipotetico tappetino elastico, mentre lo sguardo vagava atterrito su quel disastro totale che era il soggiorno.
    - Ma che - e io che desideravo solo rilassarmi mezz'ora. Strinsi il pugno e alzai feroce lo sguardo su Abby, già pronta a svignarsela al piano di sopra a fare le sue stronzate. Respiravo così forte dal naso che a momenti mi sarei trasformata in un toro. Prova a parlarne, magari passa.
    - Vedo che ci hai dato dentro - tu e quell'energumeno inutile mi tolsi innanzitutto le scarpe, con un gesto lento ma pesante e mi abbassai a recuperare ciò che avevo perso, quindi la borsa e le bollette.
    - Ho preso io la posta, comunque - e in quel comunque racchiusi tutto il mio disappunto misto a disprezzo perché non aveva assolto al primo degli unici due compiti che le avevo dato. Gliel'avrei fatto pesare fino alla morte? Ovviamente sì.
    - Immagino tu sia stata molto impegnata a sponsorizzare Fitvea per fare i quattro passi che separano la porta dalla cassetta delle lettere - di nuovo, disprezzo e malcontento e rabbia. Una rabbia cieca. Sperai per lei non rispondesse, che se ne andasse di sopra dopo delle scuse a malapena accennate. O che non le dicesse affatto, ma in quel caso avrei anche potuto ottenere l'effetto contrario e scoppiare come una pentola a pressione. Sorvolai sulla mia giornata, non avevo voglia di parlarne ma solo di dimenticare e andare oltre.
     
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    Abby sentendo il riprovero e le frecciatine di Rebecca si fermò, voltandosi poi verso di lei con aria palesemente scocciata.

    Ma lo sai che sei una rompipalle?
    Esclamò seccata.

    Dovevo andarci cosi?!?
    Aggiunse allargando le braccia, gesto che fece aprire la camicia sbottonata mostrando il corpo nudo sottostante.

    Allungare la mano e prendere le bollette rientrando deve essere stata una immensa fatica..
    Concluse quindi, poggiando le mani ai fianchi e fissandola con stizza.

    Un bisticcio tra coinquiline, uno come tanti. Qualcosa che in fondo era già successo altre mille volte in passato, specie perche seppur Rebecca non fosse una maniaca dell'ordine, Abby quando ci si metteva riusciva ad essere davvero una pessima persona con cui condividere la casa.

    Ma Rebecca non era più quella di qualche tempo prima.
    Qualcosa di primordiale ed oscuro le si agitava nel profondo delle viscere con bramosia e furore. Qualcosa di cui lei aveva percepito la presenza ormai da giorni, ma che non aveva modo di comprendere.

    Alla risposta stizzita e provocatoria dell'altra la giovane cantante sentì come un gelido rigurgito di rabbia incontrollabile emergere da un qualche abisso dentro di lei, desideroso di riempirne totalmente corpo mente ed anima e spingerla a reagire con ferocia disumana a quell'insignificante ammasso di carne malamente avvolto in una camicia che si trovava davanti. Non si trattava della classica rabbia che conosceva bene, era qualcosa che non aveva mai sentito prima. Sentì tale impulso farsi sempre più forte, talmente forte da non poter essere ignorato e spingerla all'azione.

    In quel momento si rese conto che se non avesse fatto ricorso al suo autocontrollo, nulla le avrebbe potuto impedire di afferrare Abby per i capelli e sbatterle la testa sul pavimento con tutta la forza che aveva in corpo, fino al punto in cui di quella sua testolina insignificante non fosse rimasto altro che frammenti di cranio ed una poltiglia indistinguibile di carne e cervella.

    2021-02-03 10:30:11 Rebecca rolls 2 dice to Autocontrollo (Diff 4) 7,3 [1 successes]


    Non fu facile resistere, per niente. Era qualcosa di assurdo e mai provato prima, che non aveva idea esistesse e soprattutto che non sapeva minimamente controllare. Benche il suo scarno self-control tenne botta, il suo volto mostrava tutti i segni di quella lotta interiore, contraendosi in un'espressione maligna e sadica. Rebecca ebbe paura, probabilmente per la prima volta, di se stessa. L'unica cosa che poteva dire con certezza di ciò che stava succedendo, era che quella non fosse una cosa normale.

    La stessa Abby vedendola ebbe un sussulto, indietreggiando di mezzo passo come spaventata mentre l'altra la fissava come un lupo inferocito.


    Sei attualmente in lotta per non cadere in frenesia. Hai totalizzato un successo e quindi per questo turno puoi agire normalmente, ma comunque considerando lo stato in cui ti trovi.
    Per evitare il rischio frenesia devi accumulare 5 successi.

    Se vuoi puoi spendere punti forza di volontà nel tiro di autocontrollo.

    Ti ricordo che un fallimento nel caso tu non abbia successi accumulati in riserva comporta il soccombere alla frenesia per quel turno.
    Un fallimento critico significa perdere totalmente il controllo.

    A te 👁️
     
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    Abby sapeva essere veramente cretina. Come riusciva a farmi uscire lei dai gangheri neanche la Mary Sue di turno e non era certo un primato per cui valesse la pena essere ricordata dalla sottoscritta. Tutto sommato andavamo d'accordo - altrimenti non avremmo resistito per due lunghi anni sotto lo stesso tetto - ma quando se ne usciva con quelle scuse idiote per giustificare una sua mancanza e, soprattutto, tentava di far ricadere ogni responsabilità su di me l'avrei davvero presa a ceffoni. Strinsi i pugni guardandola dritta in faccia e in cagnesco; automaticamente accartocciai la posta. Immaginai di assecondare quell'impulso viscerale e bruciante, avventarmi sul suo corpo statuario, afferrarle i capelli e sbattere la sua testa contro la ringhiera prima e i gradini poi fino a quando non ne sarebbe rimasto niente. Fino a che le dita non avrebbero avuto più niente da stringere. Avevo cambiato anche posizione: le spalle erano più alte, la testa inclinata verso il basso; dei fremiti mi scuotevano il corpo, soprattutto mani e piedi.
    Odiavo quando mi rispondeva in quel modo: stava automaticamente sottovalutando i miei impegni e problemi, non gliene fregava un cazzo di come fosse andata la mia giornata, che potessi avere avuto un giorno no (o periodo no, o vita no). Tant'ero incazzata mi pulsava anche un occhio, il destro. Il flash, proiettato sull'esclusivo maxischermo che era la mia mente, fu anche abbastanza realistico; mi fece montare ancor più rabbia dentro, portandomi a un passo dal baratro.

    - No, non lo è stato - lo sibilai quasi, a voler sottolineare quanto in realtà non le sarebbe costato nulla uscire un secondo o mandare il suo poco brillante toy boy a prendere per una volta quelle stramaledettissime. In quel momento, specie nel vederla indietreggiare spaventata, ebbi una percezione chiara ed evidente che ci fosse qualcosa di sbagliato in me e nei miei pensieri. Realizzai di non essere mai arrivata a tanto: certo, ero sempre stata fumantina e discussioni come quella ne avevo praticamente tutti i giorni ma mai mi sarei sognata di fare un pensiero così cattivo, di sfiorarlo con la stessa passione di un'accarezzatrice di materassi o come Emma Stone con i pettorali di Ryan Gosling. Mai prima di quel momento avevo desiderato veramente fare del male a qualcun altro e in meno di uno schiocco di dita, senza che mi avesse offesa a morte o gettato merda su qualcosa a cui tenessi in modo particolare. Battei le palpebre aggrappandomi con tutta la mia tenacia a quell'attimo di lucidità, alla paura condivisa che ci unì per un istante o due.
    Strinsi i denti e chiusi gli occhi. Ma che mi succede. Dio, non ne vale la pena. Respira. Espirai in modo profondo e lasciai con un gesto stizzito - e particolarmente irruento, anche - la borsa sul mobile all'ingresso e le lettere, ormai stropicciate, prima di portarmi una mano sulla fronte.


    spenderei 1 FdV per tentare di salvarle la vita (?)
    (spero d'aver detto giusto)


    Edited by aquamärine - 4/2/2021, 17:46
     
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    2021-02-04 11:21:31 Rebecca rolls 2 dice to Autocontrollo (Diff 4) 5,6 [2 successes] + 1 Successo da WP


    Abby non disse nulla, rimase a guardare l'altra con un'espressione mista di stupore e paura. Rebecca dal canto suo dopo essersi resa conto che quella situazione esplosiva poteva incendiarsi in un attimo, cercò di calmarsi e mitigare la sua furia, riuscendo a controllarla mentre si ripeteva che non era da lei reagire cosi, fare quei pensieri o anche solo immaginare di fare qualcosa di tanto orribile. Soprattutto il sadico pacere che in quel momento una oscura parte di lei le stava facendo provare, la fece rabbrividire. Era come se avesse scoperto un lato di se malato, che non aveva mai visto uscire prima.

    Hai accumulato un totale di 4 successi su 5. Sarai inoltre hai il controllo del pg per i prossimi 3 turni.

    Come già spiegato al prossimo turno ci sarà un nuovo tiro.
     
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    Me ne rimasi lì sull'uscio per qualche secondo, con la mano ancora sulla fronte a proteggermi dalla vista di tutto ciò che m'infastidiva e gli occhi chiusi. Avevo bisogno di calmarmi, prendere fiato, ragionare. Non ero un animale, non potevo pensare di poter agire e basta senza mostrare un briciolo di civiltà. Mi spaventava il pensiero orribile elaborato in così pochi istanti, soprattutto mi inquietava quanto mi fosse piaciuta l'idea di spappolarle il cranio a mani nude in un impeto di rabbia. Tanto, veramente tanto.

    Abbassai la mano e alzai di nuovo lo sguardo su di lei - evitando di proposito la cucina e il soggiorno a soqquadro - solo quando mi sentii pronta. Mi portai un braccio sotto al seno, l'altro invece scendeva dritto lungo il fianco.
    - Ho avuto una pessima giornata, Abby - era un tentativo di chiederle scusa, quello? Magari sarebbe servito a farle sparire dalla faccia l'espressione terrorizzata (anche se la vedevo dura, m'ero fatta paura da sola).
     
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    2021-02-05 03:08:32 Rebecca rolls 2 dice to Autocontrollo (Diff 4) 2,2 [failure]

    Soooo close 👁️


    Abby sembrò in parte rilassarsi nel sentire le parole di Rebecca.

    Mi spiace...
    Il tono sommesso pareva il risultato di un maldestro tentativo di empatizzare con lei camuffando lo spavento che si era presa.

    Sembrava voler aggiungere altro, forse ribattere a tono, ma le parole non le uscirono di bocca, come se il pensiero che la situazione potesse degenerare l'avesse bloccata proprio nel mentre.

    Nel frattempo la mente di Rebecca era un vorticare continuo di pensieri sadici e violenti alternati ad attimi di lucidità ed orrore per gli stessi. Si sentiva come se avesse una doppia personalità, ed in quel momento queste fossero in lotta tra loro per prendere il controllo del suo corpo ed agire conseguentemente ai rispettivi desideri: abbassare i toni e chiudere li la questione, oppure cavare entrambi gli occhi ad Abby e farglieli ingoiare.

    Hai 4 successi accumulati e ne hai usati già 3.
    Il prossimo turno avrai il controllo delle tue azioni, ma non sei ancora riuscita a liberarti dalla frenesia.
     
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    Provai con tutte le mie forze a respingere l'istinto di scaraventarmi contro di lei e farle pagare le ultime uscite infelici, il caos in cui aveva lasciato sprofondare casa nostra e (perché no?) anche sfogare tutto il mio malcontento generale. Se solo avesse risposto in modo diverso, appena appena polemico, tutti gli sforzi profusi nel trattenermi sarebbero andati a puttane e le immagini (fantasie o anche istinti) primordiali e violente si sarebbero proiettate nella nostra realtà, compromettendola per sempre. Mi sarei accanita su di lei e fatto cose indicibili, impensabili per una persona che si era sempre considerata civile ed umana.

    Per fortuna però Abby ritornò sui suoi passi, scegliendo saggiamente di porsi nei miei confronti in modo più mite; di conseguenza anch'io riuscii a riequilibrare l'ago della bilancia interiore.
    - Già. Quindi ti prego: non ti ci mettere anche tu perché sono nera - giusto un piccolo reminder, pronunciato conservando la stessa posizione e guardandola dritto negli occhi. Non mi ero ancora liberata di quella sensazione viscerale e spaventosa che mi aveva animato incendiato le budella; stavo ancora lottando - oscillando pericolosamente - tra la lucidità e la follia animale. Continuavo a vedere cose terribili e a trovarle piacevoli... Erano orribili: avrei dovuto ritrovarmi con la pelle accapponata e la testa fra le mani per sfuggire loro, invece una parte di me le rincorreva, le riproponeva a un paio d'occhi stanchi e annebbiati dall'insoddisfazione. Le desiderava, come un bambino col gelato. Dovevo resistere ed allontanarmi il prima possibile da lei e da tutto ciò che potesse in qualche modo, anche banale, compromettere tutto quanto. Quindi in tutta fretta aggiunsi:
    - Vado a farmi un bagno; nel frattempo dai una sistemata mhm? - provai a non parlare tra i denti e far sembrare quella frase un ultimatum vero e proprio, ma non ero sicura d'esserci riuscita...
    Nel mio immaginario mi vedevo proiettata nella vasca e la caldaia perfettamente funzionante. Sempre che l'idraulico fosse passato quel pomeriggio, se Abby gli avesse aperto la porta, se...
    Se... se...
     
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    S-si, va bene...
    Rispose la giovane ancora seminuda senza ribattere troppo. Sebbene Abby fosse una cacacazzi almeno quella volta parve rendersi conto dello sforzo fatto da Rebecca nel contenere la propria furia cieca e non disse altro, lasciando che l'altra si dirigesse verso il bagno.

    2021-02-05 06:18:54 Rebecca rolls 2 dice to Autocontrollo (Diff 4) 7,5 [2 successes]


    Una volta nel bagno Rebecca iniziò a sentirsi nuovamente se stessa, o meglio tornò a sentirsi la nuova se stessa, ovvero una versione di lei diversa da come era sempre stata fino ad un paio di settimane prima. Quella sensazione di avere qualcosa dentro di malato e distorto che fino a quel momento aveva appena percepito, dopo quanto successonon era più un mistero. Qualcosa in lei era cambiato, ora se ne era resa definitivamente conto.

    Che fosse diventata pazza?
    Dormire cosi poco in quell'ultimo periodo l'aveva forse portata a sragionare?

    Rebecca iniziò seriamente a preoccuparsi del proprio stato mentale, quell'esperienza l'aveva turbata nel profondo. Era letteramente stata ad un passo dal tentare di uccidere Abby, ed il modo in cui era successo il tutto era qualcosa di totalmente fuori dalla portata della sua comprensione.

    In quel momento non aveva potuto vedere se stessa dall'esterno come invece aveva fatto Abby. L'unica cosa che notò chiaramente in quegli attimi fu la reazione di lei, tanto sorpresa quanto scioccata, nonostante di fatto Rebecca non avesse detto nulla. Pensando a quello sguardo spaventato, la mente le tornò subito al suo primo incontro con Jackson. Quel terrore istillato da qualcosa negli occhi di qualcuno l'aveva già vissuto in prima persona, proprio quella sera. Ed era stato Jackson a farglielo provare.

    Magari le cose potevano essere collegate in qualche modo?


    Quei pensieri le si interruppero quando, giunta al lavandino, ebbe modo di guardarsi allo specchio. Trovò un'immagine di se che non fece altro che alimentare l'idea che si era fatta: non sembrava stare bene. Il viso era pallido e spento, gli occhi scavati e segnati da profonde occhiaie ben visibili nonostante il trucco.

    Un bel bagno rilassante era ciò che ci voleva per rimettersi in sesto e cercare di dare pace al suo corpo ed alla sua mente.
     
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    Mi chiusi la porta alle spalle con un tonfo e la prima cosa che feci fu fermarmici dietro. Mi appoggiai al legno bianco, le mani dietro la schiena e lo sguardo puntato in alto. Cercavo di respirare con un ritmo meno affannoso, di scacciare via i cattivi pensieri e la paura che provavo verso me stessa.
    Ero cambiata, ormai era certo, e non in meglio. Tirai indietro i capelli e lasciai la testa fra le mani.

    Stavo affrontando una rapida discesa in quello che era l'antro più oscuro della mia personalità; fermarmi prima di cedere al suo fascino irresistibile si dimostrava giorno per giorno più complesso. Era stato un cambiamento graduale il mio, avrei detto quasi giornaliero: ad ogni nuovo sole un gradino in meno di pazienza e speranza. Nelle ultime due settimane il mio modo di percepire il mondo e di vivere le intersezioni forzate e necessarie con le altre persone aveva preso una piega storta, negativa. Andava bene essere estremamente critici, risentire dei progetti che non andavano proprio come volevo, avere a che fare con intoppi e scelte stupide altrui e crogiolarmi tra "te l'avevo detto" e il pessimismo cosmico del "non ce la farò mai" ma arrivare a sentirmi come un toro di fronte ad un panno rosso al minimo segnale era troppo, perfino per me. Forse il non dormire acuiva il nervosismo, oltre all'aspetto estetico chiaramente in decadenza. Mi ritagliai ancora qualche secondo per pensare.

    C'è qualcosa che non va in me. Qualcosa di malato, di brutto e il cuore prese a sbattermi fronte contro lo sterno, in preda all'ansia. Per ovviare a quella situazione prima di cedere al panico mi avvicinai di scatto al lavandino; entrambe le mani strette sulla ceramica bianca, le braccia tese, le spalle alte. Guardai il mio riflesso nello specchio e a stento riuscii a riconoscermi: così pallida, spenta, con due occhiaie spaventose sotto agli occhi e gli zigomi pronunciati dalle guance scavate. Ero orribile, quasi il fantasma di me stessa. Aprii l'acqua - fredda - e mi sciacquai abbondantemente il viso più volte. Lo choc termico non bastò a cancellare l'inquietudine che provavo, data soprattutto dalla vivida immagine di Abby sconvolta. Mi accarezzai in modo particolare le guance tirandole forte e in breve, a furia di rimuginare sull'accaduto, iniziai a far lavorare le meningi.
    Più che un ragionamento logico e consequenziale, il mio fu un vero e proprio flusso di pensieri e per quello libero da condizionamenti e un ordine preciso.

    Due settimane.
    Abby ha avuto paura di me.
    Jackson.
    Sto diventando un mostro?
    Mi ha guardata come se fossi stata sul punto di ucciderla. E lo sono stata.
    Ho avuto paura di me.
    Quel terrore.
    Le avrei fracassato il cranio a mani nude.
    È rimasta pietrificata.


    Quel determinato sentimento, paralizzante, l'avevo provato io stessa al lounge di Kermit quando avevo dato a Jackson dello stronzo e lui mi aveva guardata in un modo... Impossibile da dimenticare. Al ricordo mi sentii di nuovo pervasa da uno stato di assoluta paura che neanche il sentimento di assoluta devozione e amore incondizionato nei suoi confronti poteva mitigare. Ma poteva davvero essere? Sembrava assurdo, eppure era accaduto. Due volte.
    Deglutii e chiusi il rubinetto. Mi accarezzai le labbra e mi dissi di non voler aspettare oltre. Passai quindi alla vasca, col viso ancora umido: dopo aver chiuso il tappo lasciai scorrere dell'acqua. Tastai con la mano la temperatura e lasciai che si riempisse, sperando che la caldaia non desse forfait. Nel frattempo, ne avrei approfittato per struccarmi.

    Edited by aquamärine - 5/2/2021, 17:44
     
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    L'acqua scorse per diversi minuti, andando lentamente a riempire la vasca. Il vapore rese l'aria più umida, andando ad appannare leggermente lo specchio mentre Rebecca si struccava con cura, dedicando a se stessa del tempo e cercando cosi di rilassarsi.

    La cosa parve funzionare. Chiusa in quella stanza, senza stimoli esterni e scacciando tutti i pensieri negativi, riuscì a ritrovare un minimo di serenità interiore.
    Dall'esterno sentì di tanto in tanto dei suoni provenire dal salotto, sicuramente dovuti ad Abby che si stava adoperando per rimettere a posto il caos che aveva generato nel pomeriggio.

    Pensò che forse addirittura il caso di scusarsi con lei poi, una volta uscita dal bagno.

    Una volta finita di riempire la vasca si spogliò. Anche questa operazione, diversamente dal solito, venne fatta con cura dei dettagli. Si tolse un indumento alla volta, avendo cura di sistemarli a modo uno ad uno sullo sgabello vicino alla vasca, come se l'ordine e la serenità dell'ambiente che la circondava l'aiutassero a trasportare quelle stesse cose dentro di se.

    Finalmente nuda, si raccolse con cura i capelli, ed infine si avvicinò alla vasca. Saggiò la temperatura dell'acqua con la mano prima di entrarvi e finalmente lasciarsi andare alla carezza dell'acqua calda sulla sua pelle e del profumo del bagnoschiuma.

    Cercò di godersi quel momento, al massimo che le fu possibile. Chiuse gli occhi e rimase cosi per almeno un paio di minuti, in silenzio, ferma, cercando di acquietare ogni pensiero ed ogni sensazione che non fosse positiva e rilassante.


    ...


    Quando un brivido le percorse la schiena Rebecca realizzò che l'acqua si stava raffreddando, e che quindi doveva essere passato un bel pò di tempo, da quando aveva iniziato quel bagno ristoratore. Si ricordò subito che aveva un appuntamento con Jax, il quale doveva dargli dei documenti per Kermit. Nonostante si trattasse di un appuntamento di lavoro, peraltro in un luogo che non e era mai andato del tutto a genio, la giovane non vedeva l'ora di rivedere l'irlandese, e cosi si decise finalmente ad uscire dalla vasca e rimettersi in modo.

    Avvolta solo in un asciugamano bianco, svuotò la vasca, sistemò velocemente il bagno, poi presi i vestiti che si era tolta poco prima si diresse verso camera sua.
    Il soggiorno era di nuovo in uno stato accettabile, le cose sembravano tornate al loro posto, tutte ad eccezione del tappeto macchiato che mancava, probabilmente Abby lo avrebbe fatto lavare, pensò.

    Di Abby nessuna traccia, forse era in camera sua. Non se ne preoccupò troppo e si diresse nella propria camera, chiudendo la porta alle sue spalle.
    Finì di asciugarsi con cura, cospargendosi poi di profumi e deodoranti vari. Voleva essere perfetta per l'incontro che ci sarebbe stato di li a poco...

    Lasciato l'asciugamano sulla sedia vicina al letto, andò a scegliere l'outfit per la serata, ma aprendo i cassetti ebbe un attimo di smarrimento. Tutta la sua biancheria intima era sparita. Non c'era praticamente più niente in quel cassetto.

    Cercando di capire che diavolo fosse successo, si diede una rapida occhiata in giro...

    2021-02-05 08:53:49 Rebecca rolls 2 dice to Investigare 8,7 [2 successes]


    ... notando che c'erano diverse cose fuori posto.
    O meglio, era come se qualcuno avesse frugato la stanza in cerca di qualcosa per poi cercare di rimetterla più o meno come l'aveva trovata.

    Dopo un rapido controllo Rebecca si rese conto che oltre a quella, era sparita anche una sua foto di qualche anno prima che teneva in camera, sul comodino vicino al letto. Per il resto c'era ancora tutto, persino quel piccolo rotolo di banconote che teneva neanche troppo nascoste nel primo cassetto del comodino per ogni evenienza.

    Che diavolo era successo? C'entrava Abby? O forse quell'imbecille che si scopava?
     
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    Kevin Costner dov'è


    Mi presi il mio tempo per ogni cosa. Trattai il mio corpo come un tempio e le mie cose come reliquie: avevo terribilmente bisogno di pace e calma, di ritrovare (o creare) un certo metodo che mi aiutasse ad affrontare con efficienza anche le piccole cose senza incorrere nel rischio - serio - di impazzire.
    Il momento del bagno fu ristoratore come avevo sperato; mi rilassai al punto da addormentarmi, senza nemmeno accorgermene e senza sognare; le mani ancorate ai bordi della vasca in ceramica bianca persero la loro presa, scivolando sotto la schiuma. Mi ero messa comoda, con l'acqua che mi arrivava alla gola e un cuscino dietro la nuca: avrei sfidato chiunque con del sonno arretrato a non cedere. Avevo proprio bisogno di smettere di pensare; spegnere la mente e allontanarmi il più possibile dalla prospettiva di una me diversa in cui non riuscivo a riconoscermi e che, ero sicura, mi avrebbe creato non pochi problemi.

    Quando riaprii gli occhi fu solo per un brivido di freddo che mi squarciò la schiena: mi ero mossa e avevo spostato l'acqua, ormai diventata gelida, il che mi fece ridestare all'improvviso e di scatto. Non avevo messo in conto di abbandonarmi al sonno, non era in programma... Quanto tempo era passato? Mi guardai intorno smarrita e alzai la mano sinistra davanti alla faccia: le dita erano raggrinzite, decisamente troppo. Mi spostai con vigore per rialzarmi e dell'acqua cadde sul pavimento.
    Mi avvolsi in un telo di spugna bianca, sistemai il bagno meglio di come l'avessi trovato - ci tenevo a sottolinearlo - e una volta recuperate le mie cose uscii ritrovandomi esposta sul soggiorno. Notai con piacere fosse tutto a posto: niente più cartoni delle pizze rovesciati, cuscini sotto sopra, pentole e piatti sporchi in cucina. Mancava il tappeto ma forse Abby si era passata una mano sulla coscienza ed aveva provveduto subito a portarlo in lavanderia. Cosa non poteva una potente strigliata... Tesi le orecchie al silenzio assoluto che regnava in casa. Dov'era finita Abby? Ah sì, forse era in lavanderia. O di sopra, in camera sua, a sponsorizzare quella cacata di Fitvia. Non m'importava poi granché, l'unica cosa che contava era che mi avesse dato ascolto per una volta. Un po' compiaciuta, dopo un'alzata di sopracciglio, mi mossi quindi verso la mia stanza, proprio lì di fianco. Chiusi la porta vetrata e la tenda oscurante, rimasi di nuovo da sola con me.

    Anche in quel momento, nonostante sentissi di essere in ritardo e ogni cellula del mio essere spingesse affinché raggiungessi un determinato posto e una specifica persona, mi ritagliai il mio tempo per coccolarmi. Lo feci in primis per me e poi, sì perché negarlo, per l'irlandese che mi aveva sconvolto l'esistenza e a cui non riuscivo a rivolgere pensieri del tutto lucidi.
    Libera dall'asciugamano - che lasciai sulla poltrona sotto la finestra - mi dedicai finalmente alla scelta di cosa mettere... per fare una brutta scoperta. Mi bastò aprire il primo cassetto per rendermi conto che fosse vuoto.
    - Ma - mi tirai indietro un secondo, provando a tastare con mano la superficie di legno liscia e fino in fondo. No, non c'era proprio più niente lì dentro, neanche uno slip dimenticato.
    - Dove sono le mie cose? - e non si trattava di tre mutande e un reggiseno in croce, io avevo una vera e propria collezione divisa con cura quasi maniacale per colore e occasione d'uso. C'erano anche dei pezzi grossi in quel cassetto, che cazzo di fine avevano fatto? Il primo pensiero andò automaticamente a Abby. Allontanai le mani dal cassetto e mi guardai in giro, voltandomi prima a destra e poi a sinistra.
    - Abby?! - provai a chiamarla a gran voce mentre realizzavo che qualcuno, identità ignota per il momento, avesse avuto la brillante idea di introdursi nella mia stanza, frugare fra le mie fottute cose tentando alla bell'e meglio di rimetterle a posto e per di più prenderne qualcuna.
    - Sei entrata tu nella mia stanza? - no a conclusioni affrettate, scossi la testa. Proprio quando mi ero finalmente calmata e sentivo dentro di me una pace piattissima... Continuai a guardarmi intorno, ancora nuda: controllai per prima cosa che ci fossero i gioielli e anche il gruzzoletto che avevo messo da parte. C'è tutto. Che strano: svuotare un cassetto di mutande e non il portagioie. Non è chiaramente opera di un ladro.
    - Ti ho già detto che se vuoi che ti presti qualcosa, devi chiedermelo! - e provai ancora a parlare con Abby, ad alta voce e guardando direttamente alla porta. Non potevo certamente restarmene lì, quindi indossai la prima cosa che riuscii a reperire - una canottiera lunga e grigia - e tornai in soggiorno. A volte non brillavo proprio d'intelligenza. Cosa cazzo avrebbe dovuto farsene Abby di un intero cassetto di mutande e di una mia foto? Se avesse voluto farmi un dispetto avrebbe puntato ad altro, dopotutto sapeva a cosa tenessi... Sinceramente dubitavo volesse farmi uno sfregio, non era nella posizione.
    Uno stalker, forse? Assai più probabile. Eccomi di nuovo di fronte all'open space, in apparenza vuoto.

     
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    Arrivando in soggiorno Rebecca vide Abby fare capolino da sopra le scale, per poi iniziare a scendere qualche gradino. Era nella sua tipica mise casalinga, un pantalone largo della tuta grigio ed una canotta bianca. I capelli legati alla meglio in una coda di cavallo imprecisa.

    Si Becca.. Che c'è?
    Esordì un pò scocciata in risposta alla chiamata della coinquilina.

    Guarda che io non ho preso proprio niente di tuo, se ti sei persa qualcosa non dare la colpa a me!
    Aggiunse poi. Era evidentemente ignara di quale fosse il motivo a monte delle lamentele di Rebecca.
     
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