Filmore Ave

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    dai a un pirla i poteri da master e otterrai un master pirla.

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    Il disprezzo che ho per voi

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    Una massiccia strada con tanto di controviale, un'arteria trafficata da un coerente numero di persone ed automezzi che attraversa trasversalmente le zone di Lakeview, Fillmore e Gentilly passando anche per il Citypark.
    Immettersi nella strada non è difficile, così come non è difficile perdersi nelle decine di viottoli paralleli e nelle diramazioni della ragnatela cittadina.

    @otto e Jerome: continua da qui.


    eerie-suburban-house-night-footage-086615961_iconl



    Giunti verso la fine della strada, avvicinatisi con la cautela di Ambrogio a una delle case più defilate per essere la zona più urbanizzata di Gentilly, agli occhi di Otto e Jerome (e ai bottoni di Zoobo) la casa non sembra nemmeno chissà che diversa da decine di altre viste in precedenza.
    Il numero 34 di filmore Ave è... squisitamente normale e irrilevante, come qualunque altra casa nei dintorni.
    Fuori di essa è parcheggiato un Hummer Nero con una improbabile stampa di fiamme dipinta sopra, chiuso e spento. All'interno è già possibile vedere le luci accese.
    ...vi aspetto qui signore? domandò ambrogio, dopo qualche rispettoso secondo di pausa silente.
     
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    Filmore Ave non sembra proprio essere un luogo cupo e minaccioso, partorito da un incubo, se non da quello di qualche colletto bianco che si sente prigioniero della routine domestica e di un lavoro che odia. Al contrario, ogni suo elemento architettonico è penosamente normale. Uno scenario piuttosto anonimo e sobrio e perciò così in contrasto con quella pacchianissima petroliera parcheggiata davanti al numero 34: un grosso Hummer nero con quelle fiammate sulle fiancate che per Von Braun potrebbero benissimo essere “di serie” su un modello simile. Una mostruosità molto anni 2000 e nettamente in contrasto anche con le linee della Quattro, residuo degli anni ‘80 di un ben diverso stile di guida sportiva…
    Ambrogio, servo zelante come sempre, scende per aprire la portiera del lato passeggero e inclina il sedile affinché Otto, Zoobo e Jerome possano scendere.
    Alla successiva richiesta di ulteriori istruzioni, sarà il ventriloquo a rispondere: << Sì Ambrogio, grazie. Appena ci vedi uscire accendi il motore e preparati a partire. >>
    << Come sempre, signor… i. >> Ambrogio accenna un inchino e torna dietro il volante dell’Audi.
    << Bene Jerome… io direi di fare visita al nostro misterioso ospite, sebbene dai gusti discutibili. >> Annuncia quindi Otto, lanciando una nuova occhiata al bolide fiammante e senza ombra alcuna di autoironia, nonostante questa notte si sia vestito come l’Ispettore Clouseau…
    << Forse… è meglio se siamo noi a bussare… in fondo è a noi che è stato inviato il messaggio… >>
    << Non a noi. A me. >> Lo corregge Zoobo, mentre Otto si limita ad arricciare il naso. << Jerome. Dubito che il nostro ospite abbia intenzioni nocive. Ma non possiamo esserne certi. Confido sulla tua prontezza di riflessi e rapidità, se le cose dovessero andare storte. >>
    Mentre il pupazzo pronuncia queste parole in direzione dell’artista, infine, Otto pesca il vecchio block notes di Saylor Moon (ormai famigliare al toreador) e appunta su di esso il numero di targa della Hummer parcheggiato davanti all’abitazione.

    Le intenzioni di Otto per ora sono molto semplici: senza grandi trucchi o espedienti, suonare al campanello del numero 34. Prima però, avvicinandosi alla porta ricorrerebbe a sensi acuti di Auspex su udito, per captare suono provenienti dalla casa che possano fargli eventualmente capire se nell’abitazione c’è più di una persona. Molto banalmente poi osserverebbe le finestre per vedere se ci sono luci accese.
     
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    Avvicinandosi alla casa, alla porta di ingresso solitaria otto non potè fare a meno di udire, ricorrendo all'auspicio, un certo parlottare.
    Una voce sola, probabilmente affetta dal morbo greve della logorrea, tutta intenta nel fare un frenetico monologo solitario.

    ...e niente, io con sta rincoglionita non potevo fare nulla, ma loro erano belli incazzati.
    Un po' tipo i neri stereotipici dei film, ma con qualcosa di più viscido, e anche un po' fastidioso.
    Quand'ecco che, mentre le stiamo più dando che prendendo, ma anche prendendo più che dando, quell'altra che fa?
    caccia una fiamma.
    ma a te pare normale?
    è come se per liberare un orfanotrofio si usasse uno schiacciasassi!
    ... che in realtà probabilmente funzionerebbe.
    e anche molto efficacemente. Orfano perde contro schiacciasassi, non ve nè.
    Credo che ci sia una morra poco incline ai diritti umani a riguardo.
    ok, ho sbagliato esempio no? però hai capito?
    E comunque poi, quello grossissimo e con gli artigli prende e...


    Animato dall'intrinseco piacere di chi ama il suono della propria voce, Zoobo e Otto intuirono con il loro condiviso cervello che lo stesso non si sarebbe MAI fermato.
    Osservando dalla finestra tuttavia, il successo fu minimo. la luce c'era a tutti gli effetti, ma le tende erano tirate.

    Mi fermo qui, se volete fare altro. altrimenti Otto se mi confermi che vuoi suonare...
     
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    Quello che vedeva Otto, era quasi certamente un quartiere relativamente tranquillo, ordinato e dallo stile tipicamente americano, profondamente diverso dal respiro coloniale europeo del quartiere francese. Ma agli occhi dell'artista, tutto era morto e decadente. Alcune abitazioni erano talmente segnate dalla maledizione, da mostrare lo scheletro sottostante, facendo sembrare il tutto come un set di un film di guerra. Solo la casa che dovevano visitare sembrava fuori tema: i muri non erano eccessivamente corrosi, ma in compenso un'edera nera la percorreva in lungo e in largo, segnadola come fossero grosse vene. I vetri erano crepati e lerci e grosse ragnatele formavano disgustosi ammassi sugli stipiti. Il fatto che non giungesse alcuna luce dall'interno, era strano oltre e conferiva all' edificio un'aria lugubre e inquietante. Jerome credeva al suo compagno quando gli diceva che il proprietario non doveva essere pericoloso, ma il luogo in cui viveva era in tutto e per tutto una casa stregata.

    Va bene Otto, mi terrò pronto ad ogni evenienza. rispose il francese.
     
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    Giunto a poco più di un metro dalla porta e in procinto di suonare il campanello del numero 34 di Filmore Ave, Otto von Braun pare avere un ripensamento.
    Nell'ampio catalogo delle patologie che affliggono la mente del lunatico non c'è quella cupa e distorta visione del mondo che invece maledice la vista di Jerome e il caseggiato, tanto lugubre per l'artista, suggerisce invece al ventriloquo che il demone interiore più insidioso per la gente di quei paraggi sia il colesterolo...
    Tuttavia...
    Sarà forse quello sconclusionato monologo origigliato con l'aiuto dell'auspicio a metterlo in guardia o più probabilmente all'ultimo momento Von Braun si è ricordato di una possibile ulteriore cautela che vale la pena adottare.
    Sta di fatto che Otto torna sui suoi passi, raggiungendo la Quattro e sporge Zoobo dal finestrino aperto per metà del posto guida.
    Il pupazzo deve dunque dare qualche lapidario ordine ad Ambrogio, al termine del quale l'uomo fa ritorno al fianco di Jerome, lì davanti a quella porta d'ingresso uguale a tante altre lungo la via e...

    DRIIING!

    Ciò che Zoobo dice ad Ambrogio è che se entro un'ora i due non avranno fatto ritorno, deve contattare via messaggio Musashi (gli riporterà il numero) chiedendogli di rendere noto alla lance il numero 34 di Filmore Ave come luogo sospetto dal quale Otto e Jerome non hanno fatto ritorno (ed enfatizzando la necessità di agire con urgenza).
     
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    Mentre il malkavo finiva di dare istruzioni al proprio servitore, un messaggio era effettivamente giunto sul telefono di Otto Von Braun.
    CODICE
    Ciao, sono Musashi. Come anticipato, ti ricordo che tu, Zaboo e Jerome siete attesi nel luogo che ti giro quanto prima.
    Le lance in persona hanno estrema necessità della vostra presenza.
    Mi spiace per la fretta e spero che i vostri impegni non vi prendano troppo tempo.
    Per qualsiasi problema o ritardo, prego avvisarmi
    A presto spero
    Musashi Inoue


    ma niente che ormai non prendesse tempo.
    Arrivati nei pressi della casa, il trio non poteva fare altro che infilarsi nella tana, e sperare nel fato.
    Dopo che il campanello squillò, la logorrea percepita da Otto si arrestò per qualche istante.
    qualche passo verso la porta. rapido, leggero.
    poi, la porta si aprì di scatto, rivelando un giovane individuo peculiare.


    Un metro e settanta di secco individuo dal capello corvino, un sorriso un po' troppo statico per essere normale, e uno sguardo saettante che scrutava con palese attenzione le due (tre) figure che erano davanti a lui.
    La cosa però che proprio non riusciva a non catturare l'attenzione era il fucile a pompa che portava fra le mani. Basso, per il momento, ma sempre presente.
    Nè Otto, segnato dal problema di essere nuovo in città, nè tantomeno Jerome, poco avvezzo agli incontri cittadini, avevano la minima idea di chi fosse quell'elemento.

    Buonasera.
    Non sono solito accettare Geova nella mia vita a quest'ora, e non ci crederete ma non compro nulla.
    Cioè, nulla. di solito compro quello che mi serve.
    Ma non credo di aver bisogno di Jerome Lacroix e... il figlio illegittimo di Maigret e Salvador Dalì? presumo?
     
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    Ancor prima che quell’individuo dagli strani modi aprisse la porta davanti ai due cainiti, Zoobo era già, se non adirato, quantomeno innervosito…
    “Chi diamine dovrebbe essere Zaboo?”
    E ora che a rivelarsi l’inquilino del 34 di Filmore Ave è quel tizio sgangherato, l’umore della tirannica marionetta di certo non migliora: in assenza di una qualche possibilità di espressività facciale, tale mutamento di disposizione d'animo è deducibile dal tremore che pare colpire il braccio sinistro del ventriloquo. L’osservatore che non dovesse conoscere troppo bene il lunatico potrebbe a questo punto ipotizzare una manifestazione di paura alla vista di quel fucile a pompa o magari un primissimo indizio di un infarto in corso, ma Jerome non stenterà a capire che Zoobo sta montando su tutte le furie…
    << Jerome! Sei proprio famoso qui in città! >> Esclama Otto a complimentarsi con l’artista, quando lo sconosciuto fa il suo nome. Apparentemente il ventriloquo non è affatto arrabbiato… ma è proprio di ciò che si tratta: apparenza. Il Cavaliere della Luna nelle ultime notti si è trasformato suo malgrado più in una sorta di “cavaliere errante”, rimbalzato all’interno di quel carnevale di maschere dell’assurdo e del grottesco (rapitori piromani, sidhe intriganti, gremlins ringhianti e samedi giocatori d’azzardo) e al repertorio ci mancava solo “lo svitato col fucile”.
    Il suo tono è dunque gentile come sempre, ma il sorriso che lo accompagna è particolarmente tirato ed evidentemente artificioso. << Oh poco male, gentile signore. >> Una rapida occhiata all’arma in mano all’uomo e poi a Jerome. << Non siamo qui per un’opera di proselitismo e i progressi in campo tecnologico hanno reso oltremodo obsolete le buone vecchie enciclopedie cartacee e i loro talvolta troppo zelanti venditori porta a porta. >> Otto solleva poi il cappello in un galante saluto d’altri tempi e procede: << Ma ti prego, lasciaci presentare come si conviene fra gentiluomini. Il mio nome è Otto von Braun. La nomea del mio buon amico artista a quanto pare lo precede, quindi non mi resta che presentarvi il mio… >>
    << Facciamola finita con queste buffonate. >> Lo interrompe bruscamente Zoobo. La singolare voce del pupazzo è ora inquietante come non mai e riesce a suonare suadente, ipnotica, minacciosa e nasale al tempo stesso. << Non siamo di certo qui per caso: siamo stati convocati. >>
    << Uhm… beh… Zoobo tende ad essere… un po’ troppo diretto, in certi frangenti… Ma sostanzialmente è corretto: abbiamo ricevuto un messaggio nella… >> Con le dita paffute il ventriloquo fa un gesto molto vago e continua: << …tu-sai-cosa. Ci è apparsa come un’inserzione sul giornale sospettosamente specifica. “Sei stato rapito? Dicci come!”, recitava l’annuncio. >>
    << Quindi possiamo fare a meno delle formalità. >> Riprende Zoobo. << Perché ho l’impressione che tu di tutta questa storia ne sappia qualcosa. >> Una breve pausa nella quale la marionetta "fissa" l'uomo con quei suoi freddi (e ridicoli) occhi di bottoni azzurri e infine: << Più di qualcosa. >>
     
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    La figura che si paro' donna zi a loro, non si discostava poi molto da quello che l'artista si aspettava. Era un uomo sulla trentina calcata, con capelli scuri e tatuaggi sulle braccia. Era innegabilmente un bel tipo. Peccato che lo fosse soltanto per metà, visto che l'altra... beh, l'altra metà non c'era più. Un brivido corse lungo la colonna vertebrale fino alla base del collo. Una linea netta e precisa divideva in due il suo volto, in modo tale che una parte sembrava assolutamente normale, mentre l'altra mostrava orrendamente il teschio e il bulbo oculare. Non c'erano brandelli di carne o sangue, il tutto sembrava il lavoro certosino di un chirurgo impazzito. E il ghigno scoperto della bocca... quale abominevole visione. Jerome ne aveva viste migliaia di quelle aberrazioni, ma questa entrava di diritto nella sua personale top ten, tanto che dovette distogliere lo sguardo per un istante per evitare una reazione di disgusto.

    Il fatto che conoscesse il suo nome poi, lo scosse profondamente: certo, tra i fratelli altolocati era conosciuto, ma a meno che il tizio non frequentasse i salotti sciccosi degli elisei, la cosa appariva alquanto strana. Il fucile che aveva in mano invece, poteva significare due cose: che non gradiva le visite, oppure che non fosse tanto amato.

    La presentazione di Otto fu incomiabile e l'artista si sforzo' di abbozzare un sorriso ed annuire alle parole del ventriloquo. Ma mai come in quell'istante, quello che davvero lo incuriosiva era la risposta che avrebbe dato loro.
     
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    il ragazzo sulla porta non aveva dato segni di voler sparare. ancora. Tuttavia era chiaro che qualcosa non andasse in lui e nel suo approccio, a giudicare da come Otto e Jerome avevano potuto notare. la paranoia, prima di ogni altra cosa, muoveva il suo sguardo anche oltre i due alla porta.
    Tuttavia, rimanendo molto presente a se stesso, quando Zoobo parla di convocazione, lo stesso si mette a guardare il suo marionettista.
    ...anche voi siete stati rapiti quindi?

    Rimane qualche istante a fissare il vuoto. poi torna su Otto. Beh non ti conosco. ma se hai ricevuto il messaggio e hai portato qui il culo, è perchè qualcosa da raccontare ce l'hai.
    Entrate.

    il ragazzo si scostò, facendo un gesto con la mano che esortasse e invitasse i due a muoversi dall'uscio dentro casa. Un anticamera spoglio che conduceva alla locazione delle luci accese: un ingombro di divani e seggiole caoticamente ammassati in modo da rendere difficile una navigazione libera. All'interno della stanza, una ragazza.
    Turni liberi. entra anche @Rebecca
     
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    La giovane è seduta su uno dei divani impolverati, sulle sue ginocchia è poggiato un laptop, o meglio, un economico chromebook che si è portata dietro da casa. La faccia illuminata dallo schermo, gli occhi chiari che si staccano dallo schermo e vanno ad accogliere con lo sguardo i nuovi arrivati. Il click-clack rapido delle sue mani sulla tastiera si ferma. è chiaro che ha sentito parte della conversazione che è avvenuta alla porta.


    "Ma questo è un ritrovo per gente che è stata rapita?" si chiede, confusa, un pensiero detto a voce alta, piuttosto che una domanda per gli altri. Lo sguardo indagatore va a studiare i nuovi arrivati, dall'basso verso l'alto, data la sua posizione seduta.

    "Beh si, se avete ricevuto il messaggio avete motivo di essere qui. Piacere, io sono Rebecca." alza la mano sinistra e la agita a mo di saluto, non si alza dalla sua posizione in quanto ha il laptop sulle ginocchia.

    "Quindi mi stavi dicendo, Kappa, quello con gli artigli..? Ma quanti cazzo erano?"
     
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    Il cambiamento del tono del loro instabile ospite, il fatto che non sembra avere intenzione di sparargli e il suo invito ad entrare, funge per Zoobo da valvola di sfogo per una rabbia che stava esercitando dentro il suo involucro di lana misto a poliestere una pressione sempre più preoccupante… e per ora pare quietarsi.
    Per ora.

    Il duo o trio (a seconda delle inclinazioni filosofiche) viene dunque condotto in un salotto piuttosto spoglio e disordinato, dove seduta su uno dei divani disposti a casaccio (o forse da un arredatore che ha reinterpretato i principi del Feng Shui in chiave satanista) c’è una donna di bell'aspetto con posato sulle ginocchia quello che Otto – avvezzo a scrivere con la sua stilografica o al massimo a battere a macchina – identifica come generico “computer portatile”.
    Rebecca – questo il nome col quale la donna si presenta – si troverà di fronte ad uno sconosciuto dall’aria quantomeno bizzarra e probabilmente non abbastanza ricco per poter essere definito “eccentrico”. L’uomo, in apparenza sulla soglia dei sessanta, è basso e pingue, con un viso rotondo, che quel vistoso paio di baffi d’altri tempi renderebbero ancora più buffo… non fosse per lo sguardo vitreo degli occhi celesti.
    Questo tizio veste come lo stereotipo del detective in un film in bianco e nero, con tanto di cappello e impermeabile, ma il particolare più appariscente che di certo si ruberà tutta la scena, è certamente il ridicolo pupazzo infilato nella sua mano sinistra: un calzino-marionetta viola, con bottoni azzurri come occhi e scampoli di tessuto colorato come capelli.

    << Una lieta notte a te, gentile Rebecca. >> la saluta il ventriloquo dopo la sia presentazione.
    Quindi tolto il cappello in segno di educazione, essendo in casa altrui, l’uomo esordisce con questa ridicola formula: << Ciao a tutti. Mi chiamo Otto e sono stato rapito. >> Quindi lancerà un’occhiata insistente al pupazzo che dopo aver sollevato gli occhi-bottoni al cielo deciderà di assecondarlo: << Ciao Otto. >>
    << Come spiegavo poc’anzi anche al vostro squisito compare il cui nome al momento ignoro, un paio di notti fa, io e il mio socio Zoobo siamo stati sequestrati da un gruppo di mortali, presumibilmente ghoul. Insieme a noi altri fratelli come il qui presente Jerome. >> Proseguirà per poi rivolgere un cenno di capo all’artista.
    È a questo punto che si intromette la marionetta che il ventriloquo ha presentato come Zoobo. Fin dall’inizio tanto Rebecca che l’uomo col fucile avranno la chiara percezione che quello al quale stanno assistendo sia ben più di un volgare numero da cabarettista. La voce di Zoobo proviene innegabilmente dalle corde vocali di Otto, ma la sua voce è molto diversa… e diversa da qualsiasi altra voce i due possano avere sentito prima: quasi sposando dualismi inconciliabili, essa suona al tempo stesso profonda e gracchiante, ammaliante e terribile, seducente e alienante.
    << Anche voi siete stati vittime di rapimento? In quali modalità? E come siete sfuggiti ai vostri aggressori? >> A differenza dei modi accomodanti del ventriloquo, il dispotico pupazzetto ricorda quasi un inquisitore...
     
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    il player di Jerome è in ferie, noi andiamo avanti un po' mentre lui non è direttamente interpellato.


    Il secco elemento con il fucile, sebbene ormai tenuto malamente con una sola mano a mo di mazzuolo, si passò una mano fra i capelli scompigliati Chiedo venia. non sapevo bene a chi rivolgermi dei due e mezzo, quindi ho preferito lasciar perdere con le presentazioni.
    Mi chiamo Kappa.


    Fece qualche passo in avanti, caricando il peso dell'arma sulla spalla, e avvicinandosi a uno dei divani ammassati. Sebbene la sua espressione fosse affabile, Kappa non pareva particolarmente un ragazzo docile e spensierato. i suoi movimenti erano calcolati, la sua osservazione della stanza totale. e prima di parlare sembrava sempre lanciarsi un'occhiata attorno, quasi a cercare qualcosa o a sincerarsi che non vi fosse.
    Rebecca lo aveva visto fare così sin dall'inizio di quel particolare colloquio.

    Comunque sì. questa è la R.A. Rapiti Anonimi. anche se in principio volevo chiamarla RA.N.A, dal momento che ci siamo presentati. e mentre pensavo a come sfuggire al copyright dei batraci, è arrivata Rebecca.
    che non mi pare sia stata rapita. Lei.

    Kappa la occhieggiò un attimo, sgranando appena gli occhi quasi si fosse appena reso conto che lei fosse lì dentro con loro.
    Tornò quindi su Otto
    Mortali eh? Interessante: avete pescato senza dubbio la pagliuzza lunga.
    No, io e un'altra bastarda di cui mi ricordo vagamente il nome siamo stati rapiti da delle cazzo di lucertole pretenziose. Ghoul a fracchi, un paio di bastardi scagliosi. Stavo giusto raccontando, ma magari prima di ricominciare daccapo sarà meglio che mi dite di voi.


    Recepì le prime descrizioni di Otto sull'evento, e per quanto fosse palese che fremesse di saperne di più, fremeva di più per continuare a parlare.
    Metodo diverso, non c'è che dire. A voi vi hanno portaot in cella? a me si. e mi hanno tenuto a secco di sangue per un bel po' cazzo.
    Ma sapevo che non potevo essere l'unico. La rincoglionita con cui sono fuggito è sparita, ma sapevo che avrei trovato altra gente!
    il ghigno entusiasta mutò in uno sgraziato sorriso felice. Quando Zoobo fece le domande lo stesso non mancò di rispondere, ma non sembrò percepire Zoobo come "fonte sonora".
    Ed infatti volse la sua attenzione ancora ad Otto rispondendogli, inconsapevole della serietà di Zoobo.

    Beh, in ordine: Sono stato rapito? sì o non chiamavo nessuno.
    Le modalità? Mi hanno preso di sorpresa e gonfiato come un sacco. quando mi sono ripreso mi tenevano prigioniero.
    Come mai ora ne stiamo parlando? Ho squarciato le loro cazzo di carni a morsi e bestemmie e mi sono guadagnato l'uscita nelle loro ceneri. ecco come.

    Ma ora basta parlare di me. Ditemi un po' di voi.

    In quel momento, il telefono di Otto iniziò a vibrare nella tasca.
     
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    La giovane scuote la testa, per confermare sia le parole del secco, sia per rispondere a quanto chiesto da Otto e dalla strana figura che si porta dietro e che fa parlare con una voce diversa.

    *Click clack-click clack* la ragazza sembra scrivere interessata, prende appunti da quanto detto da Kappa, senza farsi scappare nulla.

    "Quindi, tu sei stato rapito e sei andato via a mozzichi e bestemmie, un sacco si ghoul, una cella e un'altra persona che stava con te e che non si sa bene ora che fine abbia fatto..." ripete velocemente mentre incessantemente continua a scrivere.

    Ed è all'ultima domanda che muove nuovamente lo sguardo sui nuovi arrivati, interessata di venire a sapere quali siano state le loro avventure. E soprattutto, interessata nel sapere qualcosa in piu sui due, anzi tre, nuovi arrivati.
     
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    La luce fredda della stanza si riflette sui lucidi bottoni che Zoobo ha per occhi, creando così la suggestione di uno sguardo gelido e calcolatore del pupazzo che ora pare rivolgere tutta la sua attenzione alla persona di Rebecca. << Se non sei stata vittima di un rapimento o tentato rapimento, tu cosa centri con tutta questa torbida storia? >> Nel sul tono di voce autoritario non c’è una vera e propria nota di sospetto: più che insinuare o sottendere qualcosa la sua domanda pare rivolta per cercare di chiarire un quadro generale per lui ancora troppo fumoso.
    Nel frattempo, al contrario del “socio”, Otto si mostra più interessato a Kappa e al suo breve (e piuttosto lacunoso) racconto.
    << Anche tu sembra che te la sia vista brutta! >> Esclama dopo che l’uomo ha smesso di parlare. << La nostra storia è un po’ diversa… ma non priva di importanti analogie. Come dicevo a rapirci sono stati indiscutibilmente esseri umani… con una forte dipendenza… da vitae, supponiamo. Siamo stati presi singolarmente ma poi ci… >>
    Otto interrompe la sua spiegazione quando il telefono che porta nella tasca destra del trench comincia a vibrare. Il ventriloquo va dunque a controllarlo e se si dovesse trattare di una chiamata, a rispondere.
     
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    Signore dell'Arpiato

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    Una voce conosciuta proruppe dall'apparecchio, decisa e accogliente. Otto, Zoobo. Una prima inflessione leggermente interrogativa, ma che alle orecchie del duo sembrò quasi conciliante. Senza contare che si rivolgeva non ad uno, ma ad entrambi i lati della medaglia che componeva la psiche del Malkavo. Sono Julius, ci siamo conosciuti l'altra sera. Sono contento di sapere che siete riusciti a tornare tutti d'un pezzo. Da lì una pausa accennata, per dargli quel minimo utile a somatizzare l'improvvisata. Chiamo da parte delle autorità cittadine, che desiderano parlare con voi su quanto sta accadendo. Immediatamente. Leggero imbrunire sull'ultima, per fargli intendere senza troppi giri di parole la situazione. Dobbiamo incontrarci di persona, sia con voi che con Jerome. Ho saputo dal nostro comune amico che siete insieme e che vi state occupando di una cosa... Tanto il tono quanto le parole usate si affinavano via via che il Sapiente si rivolgeva al Lunatico, come se sapesse bene che punti toccare. Come guadagnare l'altrui attenzione, e ridirigerla. ...ma come detto siete richiesti. Il silenzio, in accompagno al sottinteso: qualcosa si stava mettendo in moto. Era tempo di montare in sella.
     
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