Jacob's Treasures

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    Situato in un sobborgo della provincia di New Orleans, sorto in uno di quei quartieri un pelo troppo nostalgici dei bei tempi della confederazione ma non abbastanza dall'essere popolato solamente da sempliciotti dal collo arrossato e occhi troppo vicini tra di loro, Sorge una costruzione a due piani squisitamente distaccata dalle altre abitazioni. Finestre tirate a lucido, diversi rinforzi in cemento alle pareti per contrastare la divorante umidità che infesta la Louisiana e una mano di bianco non più vecchia di un anno sono tutto ciò che serve alla costruzione per avvicinarsi più alle buone vecchie ville padronali di quei "bei tempi" che alle costruzioni più moderne che lentamente infestano il vicinato.
    A dispetto del tetto, riparato solo in parte con tegole di scarsa qualità e che probabilmente sta perdendo la guerra contro le torrenziali piogge primaverili, tutto lascia indicare che si sta entrando in un luogo dove, a discapito di tutto, si possono ancora trovare scampoli di storia, come tizzoni ardenti in mezzo a una brace prossima allo spegnimento.

    Una targa ambrata, posta sopra l'ingresso, segnala che il luogo si chiama Jacob's Treasure, e le vetrate lucide fanno intravedere diverse tipologie di reperti, dal mobilio al vestiario, dagli strumenti musicali alle armi, passando per trofei di caccia e reperti militari. Opere d'arte, giocattoli, anche antichi reperti coloniali e strumenti di osso si possono trovare per le scaffalature nemmeno troppo polverose e disposte su bancone ed esposizioni di vario genere. Tutto catalogato, prezzato, e tenuto sotto un rigido ordine mentale che tuttavia non imposta il negozio, lo rende soltanto una piccola esperienza visiva dove spulciare tra le meraviglie del passato. Anche l'odore è caratteristico, poichè tutti gli aromi del legno, dell'osso, della pietra e del metallo si mescolano in una combinazione satura che insinua nella mente l'idea stessa di antico, leggermente inebriata di erbe e alcol.
    Se non fosse per una bandiera della confederazione non troppo nascosta sul lato opposto dell'ingresso, e un intero mobile dedicato alla così nominata "arte schiava" (grazie a un cartello elegantemente poggiatovi sopra), per un secondo potrebbe sembrare solo di essere in una piccola ma ben organizzata caverna delle meraviglie.

    Dietro il banco si può trovare un elegante uomo pelato di mezz'età, in carne quanto basta per manifestare il proprio benestare. Occhi chiari, sorriso gioviale, anche un qualcerto aplomb elegante ma non ostentato, che nasconde quasi totalmente la presenza delle pesanti occhiaie che questi si porta dietro.
    Arricchiti signori dei dintorni lo conoscono bene, lui é Jacob Sanders, effettivo padrone del negozio e anche noto smerciatore di storia. Sono in molti, anche da New Orleans, che si riforniscono da lui per il suo evidente gusto e comprensione della materia, che da qualche anno pare addirittura essersi ingigantita ed espansa comprendendo ritrovamenti Atzechi e Choctaw.

    Non vi è un accesso diretto al piano di sopra, ma solo una porta targata "vietato l'accesso al personale",lasciando intendere che sia probabilmente l'alloggio del padrone di casa e al magazzino dello stesso negozio. Ed effettivamente oltre alla porta vi sono due rampe di scale, una più stretta che conduce al piano di sopra e l'altra, molto più slargata e adatta al trasporto di oggetti ingombranti, che conduce a un sotterraneo solo parzialmente in muratura. In questo, oltre che intensificarsi il puzzo di moonshine stipato in barili accatastati dietro provvidenziali articoli di arredo e alcune ampolle di erbe e deodoranti per smaltire il fetore, si trova un'ulteriore porta rinforzata. Dietro di essa una piccolissima stanza due per tre, scavata nell terreno e tenuta in piedi da sostegni in legno da miniera.

    Una lampada da miniera ancorata al soffitto illumina una pavimentazione lignea messa alla meglio e con evidenti falle, sopra la quale vi è un giaciglio sorprendentemente ancora intatto, uno scrittoio di modestissime dimensioni e i pochi averi del suo occupante, Hagos, vero proprietario del Jacob's Treasures e Doppiosangue del clan Giovanni.
     
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    Il risveglio è sempre una sorta di fastidio costante.
    Non tanto per l'atto in se di riaprire gli occhi, osservando il soffitto di terra polverosa malamente sostenuta da pali di legno e impalcature provvisorie. E nemmeno per l'ambiente in cui si trova; l'umidità è un problema irrilevante, i vestiti buoni si trovano nell'armadio del servo assieme al materiale veramente importante.
    Il trauma è l'odore.
    Anche nei non morti l'olfatto è il primo senso a riaccendersi,e quello che più di rado viene meno. E nonostante fossero già alcuni anni che la sua sistemazione era tale Hagos si trovò il naso riempito dell'odore marcio di Moonshine, accompagnato dalle quantità ingenti di odori misti di erbe, sparse dal buon Jacob, per cercare di mimetizzarlo.
    La combinazione era terribile, pungente e penetrante in ogni modo sbagliato possibile. E nonostante Hagos non avesse mai bevuto il Whisky di contrabbando e non lo avrebbe mai potuto fare per ovvi motivi, era assolutamente certo che di tale esperienza poteva fare a meno; il sapore non poteva troppo essere dissimile dall'odore.
    Ma come ogni notte, quel pensiero durò poco più di qualche secondo. Poi gli altri sensi si risvegliarono, con la naturale, pari intensità. La figura del Ghiberti non aveva molto addosso, al momento del risveglio: una camicia da notte rattoppata alla meglio, accompagnata da calzoni di qualità decisamente scarsa e stivali. Un ratto di modeste dimensioni si fece poco di lato quando lo stesso si mise a sedere sul suo pagliericcio. Impaurito il giusto dalla stazza, ma come al solito ignaro del predatore.
    Quattro aprile. è oggi. asserì mentalmente, passandosi la mano sui vestiti per rimuovere la polvere. In un movimento decisamente poco consono ai salotti, ma degno delle bestie più animalesche, Hagos si passò la lingua sulle labbra e sui denti, lisciando le zanne che era incapace di ritrarre e pulendosi la polvere da quel poco di faccia che poteva così grezzamente pulire.
    La mano andò ai capelli per lisciarli, e la figura si alzò in piedi dirigendosi verso l'immediata uscita dal suo giaciglio. Il magazzino del Jacob's Treasures, immerso nel silenzio e nel disgustoso aroma di erbe e distillazione clandestina, lo accolse con il silenzio. Nella penombra ogni pezzo di mobilio pareva essere posizionato per formare un anfiteatro. E ogni reperto, vestito, gioiello che vedeva era come la silhouette di una persona in grado di osservarlo e giudicarlo. "che sia così la serata, Michael?"

    L'orecchio andò verso l'alto. Clienti non ve ne erano decisamente più, ma per esserne completamente certo avrebbe parlato con il servo più in avanti.
    Non era certo il momento per entrare in negozio, facendo veicolare chissà quali voci scandalose sul ghoul e sul suo giovane ospite in cantina. Non per pietà nei confronti di Jacob, ovviamente, ma per praticità: l'omosessualità, un dogma che le vacche sentivano il bisogno di stigmatizzare e punire, avrebbe leso l'attività, e Hagos non poteva dominarli tutti. "non ancora, almeno."
    Salì quindi le scale ma anzichè varcare la soglia del pianterreno, da cui poteva sentire la voce smorzata del servo mentre canticchiava l'inno della confederazione, si diresse al primo piano. Lo attendeva un bagno, il primo in un paio di settimane, escluso il brusco ritorno da Cuba con quella borsa di gioielli presi da un cimitero locale.
    Il conoscitore della morte che era in lui aveva abbandonato dogmi di questo tipo ormai da tempo, ma nell'austerità non poteva negare a se stesso il bisogno di brillare per la serata.
    Accedere a nuovo potere, nuove conoscenze. Non essere più chiamato un "doppiosangue Ghiberti", ma essere riconosciuto come quello che era veramente: "Hagos Federico Ghiberti, Clan Giovanni".
    E se per la serata doveva rispolverare con lustro le sue doti da parlatore per giungere ai risultati da lui ambiti, lo avrebbe fatto.

    Al bagno, che marchiò irrimediabilmente la vasca di grigio e marrone, seguì un'asciugatura e una necessaria Toeletta. Rifinì l'aspetto della barba, pettinò i capelli, si assicurò la lucidità delle zanne. Poi tornò nella camera del servo, ove recuperò il suo abito migliore, e iniziò a vestirsi con tutta tranquillità.
    In quella fece capolino Jacob dentro la stanza, che istintivamente non fece che chinare il capo in segno di rispetto.
    Avrebbe voluto parlare, magari fare un abbozzato complimento al suo padrone. Ma sapeva benissimo che era superfluo ed inutile vezzeggiarlo, e che quello non l'avrebbe comunque ascoltato.
    Jacob, prepara la mia roba e caricala sulla mercedes. ordinò al Ghoul il Domitor, senza nemmeno guardarlo e quasi per confermare le certezze del servo, il quale drizzò le antenne al comando. I miei trattati, le ultime mappe, e anche il materiale da "escursione". Poi prepara il tuo abito migliore, stasera guiderai fino a villa Vinci.
    Non si aspettava una risposta, e del resto faceva bene. Fedele e addestrato all'ubbidienza, si prodigò subito nel portare i materiali più pesanti alla macchina, per poi procedere con i più leggeri e solo infine cambiarsi. Come il padrone aveva ordinato.
    Hagos approfittò del temporaneo defilarsi del Ghoul per prendere per se la borsa. un po' dozzinale, ma comunque vera pelle, e utile per portare tutte quelle incombenze che diversamente sarebbero dovute rimanere in macchina: Pugnale, Pepperbox, Pietra consacarata, Macuahuitl e giusto un paio di volumi, scritti nelle notti dell'ultimo mese da passare a Michael, scivolarono senza troppa fretta dentro la borsa. Potè infine guardarsi allo specchio: La tracolla non sembrava, per quanto ne potesse capire lui, rallentarlo ne sminuire la sua eleganza.

    che ci sia il tempo di fare un altro esperimento con Jacob? si domandò, vedendolo mentre tornava nell'appartamento con l'intento di recuperare altro materiale da infilare in auto. Per un istante il volto di Hagos si torse in un sorriso tirato, ma accantonò l'idea. ah Jacob, questa sera niente esperimenti.
    Lo stesso si fermò riconoscendo la voce del domitor, ma evidentemente smarrito dal suo parlare, chiaramente confuso dalla lingua in cui non era pratico.
    ho detto che stai facendo un ottimo lavoro. Tagliò corto, osservando l'orologio.
    Niente doveva andar storto. e almeno fino a Villa Vinci aveva il controllo sulla situazione. guardò l'orologio per l'ora, sedendosi comodamente, in attesa che i tempi divenissero maturi.

    A quel punto, con Jacob riscopertosi autista, Hagos si sarebbe diretto in auto passando sul retro, e i due sarebbero infine partiti. Villa Vinci attendeva.
     
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    Jacob non aveva idea del pericolo posticipato, e finì con il sorridere al complimento elargito. Vero oro colato per il serve, che lo spinse ad accellerare il trasporto di chincaglieria, mappe e attrezzatura verso la W08.

    Non passò molto tempo perché l'Asservito tornasse "lindo e pinto", pronto ad accompagnare il padrone in quella strana villa da ricconi che di tanto visitavano. Signore, ho caricato tutto in auto. Ma se vogliamo arrivare in tempo sarebbe meglio partire ora, è da questo pomeriggio che girano pattuglie per la città invece di fare il loro sacrosanto lavoro e se ci fermano... Basso borbottio, dando la colpa al governo. ...ecco, finiremmo per tardare.
     
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    il fare del ghoul mentre emetteva i suoi borboritmi sconnessi per dare la colpa a tutto quello che non rientrava nella sua personale idea di "goodland" avrebbe fatto sorridere l'Hagos di un tempo.
    Si ricordava fin troppo bene che in passato aveva scelto un confederato convinto a un passo dal KKK proprio per l'ironia schiacciante di metterlo sotto al giogo di un africano quale era il Ghiberti. Se ne avesse avuto il mezzo, e anzichè in Louisiana si fosse trovato in Alabama avrebbe direttamente cercato il Grand Wizard.
    Ora quell'ironia non lo toccava in alcun modo, era soltanto un ricordo perduto nel cimitero emotivo. l'ennesimo John Doe mnemonico, accantonato in favore della dissezione stessa del suo cadavere.

    Certamente. rispose al Ghoul, con fare solerte. Andiamo.
    In un gesto di improbabile generosità, Hagos uscendo afferrò una candela e un libro da una scaffalatura. Non aveva idea ne di che libro fosse ne di quale candela avesse preso in verità, ma lo fece.
    Si spostò poi in macchina sul sedile posteriore e mentre il seguace si prodigava a mettere in moto gli poggiò sul sedile passeggero i due reperti presi al volo, aggiungendo Starai in Macchina, ovviamente. E finchè non ritorno o finchè non albeggia rimarrai li. Quindi ti ho preso da leggere, così hai da fare. leggerai. Accenditi la candela per sopperire al bisogno di illuminazione.
    Non era un invito quanto un ordine. Jacob pretendeva di brillare oltre ogni misura in quella serata. E brillare voleva anche dire avere un seguace degno, capace, acculturato. che non desse spettacolo addormentandosi nell'attesa del suo domitor. Quindi rinforzò ulteriormente il comando dicendo:
    Se stasera risulterai degno riceverai una stilla ulteriore questo mese.

    Così dicendo, convinto di aver messo in chiaro la faccenda, Hagos lasciò che lo stesso guidasse. Direzione Villa Vinci.
    Non interrompo più fino a che non arriviamo.
     
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    Jacob guardò candela e libro annuendo prontamente, ma fu solo alla concessione del buon Hagos che sorrise e accelerò il tran-tran della partenza, mettendosi infine alla guida. La dimostrazione diretta che tira più una stilla di Vitae che un carro di buoi.

    E forse si trattava di un dono meritato, visto che il ghoul non si era sbagliato riguardo alle pattuglie. Anzi, i posti di blocco. I mortali in divisa erano sull'attenti per chissà quale motivo, tallonando le varie macchine in transito per e da la zona commerciale della città.

    Un leggero battibecco di Jacob con un'agente un po' troppo zelante, qualche minuto perso ma alla fine riuscirono a giungere dalle parti di Vacherie.


    continua qui.


    Edited by Shaitan - 23/12/2020, 21:39
     
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4 replies since 3/12/2020, 15:20   123 views
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